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Sign for Aiutaci a garantire l'effettiva applicazione dell'art. 27 Cost.(funzione rieducativa della pena)

Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari

Mercoledi',23 Marzo 2011,

(rinvio del 16 Marzo 2011)

in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.


5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario


5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario




Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari




Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.

26 agosto 2010



Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive



“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.





5 luglio 2010





Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"



Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico



L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.



Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.



Così non va.









Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile





Comunicato stampa, 29 maggio 2010





Ai deputati di commissione bilancio



e giustizia camera









Al sottosegretario



On. Caliendo









Al sottosegretario



On. Giorgetti Alberti







Egregi Onorevoli,



dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.



L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.



Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.



Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.



Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.



La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.



L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.



Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.



La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.



Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.



I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo



Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).



Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).



Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.



Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.



Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.



Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.



Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.





FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.

Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.

Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.


18 maggio 2010


La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.



Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano

“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.

“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.

“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.

Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.


Proposta emendativa 8.01.


Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.

2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa



Proposta emendativa 8.03.

Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa



28-04-10


Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.




Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.

“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”


16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari

Convocazione della II Commissione (Giustizia)

Martedì 16 marzo 2010

Ore 13.45

5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari


Interrogazione a risposta in Commissione:

FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.



- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:

il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;

nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);

in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;

lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;

non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009

se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.

(5-02550)


Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.

Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.




24 febbraio 2010:

ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao

La Camera,

premesso che

il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;

il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;


nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria
.


Accolto come raccomandazione.




19 Febbraio 2010:

ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD


La Camera,

premesso che:

l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

impegna il Governo

a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

9/3196/13.
Donatella Ferranti.



Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini

Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.


Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.

CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA



Roma, 13 gen



''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.

Assunzione degli educatori primo impegno del governo

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari

martedì 9 marzo 2010

carcere: Ionta vuole che agenti siano anche educatori e psicologi,forse non ha studiato ruoli diversi? piuttosto chieda assunzione piu' educatori! dap

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Giustizia: Ionta; situazione suicidi sta diventando insostenibile
Ansa, 8 marzo 2010


"Il poliziotto penitenziario non deve solo fare il custode del cancello ma deve svolgere l’importante compito di cogliere i segnali dei detenuti": così il capo dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, in riferimento ai gesti autolesionistici e ai suicidi nelle carceri, durante un convegno organizzato dal sindacato di Polizia penitenziaria Sappe, sul sovraffollamento degli istituti di pena.

"Non voglio dire - ha aggiunto il capo del Dap - che devono diventare piccoli psicologi, ma l’osservazione attenta è indispensabile, perché la situazione sta diventando insostenibile: dall’inizio dell’anno ci sono stati 13 suicidi".

Ionta ha sottolineato come "i gesti autolesionistici non si possono evitare, ma vanno controllati e limitati". Dal momento che la situazione nelle carceri è cambiata perché "sono cambiati i detenuti e la gestione delle strutture", alla mutata situazione, è il ragionamento di Ionta, "si può supplire solo con la professionalità degli agenti". Questo, ha concluso, "é quello che l’amministrazione sta facendo: privilegiare la responsabilità".


Giustizia: il sovraffollamento delle carceri? una sola soluzionedi Raffaella Gay



Riforma, 8 marzo 2010



Intervista a Susanna Marietti dell’osservatorio sulla detenzione di "Antigone": piuttosto che costruire nuovi penitenziari, bisognerebbe aumentare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, che ci sono e funzionano.

Il 13 gennaio 2010 il Consiglio dei Ministri approva il piano carceri proposto dal guardasigilli Angelino Alfano per affrontare un’emergenza che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi definisce intollerabile. Soluzioni? Maggiori poteri al responsabile del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), coinvolgimento dell’edilizia privata per la costruzione di nuove strutture grazie allo stanziamento di 500 milioni di euro (non è ancora chiara la procedura per la destinazione delle gare d’appalto e come verrà recuperata la cifra). Il mondo del volontariato insorge e chiede al Governo di destinare i soldi (o almeno una parte) a progetti per il recupero sociale delle persone detenute, con quella cifra ne potrebbero essere finanziati oltre 10.000.

Perché le misure alternative alla carcerazione (a esempio affidamento in prova, semilibertà con attività lavorative o istruttive utili al reinserimento sociale) ci sono e funzionano: il tasso di recidiva ordinario è circa del 68%, cala al 30% per chi sconta la pena in regime prevalente di misura alternativa. Senza contare che molti detenuti potrebbero svolgere ben più proficui lavori socialmente utili. Il sovraffollamento delle carceri italiane è sicuramente uno dei problemi attualmente più urgenti: oltre 66.000 le persone detenute a fronte di una capienza regolamentare di 44.066 posti. Gravi e ovvie le conseguenze: celle stracolme, condizioni igieniche precarie, bassissima assistenza socio sanitaria, conflitti, dovuti spesso alla convivenza forzata in cella di più persone di culture ed etnie diverse, maltrattamenti fino a suicidi.

E in Italia il ritmo di crescita della popolazione carceraria è tra i più alti in Europa, così come alta è la percentuale di coloro che in carcere sono in attesa di sentenza definitiva. Una situazione monitorata attraverso l’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione in Italia e Europa dell’associazione "Antigone", che da oltre vent’anni si occupa di difesa dei diritti dei detenuti e delle garanzie nel sistema penale, e spesso denunciata. Susanna Marietti ne è la coordinatrice nazionale.



Sono quasi 67.000 le persone detenute nelle carceri italiane, una vera emergenza: quali le cause principali?

"Lo cause principali derivano da elementi che si muovono su due differenti livelli. Il primo è quello normativo, dove alcune leggi recenti hanno cominciato a dare frutti a pieno regime, in particolare la cosiddetta Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fi-ni-Giovanardi sulle droghe e la ex-Cirielli nella parte in cui allunga le pene e rende più difficile l’accesso ai benefici penitenziari per i recidivi. che costituiscono la grande maggioranza dei detenuti nelle carceri, caratterizzala da uno stile di vita legato alla piccola e piccolissima criminalità, di cui la recidiva è fattore caratterizzante. L’altro livello è quello culturale, che vede competere le forze politiche nel chi grida più forte alla sicurezza pubblica e alla tolleranza zero. Si è perso il senso del risolvere i problemi delle persone con strumenti diversi da quello carcerario. Se questo è il messaggio che viene dalla politica, è evidente la ricaduta che può avere sull’operato delle forze di polizia e della magistratura. Ecco allora, per esempio, che quasi metà della popolazione detenuta in Italia è in custodia cautelare, una percentuale tra le più alte in Europa".



Qual è la situazione dei detenuti nelle carceri italiane che emerge dal lavoro dell’Osservatorio di Antigone? Quali le condizioni di vita?

"L’attuale affollamento rende le condizioni di vita intollerabili. E Antigone è in buona compagnia nel denunciarlo: nel luglio scorso l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione, quello che proibisce la tortura e le pene e i trattamenti inumani o degradanti. I giudici di Strasburgo hanno ritenuto che far vivere una persona in condizioni di sovraffollamento come quelle che erano state imposte a un detenuto di origine bosniaca nel carcere romano di Rebibbia significhi sottoporlo a un trattamento inumano e degradante. Ora molti altri detenuti, aiutati dai nostri legali, stanno presentando analogo ricorso alla Corte. Il sovraffollamento è innanzitutto mancanza di spazi fisici vitali, ma ha ripercussioni su ogni aspetto della vita detentiva, dall’assistenza sanitaria alle attività di studio e ricreative. Oggi la maggior parte delle persone detenute vive chiusa in celle piene di letti e brandine, dove spesso si deve fare a turno per potersi alzare in piedi".



Si può parlare di triste specificità italiana rispetto all’Europa?

"In parte sì e in parte no. In parte sì, visto che abbiamo il peggior rapporto legge-prassi. Ossia: la legge riconosce diritti e opportunità che la prassi nega quotidianamente. In parte no, perché tutta l’Europa si è caratterizza per un maggior investimento pubblico nelle politiche di sicurezza, con un progressivo rialzo dei tassi di detenzione".



Settantadue suicidi in carcere nel 2009, già 13 nel 2010: assenza di assistenza sociale e. psicologica, maltrattamenti, abbandono, sovraffollamento: quali le cause principali?

"Il 2009 ha costituito l’apice della curva statistica sui suicidi penitenziari, e il 2010 già si annuncia non da meno. Non c’è dubbio che il sovraffollamento abbia una forte incidenza su questo. Vivere in simili condizioni porta alla disperazione. E ovviamente educatori, psicologi e assistenti sociali, in numero pensato per 44.000 detenuti, non sono in grado di gestirne oltre 66.000, nelle esigenze individuali, nelle problematiche specifiche. Non si riesce a dare attenzione al singolo, l’individualità del trattamento rimane un ricordo da libro di giurisprudenza. Durante lo scorso Governo, l’Amministrazione penitenziaria emanò una circolare - fortemente voluta dall’allora sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri Luigi Manconi (cui Antigone diede il proprio contributo) - che riguardava i cosiddetti "nuovi giunti", cioè quei detenuti appena arrivati in carcere dalla libertà, tra i quali è più frequente il rischio di suicidio. Si prevedevano per loro sezioni apposite, particolarmente seguite nell’assistenza psicologica. Bene: il nostro Osservatorio ha riscontrato che di queste sezioni c’è poca traccia in giro per le carceri italiane".



Qual è la situazione degli stranieri detenuti anche in relazione al reato di clandestinità del "pacchetto sicurezza"? Quale a vostro parere la prospettiva?

"Gli stranieri nelle carceri italiane sono 23.530. Di questi, 13.825 sono in custodia cautelare: il 58,75% degli stranieri in carcere è in carcerazione preventiva. Gli italiani in custodia cautelare sono circa il 15% in meno rispetto agli stranieri. È evidente che nei confronti di questi ultimi vi è una maggiore propensione all’uso del carcere anche durante la fase processuale. Ciò forse accade per una sommatoria di ragioni: assenza di riferimenti esterni dove disporre gli arresti domiciliari; minore capacità di difesa adeguata; cautela giudiziaria contro il rischio di irreperibilità. Sta di fatto che esiste una discriminazione nell’uso degli strumenti cautelari. Guardando al numero degli ingressi degli stranieri in carcere, vediamo che nel 2008 sono stati 43.099, ossia il 46% del totale. 13 mila di questi sono stati motivati dalla mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento del questore. Basterebbe depenalizzare questa condotta per risolvere il sovraffollamento penitenziario. In ordine decrescente, ecco le etnie più rappresentate in carcere: i marocchini sono 4714, i rumeni 2670, gli albanesi 2610, i tunisini 2499. Le Regioni con più detenuti stranieri sono la Lombardia con 3525, il Piemonte con 2376, l’Emilia Romagna con 2116, il Lazio con 2064. Rispetto ai reati compiuti si segnala che agli stranieri è ascrivibile solo Io 0,2% dei crimini di associazione a delinquere di stampo mafioso, contro il 3,9% ascrivibile agli italiani; il 16,4% dei reati contro la persona, contro il 15,5% ascrivibile agli italiani; il 14,8% delle violazioni della legge sulle armi, contro il 18,4% ascrivibile agli italiani; il 15,9% delle violazioni della legge sulle droghe, contro il 12,4% ascrivibile agli italiani".



Quali le proposte principali presentate da Antigone per migliorare le condizioni e affrontare il problema sovraffollamento ?

"Lo scorso ottobre presentammo a parlamentari, magistrati, avvocati, alti funzionari dell’amministrazione, giornalisti - un documento con tre gruppi di proposte, classificati come a breve, a medio e a lungo termine. Quel documento racchiude le nostre convinzioni sulla riforma del sistema penale e penitenziario. Ma ci rendiamo conto che, nell’attuale situazione politica, esso non è praticabile in tutte le sue parti. Una seria riforma del Codice penale, a esempio, è stata in parte tentata in varie passate legislature, ma si è sempre arrivati a un nulla di fatto. Figuriamoci che cosa potrebbe accadere nel clima di oggi... Eppure quella sarebbe la via maestra. Una soluzione a lungo termine, tanto nei tempi che ci vogliono per portarla a compimento quanto negli effetti duraturi cui condurrebbe. Volendo essere costruttivi, proponiamo alcune misure di carattere normativo e amministrativo che sarebbero praticabili nell’immediato. Le abbiamo elencate alla Camera del Deputati insieme a Vie Caritas e Arci nel giorno in cui l’Aula discuteva le mozioni sul carcere. Si tratta di aumentare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, rivedere le tre leggi che ho citato sopra, diminuire il ricorso alla custodia cautelare in carcere, introdurre anche per gli adulti l’istituto della messa alla prova, introdurre il difensore civico nazionale delle persone private della libertà, prevedere il reato di tortura nel nostro Codice penale, assumere mille nuovi educatori e mille nuovi assistenti sociali".


Padova: detenuto di 35 anni si suicida nella Casa di Reclusione


Apcom, 8 marzo 2010



Giuseppe Sorrentino, 35 anni, si è suicidato alle 10.30 questa mattina impiccandosi nel bagno della sua cella nel carcere di Padova, nella Sezione "Protetti" della Casa di Reclusione. Era recluso nella sezione protetta del carcere perché in precedenza aveva manifestato forte disagio.

L’uomo, che era in cella da solo, si è impiccato alle sbarre della finestra del bagno mentre gli altri detenuti erano fuori dalla Sezione per "l’ora d’aria". Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l’allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo Sorrentino era già morto.

Condannato a venticinque anni per omicidio volontario, di origini campane, Sorrentino era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato: infatti manifestava da tempo segni di profondo disagio ed era reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato. Ricoverato più volte in Ospedale e in Centro Clinico Penitenziario, ogni volta al ritorno in carcere riprendeva la sua protesta, lamentando in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari.

La sua è la cronaca di "una morte annunciata", racconta Bianca De Concilio, il legale che assisteva Sorrentino dal 2001. Condannato a venticinque anni per omicidio volontario, 35 anni, salernitano, era in carcere per i suoi trascorsi di criminalità organizzata. Dopo alcuni lutti in famiglia, tre anni fa era caduto in una profonda depressione. "Avevamo fatto numerose istanze di sospensione della pena - racconta l’avvocato - chiesto il ricovero in ospedale, il trasferimento ad un carcere più vicino alla famiglia, ma nessuno ci ha ascoltato". "Anzi - ricorda il legale - un mese e mezzo fa il direttore sanitario del carcere di Padova in una relazione su Sorrentino scrisse "il detenuto non è malato, finge".

"Era stato ricoverato più volte in ospedali psichiatrici giudiziari - spiega l’avvocato - prima a Reggio Emilia, poi a Montelupo Fiorentino". "Gli psichiatri avevano parlato anche di schizofrenia - aggiunge - ma ciò non aveva impedito che Sorrentino ogni volta tornasse in prigione". Aveva più volte fatto lo sciopero della fame lamentando una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari. L’ultima lunga protesta lo aveva molto debilitato: "l’unica cosa che faceva, nella cella in cui aveva chiesto di stare da solo, era leggere i libri che gli facevamo avere". "Per la sua grave forma di depressione era nella sezione protetti - dice ancora l’avvocato - dove avrebbe dovuto essere sorvegliato, invece questa mattina è riuscito a impiccarsi senza che nessuno se ne accorgesse. Per questo presenterà denuncia contro l’istituto di pena".

Ma gli agenti penitenziari, deputati ai controlli, rilanciano ricordando la gravità del sovraffollamento delle carceri italiane e come "solo la professionalità della polizia penitenziaria riesce a sventare ogni giorno tentati suicidi".

"L’ennesimo suicidio in carcere è il segno che la condizione negli istituti di pena è assolutamente invivibile", denuncia Stefano Anastasia, difensore civico dei detenuti dell’associazione Antigone. "Salvo gli sforzi di alcune amministrazioni, il sovraffollamento è una realtà drammatica e a due mesi dalla dichiarazione di stato d’emergenza carceri proclamato da Alfano nulla ancora è stato fatto". Secondo Anastasia, invece, "poche piccole cose che servirebbero comunque ad alleviare la condizioni dei detenuti l’amministrazione penitenziaria potrebbe farle subito: aumentare, ad esempio, la possibilità di relazioni con la famiglia". "Aiuterebbe molto - aggiunge - consentire più colloqui telefonici e garantire una vicinanza con la famiglia, mentre oggi è vietato per i detenuti chiamare i cellulari e si spostano i detenuti dove si trova posto". Il caso del detenuto che si è suicidato oggi a Padova è emblematico: residente a Nola era rinchiuso in carcere in Veneto. "Ciò vuol dire - spiega Anastasia - che le visite dei familiari sono difficili e rare e la solitudine porta alla depressione".

Il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella Casa di Reclusione di Padova, dove il 23 febbraio scorso, nella stessa Sezione, si tolse la vita Walid Alloui, che aveva 28 anni. Dall’inizio dell’anno salgono così a 13 i detenuti suicidi e a 31 il totale dei morti "di carcere" (che comprendono i decessi per malattia e per cause "da accertare").


Livorno: ancora un’altra morte in carcere, è ora di dire basta

di Marco Solimano (Presidente Arci Livorno)



Il Tirreno, 8 marzo 2010



Gli organi di stampa riferiscono dell’ennesima morte verificatasi all’interno della Casa circondariale di Livorno. Stando a quanto si apprende, il detenuto Snoussi Habib, di anni 30, sarebbe deceduto in seguito all’uso improprio di un fornellino da gas: in altre parole, come già era accaduto in un caso analogo qualche tempo fa, Habib avrebbe approfittato del lasso di tempo in cui era rimasto solo nella propria cella, per sniffare una quantità letale di gas, che ne avrebbe provocato la morte.

Al di là della probabile involontarietà dell’atto che ha portato il detenuto al decesso, è evidente come ci si trovi davanti a una situazione di emergenza cui necessariamente si devono trovare delle soluzioni immediate; proprio il fatto che non si tratti del primo caso di uso "improprio" di un fornello da gas con esito letale sprona quantomeno a tentare di individuare una soluzione pratica per controllare l’utilizzo di questo oggetto che, innocuo nel la società libera, può trasformarsi in strumento di morte in carcere. Siamo consci che ciò si scontra ancora una volta con i problemi di sovraffollamento e di carenza di organico che affliggono il mondo carcerario italiano e si manifestano senza sconti anche nel carcere livornese.

È ormai noto che la Casa circondariale di Livorno è da anni al centro di vicende complesse sia sul piano strutturale che su quello organizzativo: all’inagibilità attuale di una importante parte della struttura, alle forti condizioni di disagio legate al sovraffollamento delle celle, alla scarsa disponibilità di fondi per la manutenzione ordinaria e alla necessità di incremento del personale di custodia e del personale educativo, si è recentemente aggiunta anche l’impossibilità di disporre di una direzione stabile ed esclusivamente impegnata nella gestione della struttura, come richiederebbe la delicatezza e la complessità della situazione, dato che, in seguito al pensionamento della precedente direttrice, la struttura è stata al momento affidata a persona che svolge contemporaneamente questo incarico in un’altra casa di reclusione.

Nonostante ciò, è a nostro avviso obbligatorio per ogni istituzione, e quindi anche per l’istituzione carceraria, cercare sempre di adempiere col massimo rigore e il massimo impegno a quella che è una delle sue funzioni principali: mantenere in vita, e nelle migliori condizioni possibili, tutti coloro che ne sono parte, anche quando essi si rendano protagonisti di atti che possano nuocere a se stessi in modo parziale o totale. Oggi resta purtroppo l’amarezza per un’altra vita che se n’è andata e per una morte che nella sua dinamica appare quasi casuale, e che proprio per questo forse con poco poteva essere evitata. Domani resta l’obbligo di far sì che queste morti non avvengano più, nella consapevolezza che in queste situazioni quello che serve di più non è il dire ma il fare.

Camera: audizione di Guido Vincenzo Ditta, sulla sanità penitenziaria:con piu' educatori e programmi meno recidiva. carcere,politici,angelino alfano,

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CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA

Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LEOLUCA ORLANDO

Seduta del 16 febbraio 2010, ore 20,00.

Audizione del dottor Guido Vincenzo Ditta, dirigente medico del Ministero della salute

Presidente. L’ordine del giorno reca l’audizione del dottor Guido Vincenzo Ditta, dirigente medico del Ministero della salute.

Do il benvenuto al dottor Vincenzo Ditta, dirigente medico del Ministero della salute che si occupa dei temi riguardanti la sanità carceraria. Come è noto alla Commissione e come è opportuno che io faccia presente al dottor Ditta, abbiamo deliberato di attivare un filone di inchiesta sulla garanzia del diritto alla salute all’interno delle strutture carcerarie, posto che il tema dell’inchiesta non
riguarda soltanto il diritto alla salute dei detenuti, ma anche le condizioni di salute di coloro che operano all’interno della struttura sanitaria. Per questo motivo abbiamo anche sottolineato l’importanza del completamento degli organici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria anche con figure come educatori o psicologi, che riteniamo possano contribuire alla qualità della vita all’interno delle strutture carcerarie.
Abbiamo iniziato questa attività con la disponibilità a un impegno particolare da parte delle colleghe Lo Moro e De Nichilo Rizzoli, che hanno chiesto di seguire particolarmente questo filone,e con l’audizione del presidente Franco Ionta, direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e del suo vice, dottor Santi Consolo. È stata un’audizione interessante, della quale
abbiamo doverosamente avvertito il Ministro della giustizia e il Ministro della salute, essendo nostro compito quello di informare i Ministeri di riferimento di tale attività.
Con il Ministro Fazio abbiamo ritenuto che fosse necessaria la presenza del Ministero, che ci serve per poter poi completare il percorso con l’audizione delle regioni. In questa materia, infatti, gran parte della competenza è certamente riferibile all’attività delle regioni, ancorché,per quelle a statuto
speciale, il procedimento di realizzazione della previsione normativa non sia stato per intero realizzato per via della mancata approvazione delle norme di attuazione previste dagli statuti speciali delle cinque regioni interessate.
Nel corso dell’audizione con il presidente Ionta e con il dottor Consolo, abbiamo acquisito dati ed elementi, formulato alcune domande per le quali il presidente Ionta farà pervenire eventuali note integrative. Faremo lo stesso anche con lei: laddove ci fossero domande o richieste cui lei ritiene sia necessario rispondere in un secondo momento, sarà poi nostra cura ricordargliele e sarà sua
disponibilità fornire una risposta.
Non devo aggiungere altro, se non rivolgerle il benvenuto a nome della Commissione e chiederle di illustrare quelli che lei ritiene siano i punti di criticità del sistema, avendo noi una missione, rispetto a questa Commissione: far crescere la fiducia nel funzionamento delle strutture sanitarie nel nostro Paese. Il nostro compito non è, quindi, di alimentare sfiducia, ma di far crescere fiducia, che,
peraltro, è il modo migliore per apprezzare il comportamento dei tanti che svolgono la loro funzione con sacrificio e professionalità.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Non mi sento completamente a mio agio, naturalmente, in un consesso di questo tipo, essendo un medico operativo di sanità pubblica che, da 35 anni, al Ministero della salute, si occupa...

Presidente. Consente una battuta? È la persona giusta al posto giusto!

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Comunque, è la prima volta per me. Ho partecipato anche a molte altre audizioni sulla salute mentale, però insieme a tanti altri; qui mi sento sotto i riflettori. Comunque, non è un problema: sono abbastanza vecchio da non temere
attacchi d’ansia, non vi preoccupate di questo.
Vorrei partire dal discorso della fiducia. La fiducia, nella pubblica amministrazione in generale, ma
nella sanità in particolare, non è data per scontata, ma si acquisisce con la qualità delle prestazioni: se un servizio è di qualità, la fiducia è scontata, a parte una frangia di gente che può essere sempre
scontenta per problemi “psico”. Credo che questo sia fondamentale, perché il Servizio sanitario nazionale, in tutte le sue gioie e dolori deve puntare a una valutazione di qualità, che si riferisce all’organizzazione, ai processi, ossia alle competenze professionali degli operatori e ai risultati che vengono prodotti; peraltro, tutti gli atti programmatici vanno in questa direzione, anche per quanto
riguarda la sanità penitenziaria, come dirò a breve. Ciò ha una rilevanza assoluta, perché è da lì che nasce poi la fiducia dei cittadini.
La sanità penitenziaria è entrata, con un po’ di irruenza, in un mondo diverso, quello del Servizio sanitario nazionale, fatto apposta per tutti noi cittadini. Ho avuto modo di conoscere la realtà penitenziaria, soprattutto gli ospedali psichiatrici giudiziari, già da cinque anni e ho potuto confrontare le diverse culture esistenti all’interno dell’amministrazione penitenziaria e nella sanità.
Il presidente riferiva che avete ascoltato il presidente Ionta e Santi Consolo, che incontro spesso:con il dottor Consolo proprio domani abbiamo un gruppo di lavoro sulle tossicodipendenze.
Dato questo quadro di contesto, la qualità si evidenzia come un obiettivo da raggiungere; ciò che vale per tutta la sanità. Forse è utile ricordare che, grossolanamente, il nostro Paese si divide in tre parti, anche dal punto di vista della sanità: ce n’è una di eccellenza, una media e una che avrebbe necessità di essere aggiustata. Non traccio qui la storia di questo fenomeno, che non si distingue tra nord, centro e sud - ci sono anche parecchie mescolanze rispetto alla qualità - però è opportuno,sempre per introdurre il tema, che sappiate che ci sono regioni soggette a piani di rientro del fondo
sanitario nazionale perché hanno sforato i propri bilanci: Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna,Abruzzo e, per alcuni aspetti marginali, Liguria.
Purtroppo - anch’io sono meridionale di origine, anche se da 50 anni vivo a Roma - esiste questo aspetto, che viene sempre declinato: non è detto che chi più spende, chi sfora, dia qualità, più sanità,più prestazioni; anzi, a quanto pare, c’è una mala gestione e, quindi, un risultato perverso. La sfida del Paese, tuttavia, è proprio questa e il Ministero è impegnato in prima linea sugli obiettivi di
miglioramento della qualità media dei servizi.
In questa cornice, la sanità penitenziaria, non può che incontrare gli stessi problemi del Servizio sanitario nazionale. Forse nella gestione dell’amministrazione penitenziaria il servizio sanitario aveva una sua omogeneità, però può darsi che non si sottolinei sufficientemente che la sanità penitenziaria gestita dalla giustizia si serviva moltissimo del Servizio sanitario nazionale, attraverso
convenzioni, rapporti convenzionali o utilizzo di specialisti; c’erano regioni che pagavano da anni i farmaci di fascia C, che sarebbero a carico dei cittadini. Era, dunque, un sistema già misto, in cui la sanità cosiddetta penitenziaria gestita dalla giustizia non poteva sopperire ai bisogni, alla domanda di salute della popolazione detenuta, se non attraverso rapporti convenzionali. Mi riferisco anche
alla giustizia minorile, che forse è un capitolo che viene un po’ messo da parte; sono problemi che riguardano una minore quantità di persone, ma non meno importanti dal punto di vista delle questioni da affrontare e delle prestazioni da offrire. Anzi, a maggior ragione, essendo soggetti minori, in età evolutiva, se si riuscisse a intervenire prima che cronicizzino nella carriera criminale,si renderebbe un buon servizio al nostro Paese.
Non vi è, pertanto, di fatto, un taglio netto di competenze nel momento in cui il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1o aprile 2008 decreta tale passaggio. La realtà è che non si hanno più i quattrini per finanziare ciò che si finanziava e ciò crea problemi di ordine organizzativo, i quali poi, a cascata, si ripercuotono anche sulla presa in carico e sulla possibilità per gli operatori sanitari di acquisire maggior competenza. Mi riferisco a coloro che non avevano
esperienza nelle carceri, ma i medici penitenziari, per la maggior parte, sono rimasti dov’erano, non sono andata via, e continuano a fare ciò che facevano, ma devono farlo all’interno di un’organizzazione diversa, che ha regole diverse. So di medici penitenziari che arrivano a fare ambulatorio alle 11; questo alla ASL non va bene. Cerchiamo di organizzare un servizio che risponda a criteri di maggiore razionalità.
Le criticità principali, in realtà, stanno proprio nell’aggiustamento dei rapporti e dei ruoli fra un prima e un dopo (o un adesso che diventerà un dopo). Per esempio, una criticità è stata rappresentata, nel passaggio, il ricorso eccessivo, in molti territori regionali, a traduzioni, ossia a visite specialistiche all’esterno. Per l’amministrazione penitenziaria questo è un problema, perché richiede l’impiego fuori dalle carceri di molta polizia penitenziaria, che deve svolgere tali
traduzioni. C’è stato un problema serio in Puglia, ma anche in Toscana e un po’ in tutte le regioni.
Sono i fenomeni dei primi momenti, che poi devono trovare un assestamento; il modo per realizzarlo è, fondamentalmente, il coordinamento nazionale.
Sapete che esiste un tavolo di consultazione permanente presso la Conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali, in cui il Ministero della giustizia, quello della salute, le regioni e i comuni sono rappresentati proprio per monitorare l’attuazione del percorso. Esiste anche un comitato paritetico, più ristretto, per monitorare il problema degli ospedali psichiatrici giudiziari. In ciascuna regione - forse mi ripeto, ma è importante definire il contesto - è previsto un osservatorio
regionale, composto dall’amministrazione regionale, dal Provveditorato regionale
dell’amministrazione penitenziaria (PRAP), e dal Dipartimento per la giustizia minorile.
Dimentichiamo sempre la giustizia minorile, ma, ovviamente, il Dipartimento per la giustizia minorile è presente anche a livello nazionale.
Potete immaginare tutte le difficoltà di dialogo fra culture diverse; quella dell’amministrazione penitenziaria, abituata, come si dice in dialetto, a “cantarsela e suonarsela da sola” nel bene e nel male, aveva però un senso, come tutte le realtà, che non sono criticabili di per sé, perché funzionano
come assestamento fisiologico dei problemi. Quando c’è un cambiamento, la fisiologia è un po’ scardinata e, allora, bisogna avere la buona volontà di porvi rimedio.
Prima di tutto, come amministrazione, dobbiamo credere a questo passaggio; deve essere un valore aggiunto, altrimenti perché l’abbiamo effettuato? Almeno io, che sono rappresentante del mio Ministero, partecipo con questo spirito ai tavoli di coordinamento nazionale. Sostenere che era meglio prima non è costruttivo. Non era meglio prima e, comunque, siamo su questa strada e bisogna trovare tutte le soluzioni.
Mi sembra che adesso stiamo procedendo in una direzione decisamente più favorevole. Da quando il dottor Santi Consolo ha assunto il coordinamento, per quanto riguarda la presenza e la partecipazione ai tavoli di consultazione - per gli adulti, perché per i minori c’è un altro dirigente -la situazione è decisamente migliorata, perché ci si intende, ci si parla, si espongono i problemi.
Non c’è alternativa, se non tornare quella di indietro: credo, però, che non sarebbe meno traumatico,perché si ripercorrerebbe un trauma per cui da una fisiologia si ritorna a una patologia e poi, prima di riadattarsi, ci vorrebbe tempo.
Credo che tutti i problemi che riguardano la gestione di servizi abbiano bisogno di buoni professionisti, di gente che ci crede, di una pubblica amministrazione che crede in quello che fa e nella propria mission, altrimenti si fa piccolo cabotaggio e ci si attesta su quello che dispongono le leggi. Le leggi, però, non possono disporre più di tanto; sono gli atti amministrativi, quelli di programma, a contare. Sono diventato vecchio, ma ogni volta che vedo che, per risolvere un problema, c’è una nuova legge, mi metto le mani nei capelli, perché mi rendo conto che non lo
risolve, perché magari non si concilia con una legge precedente, si intreccia, succede un guazzabuglio e poi non si capisce come ci si deve regolare con i decreti attuativi.
Questa è una parentesi da vecchio medico di sanità pubblica. Voglio tornare, invece, sul punto che le criticità ci sono, ma esistono il modo e la volontà di superarle: l’importante è dirsi tutto.
Per quanto riguarda il servizio sanitario, le criticità sono quelle che ho citato all’inizio. Sapete che le regioni hanno competenza esclusiva sul piano organizzativo dell’erogazione dei servizi; il Ministero della salute non ha più nemmeno la funzione di indirizzo e coordinamento che aveva prima del Titolo V. Questo è un dato di fatto, che va superato, stimolando anche i coordinamenti interregionali. Le regioni hanno un coordinamento principale interregionale per la salute, il cui
attuale coordinatore è la regione Toscana, e poi esiste un coordinamento anche per la sanità penitenziaria, creatosi proprio nel 2008, assunto ugualmente dalla regione Toscana. Tengono alcune riunioni, quasi sempre poco prima degli incontri sul tavolo nazionale, e vi è quindi l’opportunità di confrontare i problemi.
Voi ascolterete, immagino, il coordinamento - non so se tutte le regioni - ma è evidente che il coordinatore non può garantire la qualità di per sé; chi coordina ha lo scopo di sollecitare l’adozione di strumenti programmatici che consentano di superare impasse. Peraltro, ci sono impasse ed impasse. Ci sono, inoltre, come ricordavamo prima, le tre velocità della salute nel sistema sanitario,
e problemi reali in alcuni servizi, con personale che va in pensione e non è rimpiazzato. Molti servizi, nel Lazio, subiscono questa realtà.
Io mi occupo soprattutto di salute mentale, i cui servizi sono molto sensibili rispetto alla mission di una presa in carico continuativa; non si tratta del rapporto clinico di una visita una tantum, per cui si dà la cura al paziente, che poi va a casa e guarisce. Ci sono servizi sensibili, come la salute mentale
e la tossicodipendenza, in cui la continuità assistenziale deve essere garantita, altrimenti scriviamo ciò solo nei documenti e poi non lo applichiamo nella pratica.
Queste sono le criticità, che quindi attengono alle risorse, finanziarie e umane. Sono abbastanza franco nel riferire gli elementi che conosco, ovviamente, non sono omertoso. Non piace a nessuno sentire dichiarazioni di principio, alle quali poi non è possibile dare seguito, se le criticità sono oggettive e necessitano di strumenti correttivi importanti. Se le criticità attengono, invece, a competenze professionali carenti, il discorso cambia: si predispongono programmi di formazione, di
aggiornamento e via elencando.
Dopo questa prima carrellata di informazioni che vi ho fornito, vorrei completare il quadro ricordando che, ovviamente, il tavolo di coordinamento nazionale non può risolvere tutti i problemi,ma, intanto, abbiamo posto all’approvazione della Conferenza unificata, e quindi dei Ministri e dei presidenti delle regioni, alcuni documenti importanti. Il primo è un accordo di programma sulle modalità di rapporto tra mondo sanitario e mondo penitenziario, sia a livello di regione - non a
livello nazionale, perché non ha senso - sia dei singoli istituti, proprio per definire lo scambio delle informazioni e tutte le attività che devono essere svolte, a partire dall’ingresso, le indicazioni su quando i medici possono entrare. A livello nazionale è impossibile sapere se tali attività vengano svolte oppure no ed è per questo che - credo dopo il 19 - la Conferenza unificata dovrebbe approvare un documento che si riferisce al monitoraggio dell’attuazione.
Tale documento di monitoraggio - abbiamo predisposto alcune schede e questionari -
responsabilizza le regioni e, quindi, gli osservatori regionali a rispondere e a fornire un quadro aggiornato della realtà, in termini di operatori, in un arco di tempo compreso fra il 2008 e il 2009:
quali sono le strutture sanitarie più specifiche, i centri clinici, le custodie attenuate per i tossicodipendenti, i servizi dedicati ai disturbi mentali, anche se sappiamo già che, per esempio, in tutta Italia c’è un unico servizio dedicato agli infermi di mente, che vanno a finire negli ospedali psichiatrici giudiziari. Quest’ultima è una situazione anomala, che va corretta, ma di cui siamo
consapevoli, come lo è anche il Ministero della giustizia.
Il percorso è lungo, ma non bisogna demordere, perché abbiamo le energie e le possibilità di diversificare la lettura dei problemi e di dare risposte diversificate. I principali problemi sanitari nelle carceri sono noti a tutti, anche se non ne esiste una rilevazione puntuale. L’amministrazione penitenziaria non aveva una rilevazione puntuale degli stati patologici; ne ha eseguita solo una a
campione nel 2005. Invece, è importante disporre di dati sullo stato di salute e conoscere quali sono le patologie ricorrenti. Si sa che sono le tossicodipendenze, disturbi mentali, anche con dati internazionali; le malattie infettive, in misura minore; poi ci sono i disturbi cardiovascolari e quelli della masticazione, che, a volte, comportano problemi notevoli. Comunque, i principali sono questi:
tossicodipendenze e disturbi mentali, con alte prevalenze, fra il 40 e il 50 per cento, con commistioni di patologie, essendo le tossicodipendenze spesso miste a disturbi mentali. La gestione di tali problematiche in istituti chiusi non è facile e deve intervenire la capacità di creare nuovi percorsi.
Si dice sempre che nelle carceri è impossibile svolgere un buon lavoro perché c’è il
sovraffollamento e c’è poco personale, eppure ci sono alcune buone pratiche. Credo che tutti conosciate l’esperienza di Bollate, vicino a Milano. Il direttore penitenziario del carcere, una donna,ha scritto un libro che si intitola Diritti e castighi, un’ottima lettura. Se si mettono insieme alcune intelligenze, gli obiettivi si possono raggiungere, magari non al pari di Bollate, perché, altrimenti, le eccellenze non sarebbero tali, però si può migliorare la qualità media degli interventi negli istituti.
La seconda fase o, anzi, la fase parallela è quella di creare o di proporre anche ad altri operatori,servizi e istituti percorsi che mostrino di essere efficaci e che si possano definire come buone pratiche; ciò vale sia per gli adulti, sia per i minori.
È scritto nelle norme che l’obiettivo della detenzione non è la detenzione in sé, ma il recupero;infatti c’è un’attività “trattamentale”, come è definita dall’amministrazione della giustizia penitenziaria, che comprende anche l’inserimento lavorativo. Comincia, però, a essere molto chiaro a tutti che non c’è separazione fra cura della persona e riabilitazione, soprattutto con riferimento a
campi di grosse prevalenze, come le tossicodipendenze o i disturbi mentali. Un trattamento di recupero, quale l’inserimento lavorativo, non può prescindere dalla presa in carico sanitaria.
Uno degli obiettivi che ci si propone, quindi, e che soprattutto il mio Ministero tende a sottolineare è proprio quello di lasciar perdere la separatezza fra competenze della giustizia, che riguardano i trattamenti di cui si occupa il direttore penitenziario con gli educatori, e della sanità e cercare di
elaborare programmi congiunti, proprio perché dimostrano di essere efficaci, per esempio a Bollate:
lì vi è un programma contro i sex offender affidato non a uno sparuto psicologo, ma a un’equipe di 20 persone. Non tutti possono avere équipe di tali dimensioni, però è importante puntare a tali obiettivi: magari non potranno essere venti, ma cinque; l’essenziale, comunque, è acquisire l’expertise, la competenza, cioè elaborare un programma; poi i risultati si vedono, perché non si
verificano le recidive. Si dice che le recidive a Bollate siano due su dieci, mentre la media nazionale è di sette su dieci. Ho voluto portare questo esempio per mostrare che è possibile ottenere alcuni obiettivi e che gli esempi esistono.
Quali sono gli strumenti? Non credo che ci sia la necessità di nuove norme, ma, invece, di elaborare accordi di programma molto precisi, in cui ci si impegna, ognuno stanziando le risorse che può; per esempio, in programmi di questo tipo, ci sono risorse sanitarie, penitenziarie e dei comuni. Si elaborano gli accordi di programma e si decide chi deve fare che cosa e che risorse mette a
disposizione. Questa è una delle strade, anzi, forse quella principale per avere risultati efficaci. Forse sto parlando troppo e vi sto riferendo elementi affastellati l’uno con l’altro, che però nella mia testa hanno un filo logico, dalle criticità alle soluzioni.

Presidente. La ringraziamo per la sua esposizione, dalla quale mi sembra possibile trarre alcune considerazioni.
In primo luogo, le siamo grati per aver richiamato con forza il tema della giustizia minorile e,quindi, della garanzia del diritto alla salute nelle strutture deputate ai minori.
In secondo luogo - un altro passaggio che mi sembra importante - lei ha posto in rilievo come anche la sanità penitenziaria subisca il problema legato ai tagli delle risorse finanziarie necessari per fronteggiare le esigenze di rientro delle regioni. È evidente che non si tratta di attivare realtà che prima non c’erano e diventa più facile, invece, difendere quanto già figurava nei bilanci e nelle previsioni delle regioni che, peraltro, a loro volta, rientrano, sotto tale profilo, nella competenza
della Commissione.
Lei ha fatto riferimento al fatto che, comunque, non c’è mai stata la separatezza - mi permetto di anticipare che non condivido questa affermazione per le ragioni che illustrerò - e che la continuità professionale tra ieri e oggi è una garanzia per tutti. Tale continuità professionale avviene, però, in una struttura diversa. Se esiste un settore nel quale si hanno a disposizione i dati su tutto, in Italia, è
quello della sanità. Stupisce, quindi, che non ci fossero dati con riferimento alla sanità nelle strutture penitenziarie.
Per questa ragione mi sono permesso di affermare che dalla sua relazione emerge, sostanzialmente,l’incertezza oggettiva, per mancanza di dati, su temi che riguardano la salute mentale, la tossicodipendenza, e, quindi, poi, per converso, gli eventuali errori sanitari e i suicidi nelle strutture sanitarie. Sono dati che, invece, premendo un bottone, si conoscono con riferimento al Servizio sanitario nazionale. Da questo punto di vista, forse, il passaggio al Servizio sanitario nazionale
presenta, dunque, un elemento positivo: una conoscenza rispetto al passato che prima non c’era,perché rimaneva all’interno della struttura penitenziaria e che sicuramente è necessaria. Per questo motivo sostengo che non ci sia una continuità. La mia osservazione non rappresenta comunque una critica, ma una notazione positiva.
Passo al secondo aspetto. Mi sembra di capire che non ci sono dati - se ci fossero, ne saremmo grati - sul rapporto tra le condizioni di vita e il disagio legato, in parte, alla penosità della pena. Non è un gioco di parole, ma la ripetizione esattamente della stessa condizione. Non ci sono dati rispetto alla tossicodipendenza o agli errori sanitari, o, almeno, non dati puntuali, ma empirici, di massima.
Anche in relazione al suicidio abbiamo registrato un’incongruenza, nel senso che, a volte, non viene rubricato come suicidio quello che, di fatto, lo è. È difficile stabilire se l’incidente provocato da un detenuto che effettua pratiche che mettono a rischio la sua vita sia dettato dall’intenzione di uccidersi o da un errore nell’uso di tali pratiche all’interno della sua cella.
Tutti questi aspetti mi portano ad affermare che per noi sarà di enorme importanza avere dati su quello che emerge dall’iniziativa che è stata intrapresa. Mi sembra di capire che diversi osservatori regionali risponderanno a un questionario che avete diffuso.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Dobbiamo ancora diffonderlo,perché verrà approvato il 19.

Presidente. Pensavo fosse in una fase più avanzata. Le sono molto grato. Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

Laura Molteni (Lega). Vorrei svolgere alcune considerazioni. Mi interesserebbe conoscere anche i dati relativi alla diffusione di epatite A, nonché di altri tipi di epatite, e dell’HIV. Inoltre, vorrei sapere se c’erano dati anche sotto l’aspetto epidemiologico.
Quando si parla di salute negli istituti penitenziari, occorre sottolineare che non ci sono solo i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria, che spesso, in tanti istituti, sono carenti sotto il profilo numerico ed effettuano anche turni ulteriori rispetto al normale orario di lavoro. Mi interessa conoscere se, oltre al servizio di tutoring psicologico a disposizione dei detenuti, esiste anche un
servizio di sostegno a disposizione degli agenti.
Penso, ad esempio, agli agenti che si trovano per sei mesi, un anno, o tre anni, in alcuni reparti molto particolari. Ci sono raggi carcerari nei quali sono ospitati tutti insieme detenuti che hanno commesso reati sessuali o altri tipi di reati efferati, come gli omicidi. Sarebbe interessante capire anche le dinamiche che vengono messe in atto all’interno del carcere, legate, da una parte, al vivere
quotidiano dei detenuti ma, dall’altra, anche a quello degli agenti di polizia penitenziaria. Penso che ci voglia un bel “pelo sullo stomaco” a sentir raccontare come i detenuti macchinosamente sono arrivati a commettere un delitto efferato in un certo modo, con sfondi e risvolti particolari. Sono situazioni sicuramente preoccupanti.
Inoltre, visto che molti agenti di polizia penitenziaria sono distanti da casa e dai propri familiari,vorrei sapere come sono seguiti. Da una parte, dunque, ci sono i detenuti, ma, dall’altra, anche chi lavora lì dentro dalla mattina alla sera, perché quello è il suo lavoro per tutta la vita. Mi interessa,dunque, anche la tutela della salute del lavoratore, in tutti i sensi.

Benedetto Francesco Fucci (Pdl). Ringrazio il dottor Ditta per l’esauriente relazione, anche se, con molta onestà, non supportata da dati; ci auguriamo, però, che, nel minor tempo possibile, si possano avere, onde poter discutere in maniera molto più razionale di questo fenomeno.
Devo confessare, dottore, che mi ha colpito, nella sua analisi, un atteggiamento quasi fatalista; spero di sbagliarmi e le chiedo una spiegazione in merito. Anche se lei ha evidenziato alcune eccellenze -ad esempio l’esperimento di Bollate - ho percepito il suo estremo interesse per tali esperienze fortemente positive, ma, alla luce dei fatti e delle situazioni particolari, il tutto sembra essere, con
un atteggiamento fatalista, legato alle condizioni anche economiche delle regioni in cui sussistono determinate strutture.
È inutile nasconderci. Lei ha parlato specificatamente di Bollate e, quindi, di Lombardia, una regione, che, magari, può permettersi anche di prendere in considerazione politiche di sanità carceraria che consentano la messa in atto di equipe, ad esempio, di 20 specialisti. Le chiedo se il Ministero della giustizia si fa carico, invece, delle situazioni estremamente diversificate offerte dal
nostro territorio nazionale, dalle nostre regioni.
La sanità, come lei ha affermato all’inizio, si può dividere in tre gradi: quella di eccellenza, quella accettabile, media, e quella che presenta enormi lacune. Seppure tali soluzioni non siano condivisibili, chi è fuori può permettersi anche di raggiungere una struttura sanitaria ubicata,magari, dall’altro lato della nazione e affrontare le cure in un determinato modo; chi è recluso deve,
invece, obbligatoriamente subire tale realtà e, quindi, vivere una situazione drammatica,conseguenza diretta, anche, delle sensibilità di chi a livello regionale si occupa di sanità carceraria;
bisogna, inoltre, fare i conti anche con le economie.
Immagino come si venga incontro a tali realtà nelle regioni che hanno già una situazione economica poco piacevole. Il ministero se ne fa carico? Possiamo avere, ad esempio, alcuni dati che ci mettano nelle condizioni di capire se l’esperimento di Bollate sia frutto solo ed esclusivamente della sensibilità e della professionalità della direttrice del carcere o, invece, anche conseguenza di una
disponibilità e di una sensibilità a livello dell’amministrazione regionale? Lei stesso ha evidenziato come la sanità sia compito delle regioni e che a livello nazionale ci si limita soltanto a tracciare alcune linee guida.

Doris Lo Moro (Pd). La ringrazio per essere venuto e per le informazioni che ci ha fornito. Vorrei però chiederle un chiarimento a proposito della continuità nel servizio del personale medico e paramedico nelle strutture carcerarie. È noto e anche lei ha fatto riferimento alla circostanza che, in
precedenza, il servizio veniva assicurato attraverso personale in convenzione e reperito sul mercato,ma non inquadrato in organico. Ora, in questo cambio di gestione, è prevista la possibilità che ci sia un organico fisso ed eventualmente convenzioni anche a supporto e a integrazione o il personale è tutto reperito sulla base di convenzioni? Come viene selezionato quello convenzionato, sulla base di
concorsi o con una nomina di carattere fiduciario?

Carmine Santo Patarino (Pdl). Grazie della sua presenza, della relazione e delle notizie che ci ha fornito. Vorrei iniziare con una domanda relativa alla situazione di Bollate. Lei ha riferito che vi operano 20 psicologi. Perché lì ce ne sono 20 e altrove non è possibile averne? A parte l’elemento
umano, che avrà fornito un contributo maggiore rispetto ad altre realtà, quali sono i motivi?
D’altronde, se non ci fossero stati i mezzi, credo che Bollate non avrebbe potuto diventare il buon esempio di cui si parla.
Abbiamo parlato di una sanità di eccellenza, di una media e di un’altra da rifare completamente.
Con riferimento alla situazione generale delle carceri italiane, possiamo affermare che esse siano attrezzate a livello di infermeria in maniera tale da godere di un giudizio, se non di eccellenza,almeno di sufficienza? Una domanda banale: se un detenuto o un agente di custodia dovesse essere colpito da un ictus o da un infarto, qual è la situazione delle carceri a livello di infermeria? C’è possibilità di ricevere i primi soccorsi, quelli che possono salvare la vita?

Giovanni Mario Salvino Burtone (Pd). Vorrei svolgere solo poche considerazioni, anche perché nelle considerazioni del presidente ci sono elementi che condivido, come, innanzitutto la necessità di avere a disposizione dati certi. Ho apprezzato quanto è stato riferito, però non c’è dubbio che il lavoro che vogliamo svolgere deve avere come riferimento elementi di certezza e non
considerazioni di ordine generale. In merito, credo che anche le considerazioni emerse abbiano offerto un quadro non confortante della situazione italiana.
Incrocio le sue considerazioni con quelle che ci sono state offerte dal DAP, l’altra sera. La sanità nelle strutture carcerarie è a più velocità: ci sono pochissime strutture di livello, ce ne sono alcune che hanno un minimo di servizio e altre che non ne hanno affatto. Se siamo qui è perché è nostro dovere indagare, capire quali siano queste realtà e fare uno sforzo di natura politica affinché questo
quadro di ingiustizie possa essere superato.
Mi viene, inoltre, spontaneo chiederle qual è la situazione delle regioni a statuto speciale (sulla quale vorrei avere, non ora, ma più avanti, dati più precisi). Mentre nel resto delle regioni d’Italia c’è una presenza, come ripeto, a macchia di leopardo, per quel che ci riguarda assolutamente non accettabile, appare ancora più grave la situazione delle regioni a statuto speciale, dove - non so se condivide - sembra affiorare proprio l’inconsistenza di alcune strutture e la necessità che su tali realtà venga puntata la nostra attenzione.
Presidente. Vorremmo sapere se coloro che si trovano all’interno delle strutture penitenziarie, siano essi la polizia penitenziaria o i detenuti, che, ovviamente, meritano entrambi un’attenzione adeguata - sarebbe singolare che ce ne fosse di più per una categoria anziché per un’altra - siano adeguatamente curati?
Vorrei inoltre porre una domanda sull’infermeria. Se un detenuto si trova all’Ucciardone e un altro a Bollate, il primo viene curato in un’ottima struttura sanitaria a Palermo, mentre il secondo in una pessima struttura sanitaria in Lombardia. Mi sono permesso di compiere un’inversione, per evitare
di essere scontato. Chi garantisce che ci sia un’appropriata cura del malato? In condizione di non detenzione si sceglie dove andare, c’è libertà di mobilità; in condizione di detenzione, esiste, invece,un sistema per evitare che, se si ha la sfortuna di essere in una struttura carceraria, peraltro male attrezzata, inadeguata, fonte anche di patologie, tocchi subire, oltre alla struttura penitenziaria,anche quella sanitaria non adeguata, mentre un normale cittadino della stessa città, potrebbe prendere l’aereo o il treno e andare a farsi curare in maniera più adeguata? Esiste un sistema che garantisca questo diritto?
L’altro aspetto riguarda la domanda che veniva posta: oltre a non essere curati, ci si ammala pure?
Ci sono dati su malattie proprie di chi si ammala perché si trova in carcere, anziché entrare quando è già malato e non essere curato adeguatamente? Sono questi i due punti più importanti dell’inchiesta ai quali dobbiamo dare una risposta, perché poi, alla fine di questo percorso, non possiamo suggerire di chiudere le carceri, ma di migliorarle, e non possiamo costringere il detenuto a subire la cattiva sanità. Se non esiste un’adeguata struttura sanitaria per la tutela della sua salute,
chi garantisce il detenuto? Dobbiamo aspettare che l’avvocato faccia un ricorso a seguito di perizia medica? Nel frattempo, c’è il rischio che il detenuto venga mal curato e muoia, considerato che abbiamo davanti persone che vivono la più terribile delle sofferenze, ossia la limitazione della libertà personale.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Mi sembra che la domanda principale sia quella che ha formulato ora il presidente: è una questione di fortuna o sfortuna trovarsi in una struttura dove si è ben curati e si è ben presi in carico, oppure si può provvedere affinché non sia questione di fortuna o sfortuna? A me sembrava di averlo detto all’inizio come prospettiva, non come dato di fatto. Oggi sembrerebbe che sia proprio una questione di fortuna o
sfortuna, anche se non è proprio il termine esatto, perché è come dire di trovarsi in un luogo rispetto a un altro.

Presidente. Rischia di essere una non prevista pena accessoria.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Sì, certo.

Presidente. Oltre alle pene vere e proprie, c’è quella accessoria della cattiva cura delle proprie patologie.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Cerco di rispondere un po’ a tutti. Per quanto riguarda i dati epidemiologici mancanti, ci stiamo attrezzando a colmare questa lacuna attraverso una cartella clinica, che dovrà fornire i dati sanitari; è stata approvata, ma deve
essere perfezionata. È prevista la formazione di un sistema informativo sanitario nazionale sulla salute dei detenuti internati e minori. Questa è la prospettiva, che mi pare giusta, perché io non sono da questa parte a dimostrare alcune tesi e voi dall’altra a confutarle. Credo che siamo entrambi, con ruoli e responsabilità diverse, interessati a creare condizioni di civiltà nel nostro Paese. Almeno,
questo è il mio punto di vista.
Bisogna saper leggere la realtà in cui si opera, che non è quella di esterna, ma quella interna. Si parlava prima del carcere come sistema relazionale. Il carcere è un’istituzione totale, come direbbero i sociologi di un po’ di tempo fa, e occorre, quindi, assicurare il benessere non solo degli internati, ma anche del direttore del penitenziario, dei vicedirettori, e soprattutto della polizia penitenziaria, che è quella che sta a contatto per ore e ore con i detenuti. Voi sapete che è attestato il
più alto tasso di assenze per malattia nella polizia penitenziaria. Si capisce: il burnout e lo stress sono notevoli.
Le regioni vi risponderebbero, su questo piano, che a loro sono stati attribuiti i fondi per curare i detenuti e non la polizia penitenziaria. Questo è un dato di fatto, perché la polizia penitenziaria gode, come tutti i cittadini, del Servizio sanitario nazionale.
Avevo enucleato, però, due filoni di pensiero: uno riguarda il tentativo di mettere un po’ di ordine organizzativo a questo traballamento iniziale, l’altro, invece, proprio quello di elaborare programmi,come quelli che si fanno a Bollate, che abbiano spessore culturale e si rivolgano alla capacità di
leggere la realtà carceraria nel suo complesso. Bollate, peraltro, non è un prodotto di adesso, ma risale a prima del passaggio della sanità penitenziaria da un’amministrazione all’altra, rappresenta una buona prassi che viene da più lontano.
Studiare come si creano le buone prassi è importante, perché si può capire quali sono le variabili da mettere in campo.
Dobbiamo innanzitutto cercare di mettere ordine organizzativo, e, quindi, realizzare un sistema che non sia basato su personale precario. Peraltro, la maggior parte dei passaggi di operatori erano relativi a personale di ruolo, non precario o a convenzione; solo pochi erano convenzionati. Le convenzioni di cui vi ho parlato si riferivano alle prestazioni specialistiche, per le quali erano impiegati specialisti convenzionati; la medicina di base, invece, è assicurata soprattutto da medici e
infermieri di ruolo. Queste sono le figure principali, che ancora esistono. Il punto è: sono sufficienti o non lo sono? Questa è una valutazione in corso.
Non credo si debba prima aspettare di stabilizzare l’organizzazione. Ci stiamo provando con diversi sistemi di input a livello nazionale e poi con il coordinamento delle regioni e degli osservatori regionali. C’è poco da fare: ci sono territori in cui ci si parla e si è fattivi e operativi, e altri in cui fra amministrazione penitenziaria e regioni si parla poco. È un dato di fatto. Quando parlo di migliorare
la qualità media degli interventi, mi riferisco anche a quella dei rapporti, alla capacità di mettersi in gioco e di essere meno burocrati, in sostanza, anche ad aspetti di qualità.
Occorre, quindi, una stabilizzazione organizzativa, con un personale stabile e un servizio sanitario organizzato; peraltro, un documento importante - l’allegato A del Dpcm - è costituito dalle linee guida, d’indirizzo, per gli interventi a tutela della salute negli istituti, in cui si fa la disamina delle iniziative da porre in essere e degli elementi da tenere maggiormente in conto e si rileva quali
patologie possano essere maggiormente oggetto d’attenzione. Il riferimento è, soprattutto, a detenuti internati e minori.
La stabilizzazione è in corso, con tutte le difficoltà che comporta. Qualcuno mi diceva che sono fatalista: a me sembra di essere realista, più che fatalista, anche se, a volte, credo più nel destino che nella buona volontà. Si dice che le persone intelligenti credano nel destino e gli stupidi che con la buona volontà si realizzi tutto.
È fondamentale, però, sapere che cosa chiedere e che cosa aspettarsi. Non sono, dunque, fatalista;sono realista, ma anche ottimista, in un certo senso. Credo nel valore aggiunto di questo passaggio:
l’obiettivo è quello di capire qual è la realtà carceraria e che cosa significa elaborare progetti di cura dentro gli istituti, che sono istituzioni totali, in cui ci sono persone che utilizzano la propria salute per uscire, che non prendono l’insulina e rischiano di farsi venire un coma diabetico. Saranno
eccezioni, però fanno parte di quella realtà; fuori tali eventi non capitano.
È importante, quindi, la stabilizzazione, che attualmente è in corso: le linee di indirizzo prevedono modelli organizzativi diversificati a seconda delle dimensioni degli istituti. Se poi questi istituti diventano eccessivamente affollati, può saltare anche la migliore organizzazione. In ogni caso,siamo in una situazione di lavori in corso, che devono tener conto di questo obiettivo. La tutela
della salute non può essere migliore in un posto e peggiore in un altro: deve essere tutelata in tutti i luoghi, altrimenti il sistema non funziona.
Il nostro obiettivo è uguale al vostro, cioè quello di un Paese civile che deve dare risposte a questa realtà. È una sfida e bisogna comunque darsi alcune scadenze. Il Ministero della salute ha anche messo a disposizione alcune risorse, pur avendo competenze non di indirizzo. Negli obiettivi di piano, che costituiscono il 3 per cento del fondo sanitario, l’anno scorso ha messo a disposizione delle regioni alcuni milioni, con fondi loro dedicati, per realizzare progetti sulla sanità penitenziaria per le donne, le donne con i bambini e i minori.
La variabile più sensibile è la capacità, la possibilità di governare percorsi che si implementino veramente, perché magari si mettono a disposizione i fondi, ma poi c’è chi non li sa spendere e non sa elaborare un programma. È importante che si creino anche le condizioni per cui le regioni meno capaci siano aiutate da quelle più capaci. Ciò è possibile nel coordinamento interregionale; se ne parla, anche se non è sempre facile e il tema è molto delicato.
L’obiettivo esiste: parlando e discutendo, se lo si condivide, ci si può lavorare. L’importante è che non ci siano le sacche dovute alla malpractice, che va eliminata. Sapete quanti errori si commettono anche nel Servizio sanitario nazionale? Il contenzioso tra paziente e medico cresce in maniera paurosa, il che è preoccupante, perché è un indice, secondo me, di inciviltà. Dov’è allora la fiducia
che deve caratterizzare il rapporto medico-paziente,? Forse, in un certo senso, è più facile avere fiducia dentro un’istituzione totale che fuori, perché si è costretti a starvi dentro.
Sono consapevole che tutte le vostre domande, in fondo, riflettono una preoccupazione delle pubbliche amministrazioni, condivisa anche dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e da quello della giustizia minorile, ovvero dove collocare i minori, con l’obiettivo di non tenerli mai negli istituti penali, ma di cercare di metterli in comunità terapeutiche o residenziali. Occorre creare
le condizioni perché ciò si verifichi.
Non so se ho risposto a tutte le vostre domande, però è vero che bisogna elaborare programmi di sistema, non si può lavorare per segmenti. Si può fare un primo segmento, ma è soltanto un tassello;occorre lavorare sul sistema, il che implica che bisogna coinvolgere tutti gli attori. La polizia penitenziaria, per esempio, può essere di grandissimo aiuto, se supportata. Se non ci sono i soldi per
curare la polizia penitenziaria, ci possono essere però per elaborare alcuni progetti, che riguardino anche la prevenzione, che è attuata anche con l’aiuto della polizia penitenziaria, alla quale è attribuito un ruolo.
Ricordo che andai a visitare Barcellona Pozzo di Gotto, che è un OPG. Alcuni agenti di polizia penitenziaria mi riferivano di essere felici di trovarsi lì rispetto a quando stavano in carceri cupe nel nord, perché c’è un contatto, un rapporto diverso con gli internati. Avevano, quindi, un ruolo più umano. Questi aspetti vanno tenuti in conto per creare o mettere in piedi programmi efficaci; se tecnicamente bisogna fare prevenzione, occorre capire quali sono i programmi più efficienti e chi
occorre coinvolgere. Vanno coinvolti davvero tutti gli attori interni alla struttura e al contesto.

Presidente. Grazie, dottore. Credo di esprimere, a nome dell’intera Commissione, la nostra gratitudine, non per i dati, che non ci ha fornito, perché non ci sono, ma per i criteri che ci ha indicato per svolgere la nostra attività rispetto a una vicenda che lei ha descritto in una situazione di lavori in corso.
Sentendola parlare - chiedo ai colleghi comprensione per la mia trasgressione - l’idea che forse abbiamo “smontato” un know-how ministeriale, senza averne ancora uno regionale, in materia di sanità, ogni tanto forse è legittima. Abbiamo accolto tutti con soddisfazione l’istituzione dell’apposito ministero, perché è già un segnale, comunque, di un’attenzione diversa rispetto a questo tema.
La ringraziamo ancora e restiamo in attesa di ogni altra indicazione che riterrà di poterci fornire. Le faremo avere il testo del resoconto stenografico perché lei possa, eventualmente, integrare le notizie già riferite. Mi consenta, però, di non far passare senza una replica il suo riferimento al destino.
Personalmente, sono convinto della forza di volontà dell’essere umano e della sua capacità di cambiare la realtà e, all’espressione “destino” preferisco sostituire quella di “caso”.

Guido Vincenzo Ditta, Dirigente medico del Ministero della salute. Sono scuole di pensiero.

Presidente. Non riusciremo mai - ed è l’errore di qualcuno - a eliminare il caso dalla storia e dalla vita. Se accettiamo che tutto può dipendere da noi, ma che poi esiste il caso, è un buon compromesso. Dichiaro conclusa l’audizione.

La seduta termina alle 21,15.