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Sign for Aiutaci a garantire l'effettiva applicazione dell'art. 27 Cost.(funzione rieducativa della pena)

Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari

Mercoledi',23 Marzo 2011,

(rinvio del 16 Marzo 2011)

in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.


5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario


5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario




Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari




Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.

26 agosto 2010



Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive



“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.





5 luglio 2010





Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"



Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico



L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.



Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.



Così non va.









Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile





Comunicato stampa, 29 maggio 2010





Ai deputati di commissione bilancio



e giustizia camera









Al sottosegretario



On. Caliendo









Al sottosegretario



On. Giorgetti Alberti







Egregi Onorevoli,



dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.



L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.



Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.



Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.



Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.



La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.



L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.



Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.



La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.



Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.



I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo



Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).



Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).



Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.



Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.



Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.



Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.



Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.





FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.

Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.

Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.


18 maggio 2010


La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.



Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano

“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.

“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.

“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.

Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.


Proposta emendativa 8.01.


Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.

2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa



Proposta emendativa 8.03.

Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa



28-04-10


Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.




Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.

“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”


16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari

Convocazione della II Commissione (Giustizia)

Martedì 16 marzo 2010

Ore 13.45

5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari


Interrogazione a risposta in Commissione:

FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.



- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:

il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;

nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);

in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;

lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;

non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009

se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.

(5-02550)


Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.

Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.




24 febbraio 2010:

ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao

La Camera,

premesso che

il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;

il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;


nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria
.


Accolto come raccomandazione.




19 Febbraio 2010:

ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD


La Camera,

premesso che:

l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

impegna il Governo

a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

9/3196/13.
Donatella Ferranti.



Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini

Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.


Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.

CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA



Roma, 13 gen



''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.

Assunzione degli educatori primo impegno del governo

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari

lunedì 30 novembre 2009

Nella mozione di Rita Bernardini,assuzione di piu' agenti,educatori e psicologi!

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Carceri, Bernardini replica a Capece: Ma lui che fa, oltre a criticare e a seminare zizzania?
30 novembre 2009

· Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata radicale-Pd, membro della Commissione Giustizia

Non mi metto a sindacare quale sia stata l'attività per risolvere il problema delle carceri portata avanti del segretario generale del Sappe Donato Capece. Quello che so è che da quando abbiamo promosso l'iniziativa del Ferragosto, delle drammatiche condizioni delle carceri italiane si parla molto di più, si hanno molte più informazioni e i parlamentari sono più consapevoli del loro ruolo rispetto a una situazione che sta divenendo ogni giorno di più ingovernabile.
Quello che so è che, assieme ai miei compagni radicali, sono al 12° giorno di sciopero della fame affinché sia calendarizzata la mozione sulle carceri, presentata dai radicali, mozione che ha raccolto le firme di 78 deputati per impegnare il governo a varare "una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi". Mozione che prevede tutta una serie di misure - compreso l'adeguamento degli organici di agenti, educatori e psicologi - che nel giro di poco tempo potrebbero portare tutto il sistema a respirare dopo lunghi anni di sofferenza e di abbandono. Noi usiamo la nonviolenza come strumento di dialogo per cambiare le cose: Capece che fa, oltre a criticare e a seminare zizzania nel momento in cui dovremmo essere tutti impegnati nella soluzione dei problemi?

Il ministro Alfano dia risposte allo sciopero di Rita Bernardini per calendarizzare mozione sulle carceri. detenuti,governo,Rita Bernardini,dap,Ionta

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30 novembre 2009

·Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata Radicali/PD, a nome dell’Osservatorio


Le morti in carcere scandiscono le ore di una comunità penitenziaria sofferente, umiliata, abbandonata. Dobbiamo dircelo chiaro: la causa più frequente delle morti tra i detenuti è una patologia che va sotto il nome di "mal di carcere".

Si manifesta quando una persona è costretta a trascorrere oltre 20 ore al giorno in meno di 3 metri quadri, una ristrettezza che è vietata anche per gli animali negli zoo.

Si manifesta quando a questa persona viene fornito un vitto quotidiano al costo complessivo di 3 euro e 50 centesimi, quando nelle celle manca l'acqua calda (e spesso anche il riscaldamento), quando nelle celle manca perfino la carta igienica.

Si manifesta quando la visita di un medico specialista richiede settimane e a volte mesi di attesa e quando le infermerie delle carceri non hanno a disposizione i farmaci e i detenuti devono comperarli con i propri soldi (ammesso li abbiano).

Si manifesta quando gli psicologi riescono a dedicare a ogni detenuto 10 minuti di colloquio ogni anno e quando parlare con un educatore diviene pressoché impossibile.

Si manifesta quando una persona viene incarcerata e attende per mesi o per anni prima di avere un processo.

Si manifesta quando due terzi di tutti i detenuti condannati sono nelle condizioni oggettive per ottenere una misura alternativa e non la
ottengono. Quando si è trasferiti a centinaia di chilometri dalle famiglie e dagli affetti e si è privati del conforto di un abbraccio.

I sintomi del "mal di carcere" sono i suicidi, sono le morti accidentali causate dalla ricerca dello "sballo" tramite l'inalazione di gas, sono gli scioperi della fame protratti fino alla morte, sono i decessi "inaspettati", per malattie che fuori dal carcere sarebbero curabilissime e invece in carcere diventano fatali, sono le esplosioni di violenza, contro se stessi con gli autolesionismi, o contro gli altri, con le aggressioni agli agenti, che fanno le spese anch'essi di questa situazione da incubo...

Rita Bernardini da 12 giorni in sciopero della fame,per calendarizzazione mozione quanti suicidi ancora in carcere? vergogna! carcere,detenuti

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Staderini scrive alla conferenza dei capigruppo: sul carcere il parlamento non abdichi alle sue funzioni

Calendarizzare la mozione sottoscritta da 78 deputati.


Roma, 30 novembre 2009

• Dichiarazione di Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani

Da settimane gli italiani leggono sui principali quotidiani notizie allarmanti che provengono dalle carceri.
Al sovraffollamento senza precedenti degli istituti di pena che impone alla comunità penitenziaria condizioni di vita e di lavoro inumane, oggetto di continue condanne da parte dell’Europa, si aggiungono i dati impressionanti sulle morti in carcere: 160 detenuti morti nel solo 2009, di cui 66 per suicidio. In non pochi casi, poi, si tratta di persone che sarebbero state assolte, visto che per le ingiuste detenzioni lo Stato italiano paga centinaia di milioni di euro come risarcimento.

Mentre il Governo non risponde alle interrogazioni e si nasconde dietro il periodico annuncio di un contraddittorio “piano carceri”, è impensabile che il Parlamento continui ad abdicare al suo ruolo di indirizzo e di vigilanza, impedendo al Paese di conoscere quali sono gli interventi e le soluzioni della politica a queste vera e propria emergenza nazionale.
Da 12 giorni la deputata Radicale Rita Bernardini, insieme ai dirigenti e militanti radicali Irene Testa (Presidente dell’Ass.ne radicale “Il detenuto ignoto”), Claudia Sterzi (Segretaria dell’Associazione Radicale Antiproibizionisti), Annarita Digiorgio (del Comitato nazionale di Radicali Italiani), Riccardo Magi e Luisa Simeone, conduce una lotta nonviolenta di digiuno dal cibo per ottenere la calendarizzazione di una mozione che, promossa dalla delegazione radicale nel gruppo del PD, è stata di già sottoscritta da 78 deputati.


Cosa aspetta la Conferenza dei Capigruppo, ai cui membri ho scritto oggi una lettera, per avviare il grande dibattito sulle carceri e calendarizzare la discussione ed il voto sull’unica mozione che prefigura un percorso ragionevole di superamento dell’emergenza?
Sarebbe da irresponsabili aspettare il prossimo suicidato per affrontare con urgenza, nella sede parlamentare, l’ultimo anello della malagiustizia italiana.

domenica 29 novembre 2009

Rita Bernardini al convegno promosso dalle camere penali Napoli per "emergenza carceri". carcere,governo,detenuti,giustizia,politica,costituzione

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Napoli 28 novembre, la deputata radicale Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia sarà a Napoli per partecipare alla “Giornata per la legalità della pena”, promossa dalla Camera Penale di Napoli e dal “Carcere Possibile Onlus”, Mentre arriva a 74 il numero di parlamentari – del PD, del PDL, dell’UDC, dell’IDV e del Gruppo Misto – che hanno sottoscritto la mozione sulle carceri promossa dai deputati radicali nel gruppo del PD, prosegue l’iniziativa nonviolenta intrapresa dai radicali affinché la mozione venga calendarizzata. Rita Bernardini, infatti, giunge oggi al 9°giorno di sciopero della fame con i dirigenti e militanti radicali Irene Testa,
Claudia Sterzi, Annarita Digiorgio, Riccardo Magi e Luisa Simeone. “Ci è giunta oggi da Sondrio la notizia di un nuovo suicidio di un detenuto, che ieri si sarebbe impiccato con la cintura dell’accappatoio. Con questa – osserva Rita Bernardini – sono ben tre le morti che si sono consumate nelle nostre carceri comunicate nella giornata di ieri, undici nel mese di novembre e 159 dall’inizio dell’anno: uno stillicidio di “evasioni da una vita insopportabile”, drammatico e intollerabile. E intollerabile – aggiunge la deputata radicale – è anche l’immobilismo del governo che non risponde alle interrogazioni, nega le cause reali di questa situazione e annuncia ‘piani carcere’ che, se mai fossero realizzati, darebbero risposte di maggiori spazi di vivibilità fra tre anni quando la popolazione dei detenuti, seguendo i ritmi attuali, sarà giunta alla soglia dei centomila ristretti. Così si volta la faccia alle soluzioni che sono necessarie e possibili oggi. Quello di cui ha bisogno l’intera comunità penitenziaria per uscire dall’incostituzionalità e dal suo insopportabile stato di sofferenza è subito un’amnistia legale, contro l‘amnistia di classe che vede ogni anno cadere in prescrizione circa 200mila processi e poi – conclude Bernardini – una radicale riforma delle carceri, che includa la depenalizzazione dei reati meno gravi e l’estensione delle misure alternative, proprio come previsto dalla mozione parlamentare”.

venerdì 27 novembre 2009

L'ON. Di Stanislao ha presentato inchiesta parlamentare su problemi penitenziari per un carcere rieducativo. carcere,governo,angelino alfano,detenuti

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Giustizia: Di Stanislao (Idv); inchiesta parlamentare su carceri

Il Velino, 27 novembre 2009



È già agli atti la proposta di istituire una commissione d’inchiesta parlamentare sulle carceri italiane del deputato Idv Augusto Di Stanislao, che continua l’impegno preso ormai da tempo per migliorare la condizione del mondo penitenziario. La prima proposta di inchiesta parlamentare su una problematica tanto grave e drammatica quanto poco considerata e spesso dimenticata. "La presente proposta di inchiesta parlamentare - afferma il deputato - nasce dall’attuale situazione emergenziale e drammatica delle carceri in tutto il territorio nazionale. Una situazione che è al collasso, migliaia di detenuti più di quelli previsti, la gran parte delle strutture penitenziarie sono fatiscenti, obsolete e non adatte.

Ogni detenuto nelle carceri italiane ha mediamente a disposizione meno di tre metri quadrati di spazio, ben al di sotto dei 7 metri stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Ciò vuol dire che normalmente una cella deve ospitare tre detenuti, oggi nei penitenziari italiani ce ne sono in media nove in ogni cella".

"Ormai sono quotidiani gli episodi di violenza tra detenuti, di attacchi al personale ormai demotivato e stanco. Occorrono soluzioni e un modello di recupero e di rieducazione prima di pensare a nuove strutture e, in questa ottica, la commissione parlamentare di inchiesta sulle carceri in Italia ha il compito di constatare, verificare e valutare le condizioni tanto dei detenuti quanto di direttori, medici, agenti, psicologi ed educatori ed accertare l’efficienza delle strutture".

Di Stanislao presenterà, inoltre, una mozione, si ricordano anche le interrogazioni fatte precedentemente al ministro Alfano, al fine di tenere alta l’attenzione su un modello che dovrebbe essere di punizione, ma anche di rieducazione e di reinserimento, invece di essere soltanto un contenitore di emarginati e di esclusi senza possibilità di futuro.

Il sottosegretario Casellati adesso ammette la mancanza di educatori nelle carceri,passo in avanti ma non ancora abbastanza! carcere,Rita Bernardini,

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Giustizia: Casellati; le morti non collegate al sovraffollamento

Ansa, 27 novembre 2009



"Io non credo che il problema delle morti in carcere sia collegato al sovraffollamento". Lo dice il sottosegretario alla Giustizia, Maria Elisabetta Alberti, a proposito della morte nel carcere romano di Regina Coeli del detenuto Simone La Penna. "Nonostante il sovraffollamento - ha spiegato Casellati a Econews - in Italia la media di suicidi in carcere è sotto quella europea. Ogni 10 mila detenuti, la media italiana di suicidi è di 11,1. Contro la media europea, che è di 12,4. Quindi il problema si riconnette a delle patologie psicologiche che il carcere sicuramente accentua".

"Sicuramente il numero di educatori e di agenti penitenziari è insufficiente - osserva il sottosegretario -. Però io non credo che i decessi che si sono verificati per lo sciopero della fame piuttosto che per anoressia siano dovuti a una carenza di personale che interviene non tempestivamente. Ci sono dei casi in cui non si può imporre il cibo a un detenuto. Del resto, anche fuori dalle carceri, ci sono moltissime morti per anoressia che pure non inducono a ipotizzare delle insufficienze di trattamento sanitario".

Aiutiamo Rita Bernardini con sciopero della fame per calendarizzazione mozione su carcere. Rita bernardini,carcere,detenuti,fai notizia,governo,

Messaggio di Rita Bernardini:

L'On. Rita Bernardini ha scritto al nostro blog.

Aiutiamola,in fondo è la nostra battaglia...sul forum il dialogo su tale vicenda.

clicca sul link per partecipare o accedi dall'apposita sezione a fianco del blog.





1 commenti:

Rita ha detto...

Stiamo completando il settimo giorno di sciopero della fame per la calendarizzazione della nostra (radicale) mozione sulle carceri. Domani sarà l'ottavo. Abbiamo raccolto 69 firme di deputati. Un punto specifico riguarda anche gli educatori. Sarebbe oltremodo utile che qualche educatore si unisse per uno o più giorni all'iniziativa nonviolenta.
Rita Bernardini

Deputata Radicali/PD

25 novembre 2009 11.59

giovedì 26 novembre 2009

Giustizia: intervista a Rita Bernardini, in sciopero della fame per calendarizzazione mozione. carcere,governo,detenuti,costituzione.italia,Alfano

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Giustizia: intervista a Rita Bernardini, in sciopero della famedi

Daniela Domenici



Ristretti Orizzonti, 26 novembre 2009



Inizia oggi l’ottavo giorno di sciopero della fame di Rita Bernardini, deputata radicale eletta nelle liste del Pd. Le abbiamo rivolto alcune domande in merito a questa sua protesta non violenta.



Cosa vuoi ottenere con questo sciopero della fame a oltranza a cui partecipano anche Irene Testa, Claudia Sterzi, Alessandro Litta Modigliani, Annarita Digiorgio e Riccardo Masi?

Voglio la calendarizzazione della mia mozione n°250, presentata alla Camera lo scorso 19 novembre, sulla situazione esplosiva nelle carceri italiane soprattutto dopo i recenti fatti di morti sospette come quella di Cucchi e di suicidi come il giovane Yassine. Sto raccogliendo firme intorno a questo mio testo, in questo momento siamo a quota 69, una bella cifra che spero di poter aumentare. Colgo inoltre l’occasione per ribadire il mio invito a tutta la comunità penitenziaria a unirsi a questa battaglia nonviolenta, per lottare insieme con proposte concrete.



Quanto tempo ancora pensi di continuare in questo sciopero? E la tua salute?

Sono abituata, sono una "pannelliana" convinta", una volta sono arrivata anche a 38 giorni e alla fine mi hanno dovuto fare le flebo di ferro.



Da cosa e quando è nato questo tuo interesse per il pianeta carcere?

Quando ero agli inizi della mia militanza tra i Radicali accompagnavo Marco Pannella e Emma Bonino nelle loro visite nelle varie carceri italiane; vedendo queste realtà di "vita ristretta" è stato naturale, per me, in un certo senso continuare la loro opera. Il "blitz" a Ferragosto scorso, quando molti giornalisti hanno trascorso un giorno all’interno di un carcere per vedere e toccare dal vivo come si vive là dentro, è stata un’idea mia. Nel prossimo ponte dell’Immacolata, a dicembre, verrò in Sicilia per visitare i centri di accoglienza per extracomunitari, la Sicilia ne ha il numero massimo. E martedì prossimo sarò in TV alla trasmissione "Matrix" per un confronto dialettico col ministro della giustizia Alfano.

www.fainotizia.it

mercoledì 25 novembre 2009

Nuova interrogazione di Rita Bernardini per assunzione veloce vincitori e 102 idonei del concorso educatori. Rita Bernardini,Roberto rao,governo,dap

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Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-05123
presentata da
RITA BERNARDINI
martedì 24 novembre 2009, seduta n.251


BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI.

- Al Ministro della giustizia.-

Per sapere - premesso che:

nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004 è stato bandito un concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con provvedimento del direttore generale del 21 novembre 2003;

dopo ben quattro anni di procedura concorsuale, il 15 dicembre 2008 nel Bollettino Ufficiale del Ministero della giustizia n. 23, è stata pubblicata la graduatoria ufficiale definitiva del suddetto concorso;

ad oggi il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha assunto solo i primi 97 vincitori, a cui dovrebbe seguire a breve assunzione dei restanti 300, dopo aver proceduto alle istanze di interpello annuale nazionale di mobilità interna del personale;


sul ritardo nella chiamata in servizio dei vincitori del concorso - ritardo che da un lato lede le legittime aspettative di quanti attendono delle risposte per poter programmare in maniera più compiuta il proprio futuro e dall'altro stride con l'attuazione della Costituzione e del regolamento penitenziario, peraltro mortificando la richiesta di sicurezza della società - gli interroganti hanno già depositato l'atto di sindacato ispettivo n. 4/00965 al quale, nonostante i numerosi solleciti, non è ancora stata data risposta;

se e quando avverrà, l'annunciata assunzione di queste nuove forze, seppur sicuramente utile, risulterà comunque palesemente e gravemente insufficiente rispetto alle esigenze della numerosissima popolazione carceraria, il che peraltro lo si può facilmente evincere valutando i dati emersi dalle relazioni, dai dossier e dagli articoli che hanno per oggetto le condizioni di vita dei detenuti in carcere;

ed invero per questa figura professionale in passato sono già state apportate drastiche riduzioni tali da portare la pianta organica alle attuali 1.088 unita(anche se ad oggi, in servizio, risultano esservi solo 686 educatori ai quali andranno ad aggiungersi i 300 restanti vincitori, giungendo così ad una quota di 968 unità, tutto ciò a fronte di una popolazione detenuta che attualmente sfiora i 66.000 reclusi);

è lampante pertanto che, nonostante l'assunzione dei 300 vincitori del concorso, negli istituti di pena continueranno a mancare ben 102 educatori previsti in pianta organica, ai quali andranno ad aggiungersi tutti quegli educatori che nel frattempo verranno collocati in pensione avendone ormai maturato i requisiti;

peraltro la pianta organica degli educatori penitenziari risale al 2001, allorquando il numero dei detenuti presenti nelle carceri italiane era di gran lunga inferiore rispetto a quello attuale; il che rende ancora più grave ed evidente la carenza di organico di questa particolare ed importante categoria professionale;

la grave assenza dei citati operatori aggraverà ancor di più il clima e la vita detentiva dei ristretti e dei medesimi operatori ancor in servizio, oltre ad accrescere l'inadempienza al dettato legislativo vigente e al regolamento penitenziario, visto e considerato che molti detenuti non riescono ad usufruire per anni di colloqui con gli educatori, non riuscendo, pertanto, a conseguire alcun giovamento dall'ingresso in carcere;


la mancanza degli educatori comporta inevitabilmente l'aumento dei suicidi, degli atteggiamenti autolesionistici e dell'aggressività dei detenuti nei confronti del personale di polizia penitenziaria;

come si evince dal contenuto della missiva del 16 novembre 2009 indirizzata al Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dal Comitato vincitori e idonei al concorso per educatori, anche dopo l'assunzione dei 300 vincitori del concorso per il profilo da educatore, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avrà a disposizione un avanzo di fondi per assumere subito all'incirca altre settanta unità lavorative, ciò grazie al provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2009, che ha deliberato l'autorizzazione all'assunzione di un contingente di 1.370 unità di personale a tempo indeterminato per l'anno 2009 per le Amministrazioni dello Stato. In particolare, per il Ministero della giustizia le nuove assunzioni autorizzate ammontano a 223 unità, di cui 110 per l'amministrazione penitenziaria. Le predette unità dovrebbero essere ripartite tra i vincitori e gli idonei di tutti i concorsi aventi graduatorie ancora valide presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ciononostante gli interroganti ritengono che, alla luce della allarmanti condizioni in cui versano le carceri italiane, una buona parte di questi fondi dovranno essere destinati in via prioritaria all'assunzione degli idonei al concorso per educatori, ciò al fine di restituire al pianeta carcere quella funzione di rieducazione prevista dalla Costituzione e dall'ordinamento giuridico italiano -:

se il Ministro interrogato non intenda provvedere alla assunzione, oltre che dei 300 vincitori, anche dei restanti 102 educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, attingendo gli stessi dagli idonei della vigente e sopra ricordata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale in data 16 aprile 2004, così da consentire anche a costoro di partecipare ai previsti corsi di formazione che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria deve avviare per questi operatori prima del loro ingresso nelle carceri a cui sono destinati, il che eviterebbe, ad avviso degli interroganti, di dover riattivare i predetti corsi in seguito sprecando inutilmente denaro pubblico. (4-05123)

Carceri: Radicali al 7° giorno di sciopero della fame. Aumentano firme alla mozione parlamentare

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Carceri: Radicali al 7° giorno di sciopero della fame. Aumentano firme alla mozione parlamentare

25 novembre 2009


Prosegue l’iniziativa nonviolenta della deputata radicale Rita Bernardini, che è giunta oggi al 7° giorno di sciopero della fame insieme a Irene Testa (presidente dell’ass.ne radicale “Il detenuto Ignoto”), Claudia Sterzi (Segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti), Alessandro Litta Modignani (della Direzione Radicali Italiani), Annarita Digiorgio (del Comitato Nazionale di Radicali Italiani) e Riccardo Magi (Radicali Roma), affinché venga calendarizzata la mozione parlamentare sulle carceri promossa dai deputati radicali nel gruppo del PD.

“Voglio ringraziare la UIL PA Penitenziari della Toscana, e il Segretario generale Eugenio Sarno, per il sostegno all’impegno politico di Marco Pannella e di tutti i Radicali a favore l’universo carcerario e per aver sollecitato adesioni all’iniziativa nonviolenta che stiamo portando avanti”, ha dichiarato Rita Bernardini, “Colgo inoltre l’occasione per ribadire il mio invito a tutta la comunità penitenziaria a unirsi a questa battaglia nonviolenta, per lottare insieme con proposte concrete”.

Intanto continuano ad aumentare i parlamentari, di tutti gli schieramenti, firmatari della mozione sulle carceri presentata dai deputati radicali-Pd. Queste le firme raccolte fino a questo momento:

Rita Bernardini (Radicali/PD), Maurizio Turco (Radicali/PD), Marco Beltrandi (Radicali/PD), Maria Antonietta Farina Coscioni (Radicali/PD), Matteo Mecacci (Radicali/PD), Elisabetta Zamparutti (Radicali/PD)

Benedetto Della Vedova (PDL) Guido Melis (PD) Mario Pepe (PDL) Roberto Giachetti (PD) Giulio Calvisi (PD) Lino Duilio (PD) Jean Leonard Touadi (PD) Salvatore Torrisi (PDL) Lucia Codurelli (PD) Dario Ginefra (PD) Mario Barbi (PD) Ludovico Vico (PD) Sandro Brandolini (PD) Mario Cavallaro (PD) Pina Picierno (PD) Luisa Bossa (PD) Antonio Boccuzzi (PD), Caterina Pes (PD), Ermete Realacci (PD), Rigoni Andrea (PD), Walter Verini (PD), Marcello De Angelis (PDL) Lorenzo Ria (UDC) Costantino Boffa (PD) Francesco Laratta (PD) Alessia Mosca (PD) Pietro Tidei (PD) Antonio Rugghia (PD) Ludovico Vico (PD) Pierangelo Ferrari (PD) Emanuele Fiano (PD) Enrico Farinone (PD) Raffaella Mariani (PD) Oriano Giavanelli (PD) Maria Anna Madia (PD) Claudio Barbaro (PDL) Caterina Pes (PD) Sabina Rossa (PD) Enzo Carra (PD) Anna Paola Concia (PD) Antonio Razzi (IDV) Laura Froner (PD) Alessandra Siragusa (PD) Massimo Vannucci (PD) Gino Bucchino (PD) Silvia Velo (PD) Marco Causi (PD) Amalia Schirru (PD) Furio Colombo (PD) Gero Grassi (PD) Cinzia Capano (PD) Lapo Pistelli (PD) Giovanni Burtone (PD) Giuseppina Servodio (PD) Gianni Cuperlo (PD) Emilia De Biasi (PD), Susanna Cenni (PD) Antonio Milo (Misto – MPA.) Arturo Parisi (PD)

Il testo della mozione la trovi andando sull'etichetta mozioni di questo blog, giu' in basso.

lunedì 23 novembre 2009

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Carcere: Rita Bernardini e Radicali continuano sciopero della fame per la calendarizzazione della mozione su problema penitenziario,piena solidarieta'

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Lettere: caro Detenuto Ignoto… tu hai ragione e lo Stato torto

di Rita Bernardini (Deputata Radicale-Pd, Commissione Giustizia)


Il Manifesto, 23 novembre 2009


Caro Detenuto Ignoto, vorrei con tutta me stessa raggiungerti in queste ore per consegnarti un messaggio di Marco Pannella. Vedi, già molti anni fa, quando gli si avvicinava un tossicodipendente per stringergli la mano, abbracciarlo e chiedergli qualche lira per farsi, Marco, nell’assecondare quella sua richiesta di sballo (necessario, impellente), lo invitava in amicizia a rimandare quell’iniezione vitale (e a volte letale) magari solo per una notte. Ne sono sicura: in molti gli hanno dato retta, solo perché glielo aveva chiesto lui, cioè colui che nelle lettere che mi arrivano dal carcere viene definito "il leone Marco".

Ecco, il messaggio che vorrei consegnarti è di trasformare quel dolore tremendo, e apparentemente inconsolabile, che senti dentro di te, in lotta nonviolenta, in forza della ragione che non può prima o poi non essere compresa e condivisa. Già perché tu, caro detenuto ignoto, che probabilmente (non sicuramente) hai avuto il torto di violare la legge, ora, mentre sei rinchiuso in una cella di una galera italiana, hai dalla tua parte la ragione della legge.

Quando il Ministro della "giustizia", Angelino Alfano, arriva a definire le carceri italiane "incostituzionali", ammette che lo Stato tradisce la sua legge fondamentale. E ciò è accaduto negli anni, qualsiasi colore politico abbia governato questo nostro Paese, e continua ad accadere in un quadro sempre più folle, perché solo tale riesce a manifestarsi quando se ne smarrisce E lume delle regole. E perciò folle e vana, come tu probabilmente già la consideri, si rivela la tutela della legge dove la legge è ridotta a fantasma, il tentativo di recuperare il detenuto alla legalità, là dove essa è smarrita.

Perciò, se ti trovi insieme ad altri ammassato in una cella, rinchiuso là dentro per 20 o 22 ore al giorno, senza poter lavorare, studiare o svolgere una qualsiasi altra attività che non sia quella abbrutente di guardare la televisione, se sei malato e non ti curano, se non riesci a parlare con gli educatori, se vivi lontano dal tuo luogo di residenza, se sei tossicodipendente... tu hai ragione e lo Stato torto!


Perché l’art. 27 della nostra Costituzione appartiene a tutti i cittadini e anche a te, come anche e soprattutto a te appartiene la possibilità di lottare per i tuoi diritti, con le armi, le uniche, le sole davvero efficaci, della nonviolenza.

Da tre giorni con i miei compagni radicali Irene Testa (è lei che ha ispirato questa mia lettera con la sua Associazione "il Detenuto Ignoto"), Claudia Sterzi, Alessandro Litta Modignani e Annarita Di Giorgio, sto conducendo uno sciopero della fame per la calendarizzazione di una Mozione sulle carceri che la delegazione radicale alla Camera ha già depositato e che sta raccogliendo le firme di deputati di ogni orientamento politico.

Con noi, e ne siamo orgogliosi, c’è anche Ristretti Orizzonti, una rivista, un sito web, un luogo d’azione che da anni riesce a dar voce ai frequentatori di quel luogo oscuro che è la galera. Voce e parola a tutta la comunità penitenziaria. Noi abbiamo bisogno di te del tuo sostegno. Vorremmo che la tua giustificata "rivolta" interiore si traduca in azione nonviolenta con l’annuncio di alcuni giorni di sciopero della fame. Scrivici!

Abbiamo bisogno del tuo nome, dei tuoi connotati per dare senso a questa lotta, affinché tu non sia più il Detenuto Ignoto, ma una persona con nome e cognome, che decide nelle sue giornate tremende di non lasciarsi sopraffare dal dolore e dalla disperazione; per divenire capace di un sorriso che può cambiare le cose, cambiarti, cambiarci.

Fra le raccomandazioni del Consiglio Europeo,incrementare organico educatori nelle carceri per piu' misure alternative ai detenuti. carcere,giustizia

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ANTIGONE, PRIGIONI SOVRAFFOLLATE: CERCANDO SOLUZIONI

È recentissima la quindicesima Conferenza dei Direttori delle Amministrazioni Penitenziarie sul tema “Prigioni sovraffollate: cercando soluzioni”.
Promossa dal Consiglio d’Europa, si è tenuta a Edimburgo dal 9 all’11 settembre scorsi.
Il sovraffollamento costituisce oggi uno dei problemi principiali nei sistemi penitenziari europei in generale. Il Consiglio d’Europa, dal canto suo, ha elaborato negli anni una serie di Raccomandazioni capaci di avere tra i loro principali effetti indiretti un forte contenimento del problema. Queste Raccomandazioni, che vanno lette in un orizzonte organico e interrelato,guardano al compito basilare di codificare quei principi di rispetto dei diritti umani che i Paesi europei hanno scelto di volere a fondamento dei propri sistemi, e hanno come conseguenza di
questa attenzione una riduzione dell’area penitenziaria, riduzione che acquista così un valore ben più grande di quello che avrebbe se fosse assunta quale obiettivo diretto in vista di una qualche necessità gestionale.
Una sola tra queste Raccomandazioni si propone invece in maniera esplicita, almeno guardando al titolo, di combattere il sovraffollamento penitenziario. Si tratta della “No. R (99) 22 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri riguardante il sovraffollamento penitenziario e l’aumento della popolazione carceraria”, adottata appunto nel 1999.
Leggendo però il testo della Raccomandazione e i principi elencati nella sua appendice, si vede come le soluzioni auspicate continuino a far
riferimento a quel quadro di sistema cui si accennava sopra. Non rimedi ad hoc per uscire da un’emergenza momentanea, ma piuttosto la riproposizione di principi generali sul corretto utilizzo della custodia cautelare, sulla finalità della pena detentiva, sul rispetto della dignità delle persone detenute.
Si tratta di principi la cui importanza è unanimemente condivisa da tutti i Paesi appartenenti al Consiglio d’Europa, come i rappresentanti delle varie Amministrazioni Penitenziarie presenti alla Conferenza di Edimburgo non hanno mancato di ribadire. Tuttavia, come ha raccontato in quel consesso Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura,
l’organismo del Consiglio d’Europa deputato proprio al monitoraggio dei sistemi penitenziari degli Stati membri, la situazione verificata dal Comitato “è spesso ben lontana dal confermare l’immagine fornita nelle conferenze e nell’impegno che viene ufficialmente espresso quando si adottano documenti e raccomandazioni”. La distanza tra quanto è scritto sulle carte ufficiali e la realtà quotidiana di molti sistemi penali e penitenziari europei è enorme. Un esempio per tutti: la pena carceraria, lungi dall’essere utilizzata quale quell’extrema ratio da tutti auspicata, è spesso la principale se non la sola sanzione prevista dagli ordinamenti nazionali.

In Italia in particolare, la distanza tra principi e prassi, che scaturisce in più o meno gravi violazioni dei diritti umani delle persone detenute, ha bisogno di venire urgentemente ridotta.
Nella fase preparatoria della Conferenza di Edimburgo, il Consiglio d’Europa ha chiesto agli Stati membri di rispondere a un breve questionario volto a valutare il livello di applicazione nei vari Paesi della Raccomandazione (99) 22 sul sovraffollamento. Le 24 risposte ricevute disegnano un quadro parzialmente disomogeneo, che vede nella maggior parte dei Paesi appartenenti all’Europa
centrale e orientale, grazie a cambiamenti legislativi e a prassi giudiziarie, una riduzione del numero complessivo di detenuti e in particolare dei detenuti in attesa di giudizio, mentre vede nella maggior parte dei Paesi appartenenti all’Europa occidentale, sostanzialmente per gli stessi motivi nonché a volte per l’incremento di detenuti stranieri, un aumento tanto del numero dei detenuti quanto della
percentuale di essi ancora senza sentenza definitiva.

In Italia, l’aumento della popolazione detenuta tra il 1999 e oggi è stato di notevole rilievo, e la tendenza prosegue tuttora a ritmi serrati. Se alla fine di quell’anno le presenze in carcere sfioravano le 52.000 unità, e all’indomani del voto del provvedimento di indulto del luglio 2006 erano scese da 60.000 a 38.800 circa, i detenuti nelle carceri italiane nell’ottobre 2009 hanno superato la soglia
delle 65.000 presenze, a fronte di una capienza regolamentare di 43.074 posti. Assai marcato anche l’incremento proporzionale dei detenuti in custodia cautelare, che al 30 settembre 2009 costituivano il 48,2% del totale, un valore tra i più alti in Europa. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli mai visti prima, nonostante l’Amministrazione si sia nascosta a Edimburgo dietro una fantomatica
“capienza penitenziaria di necessità” che non sarebbe ancora stata superata.

Si tratta tuttavia di un parametro privo di qualsiasi base fattuale, interpretabile come maggiore di quanto si desideri rispetto al parametro oggettivo dei posti letto disponibili. Sono diminuiti in questi anni i detenuti condannati a lunghe pene, mentre sono aumentati coloro che scontano sentenze fino a tre anni di
carcere, e potrebbero dunque potenzialmente accedere alle misure alternative previste
dall’ordinamento penitenziario.
Come si diceva poco sopra, nel nostro Paese è senz’altro rilevante lo iato tra i principi proclamati e gli impegni solennemente assunti in sede sovranazionale, da un lato, e la prassi ispiratrice delle politiche penali, talvolta recepita perfino in recenti provvedimenti di legge, e le condizioni di vita all’interno delle carceri, dall’altro. Quest’ultimo punto è confermato, oltre che dalle tante denunce
di detenuti e visitatori e dall’attività quotidiana da noi svolta con il nostro Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia, dai Rapporti del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura e dalle sentenze anche molto recenti della Corte Europea dei Diritti Umani.
È nel tentativo di colmare almeno in parte questo iato che nasce il pacchetto di proposte che andiamo a presentare. La Conferenza di Edimburgo, con le valutazioni in quella sede sistematizzate, non lascia più spazio a tentennamenti. È urgente che i principi espressi nella Raccomandazione (99)22 trovino nel nostro sistema penale e penitenziario delle strade, normative e non, di più cogente applicazione.
Strade che percorrano spazi strettamente interni al sistema penitenziario, ma anche
esterni a esso, nella consapevolezza, crescente negli ultimi anni e con forza riaffermata a Edimburgo, che le carceri non vivono sottovuoto, e non possono essere considerate isolatamente da altre parti del sistema penale e anche dal più ampio ambiente sociale e politico nel quale sono immerse.


Con questo spirito, consci dell’emergenza attuale legata al sovraffollamento penitenziario ma anche della necessità di affrontarla con uno sguardo a tutto tondo sui diritti umani e sull’utilizzo degli strumenti penali da parte di una società democratica, abbiamo elaborato una serie di risposte a esigenze poste dalla Raccomandazione (99) 22. Risposte che intendono costituire una radicale
alternativa, programmatica e culturale, rispetto alla soluzione prospettata dal Governo italiano, che vuole ridurre l’intervento alla sola costruzione di nuove carceri.
La nostra critica a questo progetto non nasce tanto dalla sua conclamata irrealizzabilità pratica quanto dal danno persistente che esso apporrebbe al nostro sistema, essendo ormai chiaro da molte esperienze europee come la crescita
della capienza penitenziaria, non accompagnata da altro, tenda a risolversi in una parallela crescita della popolazione detenuta. Oltre dunque a non risolvere il problema del sovraffollamento, come lo stesso Consiglio d’Europa ribadisce anche nella Raccomandazione (99) 22, ciò contribuisce a quell’espansione dell’area penale la cui direzione di marcia noi riteniamo di massima importanza invertire.

Abbiamo scelto di suddividere questo pacchetto di proposte in tre categorie, indicate come “a breve termine”, “a medio termine” e “a lungo termine”. Tre sono a loro volta i parametri che fanno ricadere l’una o l’altra proposta in una di queste tre categorie piuttosto che in un’altra: innanzitutto,la prevedibile lunghezza del periodo necessario a realizzare la proposta, tenuto conto tanto della
difficoltà tecnica quanto delle difficoltà politiche e di opinione pubblica; in secondo luogo, la lunghezza del periodo necessario affinché gli effetti della proposta, una volta realizzata, si rendano visibili; infine, la sostenibilità nel tempo della proposta realizzata, vale a dire il suo prospettare un
cambiamento più o meno di sistema in grado di portare a benefici più o meno durevoli.

Tendenzialmente i tre criteri tendono a classificare le proposte in maniera omogenea. Una misura volta a prospettare un cambiamento di sistema non vedrà immediatamente i propri effetti e sarà verosimilmente più difficile da elaborare e da far accettare dalla politica e dalla società. Viceversa,una misura minimale produrrà effetti immediati e sarà facilmente realizzabile. Non è tuttavia
necessario che ciò accada, potendosi prospettare classificazioni trasversali rispetto ai criteri formulati. In questi casi, abbiamo classificato le proposte secondo il parametro che ci pareva più rilevante. Va sottolineato in questo contesto come le proposte a medio termine, vista la concreta situazione politica italiana attuale, possano ben essere guardate come proposte a breve termine sotto
il parametro della loro praticabilità parlamentare. Riportiamo inoltre talvolta a titolo esemplificativo la citazione tra parentesi quadre dell’articolo della Raccomandazione (99) 22 cui la proposta intende riferirsi.
È evidente che le proposte che riteniamo più risolutive e da perseguire con determinazione sono quelle appartenenti alla terza categoria. Tuttavia, in una situazione di emergenza quale quella attuale, dove il tasso di sovraffollamento dei nostri istituti di pena ha raggiunto livelli “oltre il tollerabile”, come recita il titolo dell’ultimo Rapporto sulle carceri del nostro Osservatorio,riteniamo sia di buon senso adoperarsi anche nelle altre direzioni qui indicate, tamponando
l’emergenza con misure che siano sostenibili ad ampio spettro piuttosto che con il piano di edilizia penitenziaria ventilato dal Governo.

Proposte a breve termine

1. [II.9]

Provvedimenti non normativi volti a incrementare l’utilizzo delle misure alternative esistenti:

a. convenzioni tra i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione Penitenziaria e i Comuni affinché si regolamenti il lavoro all’interno delle carceri, in qualità di operatori dell’osservazione e del trattamento, di una quota degli assistenti sociali e degli educatori operanti nel territorio e dipendenti dai secondi. In questo modo, con un tale aumento di organico, gli assistenti sociali sarebbero messi in grado di effettuare in misura maggiore quelle indagini socio-famigliari che servono alla chiusura della relazione di sintesi effettuata dal Got (Gruppo Osservazione e
Trattamento), la cui mancanza o la cui superficialità sono spesso addotte dalla magistratura di sorveglianza quali motivazioni per la mancata concessione delle misure alternative.
Più in generale,va costruita una sinergia fra Amministrazione Penitenziaria ed enti territoriali, in sintonia con quanto previsto dalle “Linee Guida in materia di inclusione sociale a favore delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria”;


b. applicazione della legge Fini-Giovanardi nella parte che prevede l’affidamento terapeutico in prova per i detenuti tossicodipendenti con residuo pena inferiore a sei anni. Considerato che il costo quotidiano di un detenuto è pari circa a 130 euro, che quello di un detenuto in comunità è pari circa a 50 euro e che quello di un affidato al Ser.T. è stimabile in circa 15 euro o meno – per coprire
il quale si potrebbe fare riscorso alla Cassa delle ammende –, sarebbe previsto un evidente risparmio. È altresì evidente come anche il costo sociale diminuirebbe, dato il calo del tasso di recidiva che si riscontra tra coloro che hanno scontato parte della pena in misura alternativa. In un anno, circa 10.000 detenuti tossicodipendenti potrebbero lasciare il carcere;

c. rilancio del lavoro all’esterno per i detenuti. Sarebbe auspicabile, tra le altre cose,prevedere la creazione di un ufficio interno al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria interamente dedicato alla ricerca di occasioni di lavoro per i detenuti. L’ufficio le segnalerebbe in prima persona alle singole direzioni, con l’effetto collaterale di rassicurare i direttori nel loro
concedere il lavoro esterno previsto dall’art. 21 dell’ordinamento penitenziario. Sebbene non una misura alternativa alla detenzione, esso costituisce senz’altro un alleggerimento delle presenze carcerarie, oltre a essere di più rapida concessione e assegnabile anche agli imputati;

d. effettivo utilizzo del consiglio di disciplina anche in funzione premiale, come previsto dall’ordinamento penitenziario (art.57 legge 26 luglio 1975 n. 354), ossia per suggerire alla magistratura di sorveglianza l’adozione di misure alternative per un detenuto;

e. chiara indicazione da parte del Csm alla magistratura affinché utilizzi pienamente gli strumenti dati dalle misure alternative per i detenuti condannati e dal lavoro all’esterno anche per gli imputati.

2. Costruzione in tempi brevi di strutture leggere e aperte da destinare all’espiazione di piccole pene detentive in un regime sostanzialmente autogestito. Tali nuove abitazioni, che debbono rispettare i parametri strutturali fissati dal “Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà” (Dpr 230/00), non debbono andare ad ampliare il
patrimonio immobiliare dell’Amministrazione Penitenziaria ma piuttosto a sostituire i posti letto oggi presenti in strutture da dismettere. Una tale misura, a breve termine per quanto riguarda i tempi di realizzazione e la capacità di produrre i suoi benefici effetti, va invece considerata a lungo termine e di sistema se si riflette sul cambiamento culturale cui può contribuire nella percezione
diffusa di come debba essere una struttura carceraria.

3. Velocizzazione dell’ordine di esecuzione di una sentenza una volta emessa a carico di una persona già in custodia cautelare. Oggi trascorrono spesso molti mesi tra quando la sentenza diventa definitiva e il momento in cui si riceve l’ordine di esecuzione, mesi durante i quali il detenuto resta escluso dai benefici penitenziari previsti dalla legge. Moltiplicato per grandi numeri, questo meccanismo produce un serio aggravio di carcerazione.

4. Realizzazione di periodiche campagne di informazione da parte dell’Amministrazione Penitenziaria sull’istituto del patrocinio a spese dello Stato, spesso sconosciuto soprattutto ai detenuti stranieri.

Proposte a medio termine

1. Modifiche al Dpr 309/90, che rappresenta oggi, specialmente dopo l’approvazione della legge 49/06 cosiddetta Fini-Giovanardi, la normativa con di gran lunga il maggior impatto sul sistema penale e penitenziario, tanto per le condotte che punisce, quanto per il fenomeno che disciplina, ovvero quello delle droghe. Cifre alla mano, dei circa 92.800 detenuti entrati in carcere nel 2008, 30.528
erano tossicodipendenti (mai così tanti, il 33%, percentuale superiore del 6% rispetto all’anno precedente), e 28.795 (mai così tanti, il 31%) entravano per la violazione del Testo Unico sugli stupefacenti. I due gruppi sono ovviamente in parte sovrapposti (ci sono anche gli spacciatori tossicodipendenti, e non sono pochi) ma è chiaro come l’impatto del Dpr 309/90 sul sistema penitenziario, e sul suo sovraffollamento, sia di assoluta rilevanza. In attesa di un intervento di
riforma complessiva della materia, che sposti tra l’altro l’asse dalla penalizzazione alla prevenzione(si pensi che oggi ci sono più tossicodipendenti in carcere che nelle comunità terapeutiche)indichiamo qui alcuni interventi di modifica al Testo Unico mirati al contenimento del sovraffollamento:

a. maggiore rilevanza alla “lieve entità” nell’ipotesi di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, circostanza attenuante oggi disciplinata dal comma 5 dell’art. 73 Dpr 309/90. I margini di applicabilità di questa fattispecie attenuata del reato di spaccio sono tuttavia stati notevolmente ristretti dalla disciplina sulla recidiva introdotta dalla legge cosiddetta ex-Cirielli
nel 2005 (disciplina che nel punto 3 delle proposte a medio termine affrontiamo nello specifico). Il legislatore del 2005, modificando l’articolo 69 del codice penale, ha introdotto per i recidivi ex art. 99 comma 4 il divieto della prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti. Questa norma,nonostante i principi affermati dalla Corte Costituzionale (Sent.192/07) e ripresi dalla
giurisprudenza per cui l’applicazione o meno della recidiva non opera in modo automatico ma è rimessa alla discrezionalità del giudice, ha certamente influito sull’aumento della popolazione penitenziaria impedendo, ove sia stata contestata la recidiva ex art. 69 comma 4 c.p., di applicare la sanzione prevista dal comma 5 dell’art. 73 Dpr 309/90, e imponendo l’applicazione della più severa
sanzione prevista dal comma 1. Si propone pertanto l’abrogazione del comma 5 dell’art. 73 Dpr 309/90 e la previsione del fatto di “lieve entità” quale fattispecie autonoma, da inserire in un apposito articolo, o altrimenti si auspica l’abrogazione del comma 4 dell’art. 69 del codice penale;

b. riduzione sostanziale dei minimi e dei massimi edittali previsti dall’art. 73 Dpr
309/90. È infatti evidente che il maggior effetto deflattivo può essere ottenuto da un intervento di modifica che riduca le pene previste dal primo comma dell’art. 73. Tra l’altro la pena attualmente prevista risulta eccessivamente severa se messa in relazione con diversi profili della nuova legislazione sulle dipendenze. La fine di ogni distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere e i limiti tabellari molto bassi indicati con decreto del ministro della Salute come indizio dell’uso
personale, fanno apparire una pena da 6 a 20 anni in alcuni casi del tutto sproporzionata rispetto alla condotta di chi spaccia, ovvero di chi risponde ad una domanda alimentata da comportamenti che suscitano ormai una modesta riprovazione sociale. Alcuni tipi di consumo sembrano infatti entrati nello stile di vita di molti gruppi sociali, dall'uso ricreativo dei giovani all'uso di cocaina in ambienti
anche tutt’altro che marginali;

c. abrogazione del comma 5 art. 94 Dpr 309/90. Per quanto riguarda infatti l’accesso
alle misure alternative per i tossicodipendenti, va preso atto della crescente difficoltà di funzionamento del meccanismo predisposto dal legislatore, che spiega il numero esiguo di misure alternative in corso. Basti pensare che se al 1.1.2006, prima del provvedimento di indulto, i tossicodipendenti in affidamento terapeutico erano 3.852, numero comunque esiguo rispetto a quello dei tossicodipendenti in carcere, gli affidamenti terapeutici in corso al 1.1.2009 erano solo
1.219. Un primo intervento che sembra ragionevole è quello della rimozione del limite a due concessioni dell’affidamento ex art. 94, limite che non esiste per l’affidamento ordinario e che sembra irragionevole per l’affidamento terapeutico soprattutto alla luce delle difficoltà e dell’elevato rischio di condotte recidivanti da parte dei tossicodipendenti;

d. abrogazione del comma 5-bis art. 89 e del comma 6-ter art. 94 Dpr 309/90. La legge
Fini-Giovanardi ha previsto l’obbligo per gli operatori del Ser.T di segnalare al magistrato ogni singola violazione del programma della misura, indipendentemente dal complessivo andamento della misura stessa e da ogni valutazione di opportunità rispetto al profilo terapeutico e sanitario,che dovrebbe avere invece rilevanza fondamentale per la misura in esame. Questa disposizione rischia di far crescere considerevolmente il numero delle revoche delle misure alternative alla
detenzione ed alla custodia cautelare in carcere.

2. Modifiche al “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, ovvero al D. Lgs. 286/.

Se nel 1998 sono entrati nelle carceri italiane 58.403 detenuti italiani e 28.731 detenuti stranieri, nel 2008 si registrava l’ingresso di 49.801 detenuti italiani e di 43.099 detenuti stranieri. Un cambiamento radicale dunque, dovuto anche alla maggiore selettività penale e penitenziaria a carico degli stranieri. Quel che si auspica è un ripensamento strutturale delle politiche italiane in tema di migrazioni. In attesa di questo ripensamento, si propongono tuttavia alcuni limitati interventi legislativi in grado di contenere la crescita esponenziale della popolazione detenuta straniera registrata in questi anni, crescita che
indubbiamente in parte spiega la complessiva crescita della popolazione detenuta in Italia:

a. abrogazione del reato contravvenzionale di immigrazione clandestina, inserito nel
T.U. sulla immigrazione all’art. 10 bis, e che punisce l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale in violazione delle norme del T.U. Pur non avendo infatti un effetto diretto sul sovraffollamento carcerario, l’introduzione di questo reato rafforza certamente di quel diritto penale del reo che è invece indubbiamente causa della sovra-rappresentazione degli stranieri in carcere, e
comporta una radicale marginalizzazione delle persone prive del titolo di soggiorno, rendendo il rapporto dello straniero con le istituzioni estremamente problematico. Una modifica del testo della norma ha previsto l’esonero dell’obbligo dalla esibizione dei documenti di soggiorno per l’accesso a prestazioni sanitarie e scolastiche, ma in ogni altro caso il problema resta, ed è la stessa
introduzione della modifica ad evidenziare la delicatezza di detto problema;

b. abrogazione del reato di mancata ottemperanza all’ordine di espulsione, previsto
dall’art. 14 commi 5-ter e 5-quater del T.U., per cui lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore, è punito con la reclusione da uno a quattro anni (o da uno a cinque anni se destinatario di un nuovo ordine di espulsione, o da sei mesi ad un anno se l’espulsione è stata disposta perché il permesso di
soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell’art. 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68). L’impatto della norma sul sistema penitenziario è significativo in termini di presenze in carcere per esecuzione di
pena, ma è ancora maggiore in termini di ingressi, prevedendo l’art. 14 comma 5-quinquies l’obbligatorietà dell’arresto dell’autore del fatto, solitamente previsto per reati di maggiore gravità.
Si consideri che l’unico dato disponibile, relativo all’anno 2005, quantifica in 9.619 gli ingressi in carcere per la sola violazione di questa norma;
b.i in subordine, si auspica almeno l’abrogazione della obbligatorietà dell’arresto di cui all’art. 14 comma 5-quinquies del T.U;
c. subordinazione alla richiesta dell’interessato della possibilità di espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione, disciplinata rispettivamente dall’art. 16 comma 1 e
dall’art. 16 comma 5 del T.U., e innalzamento a tre anni del limite di pena previsto per la sua applicazione;

d. riduzione da dieci a cinque anni del termine di cui all’art. 16 comma 4 prima del
quale allo straniero è revocata la sanzione sostitutiva dell’espulsione in caso di rientro illegale nel territorio dello Stato.

3. [IV.21] Modifiche alla legge 251/05 cosiddetta ex-Cirielli nella parte riguardante la recidiva.

La Legge ex-Cirielli, diventata famosa come “legge salva-Previti”, non ha soltanto ridotto i termini di prescrizione dei reati, ma ha dato nuova forma e contenuto alla figura del “recidivo” e inventato la disciplina del “recidivo reiterato”. Il recidivo è divenuto il principale bersaglio del legislatore del 2005: per lui sono stati introdotti inasprimenti di pena, divieto di applicazione di circostanze
attenuanti in alcuni casi, aumento dei termini per la richiesta di permessi premio, irrigidimento per la concessione delle misure alternative, divieto di sospensione pena. La normativa in oggetto ha aggravato la condizione di sovraffollamento in cui versano i nostri penitenziari.
Proponiamo le seguenti modifiche normative:

a. abrogazione comma 4 art. 69 c.p. relativo al concorso di circostanze aggravanti e
attenuanti, comma che pone il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti per i recidivi;

b. in relazione all’art. 99 c.p. relativo alla recidiva, si propone di tornare alla disciplina precedente la legge 251/05;

c. abrogazione comma 4 art. 81 c.p. relativo al concorso formale e al reato continuato;

d. in relazione all’art. 47-ter legge 354/75 relativo alla detenzione domiciliare (è stata ristretta la disciplina per l’accesso alla detenzione domiciliare per colui che ha compiuto settanta anni), si propone di eliminare il capoverso del comma 01 a partire da “né sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale” e il comma 1.1;

e. abrogazione dell’art. 30-quater della legge 354/75 relativo alla concessione dei
permessi premio ai recidivi, che allunga i termini per la richiesta dei permessi premio;

f. abrogazione dell’art. 50-bis della legge 354/75 relativo alla concessione della
semilibertà ai recidivi, che restringe la disciplina per l’accesso alla semilibertà per il recidivo, che può esservi ammesso non più dopo l’espiazione di metà della pena ma dopo l’espiazione dei due terzi di essa;

g. in relazione all’art. 58-quater della legge 354/75 relativo al divieto di concessione di benefici, si propone di tornare alla precedente disciplina del comma 1che limitava l’accesso ai benefici per i condannati per uno dei delitti previsti nel comma 1 dell’art. 4-bis riconosciuto colpevole di una condotta punibile a norma dell’art. 385 del codice penale, nonché l’abrogazione del comma 7-bis;

h. in relazione all’art. 656 c.p.p. relativo all’esecuzione delle pene detentive, e in particolare all’applicazione della sospensione dell’esecuzione della pena per consentire la richiesta di applicazione di misure alternative (cosiddetta legge Simeone-Saraceni), si propone l’abrogazione del comma 9, lett. c, che vieta detta sospensione per i recidivi.

4. Abrogazione della aggravante di clandestinità, introdotta dalla legge 125/08 (conversione del D.L. 92/08) all’art. 61 comma 11-bis c.p., per cui un illecito è aggravato se il fatto viene commesso da un soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale. La norma, odiosa quanto quella sul reato contravvenzionale di immigrazione clandestina e parimenti problematica dal punto della sua
costituzionalità, influisce pesantemente sul sistema penitenziario sotto due profili: da un lato,ovviamente, a causa dell’aumento di un terzo della pena previsto dalla aggravante stessa ma,dall’altro, anche a causa della espressa esclusione, in questi casi, della applicabilità della sospensione dell’ordine di esecuzione prevista dalla legge 165/98, cosiddetta Simeone-Saraceni, a seguito della modifica dell’art. 656, comma 9, lettera a) c.p.p. apportata dalla stessa legge 125/08;

4.i in subordine, si auspica almeno l’abrogazione della modifica dell’art. 656, comma 9,lettera a) c.p.p. sopra citata (cfr. prossimo punto 5 delle proposte a medio termine, che comprende in sé questa richiesta).

5. Abrogazione delle modifiche apportate dalla legge 125/08 (conversione del D.L. 92/08) all’art. 656, comma 9, lettera a) c.p.p., che hanno introdotto l’impossibilità di beneficiare della sospensione dell’ordine di esecuzione prevista dalla legge 165/98, cosiddetta Simeone-Saraceni, per i condannati per i delitti di cui agli art. 423-bis, 624, quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall'art. 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l’aggravante di cui all’articolo 61, primo comma, numero 11-bis, del medesimo codice.

6. Introduzione dell’istituto della messa alla prova per adulti imputati per reati per i quali è prevista la pena dell’arresto o della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, così come mutuata dal Dpr 448/88 recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni nonché dai sistemi di common law. La messa alla prova, che ha dato ottimi risultati nel processo minorile, può
essere applicata con qualche modifica anche al processo penale per adulti, sollevando così il lavoro della magistratura dalle vicende meno meritevoli di attenzione e rispondendo alle finalità di reintegrazione sociale. Nel 2004, sotto un precedente governo di centro-destra, un testo simile a quello da noi auspicato, sebbene non uguale in tutte le sue parti essenziali, vide il parere favorevole
della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e approdò all’esame dell’Aula.

7. Abrogazione dell’art. 341 c.p. che, introdotto con la legge 94/09, contempla nuovamente il reato di oltraggio a pubblico ufficiale già in passato depenalizzato, per il quale vengono frequentemente condannate persone straniere che hanno opposto qualche resistenza alla richiesta di esibizione dei documenti e che ai detenuti viene contestato spesso nei rapporti stilati dagli agenti di polizia
penitenziaria con conseguenze negative sulla possibilità di accedere a misure alternative o di ottenere la liberazione anticipata.

Proposte a lungo termine

1. [I.1, I.3, I.4] Riforma complessiva del codice penale, la quale dia priorità, al contrario di quanto accaduto nei tentativi succedutisi fino a oggi, a rivisitarne la parte speciale. Un cambiamento di sistema dell’approccio normativo ai temi delle tossicodipendenze e della recidiva, che nelle proposte a medio termine vedeva solo un tentativo di miglioramento emendativo, va considerato a lungo termine e inserito in questa riforma del codice. Essa dovrà tenere conto:

a. dell’abbassamento dell’ammontare massimo della pena detentiva, della differenziazione delle sanzioni e delle misure introducendo una gradazione considerevole di sanzioni e misure di comunità alternative a quelle detentive (nella parte generale);

b. dell’espungimento dalla sfera del penale di tutti i comportamenti non lesivi di beni costituzionalmente tutelati, della sostituzione delle sanzioni e misure detentive con sanzioni e misure di comunità in tutti i casi in cui la gravità del reato non le renda evidentemente inadeguate,di un ridimensionamento complessivo dei massimi e dei minimi edittali relativi alla pena della reclusione (nella parte speciale).

2. Modifica costituzionale volta all’introduzione di una riserva di codice tesa a non vanificare in un tempo più o meno breve il lavoro prospettato al punto precedente.

3. Modifica del codice di procedura penale volta all’introduzione di liste di attesa penitenziarie, la presenza nelle quali deve costituire per il condannato una modalità formalmente effettiva di espiazione della pena. Si tratta di una misura che va senz’altro considerata come a lungo termine,nel suo netto capovolgere le priorità tra rispetto della dignità della persona ed esigenze di sicurezza.
In prima approssimazione, la nostra proposta è inserire nel codice di procedura penale la seguente norma: “Nessuno può essere incarcerato se non gli sono garantiti gli spazi fisici fissati negli standard del Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Spetta al Ministero della Giustizia,alla luce dei predetti standard, indicare il numero massimo di posti letto per istituto, superato il
quale l’ordine di esecuzione della pena si tramuta in obbligo di permanenza in casa o altro luogo indicato dalla persona. Il Ministero della Giustizia costituirà la lista di attesa per i condannati in via definitiva. La lista segue un ordine cronologico. Nel caso di alcuni reati particolarmente gravi, non verrà rispettato l’ordine cronologico e si potrà procedere direttamente alla esecuzione del
provvedimento di condanna. Durante la sospensione del provvedimento di carcerazione la pena scorre regolarmente come se fosse espiata. Il detenuto che non rispetta le prescrizioni relative all’obbligo di domicilio vedrà invece interrompere lo scorrimento della pena”.

4. [II.7] Forte investimento in un miglioramento della qualità di preparazione del personale penitenziario adibito alla custodia a qualsiasi livello gerarchico, attraverso processi di formazione che non si fermino alla fase iniziale di impiego ma accompagnino l’operatore lungo l’intera sua attività lavorativa, e che abbiano tra i propri obiettivi quello di istruire in merito ai diritti umani e ai
meccanismi di prevenzione delle loro violazioni, nonché ai percorsi di reinserimento sociale delle persone detenute. Una cultura delle forze di polizia penitenziaria improntata in questo senso, oltre ad apportare un beneficio all’intero sistema e a dargli un indirizzo più attento al trattamento in generale, eviterebbe inutili conflittualità spesso all’origine di rapporti disciplinari ostativi di
benefici penitenziari e modalità alternative di espiazione della pena.

sabato 21 novembre 2009

Incrementare l'organico degli educatori nella mozione di Rita Bernardini. carcere,governo detenuti,Roberto Rao,Angelino Alfano,costituzione,giustizia

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Atto Camera

Mozione 1-00288
presentata da
RITA BERNARDINI
testo di

giovedì 19 novembre 2009, seduta n.250

La Camera,

premesso che:

il numero elevato ed in costante crescita della popolazione detenuta, che ad oggi si avvicina alle 66.000 presenze - a fronte di una capienza regolamentare di 43.074 posti e «tollerabile» di 64.111 -, produce un sovraffollamento insostenibile delle nostre strutture penitenziarie. Si tratta di una cifra record che non è stata mai registrata dai tempi dell'amnistia di Togliatti del 1946; basti pensare al fatto che il tasso di crescita dei detenuti è di poco inferiore alle 800 unità al mese, sicché si prevede che a fine anno la popolazione carceraria potrebbe sfiorare le 67.000 presenze (100,000 nel giugno del 2012). In alcune regioni il numero delle persone recluse è addirittura il doppio di quello consentito: in Emilia Romagna il tasso di affollamento è del 193 per cento in Lombardia, Sicilia, Veneto e Friuli è intorno al 160 per cento;

come riscontrato anche nel corso dell'iniziativa «Ferragosto in carcere 2009» promossa dai Radicali Italiani, alla quale hanno partecipato parlamentari nazionali ed europei, consiglieri regionali ed alcuni garanti dei diritti dei detenuti, i nostri istituti di pena stanno affrontando una fase di profonda regressione che li rende non più aderenti al dettato costituzionale e all'ordinamento penitenziario;

ciò che accade nelle nostre carceri è soltanto l'epifenomeno della ben più ampia e grave situazione in cui versa il nostro apparato giudiziario posto che, attualmente, lo stato della giustizia ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili, sconosciuti in altri Paesi democratici, per i quali l'Italia, da anni ed in modo permanente, sconta quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare come una situazione di illegalità tale da aver generato numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo. Per questa situazione il nostro Paese è stato richiamato all'ordine a più riprese dal Consiglio d'Europa, che proprio di recente ha riconfermato nei contenuti e nei richiami un rapporto presentato dal Commissario Gil-Robies già nel 2005, il quale sottolineava proprio la necessità di un ripristino della legalità nel sistema giudiziario italiano. Nella relazione presentata alla Camera dei deputati il 27 gennaio 2009, il Ministro della giustizia ha, tra l'altro, detto: «Quello che di impressionante vi è da sottolineare immediatamente all'attenzione di tutti voi è la mole dei procedimenti pendenti, cioè, detto in termini più diretti, dell'arretrato o meglio ancora del debito giudiziario che lo Stato ha nei confronti dei cittadini: 5 milioni 425mila i procedimenti civili, 3 milioni 262mila quelli penali» (che arrivano a 5 milioni e mezzo con i procedimenti pendenti nei confronti di ignoti). «Ma il vero dramma è che il sistema non solo non riesce a smaltire questo spaventoso arretrato, ma arranca faticosamente, senza riuscire neppure ad eliminare un numero pari ai sopravvenuti, così alimentando ulteriormente il deficit di efficienza del sistema». Dunque secondo i dati ufficiali, in Italia l'arretrato pendente sfiora la cifra iperbolica di 5 milioni e mezzo di procedimenti penali, che sarebbero molti si più se solo negli ultimi dieci anni non si fossero contate ben 2 milioni di prescrizioni (nel nostro Paese secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia si contano circa 200 mila procedimenti penali prescritti ogni anno). Occorre essere consapevoli che in un contesto del genere i concetti di «pena certa» e di esecuzione «reale» della stessa rischiano di risultare fortemente limitativi se non del tutto fuorvianti. In questo quadro e per queste ragioni, contro quella che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è un'amnistia anonima, banale, di classe ed illegale chiamata prescrizione, solo un ampio e definitivo provvedimento di amnistia e di indulto potrebbe consentire, da un lato, una sensibile riduzione della popolazione carceraria entro i limiti della capienza effettiva e regolamentare e, dall'altro, l'eliminazione di più della metà degli attuali procedimenti penali pendenti, ciò che darebbe il via a quelle riforme strutturali del sistema giudiziario e penitenziario senza le quali appaiono seriamente a rischio gli stessi diritti civili e della persona previsti dalla nostra Costituzione;

da un recente studio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria risulta che, degli oltre 65.000 detenuti presenti nelle carceri italiane, circa la metà (il 50 per cento è costituito da persone in attesa di giudizio, e tra questi circa un 30 per cento verrà assolto all'esito del processo; un dato abnorme, un'anomalia tipicamente italiana che non trova riscontro negli altri Pesi europei; in pratica il ricorso sempre più frequente alla misura cautelare in carcere e la lunga durata dei processi costringe centinaia di migliaia di presunti innocenti a scontare lunghe pene in condizioni spesso poco disgnitose;

sulla base delle statistiche e di alcuni studi dell'amministrazione penitenziaria, la metà degli imputati che lascia il carcere vi è rimasto non più di dieci giorni, mentre circa il 35 per cento esce dopo appena 48 ore; questo pesante turnover non fa altro che alimentare l'intasamento, il sovraffollamento ed il blocco dell'intero sistema penitenziario, dissipando energie nonché risorse umane ed economiche;

quasi il 40 per cento dei 65.000 carcerati si trova recluso in cella per aver violato le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (testo unico sulle droghe); mentre il 27 per cento della popolazione detenuta è tossicodipendente. Secondo il sesto rapporto sulle carceri redatto dalla associazione Antigone, il numero di tossicodipendenti che annualmente transitano dalle carceri italiane (26.646 nel 2006, 24.371 nel 2007, solo per fare un esempio) è decisamente superiore a quello di coloro che transitano dalle comunità terapeutiche (17.042 nel 2006; 16.433 nel 2007), il che dimostra come l'approccio terapeutico per questo tipo di detenuti sia Stato concretamente dismesso. Quanto poi al sistema delle misure alternative per la presa in carico dei tossicodipendenti previsto dal citato testo unico sulle droghe (così come modificato dal decreto-legge n. 272 del 2005, va purtroppo segnalato come l'accesso alle stesse sia fermo a un quinto di quel che era prima dell'indulto. Al sistema penitenziario viene dunque affidata la maggiore responsabilità nel contrasto al fenomeno delle tossicodipendenze, quando è ormai noto che i tassi di recidiva per chi esce dal carcere sono estremamente elevati, assai più di quelli di chi sconta la propria pena in misura alternativa, e che il gruppo con il maggior tasso di recidiva è proprio quello dei tossicodipendenti;

al 10 novembre 2009, i detenuti stranieri reclusi negli istituti di pena risultavano essere 24.190 (pari a circa il 37 per cento del totale); gli stranieri ristretti nei nostri istituti di pena sono, nella maggioranza dei casi, esclusi dall'accesso ai benefici penitenziari per la carenza di supporti esterni (famiglia, lavoro e altro) ed il loro reinserimento sociale appare sempre più problematico a causa della condizioni di irregolarità che li riguarda;

tra quanti in Italia stanno scontando una condanna definitiva, il 32,4 per cento ha un residuo di pena inferiore ad un anno, addirittura il 64,9 per cento inferiore a tre anni, soglia che rappresenta il limite di pena per l'accesso alle misure alternative della semilibertà e dell'affidamento in prova, il che dimostra come in Italia il sistema delle misure alternative si sia sostanzialmente inceppato; ciò accade nonostante le statistiche abbiano dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che il detenuto che sconta la pena con una misura alternativa ha un tasso di recidiva molto basso (circa il 28 per cento), mentre chi sconta la pena in carcere torna a delinquere con una percentuale del 68 per cento; le misure alternative quindi abbattono i costi della detenzione, riducono la possibilità che la persona reclusa commetta nuovi reati, aumentando la sicurezza sociale, e sconfiggono il deleterio «ozio del detenuto», avviandolo a lavori socialmente utili con diretto vantaggio per l'intera comunità;

nella realtà del nostro ordinamento giuridico, la misura di sicurezza detentiva è divenuta una variante solo nominalistica della pena, riducendosi a strumento per aggirare i principi di garanzia propri delle sanzioni. La questione è diventata ancora più grave laddove si consideri che la misura di sicurezza - che, è d'uopo ricordare, non è correlata alla colpevolezza ma alla pericolosità sociale non solo si è trasformata nella sua pratica attuazione in una pena mascherata, ma è addirittura una pena a tempo indeterminato. Il rilievo va riferito, in particolar modo, alla misura di sicurezza detentiva della casa di lavoro, in quanto misura riservata agli imputabili, a differenza della casa di cura e di custodia, dell'ospedale psichiatrico giudiziario e del riformatorio giudiziario, applicabili ai non imputabili. A tal proposito, si segnalano i principali progetti di riforma del codice penale (progetto Commissione Pagliaro; progetto Commissione Grosso; progetto Commissione Nordio e in ultimo il progetto della Commissione Pisapia), tutti ugualmente concordi nel proporre l'abolizione del sistema del doppio binario, limitando l'applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili;

solo un detenuto su quattro ha la possibilità di svolgere un lavoro, spesso peraltro a stipendio dimezzato perché condiviso con un altro detenuto che altrimenti non avrebbe questa opportunità; mentre la percentuale delle persone recluse impegnate in corsi professionali è davvero irrisoria e non arriva al 10 per cento. Circa l'85 per cento dei lavoranti è alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria e svolge lavori di pulizia o di preparazione e distribuzione del vitto; il restante 15 per cento è costituito per la maggior parte da semiliberi che svolgono attività lavorativa in proprio o alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Nella stragrande maggioranza dei casi, l'impossibilità di avviare a programmi di lavoro i detenuti è dovuta all'insufficienza degli educatori presenti in carcere, cioè di coloro che sono chiamati a stilare le relazioni a sostegno della concessione del lavoro esterno;

attualmente nelle carceri poco meno di 650 persone sono sottoposte al cosiddetto «carcere duro», ossia a quel regime detentivo speciale di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 sull'ordinamento penitenziario che è stato sensibilmente inasprito con l'approvazione della recente legge n. 94 del 2009, la quale ha definitivamente reso la detenzione speciale una modalità ordinaria e stabile di esecuzione della pena, ciò, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, in evidente e aperto contrasto non solo con i nostri principi costituzionali che vietano qualsiasi trattamento contrario al senso di umanità e prevedono la funzione rieducativa della pena, ma anche con l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che vieta ogni forma di pena inumana e degradante;

a causa del sovraffollamento, un numero sempre maggiore di detenuti è costretto a scontare la condanna all'interno di istituti di pena situati a notevole distanza dalla propria regione di residenza, il che - oltre a contrastare con il principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario - non consente di esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue della persona reclusa con i propri familiari e con i servizi territoriali della regione di residenza; senza considerare gli ingenti ed elevati costi, sia in termini economici che umani, che le continue e lunghe traduzioni dei detenuti, dal luogo di esecuzione della detenzione al luogo di celebrazione del processo, comportano per i bilanci dell'amministrazione penitenziaria;

in una recente occasione pubblica, il Ministro della giustizia ha dichiarato che la detenzione carceraria consiste nella privazione della libertà, ma non deve comportare anche la privazione della dignità delle persone. Dall'affermazione di questo elementare, ma fondamentale principio, che deve ispirare lo Stato di diritto in rapporto alle persone detenute, consegue la necessità di affrontare il problema del diritto all'affettività in carcere (affettività intesa in senso ampio, dalla sessualità, all'amicizia, al rapporto sessuale); un diritto all'affettività che sia, in primo luogo, diritto ad avere incontri, in condizioni di intimità, con le persone con le quali si intrattiene un rapporto di affetto;

da un recente rapporto sullo stato della sanità all'interno degli istituti di pena predisposto dalla Commissione giustizia del Senato risulta che appena il 20 per cento dei detenuti risulta sano, mentre il 38 per cento di essi si trova in condizione di salute mediocri, il 37 per cento in condizioni scadenti ed il 4 per cento in condizioni gravi e con alto indice di co-morbosità, vale a dire più criticità ed handicap in uno stesso paziente. Solo per limitarsi alle cinque patologie maggiormente diffuse, ben il 27 per cento dei detenuti è tossicodipendente (2.159 di loro sono in terapia metadonica), il 15 per cento ha problemi di masticazione, altrettanti soffrono di depressione e di altri disturbi psichiatrici, il 13 per cento soffre di malattie osteo-articolari ed il 10 per cento di malattie al fegato; oltre al fatto che la stessa tossicodipendenza è spesso associata ad AIDS (circa il 2 per cento dei detenuti è sieropositivo), epatite C e disturbi mentali;

a fronte di una morbosità così elevata, la medicina penitenziaria continua a scontare una evidente insufficienza di risorse, di strumenti e di mezzi, il che svilisce i servizi e la professionalità degli operatori sanitari, oltre ovviamente a pregiudicare le attività di trattamento, cura e assistenza degli stessi detenuti. L'attuale situazione di sofferenza in cui versa la medicina penitenziaria è anche dovuta al fatto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2008, recante «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», non risulta essere stato ancora attuato nella parte in cui stabilisce il trasferimento alle regioni delle risorse finanziarie relative all'ultimo trimestre dell'anno 2008 (per una somma pari ad 84 milioni di euro) e a tutto il 2009, il che non consente di attuare una seria e radicale riorganizzazione del servizio sanitario all'interno degli istituti di pena;

nonostante il passaggio delle competenze al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria, non risultano ancora essere stati definiti modelli operativi adeguati all'assistenza in carcere, ciò a causa del fatto che le stesse regioni sono ben lungi dall'essere attrezzate in modo da poter fornire i servizi medici nei penitenziari, così come peraltro ancora ambigua risulta la gestione dei relativi contratti di lavoro e ruoli professionali;

negli istituti di pena italiani sono rinchiusi 71 bambini sotto i tre anni che vivono in carcere con le madri detenute, il che continua ad accadere nonostante risulti ampiamente dimostrato quanto lo stato di reclusione prolungato possa esporre questi soggetti a seri rischi per la loro salute. A questo proposito, nella XVI legislatura è stato depositato un progetto di legge alla cui elaborazione ha contribuito l'Associazione Il Detenuto Ignoto, che attende ancora di essere calendarizzato e discusso;

le piante organiche della polizia penitenziaria, stabilite con decreto ministeriale dell'8 febbraio 2001, prevedono l'impiego di 41.268 unità negli istituti di pena per adulti; al 20 settembre 2009 nelle carceri italiane risultavano in forza 35.343 persone, con uno scoperto di 5.925 unità (circa il 14 per cento); per il personale amministrativo è previsto un organico di 9.486 unità, mentre i posti coperti risultano essere 6.300, con uno scarto di 3.186 persone. Complessivamente, quindi, nell'amministrazione penitenziaria il personale mancante è pari a 8.882 unità;

anche il numero degli educatori è insufficiente, posto che in pianta organica ne sono previsti 1.088, mentre sono appena 686 quelli effettivamente in servizio; così come risulta deficitaria l'assistenza psicologica, a cominciare da quella legata alle attività di osservazione e trattamento dei detenuti, visto e considerato che a fronte di quasi 66.000 detenuti gli psicologi che prestano effettivamente servizio sono appena 352, il che comporta, come naturale conseguenza, che gli istituti di pena siano diventati una istituzione a carattere prevalentemente, se non esclusivamente, afflittivo. A questo proposito il Ministero della giustizia, proprio al fine di coprire almeno parzialmente la totale carenza di organico di tali figure professionali, aveva avviato, fin dal 2004, un concorso per l'assunzione di 39 psicologi, arrivando anche ad approvare la relativa graduatoria nel 2006; nonostante ciò, da quel momento, l'Amministrazione penitenziaria, pur in presenza di tutte le risorse economiche, non ha proceduto ad alcuna assunzione dei vincitori del concorso, di fatto preferendo affidarsi, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, ad un sistema di frammentare collaborazioni precarie e insufficienti;

il sovraffollamento, la mancanza di spazi, l'inadeguatezza delle strutture carcerarie, la carenza degli organici e del personale civile, lo stato di sofferenza in cui versa la sanità all'interno delle carceri, tutto ciò provoca una situazione contraria ai principi costituzionali ed alle norme del regolamento penitenziario impedendo il trattamento rieducativo e minando l'equilibrio psico-fisico dei detenuti, con incremento, nel 2009, dei suicidi e di gravi malattie; ed invero il sovraffollamento ha effetti dirompenti, tra l'altro, proprio sulle condizioni di salute dei reclusi, ai quali non vengono garantite le più elementari norme igieniche e sanitarie, atteso che gli stessi sono costretti a vivere in uno spazio che non corrisponde a quello minimo vitale, con una riduzione della mobilità che è causa di patologie specifiche;

l'alto numero dei suicidi in carcere registrato nel 2009 dipende anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte a regimi carcerari più restrittivi rispetto a quello ordinario - ad esempio quello di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, sull'ordinamento penitenziario - i quali, non a caso, registrano una percentuale di suicidi più elevata rispetto a chi sconta la pena senza essere sottoposto a particolari restrizioni;

senza l'indulto approvato tre anni fa, le nostre carceri oggi sarebbero al collasso ed il sovraffollamento assumerebbe dimensioni tali da creare addirittura problemi di ordine pubblico; in questa situazione di emergenza la funzione rieducativa e riabilitativa della pena è venuta meno; il rapporto numerico tra detenuti ed educatori e assistenti sociali ha frustrato ogni possibile serio tentativo di intraprendere e seguire, per la maggior parte dei reclusi, percorsi individualizzati così come previsto dall'ordinamento penitenziario;

nel 2006 il dottor Sebastiano Ardita - responsabile della Direzione generale dei detenuti e trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - ha dichiarato: «siamo consapevoli di versare in una situazione di grave, perdurante, quanto involontaria ed inevitabile divergenza dalle regole, per il fatto di non essere nella materiale possibilità di garantire, a causa del sovraffollamento, quanto previsto dalle normative vigenti e dal recente regolamento penitenziario; la salute dei detenuti, ad esempio, non è solo un problema politico e neanche solo una questione tecnica o medico legale. È molto altro ancora. È il luogo privilegiato per valutare le politiche sociali di uno Stato. È una questione di politica criminale. È il banco di prova della pena costituzionalmente intesa» (fonte ANSA 1° marzo 2006); lo stesso Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano, ha definito la situazione attuale del nostro sistema penitenziario sostanzialmente al di fuori della legalità costituzionale;

l'enorme tasso di sovraffollamento comporta automaticamente porsi fuori dalle regole minime, costituzionalmente previste, della funzione rieducativa della pena per scadere in quei trattamenti contrari al senso di umanità sanzionati non solo dal nostro ordinamento giuridico, ma anche dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, se è vero, come è vero, che recentemente lo Stato italiano è stato condannato a mille euro di risarcimento per aver costretto un detenuto a vivere due mesi e mezzo all'interno di una cella in uno spazio di appena 2,7 metri quadrati (Sulejmanovic c. Italia - ricorso n. 22635/03); nella circostanza la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato che la mancanza di spazio personale per i detenuti (meno di 3 metri quadrati) giustifica, di per sé, la constatazione della violazione dell'articolo 3 della Convenzione (divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti);

i fondi della Cassa delle ammende, con i quali lo Stato dovrebbe investire in progetti educativi e/o di reinserimento sociale dei detenuti, non vengono utilizzati o vengono destinati ad altre finalità, il che continua ad accadere nonostante il sostegno economico-finanziario delle iniziative volte al reinserimento sociale e alla riabilitazione dei detenuti, insieme all'applicazione delle misure alternative alla detenzione, costituisca lo strumento più significativo di contrasto alla recidiva e quindi di tutela e sicurezza dei cittadini. Ed invero la bassa percentuale di detenuti che lavorano, unita alla cronica esiguità delle risorse finanziarie destinate al loro reinserimento sociale, comporta un alto tasso di recidiva, come dimostrato dalle più recenti evidenze statistiche sopra richiamate;

alcuni dei più rilevanti interventi legislativi adottati in questi ultimi anni - a partire dalla legge n. 251 del 2005, (cosiddetta legge «ex Cirielli») - hanno introdotto forti limitazioni all'applicazione dei vari benefici «extramurari» ai recidivi, i quali costituiscono la maggior parte degli attuali detenuti: si pensi all'aumento della popolazione carceraria a seguito delle introdotte limitazioni per i recidivi specifici o infraquinqennali reiterati per quanto riguarda i permessi premio, la detenzione domiciliare o l'affidamento in prova al servizio sociale, posto che gli stessi non possono più usufruire della sospensione dell'esecuzione della pena ex articolo n. 656, comma 5, del codice di procedura penale, ciò a seguito dell'inserimento di una nuova lettera e) al comma 9 del predetto articolo;

occorre dunque riavviare il sistema delle misure alternative, ripensando quel meccanismo di preclusioni automatiche che - soprattutto con riferimento ai condannati a pene brevi - ha finito per imprimere il colpo «mortale» alla capacità di assorbimento del sistema penitenziario; su tale versante è anche necessario generalizzare l'applicazione della detenzione domiciliare quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;

è pertanto necessaria ed urgente un'azione riformatrice che - partendo da una comune riflessione sulle cause che hanno generato quella che per i firmatari del presente atto di indirizzo è l'attuale situazione di illegalità in cui versa il nostro sistema penitenziario - favorisca la reale attuazione del principio costituzionale di cui all'articolo 27, comma 3, della Costituzione; dette riforme devono procedere nel senso di garantire al detenuto il rispetto delle norme sul «trattamento» all'interno delle carceri e sull'accesso alle misure alternative, risolvendo in maniera radicale non solo il problema del sovraffollamento delle carceri ma anche tutti i problemi del mondo giudiziario che ruotano intorno ad esso,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda:

a) la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale;

b) l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione, del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti;

c) l'istituzione a livello nazionale del Garante dei diritti dei detenuti, ossia di un soggetto che possa lavorare in coordinamento e su un piano di reciproca parità con la magistratura di sorveglianza, in modo da integrare quegli spazi che non possono essere tutti occupati in via giudiziaria;

d) il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario;

e) l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti;

f) l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva;

g) la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento;

h) la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza;

i) la revisione del sistema di sospensione della pena al momento della definitività della sentenza di condanna, abolendo i meccanismi di preclusione per i recidivi specifici e infraquinquennali reiterati nonché per coloro che rientrano nell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, sull'ordinamento penitenziario; introducendo, nel contempo, termini perentori entro i quali i tribunali di sorveglianza devono decidere sulla misura alternativa richiesta;

l) l'abolizione del meccanismo delle preclusioni di cui all'articolo 4-bis della citata legge n. 394 del 1975 sull'ordinamento penitenziario con recupero da parte della magistratura di sorveglianza e degli organi istituzionalmente competenti del potere di valutare i singoli percorsi rieducativi in base alla personalità del condannato, alla sua pericolosità sociale e a tutti gli altri parametri normativamente previsti;

m) la radicale modifica dell'articolo 41-bis della citata legge n. 394 del 1975, sull'ordinamento penitenziario in modo da rendere il cosiddetto «carcere duro» conforme alle ripetute affermazioni della Corte costituzionale sulla necessità che sia rispettato, in costanza di applicazione del regime in questione, il diritto alla rieducazione e ad un trattamento penitenziario conseguente;

n) l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti;

o) il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione;

p) l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»), anche incentivando la trasformazione degli istituti penitenziari, da meri contenitori di persone senza alcun
impegno ed in condizioni di permanente inerzia, in soggetti economici capaci di stare sul mercato, e, come tali, anche capaci di ritrovare sul mercato stesso le risorse necessarie per operare, riducendo gli oneri a carico dello Stato e, quindi, della collettività;

q) l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini;

r) la limitazione dell'applicazione delle misure di sicurezza ai soli soggetti non imputabili (abolendo il sistema del doppio binario) o comunque l'adozione degli opportuni provvedimenti legislativi volti ad introdurre una maggiore restrizione dei presupposti applicativi delle misure di sicurezza a carattere detentivo, magari sostituendo al criterio della «pericolosità» (ritenuto di dubbio fondamento empirico) quello del «bisogno di trattamento»;

s) la possibilità per i detenuti e gli internati di coltivare i propri rapporti affettivi anche all'interno del carcere, consentendo loro di incontrare le persone autorizzate ai colloqui in locali adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi e auditivi;

t) l'istituzione di un'anagrafe digitale pubblica delle carceri in modo da rendere la gestione degli istituti di pena trasparente al pubblico;

u) una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;

v) la modifica del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.

(1-00288)
«Bernardini, Maurizio Turco, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Della Vedova, Mario Pepe (PD), Melis, Duilio, Giachetti, Calvisi, Touadi».