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Sign for Aiutaci a garantire l'effettiva applicazione dell'art. 27 Cost.(funzione rieducativa della pena)

Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari

Mercoledi',23 Marzo 2011,

(rinvio del 16 Marzo 2011)

in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.


5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario


5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario




Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari




Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.

26 agosto 2010



Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive



“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.





5 luglio 2010





Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"



Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico



L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.



Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.



Così non va.









Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile





Comunicato stampa, 29 maggio 2010





Ai deputati di commissione bilancio



e giustizia camera









Al sottosegretario



On. Caliendo









Al sottosegretario



On. Giorgetti Alberti







Egregi Onorevoli,



dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.



L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.



Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.



Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.



Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.



La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.



L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.



Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.



La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.



Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.



I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo



Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).



Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).



Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.



Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.



Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.



Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.



Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.





FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.

Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.

Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.


18 maggio 2010


La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.



Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano

“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.

“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.

“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.

Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.


Proposta emendativa 8.01.


Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.

2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa



Proposta emendativa 8.03.

Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa



28-04-10


Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.




Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.

“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”


16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari

Convocazione della II Commissione (Giustizia)

Martedì 16 marzo 2010

Ore 13.45

5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari


Interrogazione a risposta in Commissione:

FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.



- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:

il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;

nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);

in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;

lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;

non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009

se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.

(5-02550)


Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.

Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.




24 febbraio 2010:

ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao

La Camera,

premesso che

il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;

il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;


nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria
.


Accolto come raccomandazione.




19 Febbraio 2010:

ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD


La Camera,

premesso che:

l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

impegna il Governo

a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

9/3196/13.
Donatella Ferranti.



Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini

Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.


Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.

CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA



Roma, 13 gen



''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.

Assunzione degli educatori primo impegno del governo

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari

lunedì 1 marzo 2010

Bozza del DDL "Alfano" sulla esecuzione delle pene presso il domicilio e sulla messa alla prova:senza piu' educatori impossibile! carcere,politici,dap

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Bozza del disegno di legge “Alfano”
sulla esecuzione delle pene presso il domicilio e sulla messa alla prova


N.B. In allegato i commenti finora pervenuti: di Patrizia Ciardiello (Ufficio Garante detenuti Milano) e Alessio Scandurra (Associazione Antigone). Invitiamo anche altri operatori a inviarci i loro commenti al DDL.

RELAZIONE

L’articolo 1 del disegno di legge contiene nuove disposizioni per l’esecuzione delle pene detentive non superiori a dodici mesi in luoghi esterni al carcere (abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza). Secondo stime del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nel settembre 2009, circa il 32% dei detenuti cd. definitivi scontavano pene residue non superiori a un anno e questo numero è costantemente in crescita (erano circa il 25%, nel giugno 2007; il 31%, nel giugno 2008).

Questo fenomeno determina una condizione di disagio che, da una parte, espone lo Stato italiano alle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione del divieto di trattamento inumano e degradante sancito dall’art.3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (Corte Edu, sentenza 16 luglio 2009, Sulejmanovic c. Italia); dall’altra, non consente una piena attuazione della funzione rieducativa della pena (art.27 della Costituzione).

Di qui la necessità di accompagnare il piano di adeguamento infrastrutturale delle carceri con norme che consentano di eseguire le pene più brevi anche in luoghi diversi dagli istituti penitenziari, fermo restando il principio che la detenzione, anche se breve, va comunque eseguita e non può essere sospesa se non nei casi previsti dal codice di procedura penale e dalle leggi di ordinamento penitenziario.

L’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno si distingue dalla detenzione domiciliare prevista dall’art. 47-ter O.P., sia per la minor durata della pena da eseguire (non superiore a dodici mesi, anziché a due anni o, in casi particolari, a quattro), sia per una procedura semplificata che assicuri decisioni rapide. La misura è applicata d’ufficio dal magistrato di sorveglianza, su impulso della direzione dell’istituto penitenziario o del pubblico ministero. Nel primo caso, che presuppone che il condannato sia già ristretto in carcere, la direzione dell’istituto trasmette al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione, con l’indicazione del luogo esterno di detenzione (abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza); nel secondo caso, il pubblico ministero che deve emettere, o che ha emesso, l’ordine di carcerazione non ancora eseguito, trasmette al magistrato di sorveglianza gli atti del fascicolo dell’esecuzione (sentenza, ordine di esecuzione, decreto di sospensione).

In entrambe i casi, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti (art.69-bis dell’ordinamento penitenziario). Questa procedura a contraddittorio differito, in cui l’ordinanza è notificata al condannato o al difensore e comunicata al procuratore generale della Repubblica, i quali entro dieci giorni dalla comunicazione possono proporre reclamo al tribunale di sorveglianza, assicura celerità nella decisione. Ai fini dell’esecuzione, la cancelleria dell’ufficio di sorveglianza, entro 48 ore, comunica l’ordinanza all’istituto (che provvede all’esecuzione), nonché all’ufficio locale di esecuzione penale esterna e alla questura competenti per territorio.

Per quanto riguarda le cause ostative, il comma 5 dell’articolo 1 prevede che l’esecuzione presso il domicilio della pena detentiva non può essere disposta ai seguenti soggetti: a) delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articoli 102, 105 e 108 del codice penale); b) condannati per i più reati gravi, individuati con rinvio all’art.4-bis dell’ordinamento penitenziario (terrorismo o eversione dell’ordine democratico, criminalità organizzata, prostituzione minorile, tratta di persone, violenza sessuale di gruppo, omicidio volontario, rapina ed estorsione aggravata; e) soggetti ai quali è già

stata revocata la detenzione domiciliare, secondo le disposizioni dell’ordinamento penitenziario, avendo tenuto comportamenti incompatibili (violazione delle prescrizioni, evasione).

Rispetto alla detenzione domiciliare prevista dall’art.47-ter dell’ordinamento penitenziario, la nuova misura può, invece, essere disposta anche ai condannati ai quali sia stata applicata la recidiva ai sensi dell’articolo 99, comma 4, del codice penale.

Infine, il comma 6 dell’articolo 1 prevede i casi nei quali l’esecuzione della pena presso il domicilio deve essere revocata, con un rinvio alle corrispondenti disposizioni contenute nell’ordinamento penitenziario.

Nell’articolo 2 del disegno di legge sono previsti significativi aumenti di pena per il delitto di evasione (art. 385 del codice penale), che trovano applicazione anche in caso di allontanamento dall’abitazione o dal luogo presso il quale sia in atto l’esecuzione della pena.

In particolare, le pene sono aumentate sia nel minimo (che raddoppia: da 6 mesi a 1 anno), sia nel massimo edittale (che triplica: da uno a tre anni); le pene sono, inoltre, aumentate anche nei casi di evasione aggravata ai sensi del secondo comma dell’art. 385 del codice penale.

L’articolo 3 del disegno di legge introduce nel codice penale i nuovi articoli 168-bis, 168-ter, 168-quater e 168-quinquies, che contengono la disciplina sostanziale della sospensione del processo con messa alla prova.

Questo istituto, già previsto nel processo minorile e negli ordinamenti di altri Stati, corrisponde alla moderna concezione della sanzione penale e produce una significativa riduzione del numero dei processi relativi a fatti di minore gravità.

L’applicazione anche al processo ordinario della sospensione con messa alla prova risponde a una esigenza largamente condivisa, come dimostra il fatto che essa è prevista sia nel progetto di riforma della Parte Generale del codice penale elaborato dalla Commissione Pisapia, sia in alcune importanti iniziative legislative (disegno di legge governativo n. C-2664 della XV legislatura e disegni di legge C-1106 e S-584 della corrente legislatura).

La sospensione del processo con messa alla prova può essere concessa dal giudice quando si procede per reati puniti con la pena pecuniaria o con pene detentive non superiori a tre anni; vi rientrano, pertanto, le contravvenzioni e i delitti di minore gravità.

Il beneficio non può essere applicato automaticamente. Da una parte, è previsto che l’imputato debba farne richiesta, acconsentendo alla prestazione di lavoro di pubblica utilità; dall’altra, che il giudice debba formulare una prognosi favorevole ritenendo che l’imputato si astenga dal commettere ulteriori reati (in tal senso, dispone l’articolo 464-quater).

La sospensione del processo con messa alla prova non può essere concessa più di una volta per delitti della stessa indole e, comunque, non più di due volte; inoltre, il beneficio non può essere concesso ai recidivi, nei casi previsti dall’articolo 99, quarto comma, che abbiano riportato condanne per delitti della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Il nuovo articolo 168-quater prevede la revoca della messa alla prova, in caso di trasgressione del programma di trattamento o delle prescrizioni imposte o di rifiuto di prestazione del lavoro di pubblica utilità, nonché nei casi in cui, durante il periodo di prova, l’imputato commetta un nuovo delitto non colposo o un reato della stessa specie di quello per cui si procede.

L’articolo 168-quinquies subordina la messa alla prova alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, secondo il principio per cui nessun beneficio può essere concesso senza che l’imputato assicuri un ristoro all’offesa rappresentata dalla condotta criminosa.

Diversamente dal procedimento innanzi al giudice di pace, il lavoro di pubblica utilità costituisce un obbligo accessorio e non una sanzione sostitutiva. Esso non può essere prestato per un periodo inferiore a dieci giorni, né superiore a due anni, e consiste nella prestazione di attività non retribuite in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso Enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. L’attività è svolta nell’ambito del comune di residenza o domicilio dell’imputato (ove ciò non sia possibile, presso la provincia) per un tempo compreso tra un minimo di quattro e un massimo di dodici ore settimanali, secondo

modalità che non debbono pregiudicare le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute della persona.

La durata giornaliera della prestazione non può superare le quattro ore.

L’applicazione del lavoro di pubblica utilità è sempre subordinata al consenso dell’imputato.

Infine, al lavoro di pubblica utilità si applicano le disposizioni di cui agli articoli 146 e 147, primo comma, numeri 2 e 3 del codice penale. Sarà, dunque, obbligatoriamente disposta la sospensione della prestazione lavorativa nei confronti di donne incinte, madri con prole inferiore ad un anno e persona affetta da AIDS conclamata; mentre la sospensione è facoltativa nei confronti di chi si trovi in condizioni di grave infermità fisica o madre di prole di età inferiore a tre anni.

L’articolo 4 contiene la disciplina processuale della sospensione del processo con messa alla prova.

In considerazione della novità e rilevanza dell’istituto, si ritiene opportuno inserire la relativa disciplina in un nuovo Titolo V bis del Libro Sesto del codice di rito, composto dagli articoli 464-bis, ter, quater, quinquies e sexies.

La concessione del beneficio è subordinata a una specifica richiesta, che l’imputato può formulare nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, fino al momento della precisazione delle conclusioni. Nei procedimenti relativi a reati a citazione diretta, la richiesta può essere presentata dinanzi al giudice del dibattimento, fino alla dichiarazione di apertura del medesimo.

L’ordinanza che dispone la messa alla prova deve contenere: a) le prescrizioni comportamentali e gli impegni che l’imputato assume; b) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la conciliazione dell’imputato con la persona offesa.

Il beneficio può essere concesso solo quando il giudice ritenga che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati.

La durata della sospensione è pari, nel massimo, a due anni per le pene detentive e a un anno per quelle pecuniarie; all’esito di tale periodo, l’esito positivo della prova estingue il reato. Ai fini del computo della pena, si prevede che un giorno di arresto o di reclusione consista nella prestazione, anche non continuativa, di quattro ore di lavoro.

Contro il provvedimento che decide sulla richiesta di sospensione, il pubblico ministero e l’imputato possono presentare ricorso per cassazione.

L’esito positivo della prova estingue il reato.

In caso di revoca del beneficio, il periodo di prova viene scomputato dalla pena inflitta (articolo 657-bis), sulla base di una apposita tabella di conversione (5 giorni di prova equivalgono a un giorno di pena detentiva o a 38 euro di pena pecuniaria).

L’articolo 5 introduce il nuovo articolo 191-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

È previsto che, nei casi di sospensione del processo con messa alla prova, le funzioni di servizio sociale sono svolte dagli uffici locali dell’esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, secondo quanto previsto dall’articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modifiche e integrazioni.

L’articolo 6 contiene, al comma 1, disposizioni in materia di ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354).

È previsto che l’affidamento in prova al servizio sociale, per condannati con pena definitiva non superiore a tre anni, è subordinato alla prestazione di lavoro di pubblica utilità in favore della collettività.

Il principio che si intende affermare è che la misura alternativa alla detenzione può essere concessa solo in presenza di una riparazione a favore della collettività. La prestazione del lavoro di pubblica utilità è sempre subordinata al consenso del condannato, sicché si prevede che in caso di diniego del consenso la misura alternativa non può essere concessa.

L’emendamento contiene, al comma 2, una modifica al regolamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230). È previsto che, all’atto dell’ingresso in un istituto penitenziario, debbano essere rilevate, assieme alle impronte digitali, anche l’impronta fonica ed eventuali altri dati biometrici della persona.

L’articolo 7 introduce il nuovo numero 6-bis nel comma 1 dell’articolo 56 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

La disposizione è necessaria a conformare la disciplina della libertà controllata al principio secondo cui il condannato non può godere della sanzione sostitutiva della libertà controllata se non acconsentendo a svolgere il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 168 quinquies del codice penale.

L’articolo 8 contiene una modifica del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313.

La modifica prevede l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del processo e la cancellazione della medesima iscrizione quando il provvedimento è revocato.

L’articolo 9 completa la disciplina, sostanziale e processuale, della sospensione del processo con messa alla prova, prevedendo che le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità, e le funzioni del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in materia di messa alla prova e di prestazione di lavoro di pubblica utilità, sono stabilite con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della legge.



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ARTICOLATO



Articolo 1

(Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno)



1. La pena detentiva non superiore a dodici mesi, anche se parte residua di maggior pena, è eseguita presso l’abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza.

2. Nei casi di cui all’art. 656, comma 1, del codice di procedura penale, quando la pena detentiva da eseguire non è superiore a dodici mesi, il pubblico ministero sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al magistrato di sorveglianza, con l’indicazione dell’abitazione o di altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, affinché provveda ai sensi del comma 1.

3. Se il condannato è già detenuto, la direzione dell’istituto penitenziario trasmette al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione, indicando altresì l’abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza dove eseguire la pena.

4. Il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell’articolo 69-bis della legge 27 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

5. La detenzione di cui al comma 1 non è applicabile:

a) ai soggetti condannati per taluno dei reati indicati dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

b) ai soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;

c) ai soggetti sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell’articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall’articolo 14-ter della medesima legge;

d) ai soggetti cui è già stata revocata la detenzione domiciliare di cui all’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354.

6. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 47-ter, 51-bis, 51-ter, 58 e 58-quater, ad eccezione del comma 7-bis, della legge 24 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonché le corrispondenti norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (“Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà”), in quanto compatibili.



Articolo 2

(Modifiche all’articolo 385 del codice penale)



1. All’articolo 385 del codice penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) al primo comma le parole: “da sei mesi a un anno” sono sostituite dalle seguenti: “da uno a tre anni”;

b) al secondo comma, primo periodo, le parole: “da uno a tre” sono sostituite dalle seguenti: “da due a cinque”;

c) al secondo comma, secondo periodo, la parola: “cinque” è sostituita dalla seguente: “sei”.



Articolo 3

(Modifiche al Codice Penale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova)



1. Dopo l’articolo 168 del codice penale sono inseriti i seguenti:

“Articolo 168-bis. - (Sospensione del procedimento con messa alla prova)

Nei procedimenti relativi a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, sola o congiunta con la pena pecuniaria, l’imputato può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. A tal fine non si tiene conto delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.

La sospensione del procedimento con messa alla prova è subordinata alla prestazione del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 168-quinquies.

La sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere concessa più di una volta per delitti della stessa indole e, comunque, più di due volte. La sospensione non può, altresì, essere concessa ai soggetti di cui all’articolo 99, quarto comma, che abbiano riportato condanne per delitti della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.



Articolo 168-ter (Effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova)

Durante il periodo di sospensione del procedimento il decorso della prescrizione del reato è sospeso.

L’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede. L’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.



Articolo 168-quater (Revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova)

La sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata:

a) in caso di rifiuto a prestare il lavoro di pubblica utilità o di grave o reiterata trasgressione degli obblighi relativi a tale prestazione;

b) in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede;



Articolo 168-quinquies. - (Lavoro di pubblica utilità)

Il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, per un periodo non inferiore a dieci giorni né superiore a due anni.

L’attività viene svolta nell’ambito del comune dove il condannato ha la residenza o il domicilio o, ove non sia possibile, presso la provincia, e comporta la prestazione di non meno di quattro e non più di dodici ore settimanali, da svolgersi con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato.

La durata giornaliera della prestazione non può comunque superare le quattro ore.

L’applicazione del lavoro di pubblica utilità è subordinata al consenso dell’imputato.

La mancanza del consenso rende inapplicabili gli istituti la cui concessione è subordinata alla prestazione del lavoro di pubblica utilità.

Si applicano gli articoli 146, 147, primo comma, numeri 2 e 3, e terzo comma.”.




Articolo 4

(Modifiche al codice di procedura penale)



1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al Libro Sesto, dopo il Titolo V, è aggiunto il seguente: “Titolo V-bis. Della sospensione del procedimento con messa alla prova.”;

b) dopo l’articolo 464 sono inseriti i seguenti:

“Articolo 464-bis. (Sospensione del procedimento con messa alla prova).

1. Nei casi previsti dall’articolo 168-bis del codice penale l’imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall’articolo 458, comma 1.

3. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3.



Articolo 464-ter (Richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari)

1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se è presentata una richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, fissa con decreto un termine al pubblico ministero per esprimere il consenso o il dissenso.

2. La richiesta è notificata, a cura del richiedente, alla persona offesa dal reato.

3. Se il pubblico ministero presta il consenso, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 464-quater, commi 1 e 2.



Articolo 464-quater (Provvedimenti del giudice ed effetti della pronuncia)

1. Il giudice, se ritiene corretta la qualificazione giuridica del fatto e non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova quando ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. In tal caso affida l’imputato ai servizi sociali.

2. Se il giudice non ritiene sussistere i presupposti di cui al comma 1, rigetta la richiesta con ordinanza.

3. Quando viene concessa la messa alla prova il procedimento è sospeso per un periodo:

a) di due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola o congiunta con la pena pecuniaria;

b) di un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria.

4. Il termine di cui al comma 3 decorre dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova.

5. La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3.

6. Contro l’ordinanza che decide sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova possono proporre ricorso per cassazione l’imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa. L’impugnazione non sospende il procedimento. In caso di rigetto della richiesta, le questioni relative alla sospensione del procedimento con messa alla prova non possono costituire motivo di impugnazione della sentenza.



Articolo 464-quinquies (Obblighi e prescrizioni).

1. L’ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova contiene le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali e al lavoro. Nell’ordinanza viene altresì stabilito che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del reato, tramite risarcimento del danno, restituzioni o attività riparatone.

2. L’ordinanza di cui al comma 1 è immediatamente trasmessa ai servizi sociali che debbono prendere in carico l’imputato. Della messa alla prova è redatto verbale.

3. Nel corso della prova le prescrizioni possono essere modificate dal giudice che procede, anche su segnalazione dei servizi sociali, i quali riferiscono periodicamente al giudice sul comportamento del soggetto.



Articolo 464-sexies. (Esito della prova. Revoca).

1. Decorso il periodo di sospensione del procedimento, il giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. A tale fine acquisisce la relazione conclusiva dai servizi sociali che hanno preso in carico l’imputato.

2. In caso di esito negativo della prova, il giudice revoca l’ordinanza di ammissione e dispone con ordinanza che il procedimento riprenda il suo corso.

3. In caso di revoca ovvero di esito negativo della prova, la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere riproposta”;



c) all’articolo 555, comma 2, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: “l’imputato, inoltre, può richiedere il giudizio abbreviato, presentare domanda di oblazione o formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova”;



d) dopo l’articolo 657, è inserito il seguente:

“Articolo 657-bis. (Computo del periodo di messa alla prova in caso di revoca).

1. In caso di revoca della messa alla prova, il pubblico ministero, nel determinare la pena, computa il periodo di prova. Ai fini del computo, cinque giorni di prova sono equiparati a un giorno di pena detentiva ovvero a duecentocinquanta euro di pena pecuniaria; non si considerano periodi di prova inferiori a cinque giorni.”.



Articolo 5

(Modifiche al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271)



1. Dopo l’articolo 191 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente: “Articolo 191-bis. (Attività dei servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova).

1. Le funzioni dei servizi sociali per la messa alla prova disposta ai sensi dell’articolo 168-bis del codice penale sono svolte dagli uffici locali dell’esecuzione penale esterna del Ministero della giustizia, nei modi e con i compiti previsti dall’articolo 72 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modifiche e integrazioni”.



Articolo 6

(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354 e al DPR 30 giugno 2000, n. 230)



1. All’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il quinto comma è aggiunto il seguente:

“5-bis. L’affidamento in prova al servizio sociale è subordinato alla prestazione di lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 168-quinquies del codice penale e non può essere concesso qualora il condannato non vi consenta”;

b) dopo il comma 12-bis, è aggiunto il seguente:

“12-ter. L’affidamento in prova al servizio sociale non può essere concesso più di una volta al soggetto che abbia beneficiato per due volte della sospensione del procedimento con messa alla prova di cui all’articolo 168-bis del codice penale”.

2. All’articolo 23, comma 1 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, dopo le parole “impronte digitali”, sono inserite le seguenti: “, dell’impronta fonica nonché di altri eventuali dati biometrici”.



Articolo 7

(Modifiche alla legge 24 novembre 1981, n. 689)



1. Al primo comma dell’articolo 56 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dopo il numero 6 è aggiunto il seguente:

“6-bis) l’obbligo di svolgere un lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 168-quinquies del codice penale”.



Articolo 8

(Modifiche al testo unico di cui al DPR 14 novembre 2002, n. 313)



1. All’articolo 3, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e successive modificazioni, dopo la lettera i) è inserita la seguente:

“i-bis) i provvedimenti con cui il giudice dispone la sospensione del procedimento con

messa alla prova ai sensi dell’articolo 168-bis del codice penale”.



Articolo 9

(Regolamento)



1. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità e le funzioni del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in materia di messa alla prova e lavoro di pubblica utilità.

2. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’interno e della difesa, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono stabilite le modalità di raccolta e conservazione dei dati biometrici acquisiti ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e successive modificazioni.



COMMENTO DI PATRIZIA CIARDIELLO
(Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Provincia di Milano)



Articolo 1
(Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno)

Comma 3

Se il condannato è già detenuto, la direzione dell’istituto penitenziario trasmette al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione (di che natura sarà tale relazione? Potrà essere una semplice relazione comportamentale o dovrà essere una relazione di sintesi delle attività di osservazione scientifica della personalità? Questo dato è assai rilevante, considerato che, come noto, a) il secondo tipo di relazione non è prodotto da tutte le direzioni secondo i tempi prescritti dalla normativa) b) l’ambigua formulazione potrebbe dar luogo a interpretazioni difformi da parte dei diversi magistrati di sorveglianza, specie considerata le dichiarazioni del Ministro circa la NON automaticità dell’ammissione al beneficio), indicando altresì l’abitazione o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza dove eseguire la pena.

Comma 5

La detenzione di cui al comma 1 non è applicabile:
a) ai soggetti condannati per taluno dei reati (questa locuzione è inammissibile: le fattispecie
escluse – descritte nella Relazione introduttiva - devono essere espressamente indicate)
indicati dall’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;
b)ai soggetti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai sensi degli articoli 102, 105 e 108 del codice penale;
c)ai soggetti sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell’articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall’articolo 14-ter della medesima legge (tale esclusione implica alcune considerazioni circa:
a)la possibilità - nel diritto penitenziario vivente assai concreta - che il regime venga applicato anche in presenza di singole condotte turbative dell’ordine e della sicurezza (sanzionabili attraverso le misure disciplinari ordinarie) anziché, come lo stesso legislatore indica attraverso l’uso del plurale, di comportamenti reiterati, dunque NON occasionali e NON episodici. In numerosi istituti del paese, tale regime è applicato in aggiunta al regime disciplinare e non solo ove esso è risultato inefficace;
b)occorre tenere presente che, ai sensi del 4° comma, “in caso di necessità ed urgenza”, la persona detenuta può essere sottoposta al regime in via provvisoria, senza acquisire i “pareri prescritti”;
c)la tipizzazione delle condotte legittimanti il ricorso al regime, è, nel caso del 5° comma, assolutamente indeterminata: vaghi, infatti, sono i riferimenti ai “precedenti comportamenti penitenziari” e agli “altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell’imputazione, nello stato di libertà”;
d)l’ambiguità della formulazione che non individua in modo inequivoco l’arco temporale entro il quale la sottoposizione a tale regime dovrebbe eventualmente essere presa in considerazione per dichiarare l’inammissibilità al beneficio in esame: ad esempio, a quando dovrebbe risalire la sottoposizione a regime di sorveglianza particolare? a 6 mesi, 12 mesi, 18 mesi prima del termine di dodici mesi residui di pena? Nel caso tale esclusione dovesse permanere, occorrerebbe almeno, in chiave di riduzione del danno, circoscrivere il periodo di “regolare condotta” a non oltre un semestre precedente alla scadenza dei dodici mesi residui.
c) ai soggetti cui è già stata revocata la detenzione domiciliare di cui all’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354.






Articolo 2
(Modifiche all’articolo 385 del codice penale)

Comma 1

1. All’articolo 385 del codice penale sono apportate le seguenti modifiche:
a)al primo comma le parole: “da sei mesi a un anno” sono sostituite dalle seguenti: “da uno a tre anni”;
b)al secondo comma, primo periodo, le parole: “da uno a tre” sono sostituite dalle seguenti: “da due a cinque”;
c)al secondo comma, secondo periodo, la parola: “cinque” è sostituita dalla seguente: “sei”.
Non si comprende la ratio ispiratrice dell’inasprimento delle pene previste per l’evasione, anche considerata l’opzione deflativa sottostante alla scelta di introdurre la detenzione domiciliare. Tale inasprimento appare dettato, ancora una volta, da ragioni puramente simboliche. La vigente previsione normativa appare del tutto adeguata a sancire negativamente l’evasione, e non solo attraverso la revoca della misura (Per inciso e a titolo di curiosità, il Codice penale elvetico contempla come reato il comportamento di chi, specie se pubblico ufficiale, favorisce la “liberazione di detenuti”, ma non l’evasione in quanto tale).

Articolo 3
(Modifiche al Codice Penale in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova)

Comma 1

Dopo l’articolo 168 del codice penale sono inseriti i seguenti:
1. “Articolo 168-bis. - (Sospensione del procedimento con messa alla prova)
Nei procedimenti relativi a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, sola o congiunta con la pena pecuniaria, l’imputato può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova. Per neutralizzare il rischio che il giudice indulga a sottoporre l’imputato alla prova pur in assenza di sufficienti indizi di colpevolezza, si dovrebbe inserire anche in questo articolo la formula analoga a quella ora presente nell’art. 444 c.p.p. per la concessione del beneficio quando “non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129” espressa nel successivo art. 464 quater A tal fine non si tiene conto delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.
La sospensione del procedimento con messa alla prova è subordinata alla prestazione del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 168-quinquies. L’introduzione del “principio per cui nessun beneficio può essere concesso senza che l’imputato assicuri un ristoro all’offesa rappresentata dalla condotta criminosa” implica un forte cambiamento di prospettiva: immediata conseguenza è che vengono modificati anche i presupposti per la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale (V. successivo art. 6) e la trasformazione del lavoro di pubblica utilità da sanzione sostitutiva (dunque, una vera e propria pena) a obbligo accessorio. Si utilizza, in pratica, una ex pena, sia pure sostitutiva, per aumentare il carico afflittivo di una misura introdotta, non si dimentichi, per reati di modesta entità commessi da non recidivi
Il tutto senza, peraltro, contemplare modifiche alla legge 274/2000 o conservare la previsione ex decreto ministeriale 26 marzo 2001, che l’attività possa essere svolta oltre che a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale, anche in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.
La sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere concessa più di una volta per delitti della stessa indole e, comunque, più di due volte. Questa previsione risulta ambigua: in particolare, non è chiaro se la seconda concessione possa ammettersi anche nel caso che l’esito della prima prova sia stato negativo. La sospensione non può, altresì, essere concessa ai soggetti di cui all’articolo 99, quarto comma (“Se il recidivo commette un altro reato, l’aumento della pena, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, può essere fino alla metà e, nei casi preveduti dai numeri 1) e 2) del primo capoverso, può essere fino a due terzi; nel caso preveduto dal numero 3) dello stesso capoverso può essere da un terzo ai due terzi”), che abbiano riportato condanne per delitti della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.
Questa previsione comporta una drastica riduzione del potenziale bacino di utenza del beneficio. Valgono tutte le valutazioni in termini di incostituzionalità già formulate da vari soggetti sulla l. ex Cirielli.

Articolo 4

Comma 1

Articolo 464-quater (Provvedimenti del giudice ed effetti della pronuncia)
1.Il giudice, se ritiene corretta la qualificazione giuridica del fatto e non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 dispone con ordinanza la sospensione del procedimento con messa alla prova quando ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati (sulla scorta di quali elementi il giudice sarà chiamato a fare le sue valutazioni in materia? Su cosa fonderà il proprio convincimento, in assenza della previsione che, nel settore minorile, contempla che il giudice possa richiedere un’indagine socio familiare anche nella fase di cognizione?). In tal caso affida l’imputato ai servizi sociali. (gli attuali organici del personale di servizio sociale sono assolutamente inadeguati a sostenere l’incremento dei carichi di lavoro connessi al varo di tale previsione, il che rischia, oltretutto, di tradursi in un danno per l’imputato).

Articolo 464-quinquies (Obblighi e prescrizioni).
1.L’ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova contiene le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali e al lavoro. Nell’ordinanza viene altresì stabilito che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del reato, tramite risarcimento del danno, restituzioni o attività riparatorie (le attività riparatorie si aggiungono al lavoro di pubblica utilità o le compendiano? Dirimere tale questione è molto importante).

Articolo 6
(Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354 e al DPR 30 giugno 2000, n. 230)

Comma 1

All’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il quinto comma è aggiunto il seguente:
“5-bis. L’affidamento in prova al servizio sociale è subordinato alla prestazione di lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 168-quinquies del codice penale e non può essere concesso qualora il condannato non vi consenta”(riprendendo il ragionamento introdotto in precedenza -v. commento all’art. 168 bis -, con questa modifica dell’ordinamento penitenziario si rende obbligatorio il lavoro di pubblica utilità alterandone l’originaria fisionomia di pena sostitutiva; inoltre, in assenza di espressa abrogazione del co. 7 dell’art. 47 O.P., si aggiunge il lavoro di pubblica utilità alla citata prescrizione ex co. 7 art. 47 che contempla, come noto, l’adoperarsi, in quanto possibile, in favore della vittima del reato: come saranno contemperati i due istituti? Da chi? Da una parte l’obbligo accessorio del lavoro di pubblica utilità, dall’altro
ai previsione dell’adoperarsi in favore della vittima, nella prassi spesso sostituito con attività i “volontariato” e “riparative” coatte: è legittimo chiedersi quale fisionomia assumerà affidamento, quale il suo carico afflittivo e quale potrà diventarne la concreta declinazione, anche alla luce dei pronunciamenti della Corte di Cassazione circa l’illegittimità del subordinare l’obbligo costituzionale di “fare trattamento” e rieducare il reo (obiettivo
centrale della misura) all’attuazione del ristoro anche simbolico del danno da reato. In tale contesto, la locuzione “non può essere concesso qualora il condannato non vi consenta” si configura come richiamo del tutto improprio ad una consensualità che, in assenza di alternative, non può che risultare, anch’essa, un simulacro. Da ricordare che, in materia di giustizia ripartiva, in tutte le raccomandazioni internazionali, comprese le Regole Penitenziarie europee, la necessità che il consenso sia liberamente formato ed espresso è costantemente richiamato).


COMMENTO DI ALESSIO SCANDURRA
(Associazione Antigone)


Le prima bozza circolata del disegno di legge “Alfano” sulla esecuzione delle pene presso il domicilio e messa alla prova, impone da subito alcune preoccupati commenti. Ad allarmare è soprattutto il fatto che in una stagione come questa, caratterizzata dal un drammatico sovraffollamento degli istituti di pena, la bozza in questione introduca, accanto ad interventi deflattivi, peraltro si teme di modesta portata, anche misure che avrebbero come esito addirittura una crescita della popolazione detenuta.

Ma partiamo dalla relazione introduttiva, che recita: “il principio che si intende affermare è che la misura alternativa alla detenzione può essere concessa solo in presenza di una riparazione a favore della collettività”. Questa premessa, che fa da sfondo alla proposta, pare di per sé problematica. Il diritto costituzionale della persona al “trattamento penitenziario”, e ad una pena flessibile, possono infatti essere subordinati ad adempimenti in parte indipendenti dalla volontà della persona stessa? Sarà possibile garantire a tutti gli interessati, in tutti i territori, forme di riparazione, declinate in questo caso nella forma dei lavori di pubblica utilità, compatibili con gli impegni già previsti dalle misure alternative e dalla nuova misura della sospensione? Il dilemma di fondo è in altri termini il seguente: le persone vanno aiutate nel loro, spesso non facile, percorso di reinserimento, o vanno sostenuti solo i “meritevoli”, inserendo nuovi ostacoli nei percorsi trattamentali? La legislazione recente, e questa proposta, sembrano optare per la seconda soluzione.

L’impatto peraltro delle misure proposte rischia di essere deludente. Nel caso infatti della Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno (Art. 1), chi finisce in carcere per condanne inferiori ai 12 mesi difficilmente ha una casa o altro domicilio, necessari per l’accesso alla misura, ed il problema è in parte analogo anche per chi è ancora in carcere con residui di pena inferiori all’anno. In pratica, a meno di interventi davvero massicci da parte del welfare locale, in grado di garantire a chi non le ha le risorse per accedere alla misura, l’esito della norma, comunque positivo, sarà quello di far accedere in tempi rapidi a questa forma di detenzione domiciliare coloro che in linea di massima avrebbero potuto accedere ad altre misure alternative, limitando la discrezionalità del giudice, ed ammettendo anche i recidivi reiterati.

Quanto all’Articolo 3, Modifiche al c.p. in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova, anche in questo caso gli effetti deflattivi della norma rischiano di essere limitati. Quali sono anzitutto i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni? Il furto semplice? E chi è che, per un furto semplice, in Italia rischia il carcere? Si tratta purtroppo dei soliti ignoti, protagonisti di quella che chiamiamo sempre più spesso detenzione sociale, e c’è da dubitare che questa norma sarà in grado di evitare per costoro il ricorso al carcere.
La norma pone infatti anzitutto il problema degli stranieri senza permesso di soggiorno. Come si immagina che costoro possano accedere alla sospensione, non essendo in esecuzione di pena, e quindi non avendo titolo legittimo di soggiorno sul territorio?
La norma introduce poi l’istituto, assai problematico, dei lavori di pubblica utilità. Chi oggi fatica ad accedere al sistema delle misure alternative è la fascia più debole dei detenuti, meno dotata in termini di risorse sociali e relazionali. Prevedere un impegno, non retribuito, che si aggiunge alle difficoltà che queste persone incontrano a trovare una casa ed un lavoro, significa rendere la misura inaccessibile alle fasce più deboli degli imputati, ovvero proprio a coloro che in effetti finiscono in carcere per reati di così modesto allarme.

A fronte di queste due misure, dagli effetti verosimilmente molto limitati, si segnala come la bozza contenga anche misure che avrebbero addirittura l’effetto di far crescere ulteriormente il numero delle persone in carcere, come nel caso dell’Articolo 2, Modifiche all’articolo 385 del codice penale, che prevede innalzamenti di pena non irrilevanti per il reato di evasione.

Ma stupisce ancora di più l’inserimento del lavoro di pubblica utilità anche tra le prescrizioni necessarie per la concessione dell’affidamento in prova ordinario, e della libertà controllata (Art. 6 e 7), limitando in questo modo il già ristrettissimo ambito di applicazione di questi strumenti alternativi al carcere.

In conclusione sembra che il governo, pur comprendendo la drammaticità della attuale situazione di emergenza, non riesca a liberarsi dalla convinzione, smentita inoppugnabilmente dai fatti, per cui le alternative al carcere rappresentano una minaccia, e non una risorsa, per la sicurezza collettiva. Ed è prevedibile come, muovendo con da una simile convinzione, sarà molto difficile varare misure di reale efficacia contro il sovraffollamento. Da questi primi segnali la stagione attuale, caratterizzata dalla violazione dei diritti più elementari dei soliti ignoti autori di reato, non sembra dunque destinata chiudersi rapidamente.