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Sign for Aiutaci a garantire l'effettiva applicazione dell'art. 27 Cost.(funzione rieducativa della pena)

Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari

Mercoledi',23 Marzo 2011,

(rinvio del 16 Marzo 2011)

in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.


5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario


5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario




Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari




Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.

26 agosto 2010



Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive



“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.





5 luglio 2010





Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"



Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico



L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.



Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.



Così non va.









Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile





Comunicato stampa, 29 maggio 2010





Ai deputati di commissione bilancio



e giustizia camera









Al sottosegretario



On. Caliendo









Al sottosegretario



On. Giorgetti Alberti







Egregi Onorevoli,



dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.



L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.



Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.



Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.



Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.



La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.



L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.



Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.



La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.



Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.



I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo



Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).



Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).



Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.



Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.



Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.



Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.



Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.





FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.

Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.

Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.


18 maggio 2010


La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.



Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano

“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.

“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.

“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.

Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.


Proposta emendativa 8.01.


Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.

2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa



Proposta emendativa 8.03.

Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa



28-04-10


Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.




Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.

“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”


16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari

Convocazione della II Commissione (Giustizia)

Martedì 16 marzo 2010

Ore 13.45

5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari


Interrogazione a risposta in Commissione:

FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.



- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:

il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;

nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);

in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;

lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;

non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009

se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.

(5-02550)


Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.

Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.




24 febbraio 2010:

ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao

La Camera,

premesso che

il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;

il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;


nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria
.


Accolto come raccomandazione.




19 Febbraio 2010:

ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD


La Camera,

premesso che:

l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

impegna il Governo

a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

9/3196/13.
Donatella Ferranti.



Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini

Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.


Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.

CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA



Roma, 13 gen



''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.

Assunzione degli educatori primo impegno del governo

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari

giovedì 18 febbraio 2010

Resoconto stenografico della seduta senato del 17/02/2010,2° parte:mozione carcere.carcere,governo,giustizia,politici,detenuti,Ionta

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Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 336 del 17/02/2010


SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA

336a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 17 FEBBRAIO 2010

(Antimeridiana)



Seguito della discussione delle mozioni nn. 227 (Procedimento abbreviato, ai sensi dell'articolo 157, comma 3, del Regolamento), 233, 235 (testo corretto), 236 (testo 2) e 238 sulla situazione carceraria (ore 11,42)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni 1-00227, presentata dal senatore Di Giovan Paolo e da altri senatori, con procedimento abbreviato ai sensi dell'articolo 157, comma 3, del Regolamento, 1-00233, presentata dal senatore D'Alia e da altri senatori, 1-00235 (testo corretto), presentata dal senatore Bricolo e da altri senatori, 1-00236 (testo 2), presentata dal senatore Fleres e da altri senatori, e 1-00238, presentata dal senatore li Gotti e da altri senatori, sulla situazione carceraria.

Ricordo che nella seduta di ieri ha avuto luogo l'illustrazione delle mozioni ed è stato presentato l'ordine del giorno G1 dal senatore Di Giovan Paolo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la discussione.

È iscritta a parlare la senatrice Carloni. Ne ha facoltà.


CARLONI (PD). Signor Presidente, il Governo alla Camera modificherà dunque il decreto sulla protezione civile, sopprimendo l'articolo 16 che istituisce la Protezione civile Spa. Una buona notizia anche per il piano carceri recentemente presentato dal ministro Alfano al corpo della polizia penitenziaria, un piano all'insegna della confusione e dell'ambiguità. (Brusìo).

Gli stanziamenti per l'edilizia penitenziaria previsti dalla legge finanziaria per 500 milioni di euro dovevano infatti essere affidati per l'operatività alla succitata Protezione civile Spa. In vista di una modifica tanto rilevante e significativa sarà ora necessario rivedere interamente lo stesso piano e modificarlo da tanti punti di vista, a cominciare dalla necessaria integrazione con la programmazione urbanistica territoriale per la localizzazione dei nuovi istituti. (Brusìo).

Sarà poi indispensabile qualche certezza, finalmente...


PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, c'è un intervento in corso in Aula.


CARLONI (PD). La ringrazio, signor Presidente. Sarà indispensabile, dicevo, qualche certezza sulle annunciate assunzioni di 2.000 agenti, al di là del ricambio previsto in legge finanziaria per quelli che lasceranno il servizio nei prossimi anni.

Fino a questo momento, a fronte di una drammatica emergenza, le parole impegnative del ministro Alfano si sono rivelate solo buone intenzioni contraddette dai primi atti. Nessun intervento per l'assunzione di quelle professionalità indispensabili a supportare le drammatiche condizioni della popolazione detenuta e per il potenziamento della misure alternative al carcere, come psicologi, educatori e assistenti sociali.

Nessun ripensamento sui pesanti tagli finanziari al sistema, che peraltro si pretende di espandere per una popolazione di 80.000 detenuti.

Signor Presidente, il carcere è di nuovo emergenza e i dati sull'affollamento parlano da sé. Certamente l'indulto ha lasciato un segno, purtroppo fornendo pretesto per politiche d'ordine e il tema della recidiva ha funzionato da grimaldello per la propaganda di politiche penali sempre più repressive.

I media hanno fatto la loro parte nel fomentare le paure dei cittadini, indicando nell'indulto la causa di tutti i mali, mentre Governo e Parlamento hanno risposto con una raffica di nuove norme penali e con l'idea propagandistica e pericolosamente demagogica di poter risolvere tutto con il codice penale. Ogni qual volta si discute di un reato che suscita particolare allarme la ricetta è quella di un innalzamento della pena. Se l'autore di un reato che procura emozione è poi un immigrato, la risposta sarà quella della criminalizzazione dell'immigrazione. Se poi è una ragazzina rom, come accaduto a Napoli, si legittimerà a tal punto la xenofobia che oggi nel carcere minorile di Nisida tutte le ragazze minori detenute - dico tutte - sono esclusivamente rom.

Potrei continuare nel descrivere la crescita di un panpenalismo nella cultura dominante e nella legge, una via che, lungi dal migliorare lo stato della giustizia e contenere la criminalità, avvelena lo spirito pubblico e trasforma giorno dopo giorno il carcere in una Cayenna. Viceversa, abbiamo il dovere della serietà e della pacatezza. Non solo senza l'indulto del 2006 avremmo visto scoppiare il sistema ancora più rapidamente, ma anche i dati sulla recidiva diffusi dal Ministero ci confermano l'importanza dello sviluppo delle misure alternative al carcere. Sono tutte le analisi più serie e statisticamente fondate a dirci che non sono le misure emergenziali, né quelle repressive da sole, se non accompagnate da azioni serie di risocializzazione, a ridurre la criminalità nel lungo periodo.

Se pensiamo di fare come negli Stati Uniti e percorrere la strada della carcerazione di massa a discapito delle misure di welfare, finiremo per dire addio definitivamente alle grandi conquiste di civiltà affermate in Europa nel dopoguerra. Abbiamo il dovere di fermarci: siamo ancora in tempo perché non si consolidi il pensiero dell'intolleranza giustizialista. Dobbiamo tutti convenire in quest'Aula che in America, dove è nata l'ideologia della «tolleranza zero», questa ha fallito clamorosamente nel contenimento della criminalità e la popolazione carceraria supera quella di ogni altro Paese.

Dobbiamo saper guardare con gli occhi sgombri dalle ideologie alle basi sociali della devianza e voler perseguire le strade più efficaci, che non sono quelle di sbattere in carcere tutti gli emarginati, i malati mentali, i tossicodipendenti, insieme ai rom e agli immigrati, fino all'atrocità di continuare a tenere dietro le sbarre bambini piccolissimi, figli di giovani donne a cui non si vuole offrire la strada di misure alternative come le case famiglia. A questo proposito giacciono in questo Senato disegni di legge che non si capisce perché non vengano messi all'ordine del giorno.

Il Parlamento e ciascuno di noi senatori può fare molto per cambiare le cose. Non sono molte le situazioni, come nel caso del carcere, dove ogni cambiamento della norma, anche il più piccolo, può cambiare concretamente la vita quotidiana delle persone, di tutte le persone che vivono e abitano la realtà penitenziaria: i reclusi, e gli agenti penitenziari, le cui difficili condizioni di lavoro troppo spesso vengono dimenticate. La possibilità che abbiamo come parlamentari di visitare le strutture carcerarie e parlare con le persone è preziosa ed è per ciascuno di noi una grande opportunità per cambiare concretamente qualcosa.

A Napoli, nella mia realtà, ove il luogo di maggiore sofferenza carceraria a causa del sovraffollamento è Poggioreale, l'associazione «Il carcere possibile», della camera penale di Napoli, lo scorso mese di novembre ha realizzato un'iniziativa importante nella centrale Piazza dei Martiri, ricostruendo con gli arredi originali una vera e propria cella, tre metri per tre, per consentire al pubblico di provare per un minuto solo le condizioni in cui vive un detenuto. Per tutta la giornata vi è stata una fila interminabile per entrare: oltre 300 persone. In seguito mi ha molto colpito leggere una lettera delle detenute di Pozzuoli, che ringraziavano il presidente dell'associazione per quell'iniziativa con parole toccanti che facevano pensare.

Il Ministro della giustizia aveva dichiarato solennemente che la maggior parte delle nostre carceri opera in situazioni di incostituzionalità. Ora sta a tutti noi dare a queste parole un senso concreto. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lannutti. Ne ha facoltà.


LANNUTTI (IdV). Signor Presidente, colleghi, consentitemi di citare un grande pensatore dell'Ottocento: «Il capitalismo è violento, si basa sulla sopraffazione dell'uomo sull'uomo; in un sistema dominato dai capitalisti l'uso individuale della violenza per il profitto è ampiamente propagandato. Per chi non dispone, per nascita e condizione economica, dei mezzi legali per l'esercizio di tale violenza, l'alternativa di porsi "fuori legge" è spesso vista come l'unica via per sottrarsi allo sfruttamento. I primi sono i padroni, i secondi quelli che i padroni chiamano delinquenti». I padroni additano al disprezzo delle masse, servendosi dei loro giornali, i poveracci, i manovali del furto, quegli sbandati che il tipo di società in cui essi vivono ha instradato al crimine. Si rifanno così una verginità e abituano la gente a pensare che i crimini (rapine, estorsioni, furti, omicidi) sono compiuti da questi disperati, pistola in pugno, e non sono quelli che ogni giorno loro commettono con lo sfruttamento. Modernizzando ai tempi di oggi, i crimini sono commessi dai cosiddetti bankster, che compiono rapine legalizzate di massa.

Recita poi il terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

La situazione carceraria italiana è esplosiva: negli ultimi mesi si sono registrati 138 morti, di cui 56 per suicidio.

Oggi, un articolo su «Avvenire» riporta altri dati: dal 1990 sono stati 1.027 i suicidi, 14.840 i tentati suicidi, 98.342 gli atti di autolesionismo. Il 2009 è stato l'anno record, con 72 suicidi, pari a 11,64 ogni 10.000 detenuti. Il tasso in assoluto più alto (12,52) si è registrato nel 2001, pari a 69 suicidi.

Signor Presidente, chi si reca in carcere - anch'io ci sono stato ad agosto - vede davvero una situazione di disperazione, di miseria e di rassegnazione. Anche l'associazione Antigone ha visitato numerose strutture penitenziarie riscontrando situazioni gravi, soprattutto negli ospedali psichiatrici. A Napoli nell'ospedale psichiatrico sono 127 gli internati.

Per non parlare del sovraffollamento: nella casa circondariale di Piacenza ci sono 398 detenuti per una capienza regolamentare di 200 posti. A Bari i detenuti sono 612 per una capienza regolamentare di 295 posti. Alla Dozza di Bologna i detenuti sono 1.177.

Le condizioni inumane della vita carceraria, ovvero la consapevolezza di essere innocente spingono chi spesso è un povero Cristo senza sponsor e senza difesa a scegliere la via più breve verso la libertà. Tutto questo nell'indifferenza di chi addita in altri le proprie colpe o collusioni.

Signor Presidente, gli ultimi dati ministeriali disponibili parlano di 64.595 detenuti, a fronte di una capienza, sui 205 istituti, di 43.186 unità.

Dal 1945 al 1995 in cella vi sono stati 4 milioni di innocenti. Come ha già affermato il senatore Li Gotti, dal 1980 al 1994 vi è stata assoluzione per metà dei reclusi vittime di detenzioni ingiuste. La percentuale di persone prosciolte è risultata pari al 43,94 per cento di quelle sottoposte a giudizio. Anche secondo il rapporto dell'Eurispes lo Stato si vede costretto a riconoscere i propri errori e a rifondere cittadini innocenti.

Ai benpensanti, giustizialisti e garantisti a senso unico, è bene rammentare un fatto: uno Stato di diritto ad elevata civiltà giuridica deve pretendere pena certa e riabilitativa in giusto processo. Solo così si può dare rispetto a quelle istituzioni che lo pretendono spesso senza meritarlo. (Applausi dal Gruppo IdV e del senatore Musi).

Signor Presidente, le chiedo di poter allegare al Resoconto il testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso.

È iscritta a parlare la senatrice Granaiola. Ne ha facoltà.


GRANAIOLA (PD). Signor Presidente, i numeri che, nella loro crudezza, emergono dalle diverse mozioni in discussione sullo stato delle carceri nel nostro Paese rappresentano una situazione gravissima e una vera e propria emergenza umanitaria. Una ferita che segna profondamente la nostra tradizione umanitaria e civile.

Solo chi è colpito da cecità ideologica può rifiutarsi di vedere questa situazione così come è oggettivamente, o può tentare di nascondersi dietro quegli stessi meccanismi che, giorno dopo giorno, hanno concorso a renderla ancora più grave.

Per ironia della sorte, oggi possiamo affermare che molti dei nostri istituti penitenziari sono ormai «fuori legge» perché sovraffollati oltre ogni limite consentito.

Parliamo di numeri dimenticandoci che ogni numero è una persona e ogni persona è diversa dall'altra. Ci sono carcerati in attesa di giudizio o in attesa di appello, ci sono carcerati che scontano pene per reati gravissimi e odiosi, ci sono migliaia di carcerati tossicodipendenti, ci sono carcerati per reati minori; ci sono carcerati giovanissimi per i quali lo Stato non può e non deve perdere la speranza di poter attivare una concreta azione di recupero sociale e carcerati anziani, ahimè, giunti ormai al limite della loro vita.

In carcere ci sono anche 71 bambini sotto i tre anni e ci sono uomini e donne che hanno la sola colpa di essere extracomunitari (oltre il 35 per cento della popolazione carceraria), carcerati che si non riesce a rimpatriare mentre il Governo continua a riproporre il rimpatrio come soluzione, dimenticandosi che, così facendo, si torna ad alimentare quel circolo vizioso che ha concorso a generare questa situazione e che rischia in futuro di vanificare anche i pochi (e oggettivamente lunghi) interventi previsti dallo stesso Governo nel tentativo di rendere meno inumana la situazione nelle carceri.

In Italia, per fortuna, non è prevista la pena di morte e la Corte costituzionale, con la sentenza n. 223 del 1996, ha affermato che «il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare, al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità». Ma in carcere si muore per suicidio, per inedia o per malattia. Il 27 per cento della popolazione carceraria è tossicodipendente, oltre il 30 per cento è in condizioni di salute scadenti, il 4 per cento è in condizioni gravi, il 2 per cento è sieropositivo.

In carcere si dovrebbe, oltre che punire, anche rieducare e aiutare i detenuti a riscoprire la dignità di uomo e cittadino. Ma come fare se si è costretti a vivere in nove in una cella progettata per tre, in condizioni di inumana promiscuità?

Signor Presidente, le chiedo di consegnare il testo del mio intervento, ma voglio solo brevemente ricordare l'esperienza che ho fatto a Ferragosto nel carcere della mia Provincia. In una città come Lucca, la città delle cento chiese, la città cattolica per eccellenza, la città che ha il maggior numero di associazioni di volontariato in Toscana, dopo Firenze, il carcere è in una situazione davvero incredibile e disumana. Un carcere dove la direttrice, piena di buona volontà, cerca ogni giorno di combattere con la totale assenza di mezzi, anche minimi, addirittura con la mancanza di soldi per comprare la vernice per dipingere le celle.

Insieme al parroco del carcere di Lucca, ho inviato io la vernice per ridipingere le celle, ma è stato un ostacolo anziché un'opportunità, perché la scarsità delle guardie carcerarie ha evidenziato come anche solo dipingere le celle diventava davvero un problema.

Ho poi visto un ragazzo di 19 anni, che poteva essere mio figlio, che si era tagliuzzato tutte le braccia perché non poteva telefonare alla madre da circa sei mesi, in quanto la madre non aveva un telefono fisso. È una situazione che - lo dico con sincerità - ha segnato profondamente la mia vita: da quella visita credo di non essere più la stessa e di pensare a tante cose in modo molto diverso. (Applausi dal Gruppo PD).


PRESIDENTE. Senatrice Granaiola, la Presidenza l'autorizza a consegnare il testo integrale del suo intervento perché possa essere allegato ai Resoconti della seduta.

Questa disponibilità vale per tutti i colleghi che prenderanno la parola e che non riusciranno nei tempi assegnati a svolgere interamente il loro intervento.

È iscritto a parlare il senatore Pardi. Ne ha facoltà.


PARDI (IdV). Signor Presidente, c'è un punto di vista classico secondo il quale le società si giudicano dalle loro carceri. Se l'Italia fosse davvero giudicata dalle sue carceri, penso che il giudizio sarebbe più duro di quello che si potrebbe formulare dall'osservazione delle nostre orrende periferie, piene di spazzatura, di urbanistica disastrata, di territorio dilapidato.

Alcuni fattori di ingiustizia fondamentali sono annidati all'interno del sistema carcerario.

Il primo, il più materiale e il più indiscutibile, è il sovraffollamento. Le mozioni illustrate ed il pensiero critico hanno ragionato a lungo sul modo in cui si arriva a tale situazione. In questa sede, ovviamente, non ho neanche la possibilità di accennare ad una diagnosi, ma il sovraffollamento di fatto, nella sua brutale empiria, rappresenta una catastrofe umanitaria: rende impossibile l'applicazione dell'articolo 27 della Costituzione e il ragionamento sull'umanità della rieducazione e del reinserimento.

Le conseguenze del sovraffollamento arrivano fino all'autolesionismo e al suicidio. Uno degli ultimi casi si è verificato in un carcere fiorentino, che forse non è neanche tra i peggiori: il giovane Yassine El Baghdadi, 17 anni, di origine marocchina, si è impiccato in un carcere che porta il nome di uno dei magistrati che hanno inventato il pensiero giuridico rivolto ai minori, "Meucci".

Il secondo elemento di ingiustizia è la selezione sociale. L'articolo 27 della Costituzione vale solo per i potenti, anzi non c'è neanche bisogno di farlo valere per i potenti perché questi in carcere non ci vanno. L'Italia rigurgita di inquisiti e di imputati nel mondo dei cosiddetti colletti bianchi; questi ultimi, però, non arrivano quasi mai in carcere e, se ci arrivano, ci stanno pochissimo, escono per direttissima. In realtà, le carceri sono riempite dai dannati della terra, dai poveri e poi da terzi protagonisti, che portano in causa la terza forma di ingiustizia, cioè la selezione etnica.

C'è la selezione sociale, ma su questa si innesta la selezione etnica perché - come in molti hanno già osservato - nelle carceri si registra una maggioranza di immigrati. Ciò non è dovuto al fatto che vi sono troppo immigrati, come sembrano pensare alcuni colleghi, perché dei moltissimi immigrati che lavorano in Italia quelli che finiscono nelle carceri sono comunque sempre una minoranza abbastanza ridotta. Il fatto è che la legislazione adottata in Italia ha una funzione strettamente patogenetica: se si stabilisce per legge che l'ingresso e il soggiorno degli immigrati sono illegali e sulla base di tale illegalità si devono arrestare le persone, è inevitabile che le carceri si riempiano di soggetti che - come è stato osservato da vari senatori - poi vengono rapidamente messi in libertà per gli stessi motivi per cui sono stati arrestati. Si innesta, però, un ciclo ininterrotto per cui vi sono sempre nuovi ingressi e sempre nuove uscite, e via di seguito.

Alla fine, l'effetto di continuità è che nelle carceri la stragrande maggioranza dei detenuti è costituita da poveri e da immigrati. Ciò rappresenta da sé il ritratto della insostenibilità della nostra situazione carceraria, nei cui confronti l'unica soluzione è quella di prendere decisamente un passo riformistico. Qui faccio riferimento alla mozione a nostra firma; non ho il tempo di ripetere le proposte riformistiche a cui bisogna andare incontro, ma sottolineo quanto siano fondamentali la razionalizzazione delle risorse umane esistenti e soprattutto il reperimento di risorse finanziarie capaci di incidere realmente.

Vorrei dire un'ultima parola sulle carceri nei centri storici. Ci sono moltissimi edifici antichi che sono del tutto inadatti a svolgere la funzione che la tradizione aveva loro affidato. È fondamentale portare le carceri in una periferia raggiungibile e destinare gli edifici antichi a fini più consoni alle loro caratteristiche. (Applausi dal Gruppo IdV. Congratulazioni).


PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Poretti. Ne ha facoltà.


PORETTI (PD). Signor Presidente, vorrei esordire con una domanda forse irrituale: a tutti i senatori viene data la stessa Costituzione una volta che vengono eletti o nominati, a seconda della legge elettorale che è in vigore, oppure no?


MENARDI (PdL). No!

Poretti (PD). no..Allora probabilmente si spiega l'intervento svolto ieri dal senatore Mazzatorta, della Lega Nord, il quale ha affermato che la funzione essenziale della detenzione è quella afflittiva ed è poi andato oltre, dicendo che la rieducazione del condannato, per la Costituzione (immaginavo, appunto, la Costituzione italiana), non è la finalità essenziale della pena, ma è uno scopo eventuale della pena.

Sono andata a riprendermi il librettino che mi è stato gentilmente fornito dal Senato, dove è scritto «Costituzione della Repubblica italiana», articolo 13: «È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà»; articolo 27: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Siccome mi si dice che quello della rieducazione è uno scopo eventuale, e che invece quello principale è quello afflittivo, allora la mia domanda su quale sia il testo della Costituzione sulla base del quale stiamo lavorando forse non è retorica. Certo è che, se partiamo da Costituzioni completamente differenti, allora sarà anche difficile arrivare ad un voto che abbia un qualche significato su mozioni scritte anche e giustamente da mani diverse, con approcci diversi al sistema (ci mancherebbe altro, ciascuno è giustamente libero di vedere, di interpretare, di credere in certe cose). Certo è che, se si parte da basi diverse, è difficile avere un dialogo che abbia un qualche significato.

Il fatto che la pena debba tendere alla rieducazione e che la rieducazione non sia forzata, obbligata, un risultato già raggiunto, probabilmente è anche perché non sono previsti né dalla legge né dalla Costituzione il lavaggio del cervello e la rieducazione forzata, obbligatoria e perfino riuscita dopo aver scontato la pena.

Arriviamo al dibattito di oggi dopo oltre un anno in cui il Parlamento, a vario titolo, si è occupato delle carceri. Ricordo - come è stato sottolineato in altri interventi - che il giorno di Ferragosto molti parlamentari, grazie a un'iniziativa radicale, lo hanno trascorso nelle carceri. Per alcuni è stata una prima esperienza e credo che sia stata utile anche per arrivare al dibattito odierno; un dibattito che mi auguro non sia soltanto così vuoto di partecipazione, ma abbia anche un seguito nel rispetto degli impegni assunti dal Governo.

Ricordo che lo scorso 12 gennaio la Camera dei deputati ha già svolto un analogo dibattito e ha approvato delle mozioni. Il Governo si è già preso degli impegni che però poi sono rimasti semplicemente sulla carta, come spesso succede con le mozioni. Oggi compiamo anche qui in Senato questo rito di mozioni e di impegni che il Governo vorrà assumere. Dopo, però, sarà anche utile capire se gli impegni assunti in quest'Aula parlamentare davvero diventano effettivi.

Termino lasciando agli atti una serie di testimonianze di casi non chiariti, di casi su cui i familiari chiedono la verità, di casi che sono avvenuti nelle carceri italiane. Il caso Cucchi ha avuto l'onore della cronaca, pur nella sua verità agghiacciante. Ce ne sono purtroppo tantissimi altri che non hanno avuto neanche un rigo dedicato dalla stampa o dalle Aule parlamentari. Ieri i familiari erano qui in Senato; hanno raccontate le loro storie, tutte davvero terribili. Le lascio agli atti, perché perlomeno questi nomi e questi cognomi restino nelle Aule parlamentari. (Applausi dal Gruppo PD).


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Leoni. Ne ha facoltà.


LEONI (LNP). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, intervengo su queste mozioni con l'umiltà di poter dare un contributo su un argomento molto spinoso che la nostra società vive in particolar modo in questi ultimi decenni in cui la continua crescita della popolazione carceraria non ha coinciso con un'adeguata crescita di case penitenziarie. Non voglio rifarmi alle percentuali degli ospiti delle carceri citando numeri che sono a conoscenza di tutti: per un leghista sarebbe come sparare sulla Croce rossa. Parto da un concetto molto più nobile: chi è ospite di una casa di pena prima di tutto è un essere umano e, come tale, dovrebbe trovare un posto adeguato a vivere la sua, seppur povera, dignità. Sono pienamente convinto che la civiltà di una società e la qualità di vita di una città si misurino sulla vivibilità del carcere che ospita sul suo territorio.

Chi ha la mia età ricorderà bene che per essere pronto a fare la prima comunione bisognava conoscere quasi a memoria quel catechismo, successivamente un po' accantonato dalla Chiesa, detto di Pio X. Fra le tante cose da ricordare c'erano le opere di misericordia, che si dividono in corporali e spirituali. Una delle corporali consisteva proprio nel fare visita ai carcerati. Queste sono regole che con l'evoluzione e la secolarizzazione della società gli uomini purtroppo hanno dimenticato e che però erano sempre rimaste dentro di me come un invito a fare queste cose.

Infatti, appena ho potuto, diventato consigliere comunale a Varese, sono andato a visitare un carcere. Parlo di 25 anni fa. Non sono andato quindi come ospite, anche se quel periodo era abbastanza turbolento e c'erano i politici che finivano in carcere. Ricordo di non aver avuto nemmeno un percorso tanto facile per entrare a visitarlo, ma di essere rimasto profondamente colpito dalla situazione. Ricordo un grande mucchio di immondizia, di detriti posti nel cortile e anche le murature malmesse all'interno del carcere. Dunque, rimasi fortemente colpito e da allora, in tutti gli incontri, anche di urbanistica, ai quali come architetto ho partecipato, ho continuato a ripetere che il grado di vivibilità di una città andava misurato alle condizioni di vita delle persone in carcere.

La situazione va tenuta fortemente presente. Anche il giornale dei vescovi oggi parla dei morti all'interno delle carceri ed anche questo è un problema che ci dobbiamo porre: ci dobbiamo domandare come mai avvengono queste cose tra le mura di un istituto penitenziario.

La visita alle carceri, dopo averla scoperta con il mio incarico politico di consigliere comunale, ho continuato a praticarla e ancora nelle feste comandate sento il desidero di andare ad incontrare a volte qualche conoscente, a volte magari anche qualche non conoscente, e scambiare qualche parola con i personaggi che si trovano al di là delle sbarre, che attendono fortemente di poter parlare con qualcuno.

Rispetto, dunque, alla mozione presentata dal mio Gruppo, non posso che condividere pienamente in particolar modo quella parte in cui si dice «a proseguire ed ulteriormente sviluppare la politica di sottoscrizione di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza dei flussi migratori, al fine di consentire che i detenuti stranieri condannati per un reato commesso nel nostro territorio possano scontare la pena nel loro Paese di origine, e contemporaneamente a promuoverne il monitoraggio per garantire effettività agli impegni assunti in tema di esecuzione della pena in condizioni di reciprocità». Immaginatevi la condizione degli stranieri che fanno parte della popolazione carceraria qui nel nostro Paese e che sono lontani dai propri parenti, di cui non possono nemmeno ricevere le visite. Questa è una doppia condizione, un doppio impegno che noi dobbiamo assumere; far loro scontare la pena nel Paese di appartenenza è un atto di umanità nei loro confronti, che non solo vivono nelle carceri ma sono anche lontani dai propri cari e dai propri Paesi. Forse qualcuno interpreta questo come un provvedimento tipicamente leghista, ma non è così: va letto proprio a partire dal concetto di grande umanità che abbiamo inserito tra le righe e che non a caso è messo tra i primi capoversi. È chiaro che potrebbero essere anche le nostre imprese, con i nostri finanziamenti, a costruire nuove carceri, non sul nostro territorio ma nei Paesi da cui proviene la gran parte di chi vive nelle nostre case di pena.

Onorevoli colleghi, annuncio anche il voto a favore della mozione presentata dal nostro Gruppo. Vorrei sottolineare la sensibilità, la vicinanza e la disponibilità a offrire alle case di pena tutti quegli elementi necessari a migliorare la qualità della vita dei loro inquilini. Vi invito anche ad andare a visitare qualche carcere, perché nelle visite che continuo a fare rimango sempre abbastanza sconvolto dal modo in cui manteniamo questa gente; anche se sono lì per scontare la loro pena, mi sembra che condividere cinque metri quadrati in quattro persone comprometta proprio la dignità umana, che noi dovremmo in ogni modo cercare di preservare. (Applausi dal Gruppo LNP).



Saluto ad una rappresentanza di studenti


PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono presenti in tribuna studenti del Consorzio Interuniversitario delle Università di Milano, Barcellona, Montpellier e Stettino. Rivolgiamo a loro un caro saluto e agli studenti degli altri Paesi anche un augurio per una buona e utile permanenza nel nostro Paese. (Applausi).



Ripresa della discussione delle mozioni
nn. 227, 233, 235 (testo corretto), 236 (testo 2) e 238 (ore 12,19)


PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ferrante. Ne ha facoltà.


FERRANTE (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, premetto che condivido non soltanto il contenuto della mozione il cui primo firmatario è il senatore Di Giovan Paolo, ma anche lo spirito con cui ci ha invitato ad affrontare questo nostro dibattito, che è quello di prevedere che il Parlamento faccia qualcosa di concreto per intervenire in una situazione così difficile come quella delle nostre carceri.

Mi soffermerò soltanto su due aspetti della questione. Il primo aspetto è forse il più doloroso ed è quello che riguarda il fenomeno delle morti in carcere. Dal 2000 ad oggi i decessi in carcere sarebbero stati - secondo il dossier di Ristretti Orizzonti, che credo sia il più accurato da questo punto di vista - 1.531, di cui circa un terzo (ossia 545 per l'esattezza) per suicidio, un altro terzo per cause riconosciute come naturali e il restante terzo per cause cosiddette da accertare. Allora, il primo punto da sollevare è che forse dobbiamo tutti, il Governo innanzitutto e poi le forze dell'ordine, la magistratura con le sue inchieste ed anche il Parlamento in qualche maniera - ci arriverò alla fine del mio intervento - trovare delle forme per riuscire a capire meglio la situazione e tenere distinti i suicidi dalle morti per cause naturali e per cause sospette. Da questo punto di vista, il centro studi Ristretti orizzonti ha presentato, nel novembre 2009, un dossier che si chiamava «Morire di carcere» da cui emergerebbe che sono ben 30 i casi che dal 2002 si sono verificati e di cui sarebbe necessario approfondire le cause. In quel dossier, che ovviamente va preso con il beneficio del dubbio come in tutti questi casi ma che in ogni caso suscita parecchi interrogativi, sono contenute fotografie di persone dichiarate morte per infarto che però hanno la testa spaccata, o di persone che si sono suicidate ma che presentano vistosi ematomi.

La vicenda di Stefano Cucchi è stata quella che forse ha fatto emergere con più durezza questo grave problema. Peraltro, voglio ribadire in questa sede la stima mia e di tutti noi alla sua famiglia che, con grande dignità, sta combattendo una battaglia giudiziaria anche in questi giorni per trovare la verità su quanto è successo al proprio caro. Purtroppo la storia di Stefano Cucchi non è singola o particolare; ne succedono - come ho già detto, i numeri sono impressionanti - moltissime ogni mese nelle nostre carceri. Un'altra storia che desidero ricordare, seppur brevemente, è quella di Uzoma Emeka, il quale è morto il 19 dicembre 2009 nel carcere di Teramo. Si tratta di una morte preoccupante, perché sembra che egli fosse proprio quel detenuto che aveva ascoltato una discussione fra il direttore del carcere e la guardia di quell'istituto penitenziario nella quale si parlava di massacrare qualcuno. In sostanza, sono tante le storie: ricordo quella di Ivano Volpi, un ragazzo di 29 anni di Norcia morto a Spoleto, e se ne potrebbero riferire molte altre. Quindi, credo sia giunto il momento - questo è il punto su cui forse, come Parlamento e Governo, possiamo fare qualcosa di più - di istituire un Osservatorio, al quale partecipino le associazioni dei detenuti, che arrivi a definire che cosa è successo in tutti i numerosi casi citati.

L'altro punto che vorrei sollevare - mi avvio alla conclusione, Presidente - riguarda un altro luogo di detenzione. Non si tratta delle carceri, anche se in realtà è come se lo fossero, bensì dei centri di permanenza per gli immigrati. Grazie all'iniziativa dei radicali siamo andati a visitare, nel dicembre scorso, molti di questi CIE. Personalmente sono stato a quello di Ponte Galeria e vi assicuro che non esiste alcuna distinzione tra quello e un carcere in termini di limitazione della libertà di chi in esso è tenuto e soprattutto per le condizioni di gravissimo degrado e fatiscenza che detti centri presentano, che ovviamente peggiorano la vita di quelle persone. Non è un caso che anche in quei luoghi avvengano numerosi suicidi. Quindi, l'Osservatorio di cui chiedo la costituzione credo si debba occupare anche di quanto succede nei CIE e non solo nelle carceri italiane. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.


BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa materia serissima è ammesso solo un dibattito serissimo e privo di demagogie e ritualismi. Trovo disdicevole iscriversi o iscrivere altri al partito dei falchi aguzzini o al partito delle colombe sindacaliste della popolazione detenuta; lo trovo disgustoso e personalmente non sono minimamente interessato all'iscrizione ad alcuno di questi partiti.

Dico che il problema della vita in stato di detenzione è comunque - lo rimanderemo ad una sede più complessa - legato al prima del carcere e al dopo. Il dopo riguarda il reinserimento nella società; il prima riguarda le condizioni della commissione dei delitti, le vittime dei delitti e, quindi, ciò che si sviluppa su questo aspetto tragico della convivenza, che è la rottura del patto umano e sociale mediante la commissione dei delitti e dei danni morali e materiali che ne derivano. Qualsiasi analisi prescinda da questi tre tempi rischia, come spesso è, di essere un'analisi oblunga e inadeguata.

Se sono firmatario, come sono, della mozione n. 236 del senatore Fleres e da altri colleghi del Popolo della Libertà significa che ne condivido per grandi linee l'impianto e non starò a sottolineare i punti sui quali essa, nella prima e seconda stesura, mi vede consenziente. Del resto, i molti interventi che ho tenuto anche in questa Aula per la condizione carceraria, sia di coloro che all'interno delle mura del carcere scontano la pena, sia di coloro che come personale di custodia vivono una situazione, mutatis mutandis, altrettanto dura e pesante mi fanno fede di quale sia l'impostazione e l'approccio rigoroso e civile che informano, spero tutto il mio Gruppo, certamente il sottoscritto. Detto questo e per rimanere nella concretezza, dico che mi rallegro che sia stato presentato - solo stamane l'ho letto - l'ordine del giorno G1 a firma dei senatori Di Giovan Paolo, Fleres e Marcenaro che è parzialmente integrativo e correttivo delle mozioni presentate. In effetti, esso sembra voler rimediare ad alcune incongruenze, carenze, opacità, insufficienze, reticenze o mal interpretabilità dei documenti di partenza. A questo riguardo e per essere preciso e stringato, dico che per quanto mi riguarda darei dei contributi, partendo proprio dalla base della mozione n. 236 di cui sono cofirmatario. Introdurrei, se fosse possibile e il rito lo consente, alcune modifiche e integrazioni.

Innanzitutto, nella parte dove si parla di potenziare gli strumenti alternativi al carcere vorrei aggiungere la dicitura: «e resi compatibili con l'esigenza di certezza ed effettività delle sanzioni». Se noi, infatti, trascuriamo questo elemento che ho sentito mettere in discussione qui e in altre sedi da politici e magistrati, allora ci mettiamo in netta rotta di collisione con l'opinione pubblica e con ciò che i cittadini ci richiedono. Il secondo punto riguarda la parte in cui si parla delle funzioni della pena in maniera molto implicita e reticente; propongo di sostituire le parole: «capaci di sostenere il recupero e la risocializzazione dei detenuti e non solo la pena afflittiva» con le parole più precise «in grado di attuare le precipue funzioni dell'espiazione, del recupero e della risocializzazione». La terza modifica interverrebbe dove si parla di dismissione delle strutture più piccole o troppo vetuste. Rilevo un'incongruenza con un passaggio dell'ordine del giorno G1 correttivo dove, invece, non si parla più di soppressione e chiusura delle strutture più piccole, ma del loro recupero. Infatti, è tecnicamente e umanamente ben assodato che se ci fosse una corolla di strutture più piccole, anche a custodia leggera, rispetto a reati a minore allarme sociale e per soggetti per i quali già la mera detenzione e privazione della libertà è avvertita come una pena più che adeguata rispetto ai commessi delitti, vi sarebbe una articolazione delle pene più umana, più domestica, ma anche sentita maggiormente efficace, più presente e percepibile e anche in grado di attuare quel contatto con gli ambienti familiari che in altre parti si auspica. Toglierei quindi senz'altro il passaggio della chiusura delle strutture più piccole.

Ancora, dopo la parte relativa alle funzioni della pena, inserirei un punto che dica: «impegna ad informare i regimi di espiazione e l'attuazione delle misure detentive alternative anche ad una riconoscibile logica riparatoria rispetto ai reati commessi e alle vittime degli stessi». Una recentissima sentenza della Corte di cassazione di questi giorni parla proprio, modernamente, della nozione del ristoro e della riparazione rispetto ai danni comportati dai delitti commessi. Quello che chiede l'opinione pubblica democraticamente sentita e avvertita in questi sensi è la riparazione dei danni conseguenti ai commessi delitti: questa è la dimensione moderna, civile, ma effettiva dello strumento giudiziario, e anche di quello penitenziario. Pertanto, a mio modesto parere, è molto importante che la funzione e lo scopo di riparazione facciano parte di quel processo, per un verso espiativo e per altro verso rieducativo e di recupero, attraverso il quale sia credibile questa azione polivalente. Infine, dove si parla di mantenere il rispetto della territorialità della pena, che effettivamente è un valore, aggiungerei tuttavia, se vogliamo essere realistici e non meramente demagogici, «compatibilmente con la concreta articolazione dei regimi detentivi individuali». È di tutta evidenza che se un carcere di massima sicurezza, civilmente e rigorosamente idoneo per l'applicazione dell'articolo 41-bis, si trova dislocato in una Regione e non in un'altra, il principio della territorialità non potrà che subire attenuazioni e adeguamenti alla situazione geografico-organizzativa del sistema.

Detto questo, concludo rilevando che a mio modesto parere in tutti documenti si termina con il chiedere l'adeguamento degli organici della magistratura di sorveglianza, del personale di polizia penitenziaria, dell'organico del personale amministrativo, sanitario e degli educatori psicologici, mentre questi dovrebbero essere i primi punti di tutti documenti. Non che chi dice prima dica meglio, e chi dice da ultimo dica più fiaccamente: tuttavia, per l'enfasi e l'impegno politico verso il Governo, questi sono i veri problemi. Infatti, se continuiamo a lamentare che troppe persone vivono in troppo angusti ambienti e poi contestiamo il Governo o il Ministro della giustizia perché cercano di dare impulso alla realizzazione di nuove, civili e abitabili cubature, se invochiamo laboratori e strumenti per riavviare al lavoro e in questo modo assecondare il recupero e poi non vogliamo nuovi ambienti, che consentano di realizzare laboratori e stabilimenti operativi, siamo in una palese contraddizione, in cui l'ideologia o il partito preso ci fanno velo rispetto alle esigenze reali. Starei quindi per dire che dovremmo invertire l'ordine delle posizioni e questi tre ultimi postulati, se possibile, li dovremmo enfatizzare, mettendoli al primo posto. Con queste precisazioni e auspicando che possano trovare riflesso e accoglimento in un eventuale documento - non so se unitario o meno, ma quantomeno del mio versante e della maggioranza parlamentare di cui faccio parte - preannuncio un atteggiamento complessivamente e tendenzialmente favorevole rispetto ai documenti presentati. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).


PRESIDENTE. Prego il senatore Benedetti Valentini di consegnare alla Presidenza le sue proposte di modifica della mozione n. 236 (testo 2), in modo che possano essere portate a conoscenza dei presentatori.

Dichiaro chiusa la discussione.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulle mozioni presentate e sull'ordine del giorno G1.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevoli senatori, tutte le mozioni (comprese quelle che avanzano critiche al Governo, nonché una parte della mozione del senatore Li Gotti ed altri, che si riferisce ai poteri del commissario straordinario per le carceri e avanza una critica che non è condivisibile) descrivono la situazione delle carceri italiane con puntuali richiami al sovraffollamento, alle vacanze del personale penitenziario, all'incidenza del numero dei detenuti stranieri e in particolare degli extracomunitari, alle difficoltà del nostro sistema penitenziario di rendere effettivo e pienamente attuato il precetto di cui all'articolo 27 della Costituzione. Una condivisione di diagnosi che registro con soddisfazione e che ha giustificato e giustifica la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale adottata dal Consiglio dei ministri il 13 gennaio scorso.

Tutti dobbiamo ribadire che le modalità di espiazione della pena e il funzionamento di un sistema carcerario rappresentano elementi non secondari per la valutazione dell'indice di civiltà democratica di un Paese. Sono elementi non secondari della civiltà democratica di un popolo, del modo in cui concepisce il rapporto cittadino-Stato, il valore della persona, anche detenuta, che ha i suoi diritti ed i suoi doveri, che subisce anche delle limitazioni derivanti dalla costrizione personale, da quell'aspetto della pena che è la funzione afflittiva, che non può essere dimenticata ma deve essere coniugata con la funzione di rieducazione affinché, espiata la pena, quella persona possa essere reinserita nel contesto sociale. Questa logica non può essere dimenticata, e dunque Parlamento e Governo insieme devono porre l'attenzione sul problema, tenendo sempre conto che ogni detenuto rappresenta un uomo, una persona, e che dobbiamo costruire un sistema penitenziario che abbia la capacità di dare, nel periodo della detenzione, rispetto alla dignità dell'uomo. Ciò non vuol dire negare la necessità della pena, del carcere. Quindi, ciò che a volte appare in contrasto su alcune mozioni, in realtà non lo è, perché è la focalizzazione di alcuni aspetti del problema carcerario e non una sua valutazione complessiva.

Noi tutti scontiamo una politica sbagliata che per molti anni ha risolto il problema del sovraffollamento delle carceri con i provvedimenti di clemenza. Il Ministro ha ricordato anche in quest'Aula che in sessant'anni sono stati presentati 30 provvedimenti di clemenza, con una media di due all'anno. Anche se dovessimo abbandonare una linea che invece questa maggioranza, anche con il consenso dell'opposizione, ha scelto in questa legislatura (vale a dire nessun provvedimento di clemenza), ci troveremmo nel 2012, tra due anni - tenuto conto della media degli altri provvedimenti - nella stessa situazione.

Il Governo ha scelto una strada diversa che, pur nella diversità degli accenti, risulta condivisa in tutte le mozioni, ciascuna delle quali indica specifiche soluzioni, in larga parte comuni alle altre mozioni. Mi riferisco, nello specifico, ad una politica che restituisca dignità al detenuto anche attraverso il lavoro nelle carceri; ad un sistema sanzionatorio che, più che essere alternativo alla detenzione, abbia la capacità di incidere sulle responsabilità individuali e sulla possibilità di recupero; ad una politica anche internazionale che affermi il principio secondo il quale ciascuno deve espiare la pena nel proprio Paese di origine, avendo noi già sopportato un costo in termini di sicurezza oltre che di garanzia di un giusto processo, cosa che non sempre avviene negli altri Paesi.

A questo proposito vorrei ricordare l'impegno del ministro Alfano nel corso dell'anno 2009, volto a portare la questione a livello europeo; impegno che da alcuni in Italia venne criticato, anche con aria di sufficienza, sostenendosi che non rientrava nelle competenze dell'Europa. Registro invece che quell'impegno ha portato all'approvazione di una risoluzione del Parlamento europeo che prevede l'intervento dell'Europa, sia per quanto concerne i finanziamenti delle strutture, sia per quanto concerne una forte assunzione di responsabilità e di presenza dell'Europa nella stipula e nella garanzia dei trattati internazionali. Va dato atto che l'impegno del Ministro in sede europea è stato possibile grazie all'unione di tutte le forze politiche rappresentate nel nostro Paese e presenti nel Parlamento europeo. Va anche ricordato che, proprio a seguito di questa politica, il tema delle carceri è diventato uno degli argomenti inseriti nel Programma di Stoccolma, che rappresenta il futuro dell'azione politica dell'Europa nei prossimi cinque anni.

In questo quadro, proprio sulla base di tali premesse, il Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2010, che da un lato ha varato il piano carceri e dall'altro ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, ha anche adottato un disegno di legge che prevede due riforme che avranno positivi effetti deflattivi sulla presenza dei detenuti in carcere. Mi riferisco alla detenzione domiciliare, prevista per chi deve scontare un anno di reclusione o una pena residua di un anno per reati di non particolare allarme sociale, e all'introduzione dell'istituto della messa alla prova per reati puniti con una pena fino a tre anni.

Molte indicazioni sono venute dalle mozioni per quanto concerne la possibilità di utilizzare ex case mandamentali soppresse; in altre mozioni si danno indicazioni per l'utilizzo di strutture ultimate e non utilizzate. Ho chiesto di verificare la situazione. Si tratta, con riferimento proprio alle case mandamentali, di edifici che in gran parte non sono più nemmeno nella disponibilità dell'amministrazione perché acquisiti al patrimonio dello Stato ai sensi della legge n. 265 del 1999, che comunque comporterebbero una spesa enorme per la realizzazione di 25-30 posti, e necessiterebbero nel contempo di personale di Polizia penitenziaria in ugual misura, per cui il risultato derivante da questo intervento sarebbe di gran lunga più negativo rispetto alla situazione attuale.

Per quanto concerne strutture importanti come quella di Gela, sottolineo che è in fase di ultimazione, con una previsione per la fine del 2010. Va citato poi il caso di Reggio Calabria. Badate, si critica la scelta fatta dal Governo il 13 gennaio 2010, sulla falsariga di quanto previsto nel 2009, e leggo anche nelle motivazioni di alcune mozioni il riferimento ad un ritardo dell'Esecutivo, a tempi troppo lunghi o ad annunci del piano carceri non seguiti da immediati provvedimenti. Ci si dimentica che se nel 2009 si è parlato del piano carceri e non vi era la copertura economica, si è parlato anche di una necessità di finanziamento dei privati e, con gli interventi realizzati nel 2009-2010, si è creata una copertura finanziaria di 500 milioni e il ricorso alla cassa delle ammende per oltre 100 milioni, il che comporterebbe la possibilità di operare con le norme che sono state appena varate da quest'Aula la settimana scorsa.

Questa è la ragione per cui dirò di no alla parte relativa della mozione 1-00238, presentata dal senatore Li Gotti e da altri senatori, per rispetto a quest'Assemblea e alla votazione appena fatta una settimana fa sui poteri attribuiti al commissario straordinario per le carceri. Il commissario non era una scelta obbligata; ho sentito anche oggi alcuni che hanno fatto riferimento alla gestione delle carceri da parte della Protezione civile Spa, o a un obbligo del commissario straordinario. Credo che basti leggere la norma per verificare che si trattava di una facoltà, e che essa può bene essere esercitata nei confronti del Dipartimento della protezione civile e non della Protezione civile Spa, ma si tratta comunque di una facoltà. Invece il potere del commissario straordinario di scegliere la localizzazione delle opere significa accelerare dei tempi che sono biblici: la struttura di Reggio Calabria è stata progettata nel 1987, siamo al 2010 e non è ancora terminata. Si dice che è finita, ma sapete quanto occorre per aprirla? Ancora 21 milioni di euro e, se tutto va bene, sarà pronta nel 2012. La struttura di Rieti, anch'essa ricordata, è invece entrata in funzione nell'ottobre del 2009.

Viene sottolineata da più parti la vacanza - non discutibile, perché c'è - del personale della Polizia penitenziaria. Siamo tutti consapevoli, Parlamento e Governo, della necessità di un numero sufficiente di agenti di Polizia penitenziaria, perché quelle finalità cui ho fatto cenno, di avere cioè un sistema penitenziario rispettoso della dignità della persona, comportano la necessità di disporre di sufficiente personale di Polizia penitenziaria, altrimenti non si realizzano. Mi sarei quindi aspettato quantomeno un apprezzamento per l'iniziativa del Governo volta a prevedere l'eliminazione del divieto del turnover per gli anni 2010, 2011 e 2012, con la possibilità di bandire i concorsi per posti che rimarranno scoperti in questo triennio. Nello stesso tempo, vorrei ricordare il bando di concorso che riguarda 2.000 posti (che non rientrano nell'eccezione al blocco del turnover): sono altri 2.000 posti che si aggiungono e per i quali è ormai quasi pronto il relativo bando, che consentirà lo scorrimento della graduatoria dei precedenti concorsi per circa la metà dei 2.000 posti, dovendosi poi effettuare il concorso per l'altra metà.

Vorrei anche ricordare che, nonostante le gravi difficoltà e i tempi di realizzazione di una struttura carceraria, in questi circa 22 mesi di legislatura sono stati realizzati 1.600 posti per detenuti. Sottolineo che negli ultimi dieci anni precedenti all'ultimo biennio erano stati realizzati 1.610 posti. Questo dimostra che non è possibile risolvere il problema solo attraverso la gestione ordinaria; nell'ambito del 2010, con la gestione ordinaria e attraverso l'ultimazione di vecchi progetti, riusciremo a realizzare altri 2000-2500 posti, che sommati agli effetti dei due disegni di legge a cui ho fatto riferimento sulla detenzione domiciliare e la messa alla prova, consentirebbero di gestire per tutto il 2010 la situazione carceraria.

Nello stesso tempo, avremo bisogno di un piano carceri perché si risolva definitivamente il problema, assicurando talune garanzie a ciascun detenuto. Ad esempio, sulla necessità sottolineata dalla mozione a firma Fleres e altri di avere a disposizione docce in ciascuna cella, che serve non tanto e non solo per un più razionale utilizzo del personale di Polizia penitenziaria, ma anche per ridare un minimo di dignità ai detenuti, devo dire che la scorsa estate ho girato tutte le realtà penitenziarie della Liguria, dove al 99,9 per cento queste strutture sono state realizzate. Bene, questo è un passo minimo ma certamente non può bastare: dobbiamo realizzare un sistema che garantisca lo spazio minimo vitale a ciascun detenuto.

È anche questa la ragione per cui non posso accettare una delle proposte della mozione del PD, che invita a realizzare luoghi di possibili incontri per rapporti affettivi. Nel merito posso essere d'accordo; come prospettiva certamente il nostro Paese deve muoversi verso quell'obiettivo, ma oggi non è possibile realizzarlo per una semplice ragione: abbiamo necessità, nella attuale situazione emergenziale, di garantire quel minimo spazio vitale che deve essere garantito, il che significa utilizzare tutti gli spazi al fine di avere a disposizione, presso ciascuna struttura, uno spazio sufficiente, che non può essere garantito dalle case mandamentali dove, oltre a problemi di non funzionamento, vi è l'impossibilità del trattamento.

Proprio l'impossibilità del trattamento mi porta a considerare un altro aspetto: si è sottolineato in molte mozioni che occorre assicurare l'assunzione di nuovi educatori. Ebbene, a tal proposito noi garantiamo che entro aprile di quest'anno saranno assunti definitivamente - oltre ai 170 già assunti - tutti gli educatori che hanno superato i precedenti concorsi. Per quanto concerne gli psicologi, di cui vi è estrema necessità negli istituti penitenziari, si deve tener conto che, a seguito della norma che ha attribuito la competenza del sistema sanitario alle ASL, sottraendola al sistema penitenziario, tutti gli atti del concorso a 39 posti per psicologi penitenziari della precedente legislatura sono stati trasferiti alle Regioni, con le quali abbiamo avuto contatti affinché procedano alle assunzioni. Ciò non toglie che il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ritenendo essenziale la presenza degli psicologi per quanto concerne il trattamento del detenuto, al di là dell'aspetto sanitario, ha stipulato contratti di gestione - ovviamente si tratta di contratti annuali - con 500 psicologi, ma non ha potuto assumere i 39 vincitori del concorso perché questo non rientra più nella propria competenza.

Fatte queste premesse, esprimo un parere favorevole sulle mozioni nn. 1-00236 (testo 2), 1-00233 e 1-00235.

Secondo un principio di prevalenza dei contenuti positivi rispetto ai contenuti negativi, esprimo poi un parere favorevole alla motivazione della mozione 1-00227, anche se in essa è indicato un dato che mi auguro non sia vero. È infatti segnalato, con riferimento ad uno studio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), cosa che non risulta, che il 30 per cento dei detenuti attualmente in carcere è destinato ad essere assolto. Se questo dato è vero, come media e non come fatto episodico, allora non dobbiamo intervenire sul sistema carcerario, ma sul processo penale e sulle sue conseguenze abnormi. Mi fa paura, infatti, un Paese in cui si tollera che 20.000 persone, ossia un terzo dei 62.000 detenuti presenti nelle carceri, risultino detenute nella consapevolezza che sono innocenti. Allora, non è un problema del sistema carcerario. Se questo dato fosse confermato da una verifica, che disporrò, sotto il profilo di una media statistica e non di fatto episodico, ci troveremmo di fronte ad un caso grave di utilizzo improprio delle misure cautelari da parte della magistratura inquirente.

Con questa precisazione, e con questa difficoltà nella condivisione di alcune questioni sollevate, esprimo parere favorevole alla motivazione e alle proposte indicate dalle lettere a), b), d), e), f), g), h), n), o), p), q) e u) del dispositivo. Esprimo invece parere contrario - o invito al ritiro, perché mi auguro siano ritirate - sulle altre proposte del dispositivo della stessa mozione.

Devo però dire che mi meravigliano alcune proposte di modifica indicate negli altri punti del dispositivo. In particolare, mi riferisco ad una radicale modifica dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. Voglio ricordare che proprio in quest'Aula e in questo ramo del Parlamento è stata realizzata una riforma condivisa da tutti i Gruppi su una mia proposta di mediazione delle proposte originarie dei senatori Vizzini, D'Alia e Lumia. Si trovò una soluzione di accordo generale su una nuova riscrittura dell'articolo 41-bis. Si è trattato di una riforma condivisa e a distanza di qualche mese non possiamo proporre una modifica generale.

Per quanto riguarda la possibilità di coltivazione di sostanze stupefacenti, a me personalmente, non solo alla maggioranza parlamentare, non mi convincerete mai. Mi sono occupato per anni dei problemi dei tossicodipendenti, ho tentato di realizzare delle comunità e sotto questo profilo - scusatemi - non condivido la possibilità che l'uso personale sia indolore, e non lo condividerò mai, per la consapevolezza che mi deriva anche come magistrato dalla partecipazione ad una serie di incontri finalizzati, secondo la legge, al recupero del tossicodipendente. Nelle varie mozioni si parla di nuova gestione delle tossicodipendenze o di case a custodia attenuata, ma queste misure esistono già. Il problema dei tossicodipendenti non è l'esistenza di custodie attenuate, che esistono già, o la possibilità di avere reparti particolari: il problema è rappresentato dal fatto che alcuni sono tossicodipendenti e piccoli spacciatori ed altri sono tossicodipendenti inseriti nella criminalità organizzata, per cui hanno aggravanti ed una previsione di pene tale da non consentire una custodia attenuata.

Sempre in merito all'articolo 41-bis, credo vada ribadito ancora una volta che il Governo e la maggioranza parlamentare sono consapevoli del fatto che anche i detenuti sottoposti a quel regime hanno tutti i diritti, ma hanno ulteriori limitazioni volte ad impedire, una volta per sempre, la possibilità di intrattenere rapporti, contatti e colloqui con la consorteria esterna, e dunque la possibilità di impartire comandi attraverso gli incontri.

Per quanto concerne il garante dei diritti dei detenuti, sottolineo che negli ultimi due anni abbiamo apportato due modifiche all'ordinamento penitenziario; vi sono i garanti dei diritti dei detenuti in sede regionale. Quanto al garante nazionale, non dico di no, ma non dico neanche immediatamente di sì: pensiamoci, valutiamo e non creiamo un altro carrozzone senza finalità specifiche. Il nostro Paese si distingue per avere già un organo indipendente che assicura un controllo della funzionalità del sistema penitenziario e dell'esecuzione della pena, costituito dalla magistratura di sorveglianza. Abbiamo necessità di un garante dei detenuti sotto altri profili, per attivare la garanzia di possibili impugnative degli atti della stessa amministrazione penitenziaria? Sono d'accordo, ma allora non è necessario un garante nazionale, dal momento che già esistono quelli regionali. So anche che in questo ramo del Parlamento è stata presentata una proposta al riguardo da parte dei senatori Perduca e Poretti: valuteremo in quella sede se vi sono possibilità di svolgere ulteriori approfondimenti della situazione.

Per quanto attiene alla mozione 1-00238, presentata dal senatore Li Gotti e da altri senatori, sempre che si voti per parti separate (come ho già evidenziato per la mozione a firma del Gruppo del Partito Democratico), vorrei sottolineare l'affermazione secondo la quale «A fronte di questa situazione, il Governo non fornisce adeguate e concrete risposte né normative né di tipo strutturale, sia sotto il profilo degli investimenti di adeguamento delle strutture esistenti, che in riferimento alla creazione di nuovi istituti». Credo che, per quanto già evidenziato (non solo per le risposte di oggi, ma anche per quelle dei mesi scorsi), non si tratti di un'affermazione del tutto coerente, pur accettando altre parti di critica all'azione del Governo.

Esprimo poi parere contrario sulla parte della mozione relativa alle valutazioni che va dalle parole «in sede di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2009» fino alle parole «trattava altre materie». Conseguentemente, nella parte dispositiva, al secondo punto, le parole da «nonché per l'edilizia penitenziaria» fino alle parole «appalti di lavori pubblici», dovrebbero essere espunte.

In tal senso, formulo l'auspicio che l'Assemblea del Senato voti per parti separate tutte le mozioni sulle quali ho espresso parere favorevole, nella convinzione che se vi fosse una volontà unanime del Parlamento probabilmente anche le azioni del Governo potrebbero avere una possibilità di riuscita in quanto anche poteri speciali hanno bisogno di un supporto democratico perché possano essere realizzati.

Per quanto concerne l'ordine del giorno G1, esprimerei parere favorevole, cioè sarei disposto ad accoglierlo, purché si trasformino in raccomandazione alcuni periodi ed, in particolare, i punti dove si fa riferimento alla «chiusura immediata delle strutture eccessivamente fatiscenti che determinano un trattamento inumano per i detenuti» (ho già spiegato il motivo in questa situazione), al «recupero delle strutture penitenziarie piccole e non più in uso», all'«istituzione del Garante nazionale dei detenuti» e alla «creazione dell'anagrafe penitenziaria che organizzi e razionalizzi l'uso e la manutenzione delle sedi penitenziarie». Sull'anagrafe sono d'accordo, purché non si tratti di un sito sulle sedi penitenziarie e sulle loro caratteristiche, perché già esiste; se, invece, l'anagrafe riguardasse anche i singoli soggetti, allora si porrebbe un problema di privacy che dovrebbe essere esaminato. Se, dunque, i quattro periodi poc'anzi citati verranno trasformati in raccomandazioni, sarei disposto ad accogliere la restante parte dell'ordine del giorno G1.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si può procedere in due modi: possiamo iniziare le dichiarazioni di voto e terminarle nel pomeriggio, chiedendo successivamente ai presentatori delle mozioni e dell'ordine del giorno se accolgono le modifiche proposte e le valutazioni avanzate dal Governo; oppure possiamo procedere subito a questa fase, sentire i presentatori delle mozioni e dell'ordine del giorno se sono d'accordo sulle osservazioni del Governo e nel pomeriggio svolgere le dichiarazioni di voto.

Manifestandosi preferenza per la seconda opzione, chiedo al senatore Fleres se intende intervenire sull'ordine del giorno G1.

FLERES (PdL). Signor Presidente, per quanto mi riguarda - ne ho parlato con il senatore Di Giovan Paolo - le osservazioni formulate dal Governo possono sicuramente essere accolte.

Vorrei fare una precisazione, onorevole Sottosegretario: parlare di una legge nazionale sui garanti non significa necessariamente istituire la figura di un garante nazionale: può anche significare disciplinare le funzioni, i compiti, le prerogative, le responsabilità. Quindi, l'accettazione di quella parte come raccomandazione credo possa andar bene.

Desidero dare atto al senatore Benedetti Valentini dell'accettazione delle sue proposte di integrazione alla mozione che porta la mia firma (lo dico in questa fase, Presidente, anche per semplificare lo svolgimento successivo dei lavori) non al primo punto - quindi a tutti i punti successivi: (al secondo, al terzo, al quarto e al quinto) - non perché non se ne condivida il senso, ma perché una volta tanto vorrei che quest'Aula rendesse giustizia ad un tema che è profondamente strumentale e altrettanto profondamente privo di fondamento legislativo. Mi riferisco alle locuzioni «certezza delle sanzioni» o «certezza della pena». Credo che le sanzioni e le pene, poiché sono sancite da leggi, siano sempre certe, salvo che non si presupponga che esista un percorso alternativo extra legem in grado di modificare una pena stabilita per legge.

Allora l'osservazione di cui insieme al senatore Benedetti Valentini abbiamo sorriso poc'anzi dobbiamo assumerla positivamente per il significato sostanziale, non certo per quello letterale, cui non corrisponde alcun significato giuridico. Questo tipo di considerazione - se il Presidente me lo consente - è rivolto soprattutto alla stampa e a chi sintetizza in maniera assolutamente astratta e in alcuni casi paradossale - come in questo caso - un problema che invece è importante: quello del modo attraverso cui una pena viene svolta, viene effettuata, che è poi il tema di cui ci siamo occupati in queste ore con la discussione sulle varie mozioni.

PRESIDENTE. Senatore Fleres, se ho ben compreso, lei accoglie le proposte di modifica alla mozione n. 236 (testo 2) avanzate dal senatore Benedetti Valentini, il cui testo è stato consegnato alla Presidenza, eccetto la prima. È così?

FLERES (PdL). Esatto.


PRESIDENTE. Il senatore Di Giovan Paolo intende intervenire sulle proposte del Governo sulla mozione di cui egli è primo firmatario?


DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, con riguardo all'ordine del giorno abbiamo lavorato assieme. Confermo quanto detto dal collega Fleres, segnalando due cose: ovviamente ribadisco, essendo primo firmatario anche della proposta di legge per l'istituzione del garante dei detenuti, diversa da quella di Fleres, che immaginavo venisse preso in carico, in senso federalistico, quello che già esiste a livello regionale, perché alcuni garanti regionali già esistono. Se poi questo viene assunto all'interno di un'autorità nazionale per i diritti umani, come suggerito nel dibattito in 1a Commissione va bene, ne cogliamo il dato centrale.

Da ultimo, intendo segnalare che la firma del presidente della Commissione diritti umani, Marcenaro, sull'ordine del giorno evidenzia un dibattito che c'è stato in Commissione. È importante prenderne atto perché si è lavorato assieme. Quindi, quest'ordine giorno ha il valore di raccogliere quanto è stato possibile individuare all'interno di tutte le forze politiche.


PRESIDENTE. Mi scusi senatore, ma sull'ordine del giorno si era già espresso il senatore Fleres, che aveva concordato sull'accoglimento come raccomandazione da parte del Governo di alcuni punti dello stesso. Chiedo a lei se accetta il parziale accoglimento della mozione da parte del Governo.


DI GIOVAN PAOLO (PD). Per la mozione, ritengo molto importante che il Governo tenga conto delle critiche e quindi abbia la capacità di assumere il nostro ragionamento. Personalmente, e assieme al mio Gruppo, se è confermato l'accoglimento delle lettere del dispositivo a), b), d), e), f), g), h), n), o), p), q) e u), con l'esclusione delle altre, facciamo i migliori auguri perché si realizzino anche solo 10 dei punti proposti che il Governo accoglie, e collaboreremo a tal fine, per il bene dei cittadini detenuti. Quindi, accettiamo l'accoglimento parziale dei punti del dispositivo proposto dal rappresentante del Governo.


PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, accetta i suggerimenti avanzati dal rappresentante del Governo?


LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, non accogliamo nessuno dei suggerimenti proposti dal rappresentante del Governo.


PORETTI (PD). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


PORETTI (PD). Signor Presidente, vorrei avanzare una richiesta di chiarimento al Governo in merito all'anagrafe digitale pubblica delle carceri, questione contenuta in un punto che lei ha accolto come raccomandazione nell'ordine del giorno, purché realizzata in una certa maniera (questo era così scontato da non averlo inserito: eventualmente possiamo specificare meglio che non deve intendersi come la pubblicazione su Internet del nome e cognome del detenuto o dell'agente penitenziario, ma semplicemente come una radiografia pubblica degli istituti di pena). Non ho ben capito se accoglie l'analogo punto contenuto anche nella mozione che vede come primo firmatario il senatore Di Giovan Paolo. In caso positivo, non si comprenderebbe il diverso trattamento riservato all'ordine del giorno e alla mozione aventi ad oggetto lo stesso tema.


PRESIDENTE. Senatrice Poretti, il Governo ha detto che, sulla mozione di cui è primo firmatario il senatore Di Giovan Paolo, se veniva accolta l'esclusione di alcune lettere del dispositivo avrebbe espresso parere favorevole. Di conseguenza, ha una forza maggiore l'approvazione di una mozione che non una raccomandazione, mentre per l'ordine del giorno ha detto che quei punti dovevano essere accolti come raccomandazione.

Onorevoli colleghi, data l'ora rinvio il seguito della discussione delle mozioni in titolo ad altra seduta.

ORDINE DEL GIORNO G1

DI GIOVAN PAOLO, FLERES, MARCENARO


Il Senato,

premesso che:

le strutture penitenziarie italiane attualmente utilizzate alla data del 15 agosto 2009 hanno una capienza di 40.909 detenuti, estendibile ad una capienza massima consentita fino ad un massimo di 59.712 detenuti;

ad oggi i detenuti in Italia sono oltre 66.000 (circa il 25 per cento in più della capienza massima consentita) dei quali 21.119 sono immigrati e circa 18.000 risultano tossicodipendenti e condannati per reati legati alla loro condizione sanitaria. Il numero da solo è sufficiente per comprendere come le condizioni di vivibilità intracarceraria diventano insopportabili e disumane per i detenuti e assolutamente difficili e stressanti per gli agenti di polizia e l'altro personale che ogni giorno devono operare in simili condizioni. Non occorre ribadire che celle realizzate per ospitare un massimo di 4-5 detenuti non possono ospitare fino a 11-12 reclusi o ancora di più;

i turni degli agenti di polizia diventano massacranti e al limite del rispetto dei diritti dei lavoratori, e non solo a causa di un numero maggiore di detenuti sui quali occorre vigilare;

le condizioni dell'edilizia penitenziaria sono in alcuni casi fatiscenti, e impediscono in tal caso una razionale vivibilità sia da parte dei detenuti che degli agenti e del personale dell'amministrazione penitenziaria più complessivamente. In alcuni casi, si tratta di piccoli carceri ubicati in vecchi conventi, molte volte privi di spazi di socialità e, a volte, al limite delle condizioni di igiene

c'è bisogno di rafforzare il coordinamento tra amministrazione penitenziaria e Servizio sanitario nazionale per far fronte ad una carente assistenza medica ed un esagerato impiego di personale di custodia;

il numero di detenuti «lavoranti», gli spazi e le occasioni di lavoro sono scarsi e del tutto insufficienti a garantire il reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione,

invita il Governo a prendere in esame le seguenti aree di intervento e proposta:

accordi internazionali che consentano di far scontare la pena ai condannati stranieri nei loro Paesi di origine, esclusi i Paesi dove è consentito l'uso della tortura e la pena di morte o dove non vi sono garanzie circa il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani;

convenzioni con comunità e strutture adibite per il recupero di tossicodipendenti e per i soggetti sottoposti a cure psichiatriche;

assunzione di psicologi ed educatori, assolutamente necessari nei compiti di recupero e reinserimento dei detenuti o, in carenza di assunzioni, convenzioni con associazioni di volontariato, ordini professionali e anche singoli cittadini qualificati, iscritti in un apposito elenco, così da favorire la rieducazione ed il ricorso a pene alternative da parte della magistratura di sorveglianza;

applicazione di pene alternative per reati minori, che garantiscano comunque la certezza della pena (sia quella alternativa che quella intramuraria);

realizzazione di strutture carcerarie a custodia attenuata per alcune tipologie di reati (reati minori) e per alcune tipologie di rei (incensurati, quelli oltre una certa età, malati, eccetera);

chiusura immediata delle strutture eccessivamente fatiscenti che determinano un trattamento inumano per i detenuti e anche per l'attività degli stessi operatori dell'amministrazione penitenziaria. Contemporanea apertura delle strutture penitenziarie realizzate e mai aperte;

recupero delle strutture penitenziarie piccole e non più in uso, che possono essere destinate a figure particolari del panorama carcerario, come le donne in presenza di prole, utilizzate quindi come case famiglia;

utilizzo delle caserme non più in uso per adibirle a strutture a custodia attenuata o a laboratori di lavoro per reclusi ex articolo 21 della legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni, sull'ordinamento penitenziario;

recupero delle strutture penitenziarie con interventi infrastrutturali che rendano civile la detenzione e meno stressante l'attività di vigilanza e di recupero degli operatori; redistribuzione del personale di Polizia penitenziaria per una migliore efficienza della loro attività;

corsi di aggiornamento per gli agenti di Polizia penitenziaria e più complessivamente per il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con conseguente revisione contrattuale e funzionale;

accordo nazionale con il Ministero della salute che preveda la presenza in ogni ospedale ubicato in città sede di istituto penitenziario, o almeno uno in ogni provincia, di un reparto «blindato» per il ricovero di detenuti, migliorando cosi l'aspetto medico riducendo i costi di sorveglianza, distinguendo tra la parte «interna» sanitaria e la parte esterna di controllo;

rispetto dell'articolo 42 dell'ordinamento penitenziario che prevede l'espiazione della pena in prossimità della residenza della propria famiglia, salvo i casi previsti dalla legge;

sostegno dell'attività di studio con l'estensione di convenzioni con università, istituti superiori ed enti di formazione professionale, oltre ai normali corsi di alfabetizzazione o rialfabetizzazione e di studi elementari e medi inferiori, o professionali;

razionalizzazione delle traduzioni per motivi di giustizia, per sfollamento o altro, al fine di ridurre i relativi costi ed il personale ad essi adibiti;

ricorso immediato allo strumento del project financing per la dismissione di carceri ubicate nei centri storici, in vecchi edifici prebellici che non offrono alcuna garanzia dal punto di vista igienico, e per la realizzazione di nuove e moderne strutture che possano favorire, con la presenza di centri di socializzazione, impianti sportivi, laboratori e aule scolastiche, il percorso rieducativo dei detenuti e che, grazie all'impiego dì tecnologie moderne come gli impianti di video-sorveglianza, e di altri accorgimenti, come le camere con docce, che consentano la riduzione di personale per la vigilanza dei reclusi;

istituzione del Garante nazionale dei detenuti o di altra autorità con eguali responsabilità nei confronti del rispetto dei diritti umani e civili dei cittadini detenuti;

favorire l'occupazione dei detenuti, sia con le possibilità offerte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, come la Cassa per le ammende e i lavori in economia, sia per conto terzi o in forma autonoma, secondo le attuali previsioni legislative nazionali e regionali;

creazione dell'anagrafe penitenziaria che organizzi e razionalizzi l'uso e la manutenzione delle sedi penitenziarie .



Allegato B


Testo integrale dell'intervento del senatore Lannutti nella discussione delle mozioni 1-00227, 1-00233, 1-00235 (testo corretto), 1-00236 (testo 2) e 1-00238

Signor Presidente, colleghi, consentitemi di citare una frase di un grande pensatore dell'Ottocento: «Il capitalismo è violento, si basa sulla sopraffazione dell'uomo sull'uomo, sull'egoismo; in un sistema dominato dai capitalisti, l'uso individuale della violenza per il profitto è ampiamente propagandato. Per chi non dispone, per nascita e condizione economica, dei mezzi legali per l'esercizio di tale violenza, l'alternativa di porsi "fuori legge" è spesso vista come l'unica via per sottrarsi allo sfruttamento. I primi sono i padroni, i secondi quelli che i padroni chiamano "delinquenti". Additano al disprezzo delle masse, servendosi dei loro giornali, i poveracci, i manovali del furto, quegli sbandati che il tipo di società in cui essi vivono ha instradato al crimine. "Si rifanno così una verginità" e abituano la gente a pensare che i "crimini" (rapine, estorsioni, furti, omicidi) sono compiuti da questi disperati "pistola in pugno", e non sono quelli che ogni giorno loro, i cosiddetti bankster commettono con le rapine legalizzate di massa».

Il capitalismo nella sua essenza non è solo un sistema economico fatto di affari, di compere, di vendite, mercati, costi e profitti, non è solo un sistema sociale e politico che sfrutta l'uomo e distrugge la natura. È anche una "lotta spietata tra banditi": quella che si chiama "concorrenza". Naturalmente sarebbe troppo bello se i banditi si autoeliminassero da soli. Stabiliscono delle leggi, si spartiscono la torta. Ma chi sgarra paga. Economicamente (fallimenti, bancarotte e relativi suicidi); se non basta, con l'eliminazione fisica. C'è tutto un mondo di ricatti, di vizi, di omicidi alle spalle di ogni accumulazione economica. Per tutti questi traffici poco puliti il padrone, se non è ancora "arrivato", agisce spesso in prima persona. Se è già "arrivato" si serve, per non sporcarsi le mani, di quelli che si sono specializzati in crimini.

Recita il terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione italiana: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

La situazione carceraria italiana è esplosiva: negli ultimi mesi si sono registrati 138 morti di cui 56 per suicidio. Dagli ultimi dati, risulta un'allarmante crescita media di circa 800 reclusioni al mese, che hanno già determinato il superamento della capienza tollerabile di detenuti negli istituti di pena italiani. A fronte di una capienza regolamentare di poco più di 43.000 detenuti e di un limite cosiddetto tollerabile di 64.100 unità, alla data dell'ultimo rilevamento pubblicato nel sito del Ministero della giustizia, i detenuti erano 64.595, contro i 63.981 registrati alla data del 1° settembre 2009.

I suicidi in carcere riportano d'attualità il problema delle condizioni dei detenuti nel nostro Paese. «L'Italia sta violando i diritti umani nelle carceri senza porsi il problema del rimedio», denuncia Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione 'Antigone' che annuncia come già mille detenuti, da agosto ad oggi, abbiano chiesto il sostegno dell'associazione nella procedura di ricorso alla Corte europea dei diritti umani contro le condizioni di vita che sono costretti a subire negli istituti di pena italiani. Mille richieste di indennizzo, dunque, contro lo Stato italiano per violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, quello che vieta le torture e le pene inumane o degradanti.

Proprio in occasione del Natale 'Antigone' ha visitato numerose strutture penitenziarie riscontrando situazioni gravi anche negli ospedali psichiatrico-giudiziari (OPG). A Napoli, nell'ospedale psichiatrico-giudiziario, sono 127 gli internati che trascorrono gran parte della loro giornata chiusi all'interno di celle spoglie. È utilizzato il letto di contenzione. «Tra i casi più gravi», racconta Gonnella, «quello di un ragazzo immigrato di appena 21 anni, che si trovava seminudo (con solo uno slip e un pullover) in una cella liscia priva di ogni cosa, letto incluso e con il blindato chiuso. La cella era sporca di escrementi. Dal registro ci risulta sia stato legato al letto di coercizione per almeno tre giorni di seguito, appena giunto in OPG, e poi portato in una cella liscia». Ma è il sovraffollamento il primo problema. Nella casa circondariale di Piacenza ci sono 398 detenuti per una capienza regolamentare di 200 posti (tasso di sovraffollamento del 199 per cento). A Bari i detenuti sono 612, per una capienza regolamentare di 295 posti (tasso di sovraffollamento del 207 per cento). Alla Dozza di Bologna i detenuti sonno 1.177 in una struttura nata per contenerne 483. «Scandaloso», commenta Gonnella, «il numero di 4 educatori, mentre dovrebbero essere almeno 21». Il tasso di sovraffollamento è del 243 per cento. Nell'OPG di Reggio Emilia gli internati sono 295 per una capienza regolamentare di 120 posti (sovraffollamento del 245 per cento). Nella casa di reclusione di Alessandria San Michele i detenuti sono 384 per una capienza regolamentare di 173 posti (tasso di sovraffollamento del 221 per cento). «Ci auguriamo», conclude Gonnella, «che il Governo non risponda a questo gravissimo vulnus allo Stato di diritto raccontando per l'ennesima volta le frottole del piano carceri».

600 milioni di euro è la cifra stanziata dal Governo per la costruzione di 47 nuovi padiglioni per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, nonostante esistano già degli istituti penitenziari che potrebbero essere utilizzati per accogliere i detenuti, facendo risparmiare tempo e denaro ai contribuenti e all'Esecutivo, se non versassero in uno stato di abbandono totale. Sarebbero in tutto 40, stando all'inchiesta pubblicata sul sito GrNet.it.

Stefano Cucchi è stato arrestato perché deteneva 20 grammi di droga. Dopo una settimana in carcere è finito in ospedale, dove è spirato. I familiari, quando gli è stato permesso, hanno trovato il corpo in condizioni spaventose. Purtroppo Stefano non è il solo a morire di carcere. Dai dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, elaborati dall'Associazione contro tutte le mafie, risulta che negli ultimi 9 mesi ci sono stati 138 morti nelle carceri italiane, di cui 56 per suicidio.

Le condizioni inumane della vita carceraria, ovvero la consapevolezza di essere innocente, spingono chi spesso è un povero cristo senza sponsor e senza difesa a scegliere la via più breve verso la libertà. Tutto questo nell'indifferenza di chi addita in altri le proprie colpe o collusioni. Sui network nazionali spesso si fanno battaglie per i canili lager, per difendere i diritti degli animali. Ma un'informazione foraggiata e politicizzata si dimentica di illuminare le nefandezze perpetrate dal sistema sugli umani. Così come non si capiscono il silenzio o la diplomazia delle associazioni tematiche.

Gli ultimi dati ministeriali disponibili ci parlano di 64.595 detenuti, a fronte di una capienza sui 205 istituti di 43.186 unità. Ben 21.409 detenuti in più stipati uno sull'altro, come cavie. Il dato allarmante, che mette all'indice il sistema giudiziario, è che solo il 48,5 per cento di questi ha subito condanna (31.363). Il resto, si badi bene, è formato da persone presunte innocenti (33.232)! Ma un dato salta agli occhi. Se da un lato gli italiani in carcere presunti innocenti sono il 47 per cento, per gli stranieri il dato balza al 58 per cento. Indigenza è sinonimo di difesa inadeguata, quindi il parallelismo: povero uguale a colpevole.

Dal 1945 al 1995 in cella vi sono stati 4 milioni di innocenti. Dal 1980 al 1994 vi è stata assoluzione per metà dei reclusi vittime di detenzioni ingiuste. La percentuale di persone prosciolte è risultata pari al 43,94 per cento di quelle sottoposte a giudizio. In cifre assolute, più di un milione e mezzo di cittadini è stato giudicato non colpevole degli oltre 3,5 milioni finiti di fronte ad un giudice. E ancora: di questo milione e mezzo sono più di 313.000 quelli prosciolti con formula piena. Tradotti in cifre, i mali della giustizia fanno rabbrividire. Si chiamano errori giudiziari e in 50 anni di storia repubblicana hanno travolto 4 milioni di italiani. Per omonimia, perizie errate, calcoli approssimativi sulla permanenza in carcere. Errori o distrazioni che hanno avuto costi altissimi per le casse dello Stato. Non per niente il rapporto che l'Eurispes ha preparato e che è stato presentato a gennaio del 2006 si intitola: "Un popolo a rischio. Gli italiani e la macchina della giustizia". Ad oggi non vi sono a riguardo dati statistici ufficiali da parte del Ministero della giustizia, per ovvie ragioni, ma ormai siamo vicini ai 5 milioni di vittime del sistema. Adesso quasi ogni giorno, sostiene il rapporto dell'Eurispes, «lo Stato si vede costretto a riconoscere i propri errori e a rifondere cittadini innocenti». Ai ben pensanti, giustizialisti e garantisti a senso unico, è bene rammentare un fatto: uno Stato di diritto ad elevata civiltà giuridica deve pretendere "pena certa e riabilitativa in giusto processo". Solo così si può dare rispetto a quelle istituzioni che lo pretendono senza meritarlo.


Testo integrale dell'intervento della senatrice Granaiola nella discussione delle mozioni 1-00227, 1-00233, 1-00235 (testo corretto), 1-00236 (testo 2) e 1-00238


Signor Presidente, colleghi senatori.

i numeri che, nella loro crudezza, emergono dalle diverse mozioni in discussione sullo stato delle carceri nel nostro Paese rappresentano una situazione gravissima ed una vera e propria emergenza umanitaria, una ferita che segna profondamente la nostra tradizione umanitaria e civile. Solo chi è colpito da cecità ideologica può rifiutarsi di vedere questa situazione così com'è oggettivamente, o può tentare di nascondersi quegli stessi meccanismi che, giorno dopo giorno, hanno concorso a renderla ancora più grave.

Per ironia della sorte oggi possiamo affermare che molti dei nostri istituti penitenziari sono ormai "fuori legge" perchè sovraffollati oltre ogni limite consentito.

Parliamo di numeri dimenticandoci che ogni numero è una persona e ogni persona è diversa da un'altra. Ci sono carcerati in attesa di giudizio o in attesa di appello, ci sono carcerati che scontano pene per reati gravissimi ed odiosi, ci sono migliaia di carcerati tossicodipendenti, ci sono carcerati per reati minori; ci sono carcerati giovanissimi per i quali lo Stato non può e non deve perdere la speranza di poter attivare una concreta azione di recupero sociale e carcerati anziani giunti ormai al limite della loro vita.

In carcere ci sono anche 71 bambini sotto i 3 anni e ci sono uomini e donne che hanno la sola colpa di essere extracomunitari (oltre il 35 per cento della popolazione carceraria) che - di fatto - non si riesce a rimpatriare, mentre il Governo continua a riproporre (e a gran voce) il rimpatrio come soluzione, dimenticandosi che, così facendo, si torna ad alimentare quel circolo vizioso che ha concorso a generare questa situazione e che rischia, in futuro, di vanificare anche i pochi (e oggettivamente lunghi) interventi previsti dallo stesso Governo nel tentativo di rendere meno inumana la situazione nelle carceri.

In Italia per fortuna non è prevista la pena di morte e la Corte costituzionale, con sentenza n. 223 del 1996, ha affermato che «il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare - al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità»; ma in carcere si muore per suicidio, per inedia o per malattia. Il 27 per cento della popolazione carceraria è tossicodipendente, oltre il 30 per cento è in condizioni di salute scadenti, il 4 per cento è in condizioni gravi, il 2 per cento è sieropositivo (AIDS).

In carcere si dovrebbe, oltre che punire, anche rieducare ed aiutare i detenuti a riscoprire la dignità di uomo e cittadino; ma come fare se si è costretti a vivere in nove in una cella progettata per tre, in condizioni di inumana promiscuità?

I numeri ed i fatti ci dicono che in Italia in carcere si lede quotidianamente la Costituzione: il terzo comma dell'articolo 27, che rappresenta uno dei capisaldi della nostra civiltà giuridica; l'articolo 32, che tutela la salute dei cittadini senza alcuna distinzione di sorta; e forse, in maniera subdola, anche il quarto comma dell'articolo 27.

C'è di che vergognarci solo a ricordarlo, ma, a causa della drammatica ed inumana situazione delle carceri, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Ricordo queste cose soprattutto a chi è di sovente preso dall'impellente bisogno di ricordare a tutti le comuni tradizioni cristiano-giudaiche dell'Europa. Tradizioni forse europee, ma troppo spesso dimenticate e soprattutto tradite nel nostro Paese.

Sempre i numeri ci dicono che ormai il sistema carcerario non solo rappresenta un'onta per il Paese, ma soprattutto non risponde più, in alcun modo, ai suoi fini. Non riabilita, ma concorre a generare e formare la delinquenza. Come potrebbe essere diverso in una situazione come questa? Eppure gli stessi numeri ci indicano che percorsi carcerari diversi, pene sostitutive per reati minori, strutture e servizi adeguati possono dare risultati diversi. Per esempio, i detenuti che scontano la pena con misure alternative hanno un tasso di recidiva intorno al 28 per cento mentre coloro che scontano la pena in carcere tornano a delinquere con una percentuale che va oltre il 65 per cento.

E poi non possiamo dimenticare che - per ovvi motivi strettamente collegati a quanto ricordavo in precedenza - "vittime" di questa situazione non sono solo i detenuti, ma lo è anche tutto il personale che collabora alla gestione di questo delicato e difficilissimo settore.

Ho ricordato numeri ma ho avuto l'opportunità di conoscere a Ferragosto la situazione di una situazione carceraria e forse neanche una delle peggiori. Qui ho riconosciuto, nella crudezza dei fatti, tutti i numeri citati.

Parlo del carcere di Lucca. Lucca la città cattolica per eccellenza, la città dalle cento chiese, la città con più di 550 associazioni di volontariato inscritte al registro regionale. Un carcere fatiscente, dove una direttrice volenterosa e coraggiosa si deve confrontare quotidianamente con la totale assenza di mezzi per far fronte al minimo tentativo di attività per mancanza di educatori, di miglioramento delle celle (nemmeno l'imbiancatura). Con l'aiuto del parroco del carcere ho mandato io la vernice per ridipingere le celle. Ma anzichè un'opportunità, è stato un problema a causa della mancanza del personale di sorveglianza.

Proprio per la promiscuità dei detenuti anche una spatola diventava un pericolo, anche il diluente, visti i frequenti episodi di autolesionismo ed i tentativi di suicidio. Ho visto un ragazzino di 19 anni, di Napoli, senza padre, con madre disoccupata e malata e con 3 figli a carico, che si era tagliuzzato tutte le braccia con una lametta perchè non solo non poteva parlarle perchè non aveva il telefono fisso, ma non poteva andare a trovarla. Era in attesa di giudizio, per aver "rubato" elettricità all'ENEL, non avendo più la luce elettrica a casa.

Nella mozione che sostengo, così come anche in altre, si indicano tutta una serie di proposte ragionevoli e concrete per fermare il degrado del sistema carcerario, per invertire una tendenza disonorevole, per ripristinare la legalità, la dignità e l'efficacia dell'istituto carcerario nel nostro paese.

Tra questi ricordo: l'introduzione di meccanismi atti a garantire per un verso la pena e per l'altro il rispetto del principio di umanizzazione della pena e della sua componente riabilitativa; l'istituzione della figura di un garante dei diritti dei detenuti; il rafforzamento degli strumenti alternativi al carcere; il miglioramento del servizio sanitario; la modifica del testo unico sulle sostanze stupefacenti, eccetera.

Per affrontare questa situazione oggi, in piena emergenza umanitaria, occorre prima di tutto dimostrare di avere consapevolezza della rilevanza umana e civile che questa questione comporta ed implica nel nostro ordinamento senza cedere in alcun modo a tentazioni irresponsabilmente propagandistiche. Così facendo non solo si risponde ad un dovere, quello di garantire diritti anche in situazioni complesse come quella degli istituti di pena, ma si dimostra quale rilevanza possa assumere per le istituzioni di questo Paese ogni forma di "privazione della libertà" di ogni cittadino.


Integrazione all'intervento della senatrice Poretti nella discussione delle mozioni 1-00227, 1-00233, 1-00235 (testo corretto), 1-00236 (testo 2) e 1-00238

Alcune volte, gli errori dello Stato, ancorché pochi, forse fisiologici, forse comunque troppi, lasciano le vittime ad invocare verità, giustizia, risposte.

Da parte di chi, se non da parte dello Stato stesso?

Lo Stato possiede gli anticorpi per prevenire, riconoscere e intervenire qualora le persone che agiscono in suo nome incorrano in errori? O tali anticorpi possono essere migliorati, resi più efficienti, se non alcune volte addirittura creati?

Sono domande che non possono non interrogare profondamente la politica, rivolte in questa occasione, insieme all'associazione radicale "Il detenuto ignoto", da parte delle famiglie coinvolte nelle tremende, sospette storie di:

Manuel Eliantonio, 22 anni, muore il 25 luglio 2008, nel carcere Marassi di Genova, coperto di lividi e di segni di violenze, ufficialmente dopo aver inalato del gas butano. Stava scontando una condanna a 5 mesi per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. La sua pena avrebbe dovuto terminare il 4 settembre;

Marcello Lonzi, 29 anni, muore l'11 luglio 2003 nel carcere di Livorno: sarebbe deceduto per collasso cardiaco, dopo essere caduto battendo la testa. La madre non crede a questa ricostruzione e sospetta si sia trattato di un omicidio, anche perché il corpo del figlio era coperto di lividi;

Stefano Cucchi, 31 anni, muore il 22 ottobre 2009 nel reparto detentivo dell'Ospedale "Sandro Pertini" di Roma, dopo essere passato per il tribunale, il carcere di Regina Coeli e l'ospedale "Fatebenefratelli". Otto giorni fatali durante i quali la famiglia ha tentato invano di mettersi in contatto con il proprio caro e con i medici che lo avevano in cura;

Aldo Bianzino, 44 anni, muore il 14 ottobre 2007, nel carcere "Capanne" di Perugia, dove era detenuto da meno di 48 ore. L'autopsia fa risalire le cause della morte a un aneurisma cerebrale. Incensurato, pacifista, di professione falegname, lascia la moglie, anch'essa imputata e che morirà di lì a poco, e un figlio, Rudra, ora diciassettenne, senza più una famiglia;

Riccardo Rasman, 34 anni, muore il 27 ottobre 2006, nel suo appartamento a Trieste: ammanettato a terra, prono, con le caviglie legate da un fil di ferro, ha un arresto respiratorio. La polizia era intervenuta a seguito della segnalazione di alcuni vicini perché Riccardo teneva il volume della musica troppo alto e aveva lanciato due petardi nella corte interna dello stabile;

Gabriele Sandri, 28 anni, muore l'11 novembre 2007 in un Autogrill dell'autostrada A1, dove, dopo un accenno di rissa tra tifoserie opposte, la polizia stradale interviene e un agente spara due colpi di pistola a grande distanza colpendo Gabriele al collo mentre si trova all'interno di un'auto;

Giulio Comuzzi, 24 anni, muore suicida il 28 febbraio 2007 in un centro dì riabilitazione mentale di Trieste. Secondo il padre, parte di responsabilità per il gesto del figlio sarebbe imputabile ai medici che lo avevano in cura per un problema psichiatrico;

Stefano Frapporti, 50 anni, muore suicida il 21 luglio 2009 nel carcere di Rovereto (TN). Era un muratore provetto e stimato. Con la legge non aveva mai avuto problemi, fino a quando una pattuglia di carabinieri lo ferma, contestandogli una manovra errata in bicicletta. Gli perquisiscono la casa, dove gli trovano dell'hashish e lo arrestano. Il giorno stesso viene rinvenuto morto, impiccato in cella;

Simone La Penna, 32 anni, muore il 25 novembre 2009 nel carcere di Regina Coeli (RM). Era in carcere per reati legati alla droga e soffriva di un'anoressia nervosa che gli aveva fatto perdere oltre 20 chili di peso in due mesi. A Regina Coeli, dove non poteva essere curato, era arrivato dal reparto medico per detenuti dell'ospedale "Belcolle" di Viterbo;

Katiuscia Favero, 30 anni, il 16 novembre 2005 viene ritrovata impiccata con un lenzuolo ad una recinzione, nel giardino interno dell'OPG di Castiglione delle Stiviere (MN): è un suicidio, secondo gli investigatori, la madre però non crede a questa versione: «Voglio sapere cosa hanno fatto a mia figlia. Io non credo che si sia suicidata, sospetto che sia stata uccisa»;

Aldo Scardella, 24 anni, muore suicida il 2 luglio 1986 nel carcere Buoncammino di Cagliari. Era stato arrestato il 29 dicembre 1985, dopo una rapina in un market nel corso della quale perse la vita il titolare del negozio. Dieci anni dopo la sua morte, nel 1996, altre persone sono state condannate per quella rapina e quell'omicidio. Aldo era stato arrestato sulla base di sospetti infondati e messo in isolamento dove sì è tolto la vita prima di essere processato. A tutt'oggi la famiglia attende di avere spiegazioni su alcune circostanze misteriose legate alla sua morte e un pronunciamento postumo di innocenza;
Giuliano Dragutinovic, 24 anni, muore il 7 marzo 2009 nel carcere di Velletri (RM). Sembra si sia ucciso impiccandosi, ma tante sarebbero le incongruenze che portano i suoi famigliari a dubitare di una tale ricostruzione;

Riccardo Boccaletti, 38 anni, muore il 24 luglio 2007 nel carcere di Velletri. Era detenuto in attesa di giudizio per reati legati alla droga. Dopo il suo ingresso in carcere ha cominciato ad accusare inappetenza, vomito, astenia e progressivo peggioramento anoressico, arrivando a perdere oltre 30 chili di peso in pochi mesi. Nonostante le sue scadenti e precarie condizioni di salute, nei suoi confronti non sono stati approntati tutti quegli interventi specialistici che il grave e disperato quadro clinico avrebbe richiesto.


Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 337 del 17/02/2010

SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
337a SEDUTA PUBBLICA

RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO


MERCOLEDÌ 17 FEBBRAIO 2010

(Pomeridiana)



Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico


PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,35).



Seguito della discussione delle mozioni nn. 227 (Procedimento abbreviato, ai sensi dell'articolo 157, comma 3, del Regolamento), 233, 235 (testo corretto), 236 (testo 2) e 238 sulla situazione carceraria (ore 16,35)

Approvazione delle mozioni nn. 227 (testo 2), 233, 235 (testo corretto) e 236 (testo 3) e dell'ordine del giorno G1 (testo 2). Reiezione della mozione n. 238


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni 1-00227, presentata dal senatore Di Giovan Paolo e da altri senatori, con procedimento abbreviato ai sensi dell'articolo 157, comma 3, del Regolamento, 1-00233, presentata dal senatore D'Alia e da altri senatori, 1-00235 (testo corretto), presentata dal senatore Bricolo e da altri senatori, 1-00236 (testo 2), presentata dal senatore Fleres e da altri senatori, e 1-00238, presentata dal senatore Li Gotti e da altri senatori, sulla situazione carceraria.

Ricordo che nella seduta antimeridiana hanno avuto luogo la discussione e la replica del rappresentante del Governo, il quale ha espresso parere favorevole sulle mozioni 1-00233, 1-00235 (testo corretto) e 1-00236 (testo 2) ed ha subordinato il parere favorevole sulle mozioni 1-00227 e 1-00238 ad una loro riformulazione.

Al riguardo, il senatore Di Giovan Paolo ha presentato un nuovo testo della mozione 1-00227, che recepisce le indicazioni del Governo, mentre il senatore Li Gotti non ha accolto l'analogo invito.

Con riferimento all'ordine del giorno G1, il Governo ha subordinato il parere favorevole ad alcune modifiche, che i presentatori hanno accolto.

Al fine di tener conto di alcune richieste del senatore Benedetti Valentini, il senatore Fleres ha riformulato la mozione 1-00236 in un testo 3, su cui chiedo al Governo se intende confermare il parere favorevole precedentemente reso sul testo 2.


CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, avevo già detto stamane, sulla base di quello che avevo percepito, di essere favorevole; avendo ora letto il testo della riformulazione, confermo il parere favorevole.



PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione delle mozioni.


BIANCHI (UDC-SVP-IS-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


BIANCHI (UDC-SVP-IS-Aut). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, la situazione delle carceri in Italia era ed è purtroppo in una fase di continua emergenza, per il soprannumero dei detenuti, per la fatiscenza degli istituti di pena e per la carenza di organico. Ancora una volta, ci troviamo qui per chiedere una soluzione solo quando c'è un'emergenza in corso, ma lavorare sulle emergenze è purtroppo la tendenza predominante nel nostro Paese ed è confermata anche in questo caso.

La popolazione delle carceri continua a crescere, gli agenti penitenziari sono costretti a lavorare in condizioni sempre peggiori, così come gli educatori, gli psicologi e i medici, largamente insufficienti, tanto da rendere impossibili le finalità indicate dall'articolo 27 della nostra Costituzione.

Si susseguono denunce, rapporti, visite di parlamentari che richiamano di continuo l'attenzione su questo problema. Si ammonisce, si cercano capri espiatori; tuttavia, una soluzione concreta tarda ancora ad arrivare.

In questi ultimi anni, troppo spesso la cronaca ci ha parlato di evasioni, di carenza di spazi nelle prigioni e, purtroppo, del più preoccupante e drammatico dei fenomeni, il numero anormale di suicidi tra i detenuti. Soltanto negli ultimi dieci anni, sono stati 1.579 i decessi, oltre 500 i suicidi e altrettanti i casi sui quali la magistratura ha aperto un'inchiesta. Dall'inizio del 2010, già 7 sono i detenuti che hanno deciso di togliersi la vita e 20 i tentativi sventati dalla polizia penitenziaria.

Troppe carenze si registrano a livello di assistenza sanitaria, sia di base che specifica, cioè quella che deve essere indirizzata, per esempio, ai detenuti con problemi di salute mentale, tossicodipendenti o affetti da malattie infettive: e il 35 per cento dei detenuti nelle nostre carceri è colpito da epatite C, la principale patologia che affligge appunto i detenuti del nostro Paese.

La tutela della salute incontra nelle prigioni un grande nemico, che è il sovraffollamento. Purtroppo, il ritmo di costruzione delle nuove carceri, in un piano approssimativo e con finanziamenti - diciamo la verità - inadeguati, è incomparabilmente più lento della velocità di crescita della popolazione detenuta.

In base agli elementi anticipati dal Ministro sul piano carceri, questo aspetto rischia non solo di non essere risolto, ma addirittura peggiorato. Infatti, la realizzazione di nuovi padiglioni viene ipotizzata in quelli attuali, già senza spazi comuni, con la conseguenza di un peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie e delle attività legate alla socialità e ai programmi di recupero dei detenuti tramite il lavoro.

Di questo piano carceri, che dovrebbe risolvere l'emergenza carceraria, si parla da più di un anno. Le prime notizie risalgono addirittura al novembre 2008, quando il Ministro annuncia che al piano stanno lavorando il Ministero della giustizia e il ministro Matteoli. Poi, nel gennaio 2009, il Consiglio dei ministri annuncia che viene dato il via libera al piano carceri. Nel febbraio vengono avanzati dubbi sulla copertura finanziaria. Il 27 febbraio 2009 sembra che sia la data di nascita del famigerato piano, perché viene reso noto il programma di massima. In aprile il commissario Ionta annuncia che verrà ridisegnata la mappa degli istituti di pena. Il 22 aprile si dice che nei primi giorni di maggio sarà presentato il piano carceri. Il 14 maggio si annuncia l'ipotesi delle carceri galleggianti. Il 15 maggio si annuncia che la manodopera per le nuove carceri sarà reclutata anche fra i detenuti. Il 17 giugno il Ministro dice che il piano straordinario sarà presto consegnato a Berlusconi. Il 16 agosto si annuncia che per il 15 settembre il piano carceri sarà in Consiglio dei ministri e l'11 settembre si annuncia che per il piano si lavorerà giorno e notte. Il 2 ottobre il presidente Berlusconi annuncia un piano carceri modello Abruzzo, che avrebbe previsto subito 20.000 posti. L'11 ottobre il presidente Berlusconi annuncia: in settimana sarà pronto il piano carceri per 20.000 nuovi posti. Il 28 ottobre il ministro Alfano annuncia: il nuovo piano per le carceri è in dirittura di arrivo. Il 3 novembre il Ministro annuncia: entro i prossimi due Consigli dei ministri vareremo il piano carceri. Il 27 novembre il Ministro annuncia: per il piano carceri, la prossima settimana sarà decisiva. Il 3 dicembre il Ministro annuncia: il piano carceri presto sarà in Consiglio dei ministri. Agli annunci non è seguito nulla.

Quando il 27 febbraio 2009 venne annunciato il piano carceri i detenuti erano 56.000, ovvero 13.000 più della capienza regolamentare, ma 8.000 in meno della cosiddetta capienza tollerabile. Oggi, a distanza di un anno, i detenuti sono 66.000, cioè nel frattempo sono cresciuti di 10.000 unità. Sono 23.000 in più del consentito e sono passati addirittura in eccesso rispetto al cosiddetto dato del tollerabile. In altre parole, in questi dodici mesi di annuncio del piano la metà del lavoro ipotizzato nel piano carceri e la metà del suo costo, cioè 750 milioni di euro, risulterebbero già praticamente spese senza neppure aver affrontato il problema.

Vorrei inoltre sottolineare la contraddizione della politica giudiziaria del Governo rispetto al problema carcerario. Nell'ultimo anno sono state introdotte nell'ordinamento una serie innumerevole di nuove fattispecie di reato. Non possiamo continuare a criminalizzare i comportamenti che comporterebbero la pena della detenzione e poi lamentarci che le carceri scoppiano. È necessario percorrere altre strade, rinunciando all'effetto propagandistico che si utilizza quando si associa la parola carcere al termine sicurezza.

Ci sono altre forme di pena, non necessariamente meno dure ed efficaci, che possono rappresentare una valida alternativa. L'esperienza della giustizia minorile, ad esempio, da questo punto di vista può essere un riferimento importante: lavori socialmente utili, messa in prova, programmi di inserimento nel mondo lavorativo, con eventuale inasprimento delle pene detentive per chi non vi si attiene, sono solo alcune delle ipotesi che la maggioranza dovrebbe maggiormente considerare prendendo atto che la risposta all'emergenza, largamente prevista e prevedibile, non può essere esclusivamente edilizia.

Il Ministro stesso in più di un'occasione ha affermato che il sistema penitenziario italiano si colloca fuori dalla nostra Costituzione. Chi con lui l'ha affermato intendeva sottolineare la forte compressione di diritti umani nel sistema penitenziario di una delle prime potenze economiche civili dell'Occidente.

C'è un evidente discrasia tra queste affermazioni e le concrete azioni messe in campo. Non mi riferisco agli annunci e alle dichiarazioni che - come si è visto - non sono mancati: parlo di risorse, di progetti lungimiranti, di riforme del diritto penale e di interventi efficaci in grado di definire compiutamente lo status della sanità penitenziaria. Di tutto ciò c'è bisogno.

Queste sono le indicazioni contenute nella nostra mozione. Ma questi temi non saranno affrontati finché non si uscirà dalla retorica dell'emergenza e dei poteri straordinari, necessari per affrontare la situazione nell'immediato, ma assolutamente inadeguati per eliminare le cause strutturali del problema. Non chiediamo una toppa all'emergenza, ma soluzioni concrete e a lungo termine.

Ecco perché esprimiamo parere favorevole alla nostra mozione e anche alle mozioni presentate dagli altri Gruppi. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-IS-Aut e IdV. Brusìo).



PRESIDENTE. Colleghi, il diritto di parlare qui è per i senatori che intervengono in dichiarazione di voto. Chi ha da parlare d'altro può uscire dall'Aula e ritornarvi al momento del voto.


LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'Italia dei Valori non ha accettato le proposte di modifica da parte del Governo di alcune parti della sua risoluzione. Manifestiamo la nostra totale insoddisfazione per le comunicazioni che il sottosegretario Caliendo ha reso al Senato. Faccio presente che da circa un anno, in Commissione giustizia, ho chiesto chiarimenti - la mia richiesta è stata poi fatta propria da tutta la Commissione - in merito al problema delle carceri in Italia, ma il Governo non ha ancora dato una risposta, a dispetto del Regolamento.

Continuiamo a reiterare quasi in ogni seduta il nostro invito di fornire chiarimenti e purtroppo non siamo ancora riusciti ad ottenere alcuna risposta in Commissione.

Oggi il Sottosegretario ci ha - per esempio - comunicato che il carcere di Reggio Calabria non è stato ancora ultimato e che occorrerebbero ulteriori 21 milioni di euro. La Commissione giustizia ha visitato detto carcere nel giugno 2008 e lo ha trovato finito da anni. Che cosa ci viene a dire, signor Sottosegretario? È finito da anni. Ripeto: siamo andati a visitarlo con la Commissione giustizia. Abbiamo trovato un custode che detiene in un contenitore circa 300 chiavi, che sono quelle delle celle e di quant'altro. Ce lo ha fatto visitare e lo abbiamo trovato regolarmente finito da anni. Ultimamente abbiamo saputo che forse il problema è dato da una strada provinciale che dovrebbe favorire l'accesso al carcere. Ma, signor Sottosegretario, non ci può dire che il carcere dev'essere ancora completato e che servono 21 milioni di euro perché le assicuro che è come dico, lo abbiamo visitato. La sua risposta è assolutamente insoddisfacente.


Così come è assolutamente eccentrica la risposta che ci ha dato sul problema degli accordi internazionali bilaterali, secondo cui i detenuti stranieri possono scontare le pene nel Paese d'origine. Il 28 gennaio 2009 lei ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa - ho qui la sua intervista - secondo cui è estremamente problematica la questione degli accordi bilaterali. Lei ha dichiarato che esistono due accordi, con l'Albania e con la Romania, ai quali però non si riesce a dare esecuzione. Ha affermato che il trattato con l'Albania prevedeva la costruzione di un carcere in quel Paese finalizzato a tale scopo e che l'Italia ha finanziato la sua costruzione. Tuttavia, a quanto si dice, Tirana l'ha riempito di detenuti locali, per cui possiamo affermare che ci hanno preso in giro.

Perché non ci dice questi fatti? Stiamo parlando proprio a tal riguardo. Alla fine le si chiede che cosa succede. Lei finisce l'intervista affermando che, per quanto riguarda i Paesi fuori dall'Europa, i problemi si complicano e che rimaniamo con i piedi per terra. Per ora ci dobbiamo occupare di Romania e Albania. Quindi, lei ci sta parlando di accordi bilaterali, ma non ci dà notizie sull'esito di tali accordi. Sappiamo soltanto che i detenuti stranieri che avevano accettato di scontare la pena nel loro Paese sono stati 216 nel 2005, 46 nel 2006, 111 nel 2007, 87 nel 2008. Questi sono i dati.

Le abbiamo chiesto nella nostra mozione che fine ha fatto ciò che il Ministro della giustizia ha annunciato al Parlamento il 14 ottobre 2008, ossia: «l'amministrazione penitenziaria ha, tuttavia, avviato un progetto di recupero e di razionalizzazione delle risorse umane esistenti, attraverso processi di rafforzamento delle motivazioni professionali e lavorative, anche con l'adozione di nuovi modelli di sorveglianza, capaci di valorizzare la flessibilità e la dinamicità del servizio istituzionale ancora oggi caratterizzato da schemi rigidi e statici». Da quel giorno non abbiamo avuto notizie. Abbiamo continuato a ripetere che informazioni su tale studio non ne abbiamo avute.

Sempre il 14 ottobre 2008, il Ministro comunicava al Parlamento: «E' proprio dei giorni scorsi la costituzione ad opera del nostro capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di un gruppo di lavoro con il precipuo compito di elaborare proposte di riorganizzazione dei circuiti detentivi e di possibili interventi normativi finalizzati a ridurre il sovraffollamento carcerario». È passato circa un anno e mezzo e ciò che lei ci annuncia, signor Sottosegretario, è un disegno di legge che prevede di poter scontare con la misura alternativa della detenzione domiciliare per le pene sino ad un anno e con la messa in prova per i reati con pene sino a tre anni.

Ma, signor Sottosegretario, questo è quello che già prevede il nostro ordinamento. È dunque necessario un disegno di legge per ripetere ciò che la legge attualmente prevede? Non sono riuscito a capire ciò che lei ha comunicato, essendo lei un uomo esperto di legge: gli istituti dell'affidamento in prova e della detenzione domiciliare esistono già per le pene residuali; forse ci sarà qualche altra cosa, ma in sostanza questo è ciò che ci ha comunicato stamane.

La verità è che il Governo sottovaluta - e forse non ci sono realtà effettive da comunicare - il problema. Siamo arrivati a circa 66.000 detenuti rispetto ad una capienza di 38.000 posti. L'aumento della popolazione di detenuti è di 800 unità ogni mese. Come lo affrontiamo questo problema? Ci si rende conto dell'immensa gravità del problema? Ci devono pur essere delle risposte che non possono essere quelle di dire: presenteremo dei disegni di legge. Nel 2012 si prevede una popolazione carceraria di 90.000 detenuti a fronte di una capienza di 38.000. Ma come si farà ad affrontare questo problema? Ci avete annunciato navi e carceri galleggianti.

Lei, signor Sottosegretario, ha cercato di dire che non è una vostra responsabilità e che è colpa del Ministero dell'interno, ma il Ministro della giustizia ha comunicato al Parlamento che «i dipartimenti dell'amministrazione penitenziaria stanno svolgendo approfondimenti di natura tecnica, per avere la maggiore certezza elettronica sul fatto che il braccialetto funzioni, in termini di grande efficienza così come funziona in altre zone d'Europa». Ma ci rendiamo conto che nel 2003 fu stipulata una convenzione con Telecom? Noi corrispondiamo a Telecom 11 milioni di euro ogni anno e ci siamo impegnati sino al 2011, per un totale di 100 milioni di euro, ma i braccialetti funzionanti sono uno! Spendiamo 200 miliardi di vecchie lire per far funzionare un solo braccialetto elettronico! Queste sono le risposte che lei doveva fornirci, signor Sottosegretario, perché è uno scandalo che si spendano 100 milioni di euro per un sistema che - come si era detto lo scorso ottobre - avrebbe dovuto essere monitorato. Da allora non abbiamo più notizie e Telecom continua ad incassare il denaro come se nulla fosse. Di fronte a questo latrocinio delle risorse pubbliche ci saremmo aspettati che voi non proponeste di affidare alla Protezione civile la costruzione delle carceri, ma che si impedisse di sperperare il denaro pubblico in questo modo.

«C'è una vera e propria dittatura in atto. Una dittatura senza un dittatore in carne e ossa, certo. Ma comunque pericolosa, invasiva, ossessiva, opprimente e asfissiante come tutte le vera dittature. È la dittatura dell'emergenza». L'emergenza è «una dittatura che, come in uno Stato totalitario, uniforma tutto a se stesso e fa diventare tutto emergenza, anche ciò che emergenza non è». Questo criterio lo volete applicare anche alle carceri. Questa è la realtà, e non lo dico io, ma lo ha scritto ieri "Farefuturo", una pubblicazione che appartiene ad una componente di questa maggioranza: la dittatura dell'emergenza denunziata che voi ci volete riproporre. Per favore, affrontate i problemi con enorme serietà (come questo problema impone) e non venite a raccontarci chiacchiere. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).


Saluto ad una rappresentanza di studenti.


PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna gli studenti della Scuola secondaria di primo grado dell'istituto comprensivo «Beniamino Gigli» della frazione Pianello del comune di Monte Roberto, in provincia di Ancona. A loro e ai loro insegnanti rivolgiamo i nostri auguri per la loro attività di studio. (Applausi).



Ripresa della discussione delle mozioni nn. 227, 233, 235 (testo corretto), 236 (testo 2) e 238 (ore 16,57)

DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


DIVINA (LNP). Signor Presidente, la vita ci insegna che siamo sempre costretti a fare i conti con i numeri, e i numeri che apprendiamo dal nostro sistema carcerario sono sempre stati preoccupanti. Oggi pare che la quota di detenuti nelle nostre carceri abbia superato la soglia dei 65.000, e pare che l'incremento mensile si aggiri fra gli 800 e i 1.000 al mese: possiamo dire pertanto che con ogni probabilità arriveremo a superare i 70.000 prima della fine dell'anno. Sappiamo anche che sopra la soglia dei 65.000 rischiamo di cadere in quella situazione critica e ingestibile che continuiamo a definire sovraffollamento.

Chi c'è in carcere? Se dovessimo fare questo ragionamento apriremmo uno scenario incredibile: dovremmo affrontare i problemi del funzionamento della giustizia, domandarci quanti siano in carcere soltanto perché sono in attesa di un giudizio e chiederci se funzionino e abbiano funzionato le misure alternative disposte dalla legge Gozzini. Caro collega Li Gotti, sappiamo che tali misure esistono, ma sappiamo anche che sono tanti gli stranieri nelle carceri italiane e i detenuti per reati legati allo spaccio e al consumo di droghe.

Il sistema italiano ha adottato un orientamento già nel 1948 quando si discuteva quale funzione dovesse avere la pena. Al di là dell'intervento della collega Poretti, conosciamo benissimo l'orientamento del sistema italiano: tra un sistema rieducativo e uno afflittivo abbiamo scelto un sistema rieducativo; la pena ha come scopo principale rimettere sulla retta via colui che nella sua vita può essere incappato, sbagliando, nella violazione di una norma del codice penale.

Dobbiamo anche dire che in carcere si finisce assai poco, proprio per queste motivazioni e per questa funzione che ha la pena; gli incensurati possono godere della sospensione condizionale della pena, della messa in prova e della detenzione ai domiciliari.

Nonostante tutto questo, nonostante in carcere si finisca con relativamente grosse difficoltà, si ripropone sistematicamente il problema del sovraffollamento. Dobbiamo allora porci una domanda: se la popolazione carceraria è formata al 40 per cento da stranieri e se, facendo una fotografia del Paese, vediamo che gli stranieri superano di poco il 5 per cento della popolazione, questi stranieri in Italia hanno davvero un tasso criminogeno così esagerato? No, è la risposta ovvia. Questa situazione è frutto di una serie di errori del passato: non essere stati in grado di far funzionare con leggi appropriate l'immigrazione, non aver gestito correttamente i flussi migratori ed aver attratto un sacco di persone con un miraggio e con grandi illusioni. Tali persone poi, una volta arrivate in Italia, non hanno saputo fare la prima cosa che è chiesta ad un uomo e che è anche una necessità: combinare colazione, pranzo e cena. Se non sono riusciti a combinarli normalmente e legalmente, se li saranno procurati nei modi che hanno ritenuto corretti e, inevitabilmente, sono finiti nelle maglie della giustizia.

Abbiamo visto le politiche carcerarie della giustizia negli anni passati. Noi siamo sempre stati contrarissimi ad indulti e ad amnistie. Abbiamo anche visto l'inefficacia dell'ultimo indulto del 2006: si pensava di risolvere il problema con l'indulto, ma vediamo che oggi la situazione si ripresenta tale e quale, se non addirittura aggravata. La risposta che, come Lega Nord, ci sentiamo di dare, o meglio di sostenere, sono proprio le politiche del Governo in questo settore. Il ministro Alfano pochi giorni fa ha portato la sua relazione sullo stato della giustizia, dove sostanzialmente si afferma che serve con estrema urgenza un piano carceri straordinario. Abbiamo bisogno di recuperare 22.000 posti; il piano carcerario, con 47 nuovi padiglioni, risolverebbe la situazione dell'emergenza carceraria.

Abbiamo parlato di manovra di emergenza, ma sappiamo anche quanto sia delicato parlare oggi, in questi giorni, di interventi di emergenza. Nell'emergenza, infatti, tante cose possono anche non funzionare. Si tratta tuttavia di un rischio che dobbiamo correre, perché, emergenza per emergenza, se non l'affrontassimo con l'emergenza ci troveremmo sempre nell'eterna emergenza del sistema carcerario italiano. Da federalisti, noi suggeriamo anche che questo piano di emergenza venga portato avanti attraverso un estremo raccordo con gli enti locali e con le Regioni. Il tanto annunciato federalismo demaniale deve proprio trovare in questo piano carceri la sua prima concreta applicazione.

Un atto imprescindibile, che noi riteniamo debba essere portato a termine con estrema rapidità, è rappresentato dalla stipula di accordi bilaterali con tutti i Paesi che - ahimè - hanno lasciato migrare anche tanta delinquenza. Dobbiamo consentire ai detenuti stranieri, che rappresentano il 40 per cento della popolazione carceraria italiana, di scontare le pene nei loro Paesi di origine. Questa non è una cacciata dalle carceri italiane: è l'applicazione pedissequa di uno dei princìpi più umani della funzione della pena, cioè la territorialità della pena. Si tratta di consentire ai detenuti di potersi giovare del supporto, dell'aiuto e del conforto dei propri familiari e dei propri parenti; ergo, non esiste altra alternativa che scontare la pena vicino a questi ultimi.

Se poi guardiamo la questione con l'ottica del bilancio dello Stato, allora dobbiamo fare anche un'altra riflessione. La detenzione di un carcerato in Italia costa quanto un soggiorno in un albergo a cinque stelle, e forse di più: costa alle casse dello Stato circa 450 euro al giorno. Questa cifra fa pensare a quanto noi riusciamo ad elargire ai nostri pensionati: però, questa cifra noi riusciamo a conferirla ai pensionati all'incirca in un mese. Dobbiamo poi ricordare che, mentre in carcere non si finisce mai per caso, la vecchiaia - ahimè - è un fenomeno ineluttabile.

Allora, proprio per non trattare i nostri pensionati peggio dei carcerati, noi pensiamo sia giusto dedicare le somme che saranno risparmiate proprio a quegli anziani, che colpe non ne hanno. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).


SOLIANI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


SOLIANI (PD). Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghe e colleghi, in queste ore noi abbiamo portato all'attenzione del Senato una parte della vita del nostro Paese che ne esprime, più di altre, la sofferenza e, di più, la mancanza di speranza.

Abbiamo sentito ieri qui, dai banchi della Lega Nord, fare l'elogio dell'afflittività del carcere. Come se non sapessimo che, più propriamente, si tratta di condizioni di disumanità, di cui non si può mai fare l'elogio. Oggi qui quel grande lombardo e quel grande italiano che è stato, ed è, Cesare Beccaria fa la differenza: l'ha fatta tra un'epoca e un'altra, ma la fa anche tra di noi, come bene ci ha ricordato ieri il senatore Fleres.

Il primo problema delle carceri italiane è il sovraffollamento crescente, insostenibile, ingiusto. In taluni casi raggiunge il doppio delle presenze consentite. Le cifre qui richiamate sono drammatiche. Noi parliamo di persone che stanno male e che sono colpite nella loro dignità, quotidianamente, per mesi, per anni. Queste condizioni riguardano i detenuti ma anche coloro che sono quotidianamente in relazione con loro, cioè gli agenti di custodia. Parliamo di luoghi di cui è responsabile lo Stato. Come è lontana la condizione dei reclusi dal dettato della Costituzione, richiamato più volte nel dibattito!

No, signor Presidente, colleghi, non ci siamo! Il nostro Paese è stato condannato molte volte dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ed è stato richiamato all'ordine, a più riprese, dal Consiglio d'Europa. In questo, noi siamo lontani dall'Europa. È urgente che noi ripristiniamo la legalità nel sistema penitenziario italiano.

Noi, come parlamentari, non possiamo rassegnarci a questo stato di cose. Non possiamo rassegnarci al fatto che il 40 per cento dei detenuti si trovi recluso a causa della droga e che il 27 per cento dei detenuti sia tossicodipendente. Ve ne sono più in carcere che nelle comunità terapeutiche, e non tocca al carcere gestire il fenomeno della tossicodipendenza, tanto più che questa risposta e questa soluzione non possono che generare un maggior tasso di recidiva.

Non possiamo rassegnarci al fatto che circa il 37 per cento del totale dei detenuti siano extracomunitari. Non possiamo rassegnarci al fatto che nelle carceri italiane ci si autoferisca e che si muoia anche per suicidio, spesso nell'abbandono. Cito solo un caso tra i tanti: nel carcere della mia città, Parma, il 7 ottobre scorso è deceduto Giuseppe Saladino. La famiglia è ancora in attesa di sapere perché.

Non possiamo rassegnarci al fatto che non sia stato messo in atto in Italia un sistema di adeguate misure alternative al carcere. Solo queste, com'è noto, possono abbattere i costi della detenzione (lo dico al collega Divina), ridurre la possibilità di nuovi reati, aumentare la sicurezza sociale e salvare le vite.

Non possiamo rassegnarci al fatto che vi siano ancora nelle carceri italiane 71 bambini sotto i tre anni con le loro mamme. Alcuni li ho visti: stanno in un box dentro la cella. È intollerabile!

Signor Presidente, diverse volte ho visitato gli istituti penitenziari delle città della mia regione, l'Emilia-Romagna: ho toccato con mano le condizioni dei detenuti e la fatica degli operatori, lo squallore degli ambienti, interni ed esterni, i lavori di manutenzione che vanno a rilento e non finiscono mai, le docce che non ci sono, gli spazi angusti per i colloqui. Nell'agosto scorso, dopo un sopralluogo, ho scritto una lettera aperta alle istituzioni locali perché le città sentano il carcere dentro, non fuori il loro confini, come parte di sé. È possibile cambiare, ci sono buone esperienze ma ancora isolate. Il volontariato è straordinario, ma quanti ostacoli incontra sulla propria strada!

Non possiamo rassegnarci al fatto che manchino circa 9.000 unità di personale rispetto all'organico previsto; non possiamo rassegnarci al fatto che manchino gli educatori, e così nessuno progetta un percorso personalizzato per i detenuti; non possiamo rassegnarci al fatto che manchi un sistema adeguato per l'istruzione: i tagli hanno colpito anche i corsi delle scuole carcerarie; non possiamo rassegnarci al fatto che manchino possibilità concrete di lavoro esterno per i detenuti.

Quanto di queste condizioni può essere modificato e migliorato? Io credo molto, solo che lo si voglia, solo che si abbia l'idea di un'Italia diversa e la passione per la sua crescita come Paese civile.

Ma oggi la politica quale spazio riserva a questi aspetti, quali risorse e quali strumenti? Si fanno piani sulla carta per le nuove carceri che si vedranno, se va bene, tra alcuni anni. Intanto si soffre e si muore. Il personale si demotiva, si sente non riconosciuto né considerato dallo Stato e dal Governo. Dobbiamo confidare nella sua abnegazione.

Un capitolo assai scottante è costituito dalla sanità in carcere. Dal 1° aprile del 2008 è stata trasferita alla responsabilità del Servizio sanitario nazionale la gestione della sanità in carcere. È l'occasione per affidare davvero il servizio sanitario nelle carceri alla piena e autonoma responsabilità degli operatori e delle strutture del Servizio sanitario nazionale, poiché il diritto alla salute è un diritto primario anche per le persone in carcere. Lo Stato che le ha sotto tutela deve garantire anche questo diritto. I problemi della salute e del disagio sociale devono essere trattati con strumenti sanitari e sociali.

Signor Presidente, colleghi, la nostra mozione, così come le altre, ha portato in quest'Aula il mondo carcerario del nostro Paese con le sue drammatiche condizioni, le sue sofferenze e le sue attese. Ha indicato obiettivi concreti. Riassumo così, concludendo, l'impegno che chiediamo oggi al Governo: consideri il Governo la Carta costituzionale e la faccia vivere nelle carceri, perché essa non può fermarsi sulla loro soglia; consideri i diritti umani universali e li rispetti; consideri la necessità e l'urgenza di umanizzare il carcere e di riformare radicalmente la custodia cautelare, l'esecuzione della pena, la sua territorialità, i trattamenti complessivi, gli strumenti alternativi, l'adeguamento degli organici e degli operatori e la loro formazione nelle scuole di polizia penitenziaria. Tutto questo prima ancora di costruire nuove carceri, senza poteri speciali, senza competenze speciali alla Protezione civile, come recita il decreto-legge in discussione alla Camera.

Investa il Governo le risorse necessarie e le carceri saranno più gestibili e si sfoltiranno. La dignità umana sarà tutelata e la società sarà più sicura perché, se migliorano le condizioni in carcere, si costruisce una società più sicura.

Investa il Governo in una vera riforma della giustizia, perché da questa dipende anche la condizione carceraria. Tutto questo è possibile, solo che la politica lo voglia. È possibile se cambia la cultura della società sui luoghi di reclusione.

L'idea che si ha del carcere - l'abbiamo detto - ha molto a che fare con l'idea che la società ha di se stessa. Nel carcere essa si specchia, si specchiano i suoi valori, la sua organizzazione, le sue paure, la sua cultura della sicurezza. Intorno al carcere alto è il muro di indifferenza innalzato dalla società. È possibile cambiare se siamo convinti che qui si gioca la civiltà giuridica, culturale e sociale di un Paese, più semplicemente il suo profilo umano.

Signor Presidente, colleghi, concludo davvero. Non è questione di pietà, anche se la pietà è da secoli uno dei più grandi sentimenti umani e dovremmo riflettere sul fatto che non di rado nella storia, e anche oggi, pietà l'è morta. Non è questione di essere buoni o cattivi, anche se la cattiveria oggi è assurta a categoria della politica. È questione di applicare il diritto, di praticare la giustizia. È una questione di coerenza etica, se è vero che la moralità, come diceva Simone Weil, è il rispetto della natura di ogni cosa. È questione, semplicemente, di esercizio della ragione. È questione di serietà, e alle carceri è necessario soprattutto questo. È questione di applicare la Costituzione.

Questo, signor Presidente, è il senso della mozione che vede primo firmatario il collega Di Giovan Paolo, su cui esprimeremo un voto favorevole, e dell'ordine del giorno condiviso. Questo è il senso del nostro impegno che noi oggi vogliamo chiedere anche al Governo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).


MUGNAI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


MUGNAI (PdL). Signor Presidente, noi riteniamo che nel carcere non si specchi la società: nel carcere si specchiano le sue devianze, se crediamo al rispetto della legge. È questo un presupposto fondamentale dal quale necessariamente dover partire.

Quello che, infatti, è sembrato mancare in molti interventi, proprio se vogliamo dare un senso al concetto rieducativo della pena, è che deve esservi la percezione anche dell'effetto afflittivo della pena, perché, sia pur nel doveroso rispetto delle condizioni umane di trattamento dei detenuti, noi non possiamo mai dimenticare che detenuti si è in virtù di un disvalore di condotte che hanno provocato infinite e più gravi sofferenze, quelle delle vittime dei reati (Applausi dal Gruppo PdL), che sembrano essere state cancellate dal dibattito in quest'Aula.

E allora, nel momento in cui andiamo ad affrontare una questione così delicata qual è quella della situazione carceraria, sicuramente - ripeto - nel rispetto di quei trattamenti umanitari che sono imprescindibili e che vogliamo salvaguardare, sia pure in questo inscindibile binomio tra percezione del disvalore della propria precedente condotta perché successivamente essa non si ripeta e recupero alla società civile, noi dobbiamo intanto evitare di avere una memoria corta perché questo fardello tutt'al più lo porteremo tutti in quest'Aula e non soltanto una parte.

E parimenti dobbiamo, con altrettanta moderazione ed altrettanto senso di responsabilità, evitare di confondere causa ed effetto, come può accadere se affrontiamo superficialmente e in una chiave inutilmente buonista e pietistica l'inscindibile nesso che corre fra immigrazione clandestina e commissione dei reati, che sono causa e non effetto del sovraffollamento delle carceri in quelle percentuali numeriche, tra l'altro, assolutamente anomale che il collega Divina ha efficacemente rappresentato a quest'Aula.

Dobbiamo evitare, nell'assoluta consapevolezza della necessità di trattamenti differenziati per il recupero dei tossicodipendenti, di includere in questa riflessione una sorta di valutazione acritica di tutto il complesso pianeta che ruota intorno ai reati in materia di stupefacenti.

Non dobbiamo indulgere, se vogliamo che realmente la pena abbia una funzione rieducativa, ad un trattamento assolutamente indifferenziato fra chi ha commesso un unico reato e il recidivo, perché in questo ultimo vi è già, nella stragrande parte dei casi (e molti in quest'Aula lo potrebbero dire attingendo anche alle proprie dirette esperienze personali), un'assoluta indifferenza rispetto al disvalore della condotta.

Dobbiamo affrontare il problema consci di tutto questo, consapevoli che finalmente per la prima volta, sia pur con ritardi e con la coscienza della straordinarietà e dell'emergenza del momento, un piano carceri è stato avviato e comincerà a produrre i propri effetti.

È in questa direzione che è andata la mozione presentata dal Popolo della Libertà e, su un percorso analogo, quella presentata dai colleghi della Lega Nord.

Ho ascoltato con grande attenzione le parole del rappresentante del Governo. C'è un passo che non ci sentiamo di condividere fino in fondo: quello del criterio della prevalenza nell'ambito di alcune mozioni. Noi riteniamo che le premesse delle mozioni ne costituiscano una parte inscindibile perché sono il presupposto legittimante dei dispositivi e delle mozioni medesime. Non si possono scindere come se non esistessero o, perlomeno, non se ne può scindere parte perché, se è vero che da parte nostra non vi può che essere assoluta condivisione sui punti b), d), e), f), g), h), n), o), p), q) e u) della mozione presentata dal senatore Di Giovan Paolo (nutriamo una riserva sul punto a), che cercherò telegraficamente di motivare, proprio nella motivazione sono riassunte le ragioni che legittimavano i punti che sono stati espunti e che solo per sintesi e brevità di intervento non andrò a riepilogare. Esse sono tutte tracciate e quindi, evidentemente, si crea una distonia fra premessa e dispositivo che francamente non ci potrà vedere d'accordo se non verranno espunte anche quelle parti.

Stesso identico ragionamento vale per quanto attiene alla mozione presentata dal senatore D'Alia, perché nella premessa vi sono parti che, in qualche modo, stridono con il dispositivo sul quale potremo esprimere un voto assolutamente favorevole con esclusione del secondo punto, in cui è contenuta una inammissibile critica ad una politica finalmente avviatasi dal punto di vista carcerario. Avanzo quindi la richiesta di sostituire soltanto un termine che umanamente ben poco senso ha in qualunque attività della vita; credo, infatti, che il termine «garantire» debba forse essere più efficacemente sostituito con l'altro «reperire».

Il nostro parere è assolutamente contrario invece sulla mozione presentata dall'Italia dei Valori, vuoi per le ragioni che ho già detto vuoi per le ulteriori ingiustificate e ingenerose critiche.

Concludendo, onorevoli colleghi, noi crediamo profondamente che si debba intervenire garantendo fino in fondo la funzione rieducativa della pena che, peraltro, lo ripeto, non può essere in alcun modo scissa dal fatto che il condannato percepisca fino in fondo il disvalore della propria precedente condotta perché torni a non porla più in essere; che non tutti i meccanismi possono avere applicazione di tipo automatico, soprattutto per i benefìci extramurari, perché non vi è dubbio che in questo modo probabilmente si favorirebbe una recrudescenza di attività criminose; che, infine, vi sia l'assoluta indispensabilità di alleggerire significativamente l'insopportabile peso sotto il profilo del carico antropico che i nostri istituti oggi soffrono stipulando quelle convenzioni che permettano ai detenuti stranieri di scontare la pena nei propri Paesi d'origine.

Con queste premesse e su questi presupposti, quindi, il Popolo della Libertà si esprimerà favorevolmente sulla propria mozione, su quella presentata dai colleghi della Lega Nord e su quelle parti che ho sinteticamente riassunto delle mozioni nn. 227 e 233. Viceversa, esprimerà un voto contrario su quella presentata dall'Italia dei Valori. (Applausi dal Gruppo PdL).


PRESIDENTE. Prima di passare alle votazioni, avverto gli onorevoli colleghi che, in linea con una prassi consolidata, le mozioni saranno poste ai voti secondo l'ordine di presentazione e per le parti non precluse né assorbite da precedenti votazioni.

Dopo la votazione delle mozioni, ai sensi dell'articolo 160 del Regolamento, sarà posto ai voti l'ordine del giorno G1 (testo 2).

Metto ai voti la mozione n. 227 (testo 2), presentata dal senatore Di Giovan Paolo e da altri senatori.

È approvata.


Metto ai voti la mozione n. 233, presentata da senatore D'Alia e da altri senatori.

È approvata.


QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.


PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, sulla mozione n. 233, presentata dal senatore D'Alia e da altri senatori, il nostro Gruppo voleva chiedere una votazione per parti separate, perché, così come ha esposto chiaramente nella sua dichiarazione di voto il senatore Mugnai, il nostro giudizio è diverso a seconda che si tratti delle premesse o del dispositivo. Quindi, se possibile, vorrei che questa richiesta venisse accolta dalla Presidenza.


PRESIDENTE. Senatore Quagliariello, ormai non posso più farlo, perché si è già proceduto alla votazione. C'era stato un parere positivo del Governo sull'intera mozione.


QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, vorrei allora lasciare a verbale, a nome del mio Gruppo, quanto specificato in precedenza.


PRESIDENTE. Metto ai voti la mozione n. 235 (testo corretto), presentata dal senatore Bricolo e da altri senatori.

È approvata.


Metto ai voti la mozione n. 236 (testo 3), presentata dal senatore Fleres e da altri senatori.

È approvata.


Metto ai voti la mozione n. 238, presentata dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvata.


Metto ai voti ordine del giorno G1 (testo 2), presentato dal senatore Di Giovan Paolo e da altri senatori.

È approvato.


ordine del giorno G1 (testo 2 corretto)

DI GIOVAN PAOLO, FLERES, MARCENARO
Approvato

Il Senato,

premesso che:

le strutture penitenziarie italiane attualmente utilizzate alla data del 15 agosto 2009 hanno una capienza di 40.909 detenuti, estendibile ad una capienza massima consentita fino ad un massimo di 59.712 detenuti;

ad oggi i detenuti in Italia sono oltre 66.000 (circa il 25 per cento in più della capienza massima consentita) dei quali 21.119 sono immigrati e circa 18.000 risultano tossicodipendenti e condannati per reati legati alla loro condizione sanitaria. Il numero da solo è sufficiente per comprendere come le condizioni di vivibilità intracarceraria diventano insopportabili e disumane per i detenuti e assolutamente difficili e stressanti per gli agenti di polizia e l'altro personale che ogni giorno devono operare in simili condizioni. Non occorre ribadire che celle realizzate per ospitare un massimo di 4-5 detenuti non possono ospitare fino a 11-12 reclusi o ancora di più;

i turni degli agenti di polizia diventano massacranti e al limite del rispetto dei diritti dei lavoratori, e non solo a causa di un numero maggiore di detenuti sui quali occorre vigilare;

le condizioni dell'edilizia penitenziaria sono in alcuni casi fatiscenti, e impediscono in tal caso una razionale vivibilità sia da parte dei detenuti che degli agenti e del personale dell'amministrazione penitenziaria più complessivamente. In alcuni casi, si tratta di piccoli carceri ubicati in vecchi conventi, molte volte privi di spazi di socialità e, a volte, al limite delle condizioni di igiene;

c'è bisogno di rafforzare il coordinamento tra amministrazione penitenziaria e Servizio sanitario nazionale per far fronte ad una carente assistenza medica ed un esagerato impiego di personale di custodia;

il numero di detenuti «lavoranti», gli spazi e le occasioni di lavoro sono scarsi e del tutto insufficienti a garantire il reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione,

invita il Governo a prendere in esame le seguenti aree di intervento e proposta:

accordi internazionali che consentano di far scontare la pena ai condannati stranieri nei loro Paesi di origine, esclusi i Paesi dove è consentito l'uso della tortura e la pena di morte o dove non vi sono garanzie circa il rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani;

convenzioni con comunità e strutture adibite per il recupero di tossicodipendenti e per i soggetti sottoposti a cure psichiatriche;

assunzione di psicologi ed educatori, assolutamente necessari nei compiti di recupero e reinserimento dei detenuti o, in carenza di assunzioni, convenzioni con associazioni di volontariato, ordini professionali e anche singoli cittadini qualificati, iscritti in un apposito elenco, così da favorire la rieducazione ed il ricorso a pene alternative da parte della magistratura di sorveglianza;

applicazione di pene alternative per reati minori, che garantiscano comunque la certezza della pena (sia quella alternativa che quella intramuraria);

realizzazione di strutture carcerarie a custodia attenuata per alcune tipologie di reati (reati minori) e per alcune tipologie di rei (incensurati, quelli oltre una certa età, malati, eccetera);

utilizzo delle caserme non più in uso per adibirle a strutture a custodia attenuata o a laboratori di lavoro per reclusi ex articolo 21 della legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni, sull'ordinamento penitenziario;

recupero delle strutture penitenziarie con interventi infrastrutturali che rendano civile la detenzione e meno stressante l'attività di vigilanza e di recupero degli operatori; redistribuzione del personale di Polizia penitenziaria per una migliore efficienza della loro attività;

corsi di aggiornamento per gli agenti di Polizia penitenziaria e più complessivamente per il personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con conseguente revisione contrattuale e funzionale;

accordo nazionale con il Ministero della salute che preveda la presenza in ogni ospedale ubicato in città sede di istituto penitenziario, o almeno uno in ogni provincia, di un reparto «blindato» per il ricovero di detenuti, migliorando cosi l'aspetto medico riducendo i costi di sorveglianza, distinguendo tra la parte «interna» sanitaria e la parte esterna di controllo;

rispetto dell'articolo 42 dell'ordinamento penitenziario che prevede l'espiazione della pena in prossimità della residenza della propria famiglia, salvo i casi previsti dalla legge;

sostegno dell'attività di studio con l'estensione di convenzioni con università, istituti superiori ed enti di formazione professionale, oltre ai normali corsi di alfabetizzazione o rialfabetizzazione e di studi elementari e medi inferiori, o professionali;

razionalizzazione delle traduzioni per motivi di giustizia, per sfollamento o altro, al fine di ridurre i relativi costi ed il personale ad essi adibiti;

ricorso immediato allo strumento del project financing per la dismissione di carceri ubicate nei centri storici, in vecchi edifici prebellici che non offrono alcuna garanzia dal punto di vista igienico, e per la realizzazione di nuove e moderne strutture che possano favorire, con la presenza di centri di socializzazione, impianti sportivi, laboratori e aule scolastiche, il percorso rieducativo dei detenuti e che, grazie all'impiego di tecnologie moderne come gli impianti di video-sorveglianza, e di altri accorgimenti, come le camere con docce, che consentano la riduzione di personale per la vigilanza dei reclusi;

favorire l'occupazione dei detenuti, sia con le possibilità offerte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, come la Cassa per le ammende e i lavori in economia, sia per conto terzi o in forma autonoma, secondo le attuali previsioni legislative nazionali e regionali;

raccomanda infine al Governo di valutare l'opportunità di promuovere iniziative volte:

alla chiusura immediata delle strutture eccessivamente fatiscenti che determinano un trattamento inumano per i detenuti e anche per l'attività degli stessi operatori dell'amministrazione penitenziaria, nonché alla contemporanea apertura delle strutture penitenziarie realizzate e mai aperte;

al recupero delle strutture penitenziarie piccole e non più in uso, che possono essere destinate a figure particolari del panorama carcerario, come le donne in presenza di prole, utilizzate quindi come case famiglia;

all'istituzione del Garante nazionale dei detenuti o di altra autorità con eguali responsabilità nei confronti del rispetto dei diritti umani e civili dei cittadini detenuti;

alla creazione dell'anagrafe penitenziaria che organizzi e razionalizzi l'uso e la manutenzione delle sedi penitenziarie.

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