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Sign for Aiutaci a garantire l'effettiva applicazione dell'art. 27 Cost.(funzione rieducativa della pena)

Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari

Mercoledi',23 Marzo 2011,

(rinvio del 16 Marzo 2011)

in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.


5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario


5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario




Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari




Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.

26 agosto 2010



Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive



“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.





5 luglio 2010





Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"



Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico



L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.



Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.



Così non va.









Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile





Comunicato stampa, 29 maggio 2010





Ai deputati di commissione bilancio



e giustizia camera









Al sottosegretario



On. Caliendo









Al sottosegretario



On. Giorgetti Alberti







Egregi Onorevoli,



dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.



L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.



Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.



Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.



Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.



La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.



L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.



Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.



La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.



Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.



I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo



Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).



Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).



Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.



Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.



Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.



Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.



Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.





FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.

Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.

Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.


18 maggio 2010


La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.



Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano

“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.

“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.

“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.

Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"

“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.


Proposta emendativa 8.01.


Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.

2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa



Proposta emendativa 8.03.

Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:


«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa



28-04-10


Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.




Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.

“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”


16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari

Convocazione della II Commissione (Giustizia)

Martedì 16 marzo 2010

Ore 13.45

5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari


Interrogazione a risposta in Commissione:

FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.



- Al Ministro della giustizia.

- Per sapere

- premesso che:

il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;

nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);

in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;

lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;

non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009

se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.

(5-02550)


Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.

Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.




24 febbraio 2010:

ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao

La Camera,

premesso che

il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;

il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;


nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria
.


Accolto come raccomandazione.




19 Febbraio 2010:

ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD


La Camera,

premesso che:

l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;

la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,

impegna il Governo

a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.

9/3196/13.
Donatella Ferranti.



Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini

Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.


Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.

CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA



Roma, 13 gen



''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.

Assunzione degli educatori primo impegno del governo

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.

Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari

sabato 2 aprile 2011

Audizione del presidente dell’associazione Antigone, dottor Patrizio Gonnella al senato:sovraffollamento carcerario e mancanza di agenti e educatori. carcere,governo,detenuti,angelino alfano

RESOCONTO STENOGRAFICO n. 60


BOZZE NON CORRETTE

(Versione solo per Internet)

N.B. I resoconti stenografici delle sedute di ciascuna indagine conoscitiva seguono

una numerazione indipendente.

COMMISSIONE STRAORDINARIA PER LA TUTELA E

LA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI

INDAGINE CONOSCITIVA SUI LIVELLI E I

MECCANISMI DI TUTELA DEI DIRITTI UMANI,

VIGENTI IN ITALIA E NELLA REALTÀ

INTERNAZIONALE

70a seduta: martedì 15 marzo 2011

Presidenza del presidente MARCENARO
 
 
I N D I C E




Audizione del presidente dell’associazione Antigone, dottor Patrizio Gonnella e


del dottor Alessio Scandurra, componente del Comitato direttivo della


medesima associazione
 
 
Intervengono, ai sensi dell’articolo 48 del Regolamento, il presidente dell’associazione


Antigone, dottor Patrizio Gonnella, e il dottor Alessio Scandurra, componente del Comitato

direttivo della medesima associazione.

I lavori hanno inizio alle ore 14,10.

PROCEDURE INFORMATIVE

Audizione del presidente dell’associazione Antigone, dottor Patrizio Gonnella e del dottor

Alessio Scandurra, componente del Comitato direttivo della medesima associazione



PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito dell’indagine conoscitiva sui livelli e i

meccanismi di tutela dei diritti umani, vigenti in Italia e nella realtà internazionale, sospesa nella

seduta del 2 marzo scorso. ieri.

Comunico che, ai sensi dell’articolo 33, comma 4, del Regolamento, è stata chiesta

l’attivazione dell’impianto audiovisivo e che la Presidenza del Senato ha già preventivamente fatto

conoscere il proprio assenso. Se non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata

per il prosieguo dei lavori.

È oggi in programma l’audizione del presidente dell’associazione Antigone, dottor Patrizio

Gonnella e del dottor Alessio Scandurra, componente del Comitato direttivo della medesima

associazione, che saluto e ringrazio per aver aderito al nostro invito.

L’odierna audizione avrà ad oggetto la situazione delle carceri e con essa la Commissione si

appresta ad iniziare un nuovo lavoro; mi sembra importante segnalarlo non perché in passato non ci

siamo occupati dei problemi connessi alla situazione delle carceri e dei detenuti, ma perché -

considerando conclusa la parte dell’inchiesta dedicata alla condizione dei rom e dei sinti in Italia -

intendiamo avviare uno studio sistematico sulla situazione delle carceri e dei detenuti ed in

particolare sulle loro condizioni di salute e, quindi, sull’importante tema della sanità penitenziaria.

Naturalmente il nostro lavoro dovrà intrecciarsi e relazionarsi con le competenze di altre

Commissioni, che su tale materia hanno responsabilità preminenti: penso in particolare alla

Commissione giustizia e alla Commissione sanità. Tuttavia, affronteremo tale argomento dal nostro

particolare punto di vista, teso alla tutela e alla promozione dei diritti umani. Non mi stancherò mai

di ricordare che nessuna situazione più di questa rende evidente che, quando si parla di diritti

umani, non ci si riferisce solo ai diritti dei «buoni», ma anche - e a volte soprattutto - a quelli dei

«cattivi». Lascio quindi la parola al dottor Gonnella, che ringrazio per la sua disponibilità.


GONNELLA. Ringrazio il Presidente e tutti i membri della Commissione per l’opportunità che con

questa audizione offrite, non solo all’associazione Antigone, ma anche a tutti coloro che come noi si

occupano da tempo di un tema che non sempre è all’attenzione dell’opinione pubblica, o almeno lo

è solo periodicamente. Ovviamente sono perfettamente consapevole di essere audito da una

Commissione che si occupa di promozione e tutela dei diritti umani e dunque cercherò di attenermi

al tema e all’oggetto del vostro impegno parlamentare. Ciò detto, non posso però esimermi dal dare

inizio al mio intervento, prendendo in analisi la condizione che costituisce la premessa, senza la

quale non è possibile pensare alla tutela e alla garanzia dei diritti all’interno dei luoghi di

detenzione, ovvero dall’argomento di cui, ormai da circa un decennio, le istituzioni tentano di

occuparsi, quello del sovraffollamento carcerario. Questa è la madre di tutti problemi riguardanti i

diritti dei detenuti. In questo contesto non farò infatti riferimento a volontarie vessazioni che

producono violazioni dei diritti dei detenuti, ma a una condizione oggettiva, che va al di là della

volontà degli operatori. Da ormai 20 anni lavoriamo su questo tema e da 13 anni abbiamo avviato

un osservatorio sulle condizioni di detenzione: da allora siamo riusciti ad instaurare un dialogo con

tutte le amministrazioni penitenziarie e con tutti i Ministri della giustizia che si sono susseguiti da cui abbiamo
 
ottenuto le autorizzazioni per visitare gli istituti di pena. Come organizzazione non


governativa siamo grati al Ministero della giustizia, che negli anni ci ha sempre consentito di

effettuare questo lavoro, che riteniamo fondamentale per informare l’opinione pubblica. Il nostro

primo rapporto risale al 1998 ed era intitolato “Il carcere trasparente”. Prima di allora non esisteva

una ricognizione nel dettaglio delle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena: oggi siamo

arrivati all’ottavo rapporto - che desideriamo consegnare agli uffici della Commissione - che è stato

pubblicato pochi mesi fa, alla fine del 2010.

Quanto alle condizioni di sovraffollamento, i numeri in proposito sono eloquenti: ci sono

circa 25.000 persone in più rispetto ai posti letto regolamentari. A noi interessa il dato della

capienza regolamentare, che è quella che tiene conto degli standard interni e internazionali relativi

ai metri quadrati a disposizione di ogni detenuto; non ci sono quindi altri parametri a cui fare

riferimento. Un indicatore che fortunatamente non viene più utilizzato è quello della «capienza

tollerabile», perché il concetto stesso di tollerabilità è estremamente soggettivo e pertanto, non

essendo oggettivo, non possiamo parametrare su di esso la regolarità o meno degli spazi. Le

dimensioni degli spazi a cui fare riferimento sono quelle che ci indica il Consiglio d’Europa.

L’Italia è stata già condannata una volta, con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo

del 2009, che è stata tra le prime a livello continentale. Ci fu una prima condanna contro la Russia

per il caso Kalashnikov e poi una condanna nei confronti dell’Italia, per il caso Sulejmanovic, un

detenuto ristretto - lo voglio sottolineare - in una delle carceri meglio gestite e in cui si vive meglio

in Italia, ovvero il carcere di Rebibbia a Roma. In quel caso, il detenuto aveva a disposizione 2,7

metri quadrati per vivere, per un lungo periodo di detenzione, e ciò è stato considerato dalla Corte

europea per i diritti dell’uomo un trattamento inumano, crudele e degradante. Il riferimento va fatto

dunque agli standard del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, che opera presso il

Consiglio d’Europa ed è autorizzato ad effettuare visite a sorpresa e istituzionali all’interno dei

luoghi di detenzione e che ha individuato il parametro utilizzato dalla Corte europea dei diritti

umani, ovvero la messa a disposizione per ogni detenuto di quattro metri quadrati in cella multipla e

di sette metri quadrati in cella singola. A proposito del caso Sulejmanovic, la Corte ha affermato in

modo «secco» che, se sono messi a disposizione meno di tre metri quadrati, si è in presenza di

tortura. Si stabilisce dunque un automatismo che non consente una valutazione caso per caso. Sulla

base di questa indicazione abbiamo prodotto una documentazione sostanziosa, che abbiamo inviato

alla Corte; in tal caso si fa riferimento a una percentuale elevata di detenuti, che però non saprei

quantificare, perché non è dimostrabile scientificamente. A noi perviene infatti la richiesta di

sostenere il ricorso davanti alla Corte europea dei diritti umani da parte di interi gruppi, che

avanzano ricorsi collettivi e che vivono in una condizione oggettiva di trattamento inumano e

degradante, secondo gli standard europei. Vorremmo pertanto che la condizione di vita negli istituti

penitenziari potesse essere monitorata ufficialmente. Sarebbe indubbiamente necessario farlo, ma

questo è un concetto paradassolamente assai difficile da spiegare agli studenti di giurisprudenza o

delle scuole superiori; è infatti molto complesso far capire che il luogo paradigmatico di esecuzione

delle pene e quindi il luogo in cui dovrebbe esserci la più rigorosa applicazione della legge - e tengo

a ribadire che ciò non avviene per volontà degli operatori, ma per condizioni oggettive - è anche

quello che, quasi nella totalità dei casi, è al di fuori della legalità, proprio in considerazione di quel

primo criterio di cui ho fatto menzione, e cioè con riferimento alle condizioni di vita quotidiana

nelle celle e ai metri quadrati a disposizione dei detenuti. A tal proposito, ribadisco che i pochi

metri quadri a disposizione si traducono in una mancanza di spazio e, dunque, di riservatezza e nella

impossibilità di stare contemporaneamente in piedi durante la giornata in determinati luoghi. Ciò -

come molti di voi sanno - rende la vita delle persone complicata e fa della funzione rieducativa

della pena prevista dalla Costituzione una fondamentale utopia, visto che il modello di vita

quotidiano, in moltissimi istituti è quello di ozio forzato: si vive quindi in attesa che arrivi il giorno

successivo in una condizione che può essere anche di abbrutimento.

Se questo è il dato e se, quindi, siamo in presenza di un tasso di sovraffollamento di questo

genere - ovviamente parto da una nostra valutazione - per contrastare la crescita della popolazione

detenuta vi sarebbero varie ipotesi d’intervento, va detto, però che quella finora esperita, e cioè

l’intervento emergenziale, in realtà non ha prodotto un risultato duraturo nel tempo.

Per maggiore chiarezza ricordo che nella consapevolezza del legislatore di una situazione di

affollamento quasi ingestibile, recentemente (nel dicembre 2010) è stata approvata una nuova legge

sulla detenzione domiciliare che prevede, per chi ha un anno residuo di pena da scontare, la

possibilità di usufruire degli arresti domiciliari. C’è chi può ritenere che questa norma sia troppo

restrittiva, o troppo estesa, ma non è questo il punto. Il punto è che questa legge per essere efficace

richiede un investimento - più avanti mi soffermerò anche su quanto sarebbe necessario fare - e,

d’altra parte, non è sufficiente approvare una legge che offra un’opportunità di questo genere per

risolvere il problema. Peraltro, stante il fatto che la composizione della nostra popolazione detenuta

è in grandissima parte rappresentata da soggetti condannati a pene brevi, i dati relativi

all’applicazione di tale legge, certificati dall’amministrazione penitenziaria, ci dicono che rispetto

agli ipotetici 7.000-8.000 beneficiari ipotizzati dallo stesso Ministero della giustizia, ovvero con un

residuo pena inferiore ad un anno, ad oggi ne hanno invece beneficiato solo circa 1.300-1.400.

Dunque, vi è il rischio che il provvedimento in questione rientri tra quelli senza reale efficacia.

Mi spiego: nella stragrande maggioranza dei casi chi sta in carcere è assai difficile che abbia

un domicilio. Una legge che interviene sull’ipotesi di una detenzione domiciliare alternativa al

carcere deve perciò necessariamente portare con sé l’impegno di risorse a favore di comunità e lo

dico pur essendo perfettamente consapevole delle attuali difficoltà di reperire risorse. Penso

soprattutto - ma non solo - alle comunità religiose che lavorano sul territorio e si occupano

dell’accoglienza delle persone che escono dagli istituti di pena, diversamente usciranno -

usufruendo della norma - solo i garantiti, così come accade già oggi, considerato che i non garantiti

entrano più facilmente in carcere, ma ne escono anche assai difficilmente.

Sotto questo profilo, entrando più nel dettaglio, i numeri parlano chiaro: un detenuto su tre è

dentro per fatti di droga o ha una condizione di tossicodipendenza alle spalle. Abbiamo depositato

dei documenti relativi al lavoro di osservazione svolto anche su scala europea dal quale è emerso

che il dato relativo alla penalizzazione delle droghe registrato in Italia è quello più elevato

nell’ambito dell’Unione europea. A questa tipologia di detenuti, nella stessa proporzione, si

aggiungono gli immigrati nei cui confronti in carcere conta la norma dell’inottemperanza

all’obbligo di espulsione che produce un certo numero di ingressi l’anno. Non sempre la detenzione

è legata a tale ipotesi di reato, ma riguarda anche altre fattispecie; aggiungo che in alcune migliaia

di casi l’ingresso carcerario per poche ore - è questo l’elemento che manda il sistema in tilt - è

legato all’inottemperenza dell’obbligo di allontanamento del questore.

Quindi, anche mettendosi nell’ottica del legislatore che ha definito la norma in questione, la

stessa funzione deterrente-punitiva della pena, in realtà risulta fortemente ridimensionata dal fatto

che comunque stiamo parlando di un ingresso carcerario limitato a poche ore o a pochi giorni

perché questa è la tendenza della magistratura nella parte cautelare e in quella successiva della

comminazione della sentenza.

Ma c’è un altro dato prioritario su cui è assolutamente necessario indagare: il 43-44 per

cento dei detenuti non ha ancora subito una condanna definitiva ed è in carcere in via cautelare.

Anche questo è un dato che non ha pari nell’area dell’Unione europea e che ci vede appaiati alla

Turchia e a Cipro, non quindi a Paesi con sistemi penali-processuali di tradizione più antica e

democratica, il che è estremamente allarmante. Le rilevazioni su cui ci si basa sono di tipo

accademico e non governativo, e quindi sarebbe importante poter disporre di dati certi al riguardo,

anche perché secondo alcune ricerche tale dato arriva addirittura alla soglia del 50 per cento, il che

significa che nel 50 per cento dei casi una persona ha scontato ingiustamente una pena, in fase

cautelare, laddove in frangenti di questo genere la detenzione domiciliare oltre a impedire il

sovraffollamento delle carceri, risulta essere anche la più appropriata.

Queste sono le premesse necessarie per comprendere le ragioni per cui si è arrivati

all’attuale sovraffollamento carcerario. Chi, come noi, conosce il carcere sa che quella che in esso si

attua è una punizione reale (la realtà non è quella spesso raccontata nei prison movies), pertanto

siamo del parere che non tutto debba necessariamente essere punito con una sanzione carceraria ed

al riguardo esistono delle grandi questioni che sarebbe importante ridiventassero grandi temi

d’interesse sociale e comunitario.

Nel merito riteniamo quindi che più che agire sui flussi in uscita bisognerebbe intervenire su

quelli in entrata. Agire sui primi, infatti, innesca ragionamenti che alla fine contribuiscono a creare

allarme nell’opinione pubblica, nel timore che le leggi vengano disattese e che quindi su quattro

anni di pena se ne sconti solo uno, ingenerando così una sensazione di impunità. Pertanto, anche al

fine di rassicurare la collettività, occorre prevedere un sistema sanzionatorio meno invadente, ma

certo, un sistema, quindi, che non può essere eroso perché le condizioni di sovraffollamento delle

carceri sono tali da costringere lo Stato a tagliarne una parte. Occorre una razionalizzazione del

sistema, ma per ottenere tale risultato non è ipotizzabile punire tutto con il carcere.

Quanto alle condizioni di vita all’interno delle carceri, basti ricordare che negli scorsi due

giorni abbiamo registrato la morte di altri due detenuti verificatasi a Padova e a Pesaro.


PERDUCA (PD). C’è stato un altro decesso in Toscana dovuto alla inalazione di gas, precisamente

nel carcere di Montelupo.


GONNELLA. Dall’inizio dell’anno all’interno delle carceri si sono registrati 31 decessi, alcuni per

suicidio (circa 12) - anche se è difficile qualificare il suicidio in casi nei quali ci si trova in

condizioni di vita al limite - altri invece sono imputabili a cause naturali. Ma anche la morte

naturale di un giovane di 36 anni, come quella verificatasi ieri, deve far riflettere. Non sto facendo

dietrologia, né sto sostenendo che una persona è stata uccisa dal carcere, mi limito a sottolineare che

siamo di fronte ad una persona non curata, dimenticata. I numeri, infatti, sono tali che il sistema

sanitario non riesce più a sostenerne il peso. Il detenuto gravemente malato spesso è disperato,

come abbiamo potuto riscontrare incontrando quotidianamente molte persone di fronte alle quali ci

meravigliamo addirittura del fatto che siano ancora in vita stante la gravità delle loro condizioni. Mi

riferisco a malati terminali che si trovano in situazioni di vita inaccettabili.

In passato, i detenuti erano circa 50.000, ma il numero di educatori, direttori, assistenti


sociali era lo stesso di oggi, e questo vale anche per il personale di polizia, anche se in questo caso


si sono registrate delle assunzioni, ancorché molto limitate. Anche l’organico del personale medico


è rimasto invariato, nonostante il passaggio epocale dell’assistenza sanitaria nelle carceri dal


Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, che avrebbe dovuto assicurare

l’universalità delle prestazioni.

A mio avviso però non è necessario realizzare un investimento in termini finanziari quanto

di energie. Non tutto, infatti, è quantificabile in termini di denaro. Costruire un’offerta sanitaria per

i detenuti è un progetto che non richiede necessariamente l’acquisto di materiali, bensì una

razionalizzazione dell’offerta medesima con una maggiore capacità di intervenire efficacemente

sull’urgenza e nell’ambito della prevenzione, evitando così di intervenire quando la persona è ormai

in pericolo di vita. Bisognerebbe effettuare screening periodici, non soltanto per i malati di AIDS

ma con riferimento anche alle altre patologie. Altro fattore determinante - che reputo opportuno

sottolineare in una sede deputata ad occuparsi dei diritti umani - è la necessità di realizzare

screening periodici sull’uso sistematico di psicofarmaci, utilizzati per neutralizzare il disagio

personale, e sulla situazione dei detenuti non deambulanti, posto che moltissimi di questi detenuti o

trovano il cosiddetto detenuto piantone, che il direttore del carcere gli affianca per aiutarlo, o

rimangono bloccati in cella. Descrizioni di persone detenute che hanno vissuto questa situazione

lasciano davvero esterrefatti per le condizioni di vita a cui sono ridotti.

Il sovraffollamento, quindi, produce una condizione di trattamento disumano e degradante,

come la stessa Europa ha certificato, nonché maggiori rischi di suicidi e una situazione in cui il

diritto alla salute è fortemente compromesso.

Il problema della sanità in carcere è davvero complesso, perché essendo questa funzione

ormai affidata a 20 diversi sistemi regionali essa viene esercitata ovviamente con forti

diseguaglianze. Nella documentazione depositata agli atti abbiamo lasciato traccia di una nostra

ricognizione dalla quale si evince per l’appunto che l’assistenza sanitaria funziona con ritmi

differenti. Pertanto, se possiamo riscontrare delle eccellenze in Piemonte e in Toscana, in Sicilia,

come il senatore Fleres può confermare, si stenta addirittura ad avviare la riforma sanitaria che a

tutt’oggi non è stata recepita trattandosi di una Regione a statuto speciale.

Di fronte alla condizione di vita degradata delle persone che vivono in carcere - e mi

riferisco anche agli operatori penitenziari, tant’è che mai come in questa fase storica l’associazione

Antigone è in totale consonanza con tutte le organizzazioni carcerarie, comprese quelle della polizia

penitenziaria, perché gli occhi di chi vive una determinata situazione vedono le stesse cose - si

tralascia di intervenire su altri diritti, ugualmente fondamentali, ma che in una fase come questa si

ritengono soltanto eventuali. Mi riferisco, ad esempio, al diritto al lavoro. Il lavoro all’interno delle

carceri è ormai ridotto a poca cosa (lavora un detenuto su cinque), e è fortemente dequalificato.

Questo, peraltro, è un dato da leggere con attenzione, considerato che spesso non si specifica il

numero delle ore lavorative in un mese e vengono certificate come persone lavoranti detenuti che

magari lavorano un’ora al giorno, un’ora a settimana o un giorno al mese. Si tratta di lavori svolti

unicamente per l’amministrazione penitenziaria. Di contro, si hanno ottime esperienze di detenuti

che lavorano all’esterno, come a Bollate o al nuovo complesso di Rebibbia, ma sono sempre di

meno. Ciò può essere imputabile alla crisi economica, ma anche ad un fattore culturale. Ricordo che

in passato, a Padova, si assemblavano le biciclette dell’Atala, a testimonianza del fatto che

all’esterno c’era un investimento di maggiore entità.

Vi è poi il diritto all’istruzione e al libero esercizio della professione religiosa. Nel merito

non dico che si tratti di diritti negati, e d’altronde se ciò avviene non è per volontà di nessuno, ma

va comunque sottolineato che nella pratica quotidiana i corsi di istruzione sono rimasti

numericamente gli stessi a fronte però di un numero di detenuti raddoppiato.

Esiste poi un bisogno maggiore di differenziare l’offerta scolastica. In Germania il Ministero

del lavoro ha fatto un intervento splendido a questo riguardo. D’altronde non c’è offerta migliore

dell’istruzione come fattore principale di emancipazione dei detenuti. Tanto per fare un esempio, se

si prendono dieci detenuti che all’interno di un carcere hanno effettuato percorsi diversi, si potrà

riscontrare che una volta fuori è più difficile che torni a delinquere chi ha studiato rispetto a chi ha

fatto invece altri tipi di esperienze.

Il quadro della situazione quindi è fortemente differenziato, a macchia di leopardo e in esso

conta molto la cultura dell’operatore penitenziario nella gestione delle carceri. Ci sono pertanto

luoghi dove il dettato costituzionale viene perfettamente rispettato e altri dove questo non avviene;

ci sono luoghi in cui la vita è molto dura ed altri in cui lo è in misura minore. Ovviamente sarebbe

importante, a proposito di diritti umani, che l’Italia facesse dei passi in avanti nel rispetto del diritto

internazionale, visto che alcuni adeguamenti attendono di essere attuati da troppo tempo. Ne cito

due, di cui abbiamo parlato in precedenza con il senatore Fleres. Il primo è l’introduzione del delitto

di tortura nel codice penale: la relativa convenzione risale al 1984, l’Italia l’ha ratificata nel 1987 e,

nonostante molte proposte siano giunte quasi al raggiungimento di tale obiettivo, non si è ancora

arrivati all’introduzione del crimine di tortura nel codice penale, pur essendo un delitto presente in

moltissime legislazioni europee. Il secondo adeguamento riguarda invece l’istituzione di

un’Autorità nazionale di garanzia e di controllo nei luoghi di detenzione.

Si tratterebbe di un’autorità indipendente, di un garante nazionale dei luoghi di detenzione,

la cui istituzione è stata richiesta e sollecitata dalle Nazioni Unite attraverso il protocollo alla

convenzione contro la tortura, che l’Italia ha firmato nel 2003 e non ha mai ratificato, proprio

perché - almeno così sembra - entro un anno dalla ratifica si sarebbe dovuta dotare di un’Autorità

nazionale di controllo. A sostegno di chi ha gestito in questi anni il Ministero della giustizia - presso

cui abbiamo fatto opera di lobby, insieme ad Amnesty International, per ottenere l’istituzione di

questo nuovo organismo - va detto che ciò non dipende da tale Ministero. Esso è infatti abituato ad

essere controllato: le carceri sono luoghi in cui parlamentari e consiglieri regionali entrano già oggi.

C’è dunque minor ritrosia ad essere controllati, mentre c’è maggiore resistenza da parte di chi

gestisce i luoghi in cui i parlamentari non hanno le stesse prerogative di accesso: penso ai Centri di

identificazione ed espulsione (CIE), alle caserme e ai commissariati.


PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gonnella per la sua relazione.

Voglio solo ricordare che quello della firma del protocollo opzionale alla convenzione

contro la tortura rappresenta un problema aperto e si lega all’individuazione di uno strumento di

monitoraggio e di controllo. Molti colleghi già lo sanno, ma voglio informare tutti del fatto che

qualche giorno fa il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge per l’istituzione

dell’Autorità indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani, in conformità con i

principi di Parigi. Spero che il testo, di cui abbiamo visionato una bozza, sulla quale la mia prima

reazione è sostanzialmente positiva, sia definito in tutti i suoi aspetti e venga presentato al

Parlamento (in particolare in Senato, dove sono già incardinati alcuni disegni di legge che insistono

sul medesimo tema) per giungere velocemente alla discussione, perché credo che questa sia la via

attraverso la quale anche la questione in esame potrebbe trovare una prima risposta.


FLERES (PdL). Desidero ringraziare il nostro audito per il suo intervento e soprattutto per la

sobrietà del tono che ha scelto nello svolgimento della sua relazione. Credo che la Commissione

abbia intenzione di svolgere un lavoro piuttosto approfondito su questa problematica. Ciò significa

che il lavoro non deve temere di «scorticare» alcune situazioni, laddove necessario, indicando

ipotesi per la soluzione degli eventuali problemi. Condividendo interamente le ipotesi e le parole

del dottor Gonnella, mi soffermerò soprattutto su un aspetto che è stato al centro di numerose

iniziative assunte in modo trasversale insieme a molti colleghi, finalizzate ad agire sul tema

dell’accesso in carcere, piuttosto che sui meccanismi di uscita dei detenuti, per le stesse

considerazioni esposte dai rappresentanti dell’associazione Antigone. Bisogna infatti fare in modo

che il nostro sistema giudiziario e la politica penale non siano «carcerogeni», ovvero che non

producano effetti detentivi. Non sono infatti questi gli unici effetti possibili: probabilmente non

avremmo il problema del sovraffollamento se i meccanismi che determinano la carcerazione fossero

diversi. Allo stesso modo, non ci sarebbe sovraffollamento nelle carceri se il sistema giudiziario

fosse più attento, puntuale, veloce e celere, come quello che ci auguriamo possa essere creato

attraverso una riforma della giustizia: sia che si tratti della riforma appena presentata, sia che si

tratti di un’altra.

Mi soffermerò invece sugli aspetti più critici e aspri della questione in esame; lo faccio

ponendo delle domande, pur conoscendo già le risposte che verranno offerte dai rappresentanti

dell’associazione Antigone - la cui attività seguo da tempo - affinché rimangano agli atti della

Commissione. Esiste un effetto degenerativo del rapporto tra carceriere e carcerato, che deriva dal


sovraffollamento dei detenuti e dal depauperamento della pianta organica del personale


penitenziario. Infatti, da una parte il numero dei detenuti aumenta e dall’altra diminuisce quello


degli agenti di polizia penitenziaria e degli altri operatori, come ad esempio gli educatori. Questa

proporzione inversa tra i due «organici», quello dei detenuti e quello della polizia penitenziaria,

determina in molti casi - come risulta dagli atti di numerose inchieste, da cui sono derivati anche

interventi di natura giurisdizionale - dei fenomeni che non possono essere considerati occasionali,

ma che a mio avviso devono essere annoverati tra le problematiche strutturali. Occorre infatti

considerare separatamente le problematiche strutturali e quelle occasionali, riferite cioè ad episodi

circoscritti. Tra i problemi di natura strutturale rientrano, ad esempio, l’affollamento delle carceri o

il malfunzionamento della sanità. Le problematiche occasionali possono essere invece frutto di

fenomeno locali o di scarsa incidenza generale, anche se in alcuni casi possono essere gravi.

Le questioni sono dunque moltissime e vanno dalla carenza delle opportunità di lavoro, di

studio o di attività ludico-ricreative e ludico-rieducative - come il teatro - alla scarsa disponibilità di

strutture ospedaliere penitenziarie, che provocava e provoca maggiori oneri, prima a carico

dell’amministrazione penitenziaria e ora del Servizio sanitario; tali oneri, peraltro, potrebbero essere

abbondantemente ridotti, nel caso in cui ci fosse almeno in un ospedale per provincia un

«repartino», anche non molto grande, dedicato ai ricoveri di coloro che sono privati della libertà.

Ciò determinerebbe anche la riduzione del numero di agenti impiegati, che invece devono essere

utilizzati ove non vi sia un reparto appositamente dedicato.

Un altro problema strutturale riguarda il sopravvitto e le anomalie che si registrano un po’

ovunque per quanto riguarda i costi dei generi di sopravvitto che vengono acquistati dai detenuti.

Purtroppo nelle carceri è presente anche il fenomeno, che le amministrazioni penitenziarie

negheranno fino alla morte a causa della loro autoreferenzialità, dato dalle relazioni anomale tra

detenuti appartenenti alle categorie più forti ed agenti appartenenti alle categorie più deboli.

Questo rapporto provoca purtroppo una serie di anomalie che non possiamo assolutamente

ignorare e che vanno dall’accesso ai telefoni, a quello alla droga e a tanti altri fenomeni che

certamente non possiamo ignorare, se vogliamo entrare in corpore vili e tentare di ipotizzare non

soltanto una statistica, ma anche un’ipotesi di soluzione.


PERDUCA (PD). Anch’io mi associo ai ringraziamenti per l’ottima presentazione effettuata dai nostri

ospiti del tristissimo “pianeta carceri”.

Non ho avuto modo di leggere gli ultimi vostri studi, mi domando, quindi, se siate riusciti a

monitorare l’applicazione della legge Gozzini che avrebbe dovuto rappresentare uno dei modi con cui

porre un limite a questa che ormai non è più un’emergenza o una crisi, ma un vero e proprio stato di

illegalità patente delle carceri italiane, di cui non si sente quasi più parlare, ma che è stata richiamata

dal dottor Gonnella. Qualunque carcere si prenda in considerazione, le persone che comunque godono

di una certa tipologia di possibilità si contano sulla punta delle dita. Faccio questa affermazione in

considerazione del fatto che della legge n. 199 del 2010 (cosiddetta “svuota carceri”) hanno in realtà

beneficiato solo 1.300 persone, di cui il 10 per cento nella regione Toscana (che non è necessariamente

la Regione con la massima presenza di detenuti d’Italia), e ciò sta a significare che la norma in

questione non ha funzionato.

Lo avevamo detto durante la fase di preparazione dello stesso provvedimento nei mesi scorsi e

oggi purtroppo i numeri ci stanno dando ragione, a riprova del fatto che quella non è una risposta da

offrire a questo tipo di illegalità costituzionale delle nostre carceri.

L’altra domanda che mi interessava porre riguarda i detenuti tossicodipendenti. Posto che a me

continua a risultare piuttosto oscuro - ed in tal senso neanche l’audizione dei rappresentanti della sanità

carceraria svolta qualche mese fa è riuscita a fornire chiarimenti - chi venga considerato

tossicodipendente dato che sempre più spesso, sia in interventi pubblici che tecnici, si associa chi è

detenuto per violazione della legge sulla droga a chi lo è per uso di sostanze stupefacenti, mi

interesserebbe sapere quanti di questi soggetti potrebbero godere di una pena o di un trattamento

alternativi all’esterno del carcere, in strutture dedicate al recupero.

Rispetto poi a ciò che è stato menzionato un po’ en passant, ma che inizia oggi a diventare il

vero problema delle carceri, cioè la pena sedata (una questione che abbiamo sollevato anche nella

scorsa audizione, ma rispetto alla quale non siamo riusciti ad avere dati precisi) siete riusciti a misurare

l’impatto della necessità di uso di psicofarmaci per tenere sotto controllo una situazione altrimenti

esplosiva?

Infine, vorrei sapere se abbiate effettuato una verifica delle carenze negli organici direttivi degli

istituti di pena. Ho notato, per esempio, che sempre in Toscana - lo dico perché il fine settimana l’ho

passato a visitare quattro istituti - su 18 carceri si rileva l’assenza di sette direttori.

Dato che stante la difficile situazione economica all’amministrazione ordinaria dei vari istituti

sono destinate poche migliaia di euro e sappiamo che esiste dappertutto - tranne qualche lodevole

eccezione data più al caso che non alla decisione - un problema di sovraffollamento, la mancanza

ulteriore di direttori che possano gestire quotidianamente la questione, a nostro avviso costituisce

ulteriore motivo di preoccupazione. Mi interesserebbe quindi sapere se effettuiate una verifica sul

numero delle presenze o delle assenze dei direttori perché anche questo rappresenta un problema.

Non sono invece riuscito a quantificare l’impatto dovuto alla applicazione della norma che

prevede il reato di immigrazione clandestina sul numero delle entrate in carcere. Per quanto mi

riguarda sono portato a dire che la definizione di tale reato abbia rappresentato solo una norma

manifesto che non ha portato in carcere nessuno.


PRESIDENTE. Al riguardo giustamente il dottor Gonnella faceva rilevare che tale norma ha effetto sul

numero dei processi e non su quello delle detenzioni.


DI GIOVAN PAOLO (PD). Innanzitutto, mi associo agli apprezzamenti manifestati per l’ottima

relazione del dottor Gonnella, che non ci sorprende visto che già conoscevamo la competenza con cui

l’associazione Antigone di cui egli è presidente segue le problematiche in esame.

Molto è stato già detto dai miei colleghi e quindi mi limiterò a porre una domanda molto

concreta.

Abbiamo di fronte un primo problema da affrontare che è poi quello di rendere edotte

dell’emergenza tutte le istituzioni, e non solo quelle più attente. Come già rilevato, all’interno di tale

emergenza ve ne sono altre tra cui, quella più rilevante di cui si stupì il sottosegretario Caliendo in

occasione dell’esame di una mozione lo scorso anno, è data dal fatto che quasi il 40 per cento dei

detenuti sono in attesa di giudizio. La verità è che queste persone sono a rischio di innocenza e questo

rappresenta un primo tema da sviluppare.

La seconda questione riguarda la reazione che ci sarà nel momento in cui solleveremo tali

questioni a conclusione della riflessione sui temi oggetto della nostra analisi. Al riguardo sarebbe bene

se voi poteste fornirci dei suggerimenti onde pervenire alla definizione di proposte compiute,

considerato che è di tutta evidenza che alcune delle soluzioni adottate (come l’indulto e le pene

inferiori ad un anno trasformate in arresti domiciliari, situazione che, peraltro, ha riguardato circa

1.000 persone) non hanno in alcun modo funzionato.

Dobbiamo pertanto tentare di proporre delle soluzioni alternative. Chiediamo a voi di

corroborarci nel nostro tentativo di immaginare delle soluzioni percorribili ed accettabili, mentre, da

parte nostra, lavoreremo sul piano politico cercando di attrarre l’attenzione degli altri colleghi

parlamentari. In sintesi vi chiediamo dei suggerimenti circa le possibilità di intervento, tenuto conto

che in carcere sono presenti circa 70.000 detenuti a fronte di una capienza di circa 50.000.


PRESIDENTE. Vorrei formulare anch’io una domanda.

Lei, dottor Gonnella, non ha parlato nel suo intervento (vi accennava poc’anzi il senatore

Fleres) delle misure di sicurezza, in particolare della misura dell’internamento che è una forma di

privazione delle libertà determinata non con una sentenza, ma con un provvedimento.

Tale misura è stata dichiarata più volte costituzionale dalla Corte a condizione, tuttavia, che

non si trattasse di un misura automatica, ma che ci fosse una valutazione di merito da parte del giudice

di sorveglianza.

Come abbiamo rilevato in passato, il coinvolgimento del giudice di sorveglianza costituisce in

genere un problema importante, e vieppiù in queste circostanze. Non è stato rilevato, ma ricordo che ci

sono molte situazioni nelle quali la figura dei giudici di sorveglianza manca; questo incarico non è

particolarmente ambito da parte dei giovani magistrati - naturalmente vi sono delle eccezioni, visto che

vi sono alcuni magistrati che hanno fatto di questa funzione una missione - tanto che appena gli si

prospetta un’altra possibilità lasciano la posizione di magistrati di sorveglianza per andare a svolgere

ruoli più corrispondenti alle loro aspettative. Questo fa sì che questo personale, al di là delle qualità

professionali, sia sottoposto ad un turn-over talmente veloce da impedire qualsiasi presa in carico di

questa tipololgia di problemi. Mi interesserebbe pertanto sapere se siate in possesso di una visione

globale di questa problematica.


LIVI BACCI (PD). Entro subito nel merito. Vorrei sapere quale è la qualità del sistema informativo

sulle carceri, se esistano proposte per un miglioramento del medesimo e se, eventualmente, sia

possibile accedere a tali proposte.

Il sistema statistico di rilevazione fornisce solo un’informazione parziale, pertanto si

dovrebbe fare di più per ottenere dati ufficiali puntuali, ovviamente da interpretare con tutta la

cautela del caso.

Vorrei però sapere se esista qualche dato in proposito.


GONNELLA. Risponderò ad alcune domande, lasciando poi la parola al dottor Scandurra il quale

interverrà sulla questione relativa alle droghe, che conosce approfonditamente avendo curato un

lavoro specifico su questa materia.

Partendo dalla domanda del senatore Livi Bacci, confermo l’esistenza di un sistema di

rilevazione statistico all’interno del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. E’ un sistema

con il quale riusciamo a relazionarci, anche se, in assenza di una rilevazione qualitativa, si può

parlare di una rilevazione quasi esclusivamente quantitativa che, peraltro, andrebbe anche

maggiormente integrata con informazioni statistiche di natura giudiziaria. Se il dato relativo al

numero dei detenuti non viene comparato periodicamente con quello delle denunce effettuate per


quel determinato reato - pensiamo ad esempio alle denunce per etnia, per età, per territorio - avremo

uno squarcio non necessariamente utile all’adozione di corrette politiche. E’ necessario un incrocio

costante tra i dati della criminalità e quelli della popolazione penitenziaria.

Fra qualche giorno presenteremo un lavoro sulla giustizia minorile in cui, a maggior ragione,

l’incrocio cui ho appena accennato appare fondamentale. In quell’ambito siamo riusciti ad ottenere

un risultato che in altri campi non abbiamo conseguito, vale a dire il contenimento dell’affollamento

grazie ad una legislazione che ha reso residuo l’intervento carcerario. Comunque, per capire se il

sistema funziona lo si deve necessariamente comparare con il numero dei reati commessi, perché se

meno soggetti vengono messi in carcere ma il numero dei reati impuniti è aumentato, non si può

certo affermare che il sistema stia funzionando.

Il minor numero di detenuti è un risultato che si ottiene a fronte di un minor numero di reati

commessi, altrimenti il ragionamento non funziona.

Quanto alla questione dell’internamento, occorre affrontare il tema degli ospedali

psichiatrici giudiziari. Su quanto accade negli ospedali psichiatrici giudiziari, per i quali il

passaggio al Servizio sanitario nazionale e quindi la doppia direzione, una amministrativa e l’altra

sanitaria, ad oggi non ha portato grandi miglioramenti, è in corso un lavoro di ricognizione e di

denuncia della Commissione presieduta dal senatore Marino. Del resto, se non vi fossero state

alcune inchieste della magistratura, l’ultima ad Aversa con i NAS che si sono recati nell’ospedale

psichiatrico giudiziario vietando l’utilizzo delle fasce di contenzione, probabilmente tale strumento

sarebbe ancora in uso, come del resto accade in alcuni istituti psichiatrici giudiziari.

Per quanto concerne invece le case-lavoro, vale a dire la misura di sicurezza che segue alla

pena, si tratta di una situazione specifica tutta italiana. Viene trattata in questo modo la cosiddetta

semi-capacità di intendere e di volere prevista dal nostro codice penale, che produce una pena

determinata nel tempo cui poi si va ad aggiungere una misura di sicurezza che è invece

indeterminata nel tempo. Non è un caso - e voglio segnalarlo in questa Commissione - che il più

elevato numero di suicidi all’interno di un carcere italiano sia avvenuto nella casa-lavoro di

Sulmona, in cui esiste una situazione davvero particolare. In passato è stata una casa-lavoro molto

dura, con ritmi diversi tra carcere e casa-lavoro, intendendo per ritmi le ore nelle quali è possibile

stare fuori dalla cella. Mi ricollego con ciò alla necessità di una rilevazione statistica diversa, di cui

abbiamo bisogno non solo noi ma tutti gli operatori del settore, trattandosi di un’esigenza generale

dell’informazione che speriamo sia possibile ottenere con questa indagine. Mi riferisco ad una

rilevazione che non deve riguardare soltanto la composizione criminale della popolazione detenuta

o il carattere anagrafico, ma anche la gestione carceraria. Non tutte le carceri hanno riconosciuto, ad

esempio, uno stesso numero di ore d’aria e quindi sarebbe interessante sapere quante ore d’aria

vengono garantite; nello specifico si tratta di informazioni rilevabili, che non vengono però rilevate.

Tutto ciò che concerne il carattere qualitativo della detenzione è poco noto.


LIVI BACCI (PD). Questa non è un’informazione qualitativa ma quantitativa.


GONNELLA. Viene considerata un’informazione qualitativa perché tutto ciò che rientra nell’ambito

stretto del diritto viene riconosciuto, ma in realtà in tale ambito esiste una certa elasticità: c’è l’ora

che dura 60 minuti e quella che dura solo 20. È una distorsione del concetto.

Sulle misure alternative, mi ricollego alle proposte del senatore Di Giovan Paolo. Abbiamo

rilevato un crollo nell’esecuzione penale esterna, quindi nelle misure alternative, determinato sia da

motivi di abbandono culturale da parte degli operatori e della magistratura di sorveglianza, sia

dall’impossibilità giuridica di applicarle. Esiste infatti una legge sulla quale riteniamo necessario

intervenire, diversamente la situazione non potrà migliorare. Mi riferisco alla cosiddetta legge ex

Cirielli (n. 251 del 2005), non per la parte relativa alla prescrizione, che non rientra nel nostro

interesse, ma per quella riguardante la fattispecie della recidiva. Il sistema ha infatti fortemente

irrigidito le possibilità per i plurirecidivi di ottenere misure alternative, e poiché in carcere non ci

sono altro che plurirecidivi (tossicodipendenti ed immigrati) il problema appare irrisolvibile. Infatti,

se non si ottempera all’obbligo di espulsione del questore si va al CIE, ma quando si esce perché

non si viene espulsi, si commette nuovamente il reato di inottemperanza all’obbligo di espulsione e

il discorso ricomincia.

Quanto ai direttori di carcere, abbiamo depositato agli atti una rilevazione su tutto il

personale penitenziario, sottolineando l’esistenza di profili in fortissima sofferenza. La Regione in

maggiore difficoltà non risulta essere la Toscana bensì la Sardegna, che ha un direttore ogni 3-4

istituti. Inoltre, poiché il carcere è un luogo estremamente gerarchizzato, essendovi le Forze di

polizia, è chiaro che se non c’è il direttore non succede nulla, laddove il carcere vive di decisioni

prese quotidianamente, minuto per minuto.

Sul tema delle droghe è opportuno che intervenga il dottor Scandurra.


SCANDURRA. Desidero aggiungere una piccola informazione relativa alla domanda formulata dal

senatore Livi Bacci. Mi risulta che esista una massa di informazioni e di dati maggiore rispetto a

quella che viene resa pubblica e accessibile. Chi frequenta gli istituti penitenziari sa che tanti aspetti

vengono monitorati quotidianamente e le relative informazioni vengono inserite in un sistema

informativo a cui non è dato avere accesso. Probabilmente uno sforzo nella direzione della

trasparenza e dell’accessibilità di tali informazioni produrrebbe dei risultati significativi anche

nell’immediato, perché i dati ci sono, anche se magari non sono stati raccolti «a tappeto».

Il tema delle tossicodipendenze in carcere è assai delicato, perché il Ministero della giustizia

rispetto a questa materia ha definitivamente fatto un passo indietro e ora la competenza spetta con

certezza alle ASL. Esiste pertanto una sorta di vuoto informativo, perché il Ministero della giustizia

non fornisce più i dati, che vengono forniti solo dal Dipartimento per le politiche antidroga della

Presidenza del Consiglio. In parte sono cambiate anche le modalità di presentazione di tali dati e si

pone dunque, anzitutto, un problema informativo. Esistono però dei dati che rimangono costanti nel

tempo e sono quindi facilmente misurabili. I due gruppi cui si è fatto riferimento, quello dei

tossicodipendenti e quello degli autori dei reati in violazione della normativa sulle droghe, oggi

sono in qualche modo distinguibili a livello quantitativo. È invece più difficile capirne la

sovrapposizione: secondo alcune stime del Dipartimento per le politiche antidroga, la somma dei

due gruppi (costituiti dai detenuti tossicodipendenti e da coloro che hanno violato il testo unico

sugli stupefacenti, che possono essere anche tossicodipendenti), è pari ad una cifra leggermente

inferiore al 50 per cento dell’intera popolazione carceraria. Circa metà della popolazione detenuta è

dunque interessata dal fenomeno, che si lega anche alla questione delle misure alternative.

Fino a qualche anno fa, per i tossicodipendenti che commettevano un reato il carcere era la

norma. L’affidamento terapeutico in comunità, per quanto fosse un’eccezione, era però un

fenomeno significativo e corposo: su circa 15.000 tossicodipendenti in carcere, ce n’erano circa

4.000 sottoposti a misure alternative. Oggi i tossicodipendenti in carcere sono tra i 15.000 e i 16.000

circa, perché è aumentata la popolazione carceraria, ma le persone sottoposte a misura alternativa

sono molto diminuite: sono infatti circa 1.500. Come già ricordato, tali effetti sono il portato della

cosiddetta legge ex Cirielli cui si va aggiungere il problema della carenza di risorse finanziarie. In

precedenza venivano pagate le rette alle comunità, ma dopo il 2006, anno in cui è stato approvato

l’indulto, i detenuti sono diminuiti e si è smesso di pagarle. Ora le ASL lamentano di non avere più

le risorse necessarie per tornare alla situazione precedente. C’è dunque anche un problema di

risorse, oltre a quello culturale di cui abbiamo parlato in precedenza e agli ostacoli normativi, che

sono stati inseriti con il chiaro scopo di contenere gli accessi alle misure alternative.


GONNELLA. Desidero aggiungere solo un’informazione, su cui sarebbe importante svolgere

un’ulteriore indagine istituzionale, a proposito dell’ uso dei fondi della Cassa delle ammende. Si

tratta di fondi derivanti dalle ammende pagate dai condannati - che ammontano a circa 150 milioni

di euro - che sono istituzionalmente destinati alle attività legate al reinserimento dei detenuti.

Abbiamo sollevato alcune questioni su come sono stati usati questi fondi. Ricordo che sono stati

spesi circa 100 milioni su 150 milioni di euro, per decisione del capo dell’amministrazione

penitenziaria, che ha avuto l’ausilio di una piccola norma inserita nel cosiddetto decreto-legge

“milleproroghe”. Il Governo ha recentemente riconfermato lo stato di emergenza carceraria e

dunque siamo ancora in una stato formale di emergenza, che pare venga fondamentalmente

utilizzato per i piani di edilizia penitenziaria, al fine di velocizzare le procedure utilizzando i

meccanismi già previsti per la Protezione civile. Abbiamo allegato alla documentazione consegnata

alla Commissione una relazione della Corte dei conti dell’agosto del 2010 - si tratta quindi di una

relazione recente - su come vengono gestiti i fondi per l’edilizia penitenziaria allo stato e negli

ultimi 15 anni.

Per quel che riguarda la Cassa delle ammende, dunque, in un momento di grave crisi - lo

vogliamo sottolineare in una sede istituzionale - abbiamo sollevato molte perplessità sul fatto che

ben quasi 5 milioni di euro siano stati assegnati ad una singola struttura non governativa, ad un

soggetto privato, per attività di reinserimento al lavoro. In realtà tali fondi sono stati utilizzati solo

per l’organizzazione di tale struttura: nel progetto non c’é infatti traccia di un loro utilizzo per i

detenuti, ma c’è un esplicito riferimento, insieme al termine «reinserimento», alla parola

«redenzione».


PERDUCA (PD). Sarebbe utile acquisire anche il nome di questa associazione.


GONNELLA. Si tratta della Fondazione “Alleanza del Rinnovamento nello Spirito Santo”. Forse

con questa denuncia il mio intervento ha perso la sobrietà di cui parlava il senatore Fleres, ma

ritenevamo importante raccontare questo fatto, che come associazione non riusciamo più di tanto a

far emergere e dunque questa ci sembrava la sede adatta per farlo.


PRESIDENTE. Ringrazio molto il dottor Gonnella e il dottor Scandurra per la loro presenza e per il

contributo offerto ai nostri lavori.

Dichiaro conclusa l’audizione odierna e rinvio il seguito dell’indagine conoscitiva in titolo

ad altra seduta.

I lavori terminano alle ore 15,20

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