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Mercoledi',23 Marzo 2011: interrogazioni per l'assunzione degli educatori penitenziari
Mercoledi',23 Marzo 2011,
(rinvio del 16 Marzo 2011)
in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.
5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario
5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario
Per leggere il testo delle interrogazioni vai su news giornaliere o etichetta interrogazioni parlamentari
(rinvio del 16 Marzo 2011)
in commissione giustizia discussione delle interrogazioni orali per l'assunzione degli educatori penitenziari.
5-04298 Cassinelli: Sull’iter del concorso pubblico per educatore penitenziario
5-04314 Ferranti: Questioni relative all’assunzione dei vincitori del concorso per educatore penitenziario
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Carceri:necessario assumere educatori,assistenti e psicologi.
26 agosto 2010
Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive
“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.
5 luglio 2010
Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"
Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico
L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.
Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.
Così non va.
Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile
Comunicato stampa, 29 maggio 2010
Ai deputati di commissione bilancio
e giustizia camera
Al sottosegretario
On. Caliendo
Al sottosegretario
On. Giorgetti Alberti
Egregi Onorevoli,
dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.
L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.
Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.
Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.
Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.
La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.
L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.
Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.
La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.
Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.
I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo
Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).
Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).
Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.
Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.
Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.
Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.
Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.
Giustizia: Bernardini (Radicali); basta morti in carcere, varare in fretta misure deflattive
“Il tempo dell’illegalità e dell’inciviltà carceraria italiana è scandito ad un ritmo impressionante dalle morti, dai suicidi. Dico al Governo e ai miei colleghi parlamentari che così numerosi hanno partecipato all’iniziativa del Ferragosto in carcere, che occorre fare in fretta a varare, intanto, misure adeguate a decongestionare la sovrappopolazione carceraria”. Lo afferma Rita Bernardini, deputata Radicale, membro della Commissione Giustizia della Camera, dopo la morte di un detenuto a Sulmona. “Il disegno di legge Alfano - così come svuotato dalla Commissione Giustizia della Camera - non serve a spegnere l’incendio di disperazione e di morte che sta divampando - prosegue.Affidare infatti ai Tribunali di sorveglianza la valutazione della pericolosità sociale e l’idoneità del domicilio per consentire di scontare ai domiciliari pene residue sotto i 12 mesi, significa paralizzare tutto: la valutazione arriverà troppo tardi! Si dia ai direttori degli istituti penitenziari questo compito che saprebbero fare meglio e più in fretta dei magistrati di sorveglianza. Ridimensionata almeno un po’ la popolazione detenuta, occorre immediatamente riformare il sistema come previsto dalle mozioni approvate in gennaio dalle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama a partire dallo stop all’uso indiscriminato della carcerazione preventiva e alla depenalizzazione dei reati minori, per arrivare alle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.
5 luglio 2010
Carceri: Favi, "Bene Tg2, condizioni indegne per detenuti e lavoratori"
Dichiarazione di Sandro Favi responsabile Carceri del Partito Democratico
L’inchiesta del Tg2 sulla drammatica situazione delle nostre carceri evidenzia ciò che il Partito Democratico denuncia da mesi, e cioè condizioni di vita per i detenuti e per i lavoratori penitenziari del tutto indegne. Quelle viste all’Ucciardone sono situazioni che in realtà riguardano la stragrande maggioranza delle carceri italiane. Le morti in carcere e gli atti di autolesionismo sono segnali inequivocabili: occorre attuare da subito politiche penitenziarie che decongestionino gli istituti. È assolutamente necessario investire sulle misure alternative alla detenzione e sull’aumento di agenti di polizia penitenziaria, di educatori, di assistenti sociali e psicologi.
Finora il ministro Alfano e il direttore delle carceri Ionta hanno saputo solo ipotizzare un piano carceri che avrà lunghissimi tempi di realizzazione e che non inciderà minimamente per un miglioramento della situazione nell’immediato.
Così non va.
Lettere: senza assunzione personale educativo il ddl Alfano è inutile
Comunicato stampa, 29 maggio 2010
Ai deputati di commissione bilancio
e giustizia camera
Al sottosegretario
On. Caliendo
Al sottosegretario
On. Giorgetti Alberti
Egregi Onorevoli,
dopo aver appreso la notizia sul parere negativo della Commissione Bilancio sugli artt. 2 quater e 2 sexies del Ddl Alfano questo Comitato ritiene necessario porre alla Vostra attenzione alcune osservazioni. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru 2.060 svuoterebbe di significato il Ddl Alfano riducendolo ad una imago sine re.
L’investimento in risorse umane è propedeutico alla concreta materializzazione della normativa contenuta nel provvedimento. Secondo quanto enunciato dall’art. 1 comma 3 del Ddl. il magistrato di sorveglianza decide sulla base della relazione inviatagli dall’istituto penitenziario.
Alla luce della normativa penitenziaria è l’educatore colui che osserva il comportamento del detenuto e provvede alla stesura della relazione di sintesi, cioè di quella relazione di cui si servirà il magistrato di sorveglianza per la decisione finale sulla misura alternativa.
Senza l’incremento di ulteriori unità di personale pedagogico la situazione del sovraffollamento carcerario non potrà mai essere risolta né tantomeno potrà trovare risoluzione la drammatica condizione in cui versano le carceri italiane.
Pochi educatori significa poche relazioni da inviare al magistrato di sorveglianza. Pochi educatori significa impossibilità di fare il trattamento. Pochi educatori significa stasi della concessione di misure alternative. L’eliminazione dell’articolo aggiuntivo Schirru creerebbe un vero e proprio effetto boomerang che provocherebbe la totale paralisi del Ddl Alfano.
La Commissione Giustizia dopo aver preso atto della grave situazione di disagio in cui versano le carceri italiani ha dato voce all’articolo 27 della Costituzione decidendo di investire su quello che già nel Settecento Beccaria definiva “il più sicuro mezzo di prevenire i delitti” ossia l’educazione.
L’approvazione dell’articolo aggiuntivo che esclude il Dap dalla riduzione della pianta organica e dal blocco delle assunzioni costituisce una vera e propria presa di coscienza dell’assunto secondo il quale non può esserci alcun miglioramento delle condizioni di detenzione senza l’investimento in risorse umane.
Si evidenzia inoltre che l’emendamento è già stato “riformulato” originariamente infatti prevedeva l’obbligo per il governo,dopo l’invio della relazione per l’adeguamento della pianta organica, di predisporre entro 2 mesi un piano straordinario di assunzioni.
La totale eliminazione di questo emendamento volto alla concreta applicazione della misura alternativa sulla quale questo Governo intende puntare per risolvere il dramma del pianeta carcere renderebbe inutile l’approvazione di un Ddl che non riuscirebbe mai ad essere attuato.
Ci sarebbe infatti una vera e propria antinomia tra norma e realtà. La realtà è che la situazione carceraria italiana è drammatica e preoccupante.
I continui suicidi in carcere sono da porre in relazione con le insopportabili condizioni di disagio in cui vivono i reclusi delle carceri italiane alla carenza di trattamento e attività rieducative e alla mancata assistenza psicologica dovuta alla cronica carenza di personale educativo
Ebbene, l’Italia, Paese democratico, è stata condannata dalla Cedu per trattamento degradante e disumano. A tale situazione va data una risposta concreta, soprattutto se si considera che il bilancio dello stato potrebbe essere aggravato dalle condanne della Cedu (Sic!).
Inoltre non si comprende come la crisi riguardi solo le risorse umane e non anche lo stanziamento dei fondi per l’edilizia penitenziaria ,infatti, una volta costruite nuove carceri queste rimarranno inutilizzate (Sic!) Un esempio è fornito dal carcere di Agrigento e dal carcere di Rieti, a Pinerolo inoltre, c’è un carcere vuoto da 10 anni ma è già stata individuata un’area per costruir un nuovo carcere (fonte Girodivite).
Per un provvedimento importante, come quello in esame, che punta sulla rieducazione e sul recupero del reo, occorre assumersi delle responsabilità serie, perché l’incremento del personale pedagogico rappresenta il sine qua non della correlazione legge - realtà.
Ancora una volta si evidenzia inoltre che il “decantato” vulnus di copertura finanziaria può essere sanato attingendo dai fondi della Cassa delle Ammende che secondo quanto disposto dall’art 129 III comma del Dpr 30 giugno 2000, n. 230, devono essere destinati ai programmi che tendono a favorire il reinserimento sociale dei detenuti e degli internati anche nella fase di esecuzione di misure alternative alla detenzione”e non all’edilizia penitenziaria (Sic!) . Qualora il Governo non intenda attingere i fondi necessari dalla cassa delle Ammende potrebbe ricavarli dai fondi del Fug, visto che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha firmato il decreto che assegna per la prima volta le quote delle risorse sequestrate alla mafia e i proventi derivanti dai beni confiscati al Fondo Unico Giustizia (Fug), nella misura del 50 per cento al Ministero dell’Interno e del 50 per cento al Ministero della Giustizia. Attingendo i fondi o dalla cassa delle Ammende o dal Fug non vi sarebbe alcun onere aggiuntivo in quanto gli stessi sono già previsti in bilancio.
Per le ragioni suesposte riteniamo che l’emendamento presentato dall’On. Donatella Ferranti e Schirru sia una vera proposta “bipartisan” che deve, necessariamente,trovare accoglimento così come è stato approvato in Commissione Giustizia.
Riteniamo altresì che il governo, dopo aver provveduto all’adeguamento della pianta organica anche in relazione alla popolazione detenuta ( quasi 70mila detenuti) debba predisporre un piano straordinario di assunzioni di educatori penitenziari da attingersi dalla vigente graduatoria del concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di Educatore, Area C, posizione economica C1, indetto con Pdg 21 novembre 2003.
Una scelta in tal senso rappresenterebbe la chiave di volta per un chiaro e ben preciso impegno di responsabilità affinché la drammatica situazione che affligge il pianeta carcere possa finalmente essere risolta. Per tali ragioni auspichiamo che tutta la commissione bilancio della camera e il sottosegretario Alberto Giorgetti facciano una seria e proficua riflessione riconoscendo l’importanza ai fini dell’attuazione del Ddl in esame dell’emendamento Schirru 2.060.
FERRANTI SU DDL CARCERI,OTTENUTO ANCHE AMPLIAMENTO ORGANICO EDUCATORI PENITENZIARI.
Donatella Ferranti,PD:piano programmato di assunzioni del personale degli educatori.
Governo favorevole a emendamenti Pd per potenziamento personale penitenziario:piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi.
18 maggio 2010
La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.
Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano
“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.
“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.
“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.
18 maggio 2010
La commissione Giustizia della Camera ha cominciato a votare gli emendamenti presentati al ddl carceri e il Governo ha dato parere favorevole alle proposte di modifica del Pd che prevedevano il potenziamento del personale civile e amministrativo penitenziario (psicologi, educatori, ecc) e l’adeguamento delle piante organiche di carabinieri e polizia in funzione del nuovo impegno che dovranno svolgere per vigilare sui detenuti che trascorreranno agli arresti domiciliari l’ultimo periodo della loro detenzione. Il capogruppo del Pd in commissione giustizia, Donatella Ferranti, ha espresso soddisfazione per questo parere favorevole del Governo augurandosi che alla fine l’emendamento venga approvato.
Pd: nostre proposte sono su linea indicata da Napolitano
“Il Pd è pronto” a rispondere al monito del presidente della Repubblica sulla necessità di risolvere il sovraffollamento delle carceri e “a fare la propria parte”. Per questo, annuncia Sandro Favi, responsabile Carceri dei democratici, “nei prossimi giorni il nostro partito presenterà proposte su questi temi, in un quadro di sistema e in continuità e sviluppo delle mozioni approvate dal Parlamento già nei primi mesi di quest`anno”.
“Proporremo - spiega Favi - che si proceda alla revisione del codice penale, che vengano riviste le norme che determinano l`alta incidenza di imputati in custodia cautelare in carcere e quelle sul trattamento penale dei tossicodipendenti, che siano ampliate le opportunità di accesso alle misure alternative alla detenzione. Chiederemo inoltre al Governo - prosegue - un piano programmato di assunzioni, per l`adeguamento degli organici del personale di Polizia penitenziaria, degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, nonché gli indispensabili stanziamenti ed investimenti per ripristinare la corretta funzionalità ed operatività dei servizi e delle strutture”.
“Il Partito Democratico - conclude l’esponente del Pd - rinnova la stima e la fiducia degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria e l`apprezzamento verso i dirigenti dell`Amministrazione penitenziaria, verso le professionalità socio-educative, sanitarie, amministrative e tecniche che, in questa fase difficile, dimostrano il proprio impegno con alto senso di umanità e qualificate competenze”.
Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"
Carceri: Pd, "Testo migliorato in commissione, ma serve uno sforzo in più" Ferranti: "Iter rapido? Vediamo atteggiamento maggioranza su nostre proposte"
“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.
Proposta emendativa 8.01.
Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:
«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.
2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa
Proposta emendativa 8.03.
Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:
«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa
28-04-10
Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.
Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.
“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”
“Lo stralcio della messa in prova consentirà di esaminare rapidamente il provvedimento sulla detenzione domiciliare”. Lo dichiara la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti facendo notare come ‘la messa in prova non riguardava la popolazione carceraria e quindi non avrebbe avuto effetti sul grave stato di sovraffollamento delle carceri italiane. In ogni caso – sottolinea la democratica – il voto di oggi conferma il nostro giudizio negativo sul testo uscito dal consiglio dei ministri che era confuso ed inefficace anche perché privo di qualsiasi copertura finanziaria. Stiamo adesso valutando se aderire o meno alla richiesta di un voto in sede legislativa sul testo modificato nel corso dei lavori in commissione. La nostra disponibilità dipenderà anche dall’atteggiamento della maggioranza sulle nostre ulteriori proposte di modifica. In particolare: la tutela delle vittime di violenza domestica, il rafforzamento del personale di polizia (non solo quella penitenziaria) e del personale del comparto civile dell’amministrazione penitenziaria(educatori e psicologi)”.
Proposta emendativa 8.01.
Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:
«Art. 8-bis. - 1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della Giustizia, sentiti i Ministri dell'interno e della funzione pubblica, riferisce alle competenti Commissioni parlamentari in merito alle necessità di adeguamento numerico e professionale della pianta organica del Corpo di Polizia penitenziaria e del personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria e al numero dei posti esistenti e programmati.
2. A tal fine il Governo presenta al Parlamento entro i successivi novanta giorni un apposito piano straordinario di assunzioni di nuove unità specificandone i tempi di attuazione e le modalità di finanziamento.».
Ferranti Donatella, Schirru Amalia, Samperi Marilena, Amici Sesa
Proposta emendativa 8.03.
Dopo l'articolo 8 inserire il seguente:
«Art. 8-bis. - 1. Al comma 8-quinquies, della legge n. 26 del 2010, dopo le parole Il Corpo della Polizia penitenziaria, sono inserite le seguenti il personale del comparto civile del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria,».
Schirru Amalia, Ferranti Donatella, Samperi Marilena, Amici Sesa
28-04-10
Dopo l'ennesimo suicidio in carcere (23 dall'inizio dell'anno), nel penitenziario di Castrogno, a Teramo, il parlamentare dell'IdV, Augusto Di Stanislao, ribadisce la necessita' di interventi diretti ed immediati da parte del Governo. ''Non e' piu' ammissibile - afferma il deputato IdV - una tale situazione di completa incapacita' da parte del Governo di affrontare concretamente le problematiche delle carceri in Italia''. Di Stanislao ricorda che ''dopo varie visite presso il carcere di Castrogno e altrettante interrogazioni ad Alfano, dopo una mozione a mia prima firma approvata all'unanimita', con la quale anche la maggioranza si e' impegnata in una serie di iniziative atte a risollevare una drammatica realta' focalizzando l'attenzione sul sovraffollamento e sulla carenza di personale penitenziario e di educatori, dopo l'annuncio dell'emergenza carceri di Alfano e del fantomatico piano carceri, dopo continue denunce e sollecitazioni dei sindacati sulla necessita' di intervenire sulle strutture, sugli organici, siamo ancora di fronte ad una situazione insostenibile e all'emergenza soluzioni''. ''Ho presentato da tempo - conclude Di Stanislao - una proposta di legge per istituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulla situazione delle carceri in Italia che, ora piu' che mai, diventa fondamentale per dare risposte e soluzioni ai molteplici problemi e disagi dell'intero mondo penitenziario''.
Di Stanislao:il ministro tace sulle assunzioni degli educatori,riferisca in parlamento.
“E’ giusta l’assunzione di 2.000 agenti così come evidenziato da Sarno, Segretario generale Uil Pa Penitenziari, per garantire il turnover e quindi supplire la carenza del personale di polizia penitenziaria, ma vi è una colpevole dimenticanza da parte del Ministro quando tace sulla necessità di garantire la presenza degli educatori così come previsto nella Mozione IdV approvata all’unanimità dal Parlamento.” Queste le parole dell’On. Di Stanislao che prosegue: “Non vorremmo che questo impegno del Ministro si focalizzi esclusivamente sull’edilizia carceraria e altresì non vorremmo che dietro la parola magica “stato di emergenza” si celi il grimaldello per ridare vita ad una ” Carceri d’oro 2″ che in barba alla procedure di appalti e alla trasparenza abbiano buon gioco, piuttosto che la pubblica utilità e l’urgenza, i furbetti delle sponsorizzazioni. Si segnala al Ministro, nel frattempo, che in Italia vi sono 40 penitenziari incompiuti ed inutilizzati in un Paese che ne ha 171 in tutto e nel Piano Carceri presentato non c’è cenno di recupero di questo patrimonio. Chiedo che il Ministro venga, così come richiesto in Aula, a riferire in Parlamento sugli impegni presi in relazione ai tempi e modi e risorse da impiegare. Nel frattempo con due distinte interrogazioni chiedo al Ministro quale modello di recupero intenda mettere in campo visto che non si parla assolutamente di assumere gli educatori e cosa intenda fare per i 40 penitenziari incompiuti.”
16 Marzo 2010:interrogazione a risposta in Commissione su assunzione idonei educatori penitenziari
Convocazione della II Commissione (Giustizia)
Martedì 16 marzo 2010
Ore 13.45
5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.
- Al Ministro della giustizia.
- Per sapere
- premesso che:
il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;
nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);
in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;
lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;
non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009
se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.
(5-02550)
Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.
Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.
24 febbraio 2010:
ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao
La Camera,
premesso che
il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;
il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;
nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria.
Accolto come raccomandazione.
19 Febbraio 2010:
ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD
La Camera,
premesso che:
l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;
la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,
impegna il Governo
a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.
9/3196/13.
Donatella Ferranti.
Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini
Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.
Martedì 16 marzo 2010
Ore 13.45
5-02550 Ferranti: In relazione all’assunzione di educatori penitenziari
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRANTI, MELIS, TIDEI e SAMPERI.
- Al Ministro della giustizia.
- Per sapere
- premesso che:
il 17 febbraio 2010 il Sottosegretario per la giustizia Caliendo è intervenuto in Senato sul tema dell'assunzione degli educatori penitenziari reclutati tramite il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo professionale di educatore, area C, posizione economica C1, indetto con PDG 21 novembre 2003;
nel corso della succitata seduta, il Sottosegretario Caliendo ha affermato che entro aprile 2010 saranno assunti in via definitiva tutti gli educatori che hannosuperato i precedenti concorsi, oltre ai 170 già assunti (anche se agli interroganti risulta che siano stati assunti 97 educatori);
in realtà, l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso era già programmata con l'indizione dello stesso nel 2003, per il quale il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria già disponeva dei fondi necessari;
lo stesso Ministro interrogato, onorevole Alfano, aveva riconosciuto l'improcrastinabilità e l'urgenza di assumere più unità di educatori quando, il 12 gennaio 2010, furono approvate alla Camera le mozioni sui problemi del carcere presentate da vari gruppi parlamentari;a fronte di una popolazione carceraria di 67.000 unità, il rapporto educatore/detenuto è di circa 1 a 1.000, cosa che rende in pratica impossibile lo svolgimento di qualsivoglia progetto rieducativo impedendo il corretto reinserimento del detenuto nel tessuto sociale, così come previsto nel dettato costituzionale;
non avendo il Ministro interrogato ancora proceduto all'assunzione di ulteriori unità degli educatori, limitandosi a rimandare la questione ad un futuro confronto in merito con i Ministri Tremonti e Brunetta, sarebbe auspicabile ed urgente un rapido avvio della procedura di assunzione di educatori, almeno per completare la già esigua pianta organica, ulteriormente ridotta di circa 400 unità dal decreto legislativo n. 150 del 2009
se non ritenga opportuno procedere celermente all'assunzione di educatori attingendo dalla vigente graduatoria degli idonei risultante dal concorso pubblico a 397 posti di cui in premessa, al contempo prorogando la validità della stessa per almeno un quinquennio, al fine di permetterne lo scorrimento graduale per compensare il turn-over pensionistico, evitando l'indizione di nuovi concorsi che comporterebbe ulteriori oneri finanziari.
(5-02550)
Risposta all'interrogazione di Donatella Ferranti:dal 2011 assunzioni degli idonei educatori concorso,il comitato vigilera'.
Nel rispondere agli On. interroganti ritengo opportuno segnalare che il concorso pubblico per esami a 397 posti nel profilo di "Educatore", Area C, posizione economica C1, dell'Amministrazione Penitenziaria, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16.4.2004 - IV serie speciale e si è concluso in data 9 luglio 2008.La graduatoria definitiva, immediatamente dopo l'approvazione del Direttore Generale con provvedimento dell'11 luglio 2008, è stata trasmessa all'Ufficio centrale per il bilancio per l'apposizione del visto di controllo.Nell'anno 2009, in ragione dell'entità dei fondi stanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della Legge 24.12.2007 n. 244, è stato possibile procedere all'assunzione dei primi 103 vincitori del predetto concorso a 397 posti.Quanto alle restanti 294 unità, la competente Direzione Generale di questa amministrazione ha già programmato il relativo piano di assunzione ricorrendo, per la copertura degli originari 397 posti a concorso, allo scorrimento della graduatoria, ai sensi dell'art. 15, co. 7, DPR n. 487/99 e successive integrazioni e modificazioni.I nuovi educatori - alcuni dei quali individuati tra i candidati idonei, ma non vincitori del concorso, attese le 12 defezioni intervenute per rinunce, mancate stipule del contratto o dimissioni da parte degli aventi diritto - hanno infatti già scelto la sede di destinazione e, entro aprile del corrente anno, saranno formalmente assunti con firma del relativo contratto.Per quanto riguarda, invece, l'auspicata possibilità di procedere ad un ulteriore scorrimento della graduatoria oltre il numero dei posti originariamente messi a concorso, mi corre l'obbligo di segnalare che tale eventualità non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 15, co. 7, del DPR n. 487/1994 e che pertanto, limitatamente all'anno in corso, non può essere attuata per mancato stanziamento dei fondi occorrenti.I fondi disponibili, infatti, sono stati impegnati sia per l'assunzione dei vincitori del suddetto concorso per educatori, sia per l'assunzione degli idonei al concorso a 110 posti di contabile, a copertura dei posti previsti dal relativo bando ed in ragione delle gravi carenze riscontrate anche nell'area contabile.Dato atto di quanto sopra e, premesso che la validità delle graduatorie è indicata in tre anni dalla data della pubblicazione nei Bollettini ufficiali, faccio presente che, nel caso di specie, la validità della graduatoria del concorso a 397 posti è fissata al 31 maggio 2012 e che, pertanto, a partire dal prossimo anno, in presenza delle risorse economiche necessarie, potranno esservi le condizioni per procedere ad uno scorrimento della graduatoria, anche oltre il numero dei posti pubblicati.
24 febbraio 2010:
ordine del giorno su non riduzione organico educatori di Roberto Rao
La Camera,
premesso che
il provvedimento in esame prevede, all'esito del processo di riorganizzazione di cui all'articolo 74, del decreto legge n. 112 del 2008, un'ulteriore riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche ai fini del contenimento della spesa pubblica;
il comma 8-quinquies dell'articolo 2 individua le amministrazioni che non sono interessate dalle riduzioni descritte, tra cui il Corpo di Polizia Penitenziaria;
nonostante le difficoltà operative, la scarsezza di mezzi e personale risulta, inopinatamente escluso da tale previsione il personale civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad includere tra il personale delle amministrazioni non interessate dalla riorganizzazione delle piante organiche non solo quello di polizia penitenziaria ma anche quello civile del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, con particolare riferimento alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, anche in vista dell'avvio del Piano carceri che necessiterà di adeguate risorse umane e professionali. 9/3210/41. Rao, Ria.
Accolto come raccomandazione.
19 Febbraio 2010:
ordine del giorno su assunzione educatori di Donatella Ferranti e PD
La Camera,
premesso che:
l'articolo 17-ter stabilisce che, per l'attuazione del cosiddetto «Piano carceri» si conferiscono pieni poteri al Commissario straordinario che, per individuare la localizzazione delle aree destinate alla realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie, d'intesa con il Presidente della regione territorialmente competente e sentiti i sindaci dei comuni interessati, potrà agire in deroga alla normativa urbanistica vigente, velocizzando procedure e semplificando le gare di appalto, utilizzando il modello adottato per il dopo terremoto a L'Aquila, derogando anche all'obbligo previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, volto a consentire agli interessati, proprietari delle aree che si intendono espropriare, la necessaria partecipazione al procedimento amministrativo;
la localizzazione costituisce di per sé variante e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato all'espropriazione e contro di essa non sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo e si introduce anche una deroga al limite dei subappalti, che potranno aumentare dall'attuale 30 per cento fino al 50 per cento, in deroga all'articolo 118 del codice dei contratti pubblici; in sostanza, si affidano pieni poteri al Commissario straordinario, che potrà avvalersi anche del Dipartimento per la protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzioni lavori e vigilanza degli interventi strutturali ed infrastrutturali, in deroga ai criteri di trasparenza e pubblicità e in palese contraddizione con la mozione Franceschini ed altri n. 1-00302 (approvata sostanzialmente all'unanimità alla Camera il 12 gennaio di quest'anno e accettata dal Governo) che impegnava chiaramente il Governo a garantire, nell'ambito dei progetti della nuova edilizia penitenziaria, i criteri di trasparenza delle procedure e l'economicità delle opere evitando il ricorso a procedure straordinarie, anche se legislativamente previste,
impegna il Governo
a verificare l'adeguatezza, in proporzione alla popolazione carceraria, delle piante organiche riferite non solo al personale di polizia penitenziaria ma anche alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano programmato di assunzioni che vada oltre il turn-over dovuto ai pensionamenti previsto dalla legge finanziaria per il 2010 e che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie, anche distribuendo meglio il personale sul territorio, concentrandolo nei compiti di istituto, sottraendolo ai servizi estranei, consentendogli un adeguato, costante ed effettivo aggiornamento professionale.
9/3196/13.
Donatella Ferranti.
Il comitato vincitori idonei concorso educatori dap in sostegno di Rita Bernadini
Educatori penitenziari sostengono la protesta di Rita Bernardini e Irene TestaRistretti Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori condivide e sostiene l’iniziativa non violenta intrapresa da Irene Testa e Rita Bernardini, impegnate in uno sciopero della fame perrichiedere l’esecuzione immediata di quanto proposto nelle cinque Mozioni parlamentari,unanimemente approvate nei giorni 11 e 12 gennaio 2010, riguardanti la situazione del sistema carcerario italiano.Giova ricordare che in quella occasione lo stesso Ministro Alfano assumeva precisi impegni ed affermava che vi avrebbe dato celere e certa attuazione sancendo l’inizio di un nuovo percorso,iniziato con la dichiarazione di Emergenza di tutto il sistema penitenziario alla quale ci si aspettava sarebbe seguita la predisposizione nel Piano Carceri di tutti quegli atti necessari ad ottemperare a quanto detto nelle citate Mozioni per poter, nei tempi strettamente necessari, affrontareconcretamente e efficacemente l´ormai ingestibile situazione creatasi nei nostri istituti penitenziari.Tuttavia, da un’iniziale analisi condotta sui primissimi elementi costitutivi e organizzativi del Piano Carceri emerge solo una particolare attenzione all’aspetto strutturale e custodiale, non prevedendo,invece, alcun intervento per incrementare e favorire la fondamentale componente rieducativa, vero obiettivo dell’esperienza carceraria.Questo Comitato ed altri illustri interlocutori del mondo penitenziario, continuano, infatti, a chiedere a gran voce che vengano assunti più educatori, affinché l’ingresso nelle nostre carceri non si limiti ad un forzato ozio, ma divenga precipuo momento di riflessione e riprogettazione del sé.Ad oggi, però, in merito alla questione degli educatori, alcuna volontà specifica è stata espressa dal Ministro, nonostante, le nostre carceri continuino quotidianamente ad affollarsi a causa dei numerosi nuovi ingressi, ma anche per la spaventosa carenza di educatori che, secondo quanto stabilito dalle vigenti leggi, rappresentano i coordinatori e i realizzatori materiali dei percorsirieducativi, nonché quelle figure professionali atte a garantire, nei giusti modi e nei tempi,l’espletamento, dell’intero iter necessario all’accesso alle misure alternative alla detenzione di quei detenuti che ne avrebbero i requisiti, ma che continuano a restare in carcere a causa dello sparuto numero di educatori attualmente in servizio a fronte di una popolazione di 66.000 persone carcerate.Pertanto, ci uniamo all´Onorevole Bernardini e a Irene Testa per chiedere l´immediata esecuzione delle citate mozioni e auspichiamo che il Ministro Alfano ne predisponga repentinamente l’avvio.Il Comitato, altresì, ad ausilio dell’iniziativa intrapresa da Rita Bernardini e da Irene Testa,promuove una “catena di informazione solidale” impegnandosi a diffondere la conoscenza di tale protesta non violenta tramite l’invio di questo comunicato non solo a tutti gli organi di informazione, ma anche ai propri conoscenti invitandoli a fare altrettanto.Il Comitato vincitori e idonei concorso educatori.
Donatella Ferranti,PD:da Ionta, un primo segnale l'immediata assunzione dei tanti educatori.
CARCERI: PD, VOGLIAMO VEDERCI CHIARO. AUDIZIONE ALLA CAMERA DI IONTA
Roma, 13 gen
''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.
Roma, 13 gen
''Lo vogliamo esaminare puntigliosamente ed e' per questo che gia' domani chiederemo al presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno di attivarsi per prevedere al piu' presto l'audizione del capo del Dap, dott. Franco Ionta''. Cosi' la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta l'approvazione del piano carceri da parte del Cdm di oggi. ''I primi dati forniti dal ministro Alfano - sottolinea - non ci convincono fino in fondo: se infatti le carceri italiane possono ''tollerare' sino a circa 64.237 detenuti, da regolamento non potrebbero ospitarne piu' di 43.087. Il grado di sovraffollamento e' elevatissimo, siamo ampiamente fuori quota, e per arrivare ad 80.000 posti, i 21.749 annunciati oggi dal ministro Alfano sembrano insufficienti. E poi - prosegue - non basta costruire muri, occorre riempirli di personale numericamente e professionalmente adeguato: dalla polizia penitenzieria, agli psicologi, agli educatori e agli altri esperti. Di tutto questo ancora non c'e' traccia, ma aspettiamo di conoscere nel merito dal dott. Ionta le cifre esatte, certo - conclude - che un primo segnale potrebbe essere l'immediata assunzione dei tanti educatori e psicologi del concorso''.
Assunzione degli educatori primo impegno del governo
Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato:- a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito;- a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici;- ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere;- a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito;Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti.Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.
Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari
Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari
venerdì 21 gennaio 2011
COMUNICAZIONI DI ALFANO SU AMMINISTRAZIONE GIUSTIZIA E RISOLUZIONI PER FAR RISPETTARE GLI IMPEGNI CHE HA ASSNTO:MOZIONI SU CARCERE E ADEGUAMENTO DEGLI ORGANICI EDUCATORI PENITENZIARI MEDIANTE ASSUNZIONE IDONEI CONCORSO.
Comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (ore 10,08).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Intervento del Ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano.
ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per il terzo anno consecutivo sono chiamato a riferire dinanzi ai rappresentanti eletti dal popolo dei risultati conseguiti dal Governo nel delicatissimo tema dell'amministrazione della giustizia e a dare atto cioè a tutti i cittadini della corrispondenza o meno, nell'attività del Governo, del programma politico che, attraverso il voto, la maggioranza degli italiani ha condiviso.
Mi sia consentito, prima di ogni cosa, di rivolgere un deferente ossequio al signor Presidente della Repubblica, garante dell'unità d'Italia voluta dai Padri del Risorgimento e consacrata anche nell'unità del sistema giudiziario del Paese, della quale unità quest'anno ricorre il centocinquantesimo anniversario.
L'anno appena trascorso ha visto il Ministero della giustizia impegnato a fondo nella decisiva battaglia dell'efficienza, volta a contrastare la lentezza del sistema processuale italiano che impedisce al cittadino di fruire della giustizia quale servizio di un moderno Stato democratico.
Nei mesi scorsi, su questo fronte, molti sono stati i risultati conseguiti dal Governo, sui quali a breve mi soffermerò. Ma un dato su tutti è per me motivo di orgoglio e di incoraggiamento nel proseguire la strada già tracciata e per apprezzarlo meglio è utile ricordare che esattamente trent'anni fa, nel 1980, l'arretrato civile, già allora considerato grave, era pari a 1.394.826 procedimenti. Nel 1990 cresceva a 2.414.050, incrementato in media da circa 100.000 fascicoli in più ogni anno. Nel 2000 raggiungeva il traguardo di 4.896.281 procedimenti ed infine, il 31 dicembre 2009, si avvicinava alla soglia dei 6 milioni, segnando il record assoluto di 5.826.440 di arretrato pendente.
Ebbene, dopo lustri di inesorabile aumento della pendenza dell'arretrato, gli uffici della statistica del Ministero hanno registrato quest'anno un risultato clamoroso e straordinario che, negli ultimi trent'anni, si è manifestato una sola volta, in modo analogamente marcato, e cioè il numero dei processi civili pendenti, nel giugno del 2010, è sceso del 4 per cento, arrivando a 5.600.616 rispetto all'anno precedente, con una diminuzione pari a meno 223.824 procedimenti, cosa che finalmente marca una decisa inversione del trend negativo che vi ho appena ricordato.
Il risultato raggiunto è stato più roseo di ogni ottimistica aspettativa, considerato che dopo trent'anni di inarrestabile incremento anche soltanto il blocco della corsa al rialzo poteva considerarsi un buon traguardo. Dunque, l'inversione di tendenza rappresenta la più gradita e piacevole delle novità che - si badi - non è per me una sorpresa, ma una scommessa vinta, che lascia ben sperare per il futuro e conforta sulla bontà delle scelte operate. Infatti, lo studio disaggregato dei dati consente di ritenere non occasionale né fortuito questo evento che, al contrario, trova la sua spiegazione nella convergenza di almeno tre fattori positivi introdotti dal Governo Berlusconi: le riforme in materia di processo civile, la sempre più completa informatizzazione degli uffici giudiziari, le modifiche normative delle spese di giustizia ed in particolar modo della disciplina del contributo unificato che ha abbattuto sensibilmente il numero delle opposizioni a sanzioni amministrative.
A questi virtuosi interventi si è ancora una volta aggiunta positivamente la straordinaria capacità di silente e proficuo lavoro dei magistrati italiani addetti al civile. In questo modo abbiamo dimostrato che il nemico mortale della giustizia italiana, cioè la sua lentezza, sulla quale mi ero soffermato a lungo negli anni precedenti proprio in quest'Aula, può e deve essere sconfitto con un disegno chiaro ed un'adeguata strategia.
Ciò posto, nel settore penale i dati segnalano una stabilità della pendenza, con un modesto decremento, poiché si passa da 3 milioni e 335 mila procedimenti pendenti al 31 dicembre 2009 a 3 milioni e 290 mila al 30 giugno 2010: segno evidente della necessità di una maggiore incisività degli interventi sul processo penale che dovrà essere espressa nella seconda metà della legislatura in corso. Vi è tuttavia un dato in notevole aumento che non mi dispiace affatto, perché fa riferimento alla sopravvenienza dei procedimenti penali iscritti presso le procure della Repubblica contro indagati noti per reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia, un dato che registra un incremento del 10,5 per cento, perché, oltre all'impegno encomiabile dei magistrati e delle forze dell'ordine nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, una parte del merito va attribuito anche agli innovativi ed efficaci strumenti garantiti con i numerosi interventi legislativi e amministrativi in materia di antimafia proprio da parte di questo Governo.
Il complesso di questo impegno della «squadra Stato» e di questi interventi ha consentito infatti di mettere in campo il più robusto sistema di norme di contrasto alla criminalità organizzata, il più alto numero di detenuti sottoposti al regime di cui al 41-bis dalla sua introduzione nel nostro ordinamento giuridico, il più alto numero di provvedimenti ministeriali di riapplicazione del citato regime del 41-bis dopo l'avvenuto annullamento disposto in sede giudiziaria dai tribunali di sorveglianza, il più basso numero di provvedimenti ministeriali di revoca del 41-bis da parte del Ministro della giustizia, la gestione del tragico record di presenza nelle carceri senza che si sia fatto ricorso ad indulti o provvedimenti generalizzati di clemenza, il più alto numero di posti di magistrati messi a concorso in soli due anni (ben 713, cui si aggiungono i 253 magistrati già assunti nel 2010, per complessive 966 unità); il più alto numero di posti di agenti di polizia penitenziaria, ben 1.800, banditi in un solo concorso; il più alto numero di nuovi posti nelle strutture carcerarie, cioè 2.000 in due anni, equivalenti al numero di nuovi posti che erano stati istituiti nei dieci anni precedenti.
L'attività del Ministero ha avuto come primo obiettivo nel 2010 il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e penitenziario del nostro Paese, ed in questo senso, nonostante i tagli determinati a livello globale dalla contingente crisi economica sui bilanci di ciascuna amministrazione pubblica, nei dodici mesi scorsi sono stati raggiunti significativi risultati in materia di organizzazione dei servizi e di potenziamento del sistema carcerario.
Partirò dal primo aspetto. Quanto alla organizzazione, una citazione merita la positiva evoluzione del progetto «Diffusione di best practice presso gli uffici giudiziari italiani» finanziato dal Fondo sociale europeo per 23 milioni di euro stanziati dalle regioni con la programmazione 2007-2013 e riguardante la diffusione delle prassi virtuose che possono garantire un percorso di change management, e che ha già riguardato 96 uffici giudiziari, diversi per tipologia e grandezza, cui il progetto è stato esteso nel 2010 con la specifica formazione impartita a 200 dirigenti degli uffici giudiziari candidati che hanno partecipato ai seminari organizzati dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria.
Ciò premesso, passerò a descrivere per singoli punti le attività maggiormente rilevanti. Ma prima desidero fornire un dato che, pur se da tempo noto e già divulgato, non è mai stato considerato a sufficienza ai fini della giusta valutazione e del rilievo dei modelli organizzativi rispetto a quelli meramente finanziari. La regola è ben nota agli economisti ed anche agli analisti di organizzazione: la sola immissione di risorse economiche aggiuntive non risolve alcun profilo di inefficienza di qualsiasi organizzazione complessa. Questa regola è puntualmente confermata anche dai dati relativi al sistema giudiziario. Basti un evidente esempio: dal 1996 al 2007, sono stati spesi complessivamente nel settore dell'informatica più di 2 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo l'arretrato, sia nel settore civile che in quello penale, aumentava inesorabilmente. Nel triennio di questa gestione ministeriale, la voce di spesa è scesa sensibilmente, ma una corretta programmazione ed organizzazione dei servizi ha consentito di ottenere migliori risultati rispetto al passato.
Nel corso del 2010, è proseguita l'attività di informatizzazione e razionalizzazione dell'amministrazione giudiziaria, malgrado - come ho appena detto - la costante contrazione delle risorse finanziarie disponibili. Al riguardo, come è a tutti noto, per ragioni tecniche questa contrazione aveva determinato uno stop provvisorio ai servizi di assistenza informatica, che ha generato, insieme ad una fondata preoccupazione, anche catastrofismi tanto eccessivi quanto fuori luogo ed il consueto rosario di polemiche e strumentalizzazioni.
Ebbene, con urgenza e tempestivamente si sono recuperate le risorse, pari a 5 milioni di euro, per assicurare l'immediata ripresa del servizio per il primo semestre di quest'anno, mentre proprio ieri ho provveduto a stabilizzare la situazione per l'intero 2011, integrando gli stanziamenti con risorse fresche pari a 6 milioni di euro, non sottratti ad altri servizi.
Detto questo, l'impegno del Governo in questo settore è stato davvero imponente ed i risultati positivi sono misurabili oggettivamente con la semplice esposizione di alcuni numeri di rilievo. In particolare, nel settore civile, il processo civile telematico è attivo con valore legale per i decreti ingiuntivi in 25 tribunali, in 12 per le esecuzioni, in otto per il settore fallimentare ed in cinque anche per i pagamenti elettronici.
Questo è un servizio che consente di pagare con moneta elettronica il contributo unificato e tutti i diritti previsti, mentre - ci tengo a sottolinearlo - all'atto del mio insediamento questi numeri, esattamente quelli che ho indicato in riferimento alle circostanze e agli uffici giudiziari che ho citato, erano pari a zero, sostenuti - se così si può dire - da investimenti per soli 600 mila euro, più che decuplicati negli ultimi due anni da questo Esecutivo, con un investimento che, sempre negli ultimi due anni, ammonta ad oltre 15 milioni di euro.
Secondo aspetto: i sistemi web di gestione dei registri informatici per la cognizione ordinaria, vera e propria precondizione per un effettivo processo di informatizzazione efficiente, sono stati attivati in 18 distretti di corte d'appello su 26 ed in 127 tribunali su 165, mentre a metà del 2008, quando ci siamo insediati, si era fermi ad un solo distretto (oggi sono 26) e soltanto dieci tribunali (oggi sono 165).
Inoltre, i sistemi web di gestione dei registri informatici per le esecuzioni sono stati attivati su tutto il territorio nazionale, mentre nel 2008 risultavano attivi soltanto 12 distretti e 58 tribunali. Desidero, inoltre, rivendicare con una punta di orgoglio che, a metà del 2008, il sistema giudiziario poteva ben dirsi all'anno zero nel settore civile per quanto attiene la consultazione via Internet di dati e documenti processuali, con un solo punto di accesso, uno solo, abilitato alla consultazione.
Ebbene, un serrato programma di razionalizzazione dei sistemi e degli investimenti ha consentito di attivare punti di accesso in 157 tribunali su 165, mentre in 151 uffici sono possibili le consultazioni da remoto dei registri della cognizione e in 81 anche quelli delle procedure esecutive.
In numerosi uffici è stato messo inoltre a disposizione un servizio di consultazione evoluta, che consente agli utenti avvocati di consultare, sempre tramite Internet, il fascicolo digitale appositamente creato, che raccoglie gli atti e i documenti del processo. In particolare, il servizio è attivo per il processo di cognizione in 10 corti di appello e in 89 tribunali, nonché, per il processo di esecuzione, in 78 tribunali.
È quasi inutile, al riguardo, ricordare quanta inefficienza e perdita di tempo comporta la consultazione manuale ed in ufficio di questi dati, mentre le innovazioni introdotte consentono un significativo incremento della possibilità per l'utente di conoscere informazioni processuali e si sostanziano in un aumento dell'accessibilità dei servizi, con conseguente riduzione delle code agli sportelli. In particolare, gli utenti esterni registrati presso un punto di accesso autorizzato al processo telematico possono accedere in tempo reale al fascicolo informatico, ossia agli atti in formato elettronico depositati dalle parti o dal giudice, e ai documenti scansionati e fare ricerche giurisprudenziali.
Non meno rilevanti sono i progressi in materia di comunicazioni telematiche, da noi - lo voglio sottolineare - introdotte con il decreto-legge n. 112 del 2008. Le comunicazioni telematiche sono cresciute nel 2010 del 350 per cento e sono passate dalle oltre 100 mila del 2009 - già quello era un risultato più che positivo - a quasi 500 mila comunicazioni inviate nello
scorso anno. Il servizio consiste, come ben sapete, nell'automatica esecuzione delle comunicazioni di cancelleria agli avvocati e prevede, altresì, l'inserimento automatico della ricevuta elettronica nel fascicolo informatico, all'interno del quale è conservata la firma ai fini del valore legale.
Se si considera che oggi gli avvocati telematici sono oltre 23 mila rispetto ai meno 10 mila del 2009, si coglie appieno lo spazio di crescita che è lecito attendersi per il 2011 con riferimento al numero complessivo degli iscritti all'albo, anche solo mantenendo l'attuale trend di crescita. Desidero ricordare che più comunicazioni telematiche significa più risparmio di risorse economiche e umane, più velocità, meno cause di nullità.
Ed in questo quadro vanno richiamati anche gli interventi normativi e regolamentari di sostegno alle scelte di innovazione tecnologica dell'amministrazione: mi riferisco in particolare alle norme relative alla informatizzazione delle procedure esecutive ed alla possibilità di svolgere per via telematica le aste giudiziarie.
Si è poi dato corso a numerosi ed importanti atti dell'amministrazione centrale, tra i quali vanno segnalati l'estensione del protocollo informatico alla Direzione generale dei magistrati e l'avvio delle procedure per l'applicazione di tale protocollo anche alla Direzione del personale con evidenti positive ricadute nella gestione dell'intero sistema giudiziario, nonché la gestione informatizzata di tutto il parco auto del Ministero della giustizia.
Anche la gestione informatizzata del personale amministrativo è stata resa possibile agli uffici periferici che ne hanno fatto richiesta, e sono state informatizzate le nuove piante organiche ed i nuovi profili professionali, individuati dal nuovo contratto collettivo integrativo, sottoscritto il 29 luglio 2010.
Queste innovazioni, grazie anche ad un servizio interno di call center per l'assistenza agli utenti, hanno consentito - giusto per fare qualche esempio concreto - di mettere a regime la compilazione della domanda on line per il concorso in magistratura, la presentazione on line del ricorso in opposizione a sanzioni amministrative e a decreto ingiuntivo presso gli uffici del giudice di pace, la compilazione e l'invio delle domande on line per la progressione economica del personale, che ha riguardato oltre 40.000 dipendenti, la registrazione al portale degli stipendi della pubblica amministrazione per l'accesso al cedolino e al CUD.
In tutti questi sforzi informatici, che non sono ancora conclusi e di cui ancora parlerò, ho trovato un riferimento importante ed operoso, che ringrazio, nella persona del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, che è stato colui il quale ha agevolato questo compito dal versante del Ministero cui è a capo.
Nel 2010 è stato potenziato il servizio di documentazione degli atti processuali penali mediante un apposito portale web che rende possibile scaricare le trascrizioni delle udienze penali. In particolare, si è proceduto ad un ampliamento contrattuale finalizzato a permettere anche alle procure, e non soltanto ai giudici, l'accesso informatico a tali dati. In tal modo, l'accesso diretto al portale del Ministero agevolerà l'attività delle procure, evitando la richiesta del formato cartaceo dei verbali agli uffici giudicanti, con un notevole risparmio delle spese e l'azzeramento dei tempi per il cosiddetto rilascio copie. Analogamente, si è potenziato il servizio di multivideoconferenza, che consente la partecipazione a distanza ai processi penali per i detenuti più pericolosi sottoposti al regime del 41-bis e per i collaboranti e testimoni protetti.
L'intero sistema è stato profondamente innovato, con il progressivo passaggio dal sistema analogico alla tecnologia digitale su rete IP. Nel piano di esecuzione dei lavori è stata inserita anche la realizzazione in via sperimentale di quattro sale con particolare tecnologia evoluta denominata telepresence, che consente la trasmissione di dati audio-video ad alta definizione. Ad oggi, è stata realizzata una delle quattro sale, presso il tribunale di Napoli, e le altre tre saranno realizzate nel corso del 2011 nei siti di Parma, Milano-Opera e Roma - Rebibbia.
Inoltre, la modalità di telepresence in alta definizione è stata estesa al tribunale di sorveglianza di Roma, il quale, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, è stato investito della competenza in via esclusiva a livello nazionale in materia di reclami avverso i decreti di sottoposizione al regime penitenziario del 41-bis.
Queste innovazioni e questi miglioramenti di sistema già esistenti non sono che una parte dell'impegno governativo e amministrativo per migliorare il servizio giustizia che, sotto il profilo organizzativo e informatico, ha sofferto nel passato di una preoccupante carenza di disegno strategico e di una sorta di anarchia decisionale ed operativa, che ha reso particolarmente impegnativo e severo il compito di razionalizzare i vari sistemi, ridurre sensibilmente i costi di gestione, ricondurre ad unità le varie esperienze maturate nei singoli uffici, vincere le inevitabili resistenze, quando non i sospetti, rispetto alle novità che si sono proposte.
Non meno rilevanti sono le innovazioni nel settore penale, dove il 2010 si è caratterizzato per lo sviluppo e la diffusione di tre importanti strumenti: il «Calendar», cioè il calendario delle procure; il Sidip, ovvero il sistema informativo dibattimentale penale; il package procura, che è finalizzato a garantire un significativo snellimento delle attività istituzionali svolte dalle procure della Repubblica.
Si tratta di un insieme di applicazioni informatiche che gestiscono elettronicamente i flussi informativi in entrata ed in uscita dalle procure, con l'obiettivo finale di creare il fascicolo elettronico. Ciò si realizza attraverso: l'informatizzazione della trasmissione delle notizie di reato dalle forze di polizia alle procure della Repubblica, nonché del flusso inverso di eventuali comunicazione inviate alle procure dalle forze di polizia; il nuovo sistema del registro generale, che tra le altre funzioni, è preposto a garantire l'iscrizione, l'assegnazione dei fascicoli e l'avanzamento di stato del procedimento con produzione automatica del carico pendente; il sistema Aurora, al quale è affidata la gestione del fascicolo penale elettronico in tutto il suo ciclo di vita di indagine fino al rinvio a giudizio; il modulo per le comunicazioni e notificazione telematiche al quale è affidata la delicata fase - una volta emanate le regole tecniche previste dall'articolo 4 del decreto-legge n. 196 del 2009 - della notificazione degli atti tramite la posta elettronica certificata, nonché il sistema documentale di piattaforma tecnologica documentale, quale substrato tecnologico organizzato in servizi e trasversale rispetto ai suddetti applicativi proprio per la gestione di tutti i documenti prodotti e ricevuti durante la vita di un procedimento. Rendo inoltre noto che sono ormai di prossima emanazione le regole tecniche per il processo telematico civile e penale, come previsto dall'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge sopra citato.
In questa autorevole sede desidero rassicurare tutti coloro che hanno avuto modo di esprimere le proprie perplessità in ordine alla sicurezza del sistema, dando garanzia dell'adozione di strumenti che consentiranno il pieno ed esclusivo controllo da parte dell'autorità giudiziaria di tutti i dati relativi ai procedimenti penali, attraverso l'adozione di tutte le cautele tecniche indispensabili per garantire l'osservanza del più rigoroso segreto istruttorio.
Desidero ancora precisare che il regolamento attuativo di prossima emanazione consentirà anche di adottare la posta elettronica certificata standard per tutte le trasmissioni da e per il dominio «Giustizia», così consentendo ai professionisti ed ai cittadini di utilizzare un unico canale di comunicazione elettronica, il cui ricorso è già obbligatorio per i professionisti in virtù del decreto-legge n. 185 del 2008, nell'ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione ed è stato ulteriormente potenziato dal recentissimo decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235.
È stata inoltre prevista la realizzazione da parte del Ministero della giustizia del cosiddetto portale dei servizi telematici, al
fine di fornire documentazioni, informazioni e istruzioni, nonché per consentire l'accesso ai soggetti abilitati esterni non dotati di punto di accesso. Tale strumento servirà, inoltre, a consentire in futuro il libero accesso alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, disponibili in forma anonima, al fine di consentire in particolare una fruizione diretta da parte dei cittadini.
Il complesso di questi sforzi non esaurisce di certo il compito di razionalizzare e ammodernare il servizio giustizia anche sotto il profilo tecnologico e digitale, ma il cambio di passo e di strategia ha già dato frutti concreti, che rappresentano per l'Italia una positiva ed assoluta novità, di cui magari poco si parla, ma che fa già sentire i suoi effetti nel rilevamento statistico nazionale e in modo più marcato nel settore civile, dove più imponenti sono stati gli interventi, e tutto ciò pur nelle difficoltà conseguenti al costante calo delle dotazioni ordinarie di bilancio e malgrado le consuete resistenze a tutti i processi di innovazione e riorganizzazione dei servizi.
Alla data del 21 dicembre 2010 risultano presenti in organico 9.036 magistrati togati, con una scopertura, come già detto, pari a 1.115 posti. Per rimediare a questa situazione, l'impegno del Ministero è stato particolarmente rilevante, tanto che nell'agosto 2010 sono stati nominati 253 magistrati ordinari, vincitori di un concorso che però era a 500 posti, bandito nel 2008; è in corso la correzione delle prove scritte di un ulteriore concorso a 350 posti, bandito nel 2009, che pare terminerà nella prossima primavera; altri 373 posti sono stati banditi nel 2010 - le prove scritte sono previste a partire dal 15 giugno prossimo - e sono già previsti nuovi concorsi in magistratura, da espletare, prevedibilmente, nell'agosto 2012 e nel febbraio 2013. Ho inteso così riprogrammare, dopo una lunga stasi, una serie straordinaria di concorsi, restituendo ai nostri giovani giuristi, interessati all'ingresso nella magistratura ordinaria, una cadenza tendenzialmente annuale di questo importante concorso.
Questo impegno si aggiunge agli interventi in materia di aumenti delle piante organiche di uffici giudiziari di particolare rilievo, da Reggio Calabria a Roma, da Perugia a L'Aquila, da Bari a Santa Maria Capua Vetere, e di proroga di magistrati onorari, in attesa che sia varata la riforma organica del settore.
È poi fin troppo noto l'impegno del Governo in materia di funzionalità del sistema giudiziario, con la previsione di norme straordinarie per la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari meno richiesti dai magistrati, soprattutto al sud, che consentono al CSM, fino al 31 dicembre 2014, di trasferire d'ufficio magistrati dagli altri uffici vicini, norma - ahimé - non ancora adeguatamente utilizzata dal Consiglio superiore della magistratura.
Rivendico infine - con il sostegno del Parlamento - di avere previsto, con la legge n. 24 del 2010, proprio per evitare la minacciata desertificazione delle procure, una deroga al divieto di destinare agli uffici requirenti i magistrati che non abbiano ancora conseguito la prima valutazione di professionalità, essendo questo, peraltro, un divieto - come è noto - introdotto nella precedente legislatura. Nell'anno 2010 ho espresso il concerto in ordine al conferimento di 75 uffici direttivi e ho eseguito 58 ispezioni ordinarie e 16 inchieste. Ho altresì ritenuto di dover esercitare l'azione disciplinare nei confronti di 59 magistrati per violazione dei doveri di diligenza, correttezza e laboriosità relativi a diverse ipotesi, tra le quali spiccano quelle relative a gravi e reiterati ritardi nel deposito delle motivazioni delle sentenze, che talvolta hanno determinato inaccettabili scarcerazioni di pericolosi criminali per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare (ed anche questo nell'ottica di contrastare ogni possibile fonte di lentezza o rallentamento dell'iter processuale).
Il 29 luglio 2010 è stato sottoscritto, dopo quasi dieci anni di attesa, il contratto collettivo nazionale integrativo del Ministero della giustizia, che contempla un nuovo ordinamento professionale del personale non dirigenziale del Ministero della
giustizia in osservanza dei criteri stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 14 settembre 2007. Si tratta di un'importante innovazione che, pur nell'attuale situazione di insufficienza degli organici, offre uno strumento più moderno, flessibile ed innovativo per le attività di supporto alla giurisdizione quotidianamente svolta dal nostro personale amministrativo cui, anche in questa sede, va il mio sentito ringraziamento per l'impegno di cui ogni giorno dà prova, talvolta in condizioni operative di considerevole difficoltà. Per questo considero soltanto un primo passo di valorizzazione della loro professionalità le procedure concorsuali che, in applicazione del nuovo contratto, attribuiranno le fasce economiche superiori nell'ambito di procedure che si sono concluse con tempi record grazie, ancora una volta, alla già citata informatizzazione della procedura di presentazione e valutazione delle domande relative a circa 40 mila dipendenti.
Oltre a questo, l'amministrazione è impegnata nella realizzazione di un sistema di valutazione delle performance, coerente con il decreto legislativo n. 150 del 2009, che ha sostituito in tutto il comparto ministeri il servizio di controllo interno con i nuovi organismi indipendenti di valutazione. Da una più precisa e misurabile valutazione ci attendiamo, nel prossimo futuro, ulteriori strumenti di analisi che possano consentire di individuare e superare le criticità della struttura ministeriale.
Con riguardo alla giustizia minorile, nel corso del 2010 si è assistito ad una sempre crescente propensione all'assimilazione, da parte dei minori, di comportamenti devianti diffusi, a volte particolarmente gravi, che suscitano allarme sociale nell'opinione pubblica. La conseguenza è stata che nel settore penale, accanto ai reati contro il patrimonio, si è registrata una significativa percentuale di reati legati all'uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Tale fenomeno ha reso necessaria una gestione trattamentale specifica ed ulteriori garanzie di sicurezza all'interno degli istituti. I centri di prima accoglienza su tutto il territorio nazionale hanno raggiunto i 2.422 ingressi, con un decremento - sottolineo questo concetto - pari al 17 per cento rispetto all'anno precedente.
Tale fenomeno costituisce un ennesimo effetto positivo del controllo delle politiche di immigrazione adottato dal Governo nel corso di questi due ultimi anni. Ed infatti, in relazione alla provenienza dei soggetti, secondo le categorie maggiormente rappresentate nelle statistiche, il decremento si riscontra in particolar modo per quanto riguarda i minori stranieri soprattutto provenienti dal bacino del Mediterraneo. Una specifica va fatta per quanto concerne i minori romeni. Anche per essi si interrompe il trend in costante aumento degli ultimi anni, registrandosi nell'anno appena trascorso una significativa flessione di presenze nei centri di prima accoglienza.
Negli istituti penali si è registrata una sostanziale stabilità degli ingressi, confermandosi così la progressiva diminuzione degli ingressi totali che persiste già da qualche anno, dovuta anche in questo caso al calo del numero di ingressi dei minori stranieri. Per quanto riguarda il rapporto maschi-femmine, calcolato sulla presenza media giornaliera, i dati indicano una netta prevalenza del genere maschile, con circa il 93 per cento sul totale.
Sul fronte dell'edilizia penitenziaria nell'ambito dell'attività di gestione degli immobili destinati ai servizi minorili il Ministero della giustizia ha proseguito gli interventi di revisione e riadattamento dei propri beni immobiliari al fine di razionalizzare gli spazi ed elevare gli standard di igiene e sicurezza, nonché di aumentare la funzionalità dei servizi attraverso la ristrutturazione degli immobili e la riattivazione di locali ed immobili in disuso.
Nel corso del 2010, il Dipartimento per la giustizia minorile ha acquisito una nuova struttura penitenziaria che, da casa circondariale, è divenuto l'istituto penale per i minorenni di Pontremoli. Tale istituto sarà l'unico ad accogliere un'utenza esclusivamente femminile e l'obiettivo sul quale si sta lavorando in progress è quello della definizione di un modello trattamentale imperniato sulla peculiarità dell'utenza, sul riconoscimento e cura della
persona, con un'attenzione specifica alla funzione genitoriale e alla dimensione della legalità. Inoltre, sono proseguiti i lavori per la ristrutturazione del tribunale per i minorenni di Caltanissetta, del centro polifunzionale minorile di Bologna, mentre sono in via di ultimazione i lavori che hanno interessato, nel corso degli anni passati, la scuola di formazione del personale di Messina e gli istituti penali per i minorenni di Lecce, Catanzaro e L'Aquila.
Negli obiettivi per l'anno 2011, assume primaria importanza la prosecuzione delle ristrutturazioni dei complessi minorili «Ferrante Aporti» di Torino, «Cesare Beccaria» di Milano e l'acquisizione della progettazione esecutiva relativa alla ristrutturazione dell'istituto penale «Meucci» e del centro di prima accoglienza di Firenze.
Nel settore internazionale, l'attività di questo anno si è sviluppata sulla scia della politica intrapresa con la Presidenza italiana del G8 giustizia del 2009 nella quale sono state date valide indicazioni e strategie per la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Particolare attenzione è stata attribuita al Programma di Stoccolma, programma ad azione pluriennale dell'Unione europea approvato, come previsto, durante la Presidenza svedese del 2009, anche alla luce dei cambiamenti apportati dal Trattato di Lisbona. In tale ambito, nel contesto europeo, è stato posto l'accento sul problema del sovraffollamento carcerario e sulle sue possibili soluzioni e l'opportunità di affrontare tale tema a livello europeo ha riscosso consensi tra diversi Stati membri dell'Unione europea ed è stato approfondito nel corso di un incontro bilaterale con il Vicepresidente e commissario alla giustizia Viviane Reding, che ha fatto seguito ad una serie di incontri con gli omologhi ministri della giustizia dei Paesi europei, tra i quali il Ministro romeno Preodiu, il Ministro belga De Clerck, il Ministro britannico Clarke e il Ministro ungherese Navracsics, nonché con i rappresentanti delle istituzioni europee e con il presidente della Commissione libertà civili, giustizia e affari interni dell'Unione europea López Aguilar. Non meno importante l'incontro con il neo nominato Segretario generale del Consiglio d'Europa Jagland.
A livello bilaterale, ho inteso dare particolare risalto a Paesi quali gli Stati Uniti d'America, la Federazione russa, la Cina e Israele. L'ottimo rapporto creatosi con l'Attorney general Eric Holder prosegue sulla scia di una stretta cooperazione tra i due Paesi, concretizzatasi anche tramite contatti ed incontri negli Stati Uniti d'America. Intensi anche i rapporti con il Ministro della giustizia russo Konovalov, rappresentante speciale del Presidente russo Medvedev per i rapporti giuridici con l'Unione europea, nella prospettiva di sostenere la transizione della Russia verso una struttura organizzativa e legislativa più vicina al modello di Stato delle migliori democrazie occidentali.
Di rilievo la visita nei territori palestinesi, a Tel Aviv e Gerusalemme, segno della politica di presenza dell'Italia nei due Paesi e dell'intenzione di sostenere le relazioni bilaterali nel settore della giustizia in una fase internazionale particolarmente delicata per il processo di pace in Medio Oriente. In particolare, gli incontri con gli omologhi Neeman e Khashan, organizzati d'intesa con il Ministro Frattini, hanno lanciato le basi per una maggiore intesa nel settore giustizia con la definizione di memorandum di collaborazione con entrambi i Paesi.
Molto importanti i risultati raggiunti con le nuove potenze dei Paesi emergenti, cioè Cina ed India. Con la Cina, in occasione della visita del Premier cinese Jiabao, sono stati sottoscritti a Roma un Trattato di estradizione ed un Trattato di assistenza giudiziaria, ed è stato ottenuto uno straordinario risultato, posto che il Governo cinese ha sottoscritto pochissimi accordi estradizionali. Con l'India, sono in via di finalizzazione analoghi trattati di assistenza ed estradizione con il Ministero della giustizia indiano. Numerosi e proficui anche gli altri incontri bilaterali svolti, tra i quali merita una citazione quello con l'Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay. Particolare importanza hanno assunto anche i rapporti con il Messico, Paese con il quale sono stati sottoscritti negoziati in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria tra il Governo del Messico e il Governo della Repubblica italiana. Di rilievo anche la partecipazione alla sessione plenaria della Conferenza di revisione dello statuto della Corte penale internazionale, che ha avuto luogo a Kampala, in Uganda, alla fine del maggio del 2010.
Ho, infine, considerato un grande onore rappresentare il mio Paese alla sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla lotta al crimine organizzato tenutasi a New York nel giugno di quest'anno, occasione che mi ha consentito di partecipare anche alle celebrazioni del decennale dell'adozione della Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli, un evento di alto livello dedicato alla figura di Giovanni Falcone, alle cui idee ci siamo spesso ispirati per proporre riforme che hanno trovato unanime condivisione in quest'Aula e positivo riscontro nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata posta in essere dalla magistratura e dalle forze dell'ordine.
Della inversione di tendenza che sì è registrata nel 2010 relativamente all'arretrato civile ho già riferito in apertura del mio intervento per assicurare il giusto rilievo ad una notizia così importante e positiva frutto degli interventi già a regime, ma ulteriori miglioramenti mi aspetto in esito all'intensa attività svolta nel corso del 2010 per dare attuazione alle deleghe conferite al Governo per completare il quadro delle riforme della giustizia civile.
Con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, il Governo ha dato attuazione alla delega relativa all'introduzione in via generalizzata della mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali. Si tratta di un'importante riforma, che ha introdotto per la prima volta nel nostro sistema giuridico un effettivo strumento generale alternativo alla via giudiziale per risolvere le controversie dei cittadini. È un'innovazione che ci ha chiesto l'Europa, e che introduce un diverso approccio culturale per la risoluzione delle liti. Sono convinto di avere creato insieme al Parlamento uno strumento che possa anche ridurre i flussi di entrata delle controversie nel sistema giudiziario.
Sempre nel 2010, si è data attuazione alla delega prevista nella riforma del processo civile approvando il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110, che ha disciplinato l'atto pubblico informatico che consente ai notai di rogare atti mediante l'esclusivo utilizzo delle tecnologie informatiche. Contiamo sulla collaborazione del notariato italiano per realizzare un importante passo in avanti nella modernizzazione del nostro sistema giuridico attraverso la dematerializzazione dei documenti comprovanti i traffici giuridici.
Sono lieto di annunciare infine che è imminente la presentazione al Consiglio dei ministri dello schema di decreto legislativo sulla semplificazione dei riti, che darà compiuta attuazione anche all'ultima delle deleghe conferite dal Parlamento al Governo in materia di riforma del processo civile. Grazie all'esercizio della delega, sarà possibile ricondurre le diverse decine di fattispecie previste dalla legislazione speciale ai tre riti contemplati dalla legge delega e disciplinati dal codice di procedura civile. Lo scopo è ovviamente quello di consentire all'interprete di individuare facilmente le regole applicabili, senza perdersi nei meandri della legislazione speciale e restituendo centralità al codice di procedura civile.
Abbiamo così completato, sostanzialmente nei tempi previsti, l'esercizio delle deleghe che in materia il Parlamento ha conferito al Governo, e con ciò abbiamo smentito tutte le Cassandre che si erano esercitate nell'affermare che, data la vastità del compito delle deleghe, non saremmo riusciti ad adempierlo.
Il Ministero della giustizia ha condiviso fattivamente la proposta contenuta nel disegno di legge sulla cosiddetta insolvenza civile, con la finalità di gestire al meglio le crisi di sovraindebitamento dei debitori civili e degli imprenditori non assoggettabili al fallimento. Si tratta di una platea molto ampia di imprese medio-piccole esposte alle esecuzioni individuali e senza alcuna possibilità di ristrutturazione del debito attraverso accordi assistiti o concordati di cui dispongono le imprese assoggettabili alle procedure fallimentari. La bontà della proposta è testimoniata dall'approvazione all'unanimità, sia del Senato che della Commissione giustizia della Camera, dove attende di essere trattata. L'obiettivo è quello di agevolare il superamento della crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili, deflazionando fortemente le pendenze delle procedure esecutive individuali e creando un circuito virtuoso in grado di recuperare importanti quote di mercato frequentemente gestite, per così dire, dal fenomeno dell'usura.
Nel 2010 è proseguito l'impegno straordinario del Ministero della giustizia, in perfetta sinergia con il Ministero dell'interno guidato dal collega Maroni, sul fronte della legislazione antimafia. Giova ricordare, infatti, che l'anno 2010 si è aperto con la seduta straordinaria del Consiglio dei ministri a Reggio Calabria e ha visto tra i primi provvedimenti un decreto-legge che ha scongiurato la scarcerazione di numerosi boss mafiosi quale conseguenza di un contrasto interpretativo sulla competenza per materia che rischiava di determinare l'annullamento di numerosissimi processi e la conseguente decorrenza dei termini di custodia cautelare per tutti gli imputati.
Il decreto-legge 12 febbraio 2010, n. 10, ha infatti introdotto disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale. La norma ha chiarito che la competenza per la trattazione dei processi relativi ai reati di associazione di tipo mafioso, cioè il 416-bis, comunque aggravati, appartiene al tribunale e non alla corte d'assise, consentendo pertanto la serena trattazione dei processi in questione anche ove già incardinati innanzi alla predetta autorità giudiziaria.
L'aggressione ai patrimoni mafiosi è per il Governo lo strumento più efficace di lotta alle mafie, unitamente all'effettivo e rapido utilizzo dei patrimoni per finalità istituzionali e sociali. In questo quadro si inserisce in primo luogo l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ad opera della legge n. 50 del 2010. L'Agenzia sta già operando per garantire una migliore amministrazione dei sempre più numerosi beni sottoposti a sequestro e consentirà una più rapida ed efficace allocazione e destinazione dei beni confiscati devoluti al patrimonio dello Stato.
Con la legge n. 136 del 2010 è stato varato il Piano straordinario contro le mafie, contenente la delega al Governo per l'adozione del codice delle leggi antimafia, delle misure di prevenzione e delle certificazioni antimafia. La legge contiene altre disposizioni, oltre al compito di razionalizzazione, che inaspriscono la pena per il reato di turbata libertà degli incanti e introducono il nuovo reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente ed estendono inoltre e razionalizzano le operazioni sotto copertura.
I decreti legislativi 4 febbraio 2010, n. 14, e 9 settembre 2010, n. 162, attuando le deleghe conferite al Governo nel 2009, hanno istituito rispettivamente l'albo degli amministratori giudiziari e i ruoli tecnici della polizia penitenziaria. In particolare, quest'ultimo provvedimento si segnala perché contempla la disciplina della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale del DNA, consentendo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia di dotarsi delle professionalità necessarie al funzionamento appunto del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA, istituito presso il medesimo dipartimento. Le attività del laboratorio centrale permetteranno l'identificazione degli autori di delitti attraverso il semplice confronto dei reperti rinvenuti sulla scena del
crimine con il DNA che viene conservato all'interno della banca dati nazionale, nella quale affluiranno i dati relativi ai soggetti detenuti in via cautelare o definitiva per i reati di maggiore gravità.
Sarà così possibile una rapida identificazione del colpevole ed una maggiore speditezza delle attività d'indagine, con l'obiettivo di raggiungere un elevatissimo grado di sicurezza sociale. In Inghilterra, ad esempio, laddove si dispone già di una banca dati del DNA fin dal 1995, proprio per effetto dell'operatività della predetta banca dati, la percentuale di identificazione di autori di reato è salita rapidamente dal 6 al 60 per cento del totale.
Onorevoli colleghi, l'anno appena concluso ha segnato un decisivo avanzamento delle tre linee di intervento su cui si articola l'azione del Governo nella delicata materia della gestione delle carceri: la deflazione dei flussi d'ingresso nel sistema carcerario e le misure alternative alla detenzione, il piano di interventi di edilizia penitenziaria, la rideterminazione della pianta organica della polizia penitenziaria.
Con la pubblicazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2010 è stato nominato il commissario delegato per l'esecuzione degli interventi di edilizia penitenziaria di cui al cosiddetto Piano carceri. Il 30 giugno 2010 il comitato interministeriale da me presieduto ha approvato il piano degli interventi che prevede la realizzazione di undici nuovi istituti carcerari e di venti nuovi padiglioni in ampliamento delle strutture carcerarie esistenti. Si è dato così avvio ad un intervento infrastrutturale senza precedenti nella storia della Repubblica, sia per l'entità degli investimenti - 675 milioni di euro - sia per la tempistica della loro esecuzione, cioè nell'arco di un triennio, sia per la portata strategica volta a soddisfare un fabbisogno carcerario pari a circa 9.150 posti, in esecuzione della sola prima parte del piano.
Tra il mese di luglio 2010 ed oggi sono state concluse quattro intese istituzionali tra il commissario delegato, le regioni ed i comuni interessati, per un ammontare di intese che coprono circa il 75 per cento del volume complessivo degli investimenti previsti nel Piano carceri, e nei prossimi giorni saranno finalizzate le residue intese con le altre regioni interessate. Tali intese consentono la realizzazione degli interventi carcerari con le deroghe e varianti ai vigenti strumenti urbanistici che si rendono necessari, il tutto secondo tempistiche e procedure di massima celerità e snellezza, sempre nel rispetto del dialogo con le autorità locali ed i soggetti cui è affidata la tutela dei regimi vincolistici del territorio. Senza tale regime derogatorio sarebbe stato impossibile provvedere alla localizzazione dei nuovi interventi ed alle necessarie varianti propedeutiche all'esecuzione degli ampliamenti in tempi così straordinariamente ristretti.
Sempre in attuazione del piano carceri il commissario delegato, esercitando i poteri straordinari conferitigli, ha potuto richiedere ed ottenere la collaborazione di tutte le amministrazioni interessate, e in particolar modo del DAP, ed il Dipartimento provvederà entro la fine di questo mese alla progettazione definitiva di 19 nuovi padiglioni su 20, senza ricorrere a professionalità estranee all'amministrazione e, quindi, con una straordinaria valorizzazione e ottimizzazione delle risorse in house e con un notevolissimo risparmio di spesa.
A partire dal mese prossimo, verranno attivate da parte del DAP le attività per le progettazioni preliminari dei nuovi istituti. Lo stesso ufficio del commissario delegato, articolato sulle figure dei soggetti attuatori e dei loro collaboratori diretti, è una struttura snella che opera secondo criteri di efficienza, economicità e per obiettivi.
Entro il primo semestre di questo anno, verranno stipulati gli affidamenti per la realizzazione dei venti padiglioni previsti dal Piano carceri con relativa consegna dei cantieri ed avvio dei lavori. L'accelerazione delle procedure amministrative ha consentito di raggiungere i primi obiettivi già nel 2010, ed altri verranno raggiunti, come dicevo poc'anzi, proprio quest'anno.
Nel 2010, sono stati portati a completamento i lavori di ristrutturazione e di costruzione dei nuovi padiglioni di Cuneo, La Camera,Velletri ed Avellino. Il 31 gennaio 2011 verrà ufficialmente inaugurato il nuovo carcere di Trento, già dal mese di dicembre in parziale attività, con una capienza di circa 250 posti, e poi verrà posta la prima pietra di un nuovo padiglione a Piacenza; si tratta di un incremento di circa 1.100 posti carcerari.
Un ulteriore incremento di 2.900 posti conseguirà dall'ultimazione dei lavori in corso negli istituti di Carinola, Ariano Irpino, Modena, Cremona, Terni, Frosinone, Pavia, Santa Maria Capua Vetere, Nuoro, Agrigento, Voghera, Biella, Saluzzo e Gela.
Sul piano della riprogettazione della pianta organica della polizia penitenziaria, il DAP ha portato a termine i concorsi pendenti e ha dato corso all'immissione dei vincitori in graduatoria nell'amministrazione penitenziaria.
Con l'articolo 4 della legge n. 199 del 2010 è stata autorizzata l'assunzione di 1.800 unità di polizia penitenziaria a copertura dell'aumentato fabbisogno connesso al fisiologico avvicendamento ed all'apertura delle nuove strutture carcerarie. Per altro verso, la Cassa ammende ha finanziato fondamentali progetti mirati al recupero dei ristretti anche tramite l'attivazione di nuovi posti di lavoro presso le case circondariali, consentendo così l'attuazione della funzione della pena in chiave di rieducazione, risocializzazione e recupero del ristretto. Non va, inoltre, sottaciuto l'impegno nella gestione delle misure di esecuzione penale esterna, che coinvolgono complessivamente 16.084 detenuti, con un incremento del 29,5 per cento rispetto al 2009, destinato ad un'ulteriore crescita per gli effetti della legge n. 199 del 2010.
Di rilievo nel settore anche due interventi legislativi, cioè la legge n. 199 del 2010, nella parte in cui introduce nuove disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno - per i detenuti stranieri, ovviamente, è previsto il beneficio solo quando si sarà in presenza di un domicilio effettivo - e il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che attua una decisione quadro europea in materia di trasferimento delle persone condannate. L'Italia è il primo Stato ad avere dato attuazione a questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, che consentirà di trasferire le persone condannate dall'Italia verso lo Stato membro di cittadinanza e viceversa per l'esecuzione delle pene detentive.
Grazie al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie degli Stati dell'Unione europea, per la prima volta il trasferimento potrà avvenire senza un previo accordo con lo Stato estero di cittadinanza del condannato e senza il consenso della persona. Si realizza così un duplice obiettivo: da una parte, si consente al condannato di scontare la pena detentiva in un contesto, e cioè lo Stato di cittadinanza, che ne agevola il reinserimento sociale, familiare e lavorativo; dall'altra, insieme ad altre misure contenute nel Piano carceri, si avvia a soluzione lo storico problema della tensione detentiva, riducendo il numero degli stranieri detenuti in Italia.
Onorevoli colleghi, nell'avviarmi alle conclusioni, sottolineo che le considerazioni che vi ho appena esposto offrono sinteticamente il quadro complessivo dell'azione del Governo riferito sia alle iniziative normative che all'impegno organizzativo ed esecutivo. Il complesso di questi interventi ha già determinato, non senza fatica e difficoltà, positivi risultati, che devono essere ulteriormente rafforzati e consolidati con la prosecuzione delle iniziative finalizzate alla razionalizzazione e all'innovazione, per garantire quel cambio di passo che il Paese, ormai, attende da troppo tempo.
Tanto abbiamo fatto in due anni e mezzo di Governo del Paese, anche in materia di efficienza e miglioramento del servizio giustizia. Non vi è ancora stata, però, quella riforma radicale del sistema
giustizia, che pure in quest'Aula ho più volte annunciato: lo ha impedito, com'è evidente, l'evoluzione del quadro politico nel secondo semestre dell'anno appena trascorso, poiché le tensioni dell'ultima parte del 2010 hanno ritardato la presentazione in Parlamento di una serie di progetti di legge che continuano a perseguire gli obiettivi dell'efficienza del sistema giudiziario, della competitività del Paese e della trasparenza delle dinamiche commerciali.
Non abbiamo rinunciato alle nostre idee. In questa sede propongo oggi un'agenda alternativa che penso possa essere ampiamente condivisa e che vede tra gli obiettivi da raggiungere lo smaltimento dell'arretrato civile, la riforma della magistratura onoraria, il no profit, senza di certo abdicare - ma non mi riferivo a queste quando parlavo di quelle condivise -, alla riforma delle intercettazioni, alla riforma del codice di procedura penale e alle riforme costituzionali.
L'attuale congiuntura economica, che ha già imposto l'adozione di misure finanziarie di particolare rigore, rende ormai indilazionabile un'inversione significativa della tendenza della durata dei procedimenti civili entro tempi ben più ridotti di quelli ottenuti con le iniziative legislative ordinarie, che hanno determinato quella storica inversione di tendenza cui ho fatto riferimento. In questo senso introduco il tema dello smaltimento straordinario dell'arretrato civile.
La programmazione per il 2011, anche in sede parlamentare, dunque, vedrà al centro le grandi riforme e 4-5 temi su cui contiamo di ottenere un ampio consenso in Parlamento. Mi riferisco - lo voglio ripetere - allo smaltimento dell'arretrato civile, alla responsabilità amministrativa degli enti, alla riforma della magistratura onoraria e alla riforma del no profit.
Abbiamo portato avanti tanti progetti e tanti progetti sono spesso stati ostacolati fisiologicamente dall'estrema complessità delle questioni da affrontare, dalle difficoltà economiche e di reperimento delle risorse per i necessari investimenti, da strumenti gestionali e di bilancio vetusti e troppo rigidi, ma sono anche contrastati patologicamente da un clima di eccessiva polemica politica, da sospetti, reticenze e resistenza all'innovazione ed al cambiamento, che promanano anche dall'interno del sistema giudiziario, che in numerose sue componenti è apparso arroccato nella difesa dell'esistente.
Noi oggi di questo siamo ancor più consapevoli, così come sappiamo che le attuali tensioni del quadro politico aggiungeranno ulteriori difficoltà ed altri ostacoli sul cammino già tracciato delle riforme necessarie. Non per questo vi rinunceremo. Siamo anche consapevoli che il processo di revisione del sistema giudiziario deve proseguire nel solco già tracciato, poggiando le sue basi sul senso di responsabilità di tutti i parlamentari, che in più di un'occasione hanno votato con larga maggioranza, e qualche volta all'unanimità, gli interventi proposti in materia di giustizia dal Governo, nella certezza che ridare efficienza al sistema giudiziario è e rimane una priorità costituzionale, sociale ed economica per l'Italia intera (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani).
Interviene Andrea Orlando,PD: Ma secondo me l'apice della sua pur commendevole arrampicata sugli specchi è raggiunto quando parla di carceri. Ci dice quante carceri nuove si realizzeranno, quale capienza nuova verrà realizzata, non dice però che quella capienza nuova sarà bruciata in cinque o sei mesi in un sistema in cui la presenza dei reclusi aumenta di 700 unità al mese. Secondo me, un capolavoro da questo punto di vista è rappresentato soprattutto dalla sua affermazione che riguarda l'ennesimo commissariamento di questo Governo, quello appunto legato al piano straordinario per le carceri. Lei - cito testualmente - ha detto: in attuazione del Piano carceri, il commissario delegato, esercitando i poteri straordinari conferitigli, ha potuto chiedere ed ottenere la collaborazione di tutte le amministrazioni interessate, in particolar modo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Peccato che il commissario è già il capo del DAP, cioè abbiamo messo un commissario al Piano carceri in particolar modo per fargli dirigere il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di cui è già il capo. Ci dice per favore quanto ci costa questo giochetto e quanto costa ai contribuenti? Poi nella sua relazione non possono essere taciute, sia pure per titoli, le omissioni. Quando verrà emanato il decreto sulla giustizia civile? Quale risposta darà alla precarietà e alla scarsa trasparenza del funzionamento della magistratura onoraria? Quali sono i problemi, che ha ricordato la collega Capano, sull'attuazione della media conciliazione? Ancora, quali risposte si intendono dare a livello strutturale sul tema della desertificazione delle procure? Perché lei, e non io, si è impegnato all'Assemblea nazionale dei magistrati a provvedere in modo strutturale e a rimuovere quella norma, che noi non abbiamo nessuna intenzione di difendere, che impedisce la prima nomina dei magistrati presso le procure.
Noi in queste settimane e in questi mesi abbiamo fatto un giro degli uffici giudiziari del Paese e abbiamo riscontrato una realtà del tutto diversa da quella che ci ha raccontato, fatta di sprechi nell'edilizia fatiscente, di faldoni abbandonati nei corridoi, di scoperture degli organici che vanno dal 25 al 40 per cento del personale amministrativo, proprio mentre alcuni suoi colleghi parlano di esuberi in altri ambiti della pubblica amministrazione. Sono scoperture che pesano su un tema che voi avete più volte utilizzato strumentalmente, cioè quello dei tempi. Le cito tra tutti un episodio: il tribunale di Roma ha - o almeno aveva qualche settimana fa - 25 mila sentenze già completate che non potevano essere notificate per l'assenza degli ufficiali giudiziari. Voglio darle, però, atto di una cosa nella sua relazione, ossia che, pur facendolo in modo fantasioso, ha parlato di aspetti che costituiscono l'insieme di un servizio giustizia: l'informatica, le risorse umane, le carceri e il civile. Peccato che non è quello di cui hanno parlato il Parlamento e la maggioranza nel corso di questi due anni e mezzo. Noi siamo stati impegnati a discutere di processo breve, di impedimenti più o meno legittimi, di lodi, di intercettazioni. Peccato, signor Ministro, che lei lamenti il venir meno di un quadro politico favorevole. Le devo ricordare che lei un quadro politico favorevole lo ha avuto, non solo per la compattezza della maggioranza, ma anche per una disponibilità di tutta l'opposizione ad affrontare il tema della funzionalità del servizio giustizia, che lei non ha saputo utilizzare, che il Governo non ha saputo utilizzare.
Le dicemmo: occupiamoci di civile, di carceri, di organizzazione, affrontiamo il tema della semplificazione del processo penale e non nascondiamoci dietro a un dito. Affrontiamo anche le disfunzioni che riguardano il mondo della magistratura, sia pure a Costituzione invariata. La risposta, al di là della sua cortesia, è stata un florilegio di lodi, da un lato, e di minacce, dall'altro.
Credo che lei non possa neanche invocare, come alibi, l'arroccamento di settori della magistratura particolarmente corporativi, che pure voi avete alimentato con il tentativo di delegittimazione quotidiano, perché non vi è stato neanche bisogno di arroccarsi.
Non vi è stata un'azione riformatrice e neppure un'azione eversiva rispetto all'assetto attuale del servizio giustizia. La vostra è stata una politica sostanzialmente inconcludente: è il tratto fondamentale delle scelte che avete compiuto.
Però, attenzione: mentre si manifestava l'inerzia sul fronte delle dichiarazioni e degli obiettivi che vi eravate posti, le cose sono andate avanti in peggio. Un servizio giustizia può essere destrutturato con interventi eversivi sul terreno costituzionale, ma può essere anche destrutturato semplicemente facendo venire meno la carta delle fotocopie per gli atti. Questo è ciò che è avvenuto nel nostro Paese, creando un distacco fra il servizio giustizia e i cittadini, che voi avete più volte cavalcato con la vostra propaganda.
In questo, credo si debbano evidenziare anche degli elementi di autocritica rispetto all'opposizione: spesso abbiamo ammassato le truppe nella direzione sbagliata, perché oggi il vero fronte sul quale si sta destrutturando ed aggredendo la giurisdizione è il tema del venire meno di un minimo di riferimento organizzativo. Su questo, ci saremmo aspettati una risposta nella sua relazione.
Lei oggi ci propone un'agenda alternativa: è un'ammissione del fatto che l'agenda che fino ad oggi ci avete proposto non stava assolutamente in piedi. Le faccio, però, una raccomandazione: questa agenda non diventi un'agenda minima, anzi, infima. Benissimo l'arretrato del civile, discutiamone, ma abbiamo un tema enorme che riguarda la mobilità del personale verso il Ministero della giustizia, abbiamo il tema della magistratura onoraria e abbiamo il tema, che non io ho posto, ma i suoi colleghi della maggioranza, della geografia giudiziaria.
La continuità con il 1865, nel nostro Paese, nel servizio giustizia è registrata dal fatto che le circoscrizioni giudiziarie sono le stesse dal 1865, quando per spostarsi da un tribunale all'altro era necessario muoversi con il cavallo. Ci sarebbe piaciuto che questo tema fosse stato affrontato nella sua relazione, ma da due anni e mezzo lei volutamente glissa su questo aspetto per ragioni evidentemente e chiaramente elettoralistiche. Lei ha aperto la sua relazione richiamando i 150 anni dell'unità d'Italia. Vorrei concludere proprio richiamando questo punto.
Dopo 150 anni e dopo decenni dal varo della Carta costituzionale, il principio di uguaglianza nel nostro Paese è messo in discussione per le differenze che caratterizzano i tribunali e i distretti. L'Italia è diventata sempre più lunga. Sarebbe importante che qualcuno si occupasse di questo, anziché continuare con la propaganda che ha caratterizzato questi due anni e mezzo. Insomma, se davvero si volesse invertire la rotta...
sarebbe importante mettere al centro del sistema giustizia il cittadino comune e non chi vi è stato fino ad oggi. Anche questa è una buona ragione per girare pagina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Risoluzioni per far rispettare gli impegni assunti dal ministro Alfano anche sul tema carcerario:adeguamento organici del DAP e rispetto attuazione mozioni su tali impegni(fra le quali le nostre sulla assunzione di tutti gli idonei del cocnorso per educatore penitenziario):
La camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;
premesso che:
nella seduta del 28 gennaio 2009 la Camera dei deputati, previo parere favorevole del Governo, ha approvato una risoluzione presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito Democratico, nella quale si chiede che si dia finalmente corso ad una riforma organica della giustizia di carattere democratico e liberale, fondata su alcuni capisaldi, tra i quali: l'abolizione della obbligatorietà dell'azione penale, in modo da non assoggettate più la stessa all'arbitrio delle procure della Repubblica; una modifica ordinamentale basata sul princìpio della effettiva separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; la responsabilizzazione del pubblico ministero per l'osservanza delle priorità fissate; la riforma del Consiglio superiore della magistratura che riconduca tale consesso all'originario ruolo attribuitogli dai costituenti, sottraendolo ai giochi di corrente e all'influenza del sindacato della magistratura; la reintroduzione di severi vagli della professionalità dei magistrati nel corso dei 40-45 anni della loro permanenza in carriera; la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere il risarcimento integrale dei danni direttamente dal magistrato, pur con la previsione di meccanismi volti ad eliminare il pericolo di azioni intimidatorie e strumentali; la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati e di attribuzione degli incarichi extragiudiziari, salvaguardando le contrapposte esigenze di non disperdere forza lavoro né, per contro, preziose professionalità; l'incompatibilità tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, in rappresentanza di formazioni politiche; la promozione di una seria modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari; l'adeguamento numerico e la promozione di qualificazioni professionali degli organici del personale anche amministrativo; la notifica della natura dei termini processuali, con la previsione generalizzata di termini perentori e di sanzioni disciplinari per la loro inosservanza da parte dei magistrati; la radicale semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari; la definizione di tempi standard dei procedimenti civili e penali; la modifica delle procedure di nomina dei capi degli uffici e un potenziamento del ruolo gestionale del dirigente amministrativo dell'ufficio; una forte depenalizzazione ed una razionalizzazione delle fattispecie criminose;
nel corso della presente legislatura, i deputati radicali eletti nelle liste del PD hanno elaborato anche diverse proposte volte a tradurre in altrettanti articolati di legge i punti più rilevanti e salienti della predetta risoluzione;
di fronte a tali richieste, la maggioranza parlamentare ed il Governo, tramite esponenti di primo piano, si sono ripetutamente e pubblicamente espressi in favore delle aspettative per una riforma organica e liberale della giustizia, in particolare per quel che si riferisce agli assetti istituzionali della magistratura, sia mediante l'approvazione della risoluzione prima ricordata, sia, successivamente, nel corso di innumerevoli dichiarazioni ufficiali e interventi pubblici;
tuttavia gli impegni assunti dal Governo con il Parlamento, la pubblica opinione ed i cittadini italiani, sono stati mano a mano «differiti nel tempo», più o meno esplicitamente, fino al punto, oggi, da essere apparentemente accantonati nei fatti;
analogo atteggiamento ancorato alla conservazione dell'esistente e privo di stimoli riformatori si rinviene anche negli orientamenti di larghi settori dell'opposizione parlamentare, in parte ancora prigioniera della cultura del «partito dei giudici» ed appiattita sulle posizioni conservatrici dell'Associazione nazionale magistrati;
a catalizzare la politica giudiziaria in questi primi tre anni di legislatura non sono stati gli interventi di riforma organica e strutturale del nostro sistema giudiziario, bensì le ossessioni sulla sicurezza, il che ha portato all'emanazione del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125; del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38; della legge 15 luglio 2009, n. 94, rubricata «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»; e, infine, del decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, «Misure urgenti in materia di sicurezza», convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2010, m. 217;
le novelle legislative introdotte con i provvedimenti sopra richiamati sono tutte segnate in profondità dalla ideologia dell'efficientismo punitivo perseguito attraverso la riduzione delle garanzie, la compressione degli spazi di difesa; l'indebolimento del controllo giurisdizionale e la mortificazione del contraddittorio. In tale contesto, l'introduzione di nuove aggravanti e di nuove fattispecie di reato; la dilatazione, anche attraverso clausole di obbligatorietà, degli spazi operativi del giudizio direttissimo e del giudizio immediato; il «procedimento speciale» di pace per il reato di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato»; l'estensione delle ipotesi di carcerazione preventiva obbligatoria; la costruzione di un vero e proprio diritto penale della prevenzione; la proroga fino al 30 giugno 2013 dell'efficacia dell'istituto della cosiddetta «flagranza differita»; sono tutte misure che dipingono ad avviso dei sottoscrittori della presente risoluzione un quadro a tinte fosche nel quale i canoni essenziali del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, già pesantemente compromessi da un ventennio di erosioni inquisitorie, sembrano ormai divenuti una variabile secondaria mettendo con ciò in pericolo le garanzie individuali di derivazione liberal-democratica;
nella seduta del 12 gennaio 2010 la camera dei deputati, previo parere favorevole espresso dal Governo, ha approvato in parte la mozione n. 1-00288 presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito democratico e sottoscritta da quasi cento parlamentari aderenti a pressoché tutti i gruppi politici, con la quale l'attuale esecutivo si è impegnato ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale; l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti; il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario; l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti; l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva; la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento; la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza; l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti; il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione; l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»); l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini; una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
sul fronte della politica penitenziaria, nonostante gli impegni assunti, ancora non sono state varate quelle urgenti misure necessarie ad affrontare il protrarsi della grave emergenza dovuta al sovraffollamento degli istituti di pena ed in grado di assicurare il rispetto della Costituzione e dell'ordinamento penitenziario all'interno delle carceri;
il «fantomatico» Piano carceri risalente al maggio 2009 si è trasformato in un «Piano fantasma» che ha prodotto, al momento, qualche padiglione rimesso in sesto all'interno di qualche istituto; si è arrivati così all'assurdità per la quale, mentre si dà il via alla costruzione di nuove carceri - peraltro in deroga alle principali norme edilizie - gli istituti nuovi già ultimati da tempo, non possono essere aperti per la carenza di personale di ogni tipo;
inoltre, la legge 1o dicembre 2010 n. 281, relativa alla esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, sta dimostrando tutta la sua inutilità rispetto allo scopo per cui era stata pensata: deflazionare in modo significativo la popolazione ristretta in condizioni disumane nelle carceri. La maggioranza di Governo, che pure aveva varato all'unanimità in Consiglio dei ministri un disegno di legge che avrebbe rappresentato una inversione di tendenza rispetto alle politiche repressive adottate in questi anni sul fronte delle modalità di espiazione della pena, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto non ha né saputo né voluto difenderlo in Parlamento, lasciandolo - senza intervenire minimamente - letteralmente «saccheggiare» da una serie di emendamenti che lo hanno privato di ogni efficacia normativa;
secondo i dati ufficiali in Italia, l'arretrato pendente (compreso quello contro «ignoti») sfiora la cifra iperbolica di 5 milioni e mezzo di procedimenti penali (quasi sei milioni quelli civili), che sarebbero molti di più se solo negli ultimi dieci anni non si fossero contate ben 2 milioni di prescrizioni (nel nostro Paese secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia si contano circa 200 mila procedimenti penali prescritti ogni anno), sicché solo con un provvedimento di amnistia capace di eliminare più della metà di questo vero e proprio debito giudiziario che lo Stato ha nei confronti dei cittadini si riuscirebbe a dare finalmente avvio a quelle riforme strutturali e organiche di cui il nostro sistema-giustizia ha un disperato bisogno,
impegna il Governo
a dare concreta ed immediata attuazione alla risoluzione n. 6-00012 approvata dalla Camera dei deputati il 28 gennaio 2009; nonché alla mozione n. 1-00288 nelle parti approvate dalla Camera dei deputati in data 12 gennaio 2010;
a valutare l'opportunità di aprire un dibattito che contempli anche iniziative volte alla concessione di un provvedimento di amnistia in grado di ridurre gran parte dell'arretrato pendente che attualmente soffoca l'amministrazione quotidiana della giustizia e che rischia di vanificare qualsivoglia riforma organica che il Parlamento decida di approvare.
(6-00056)
«Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
premesso che:
le suddette comunicazioni rappresentano un atto importante, un'assunzione di responsabilità in termini di definizione programmatica della futura politica in tema di amministrazione della giustizia, e che vanno esaminate attentamente da parte del Parlamento;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle Forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficace, per la cui realizzazione è necessario stanziare in via prioritaria risorse adeguate e idonee per garantire un concreto miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia e l'effettività dei diritti;
a) per quanto riguarda la giustizia civile:
va affrontata quella vera e propria ipoteca sulla competitività economico-internazionale rappresentata dal cattivo funzionamento della giustizia civile, causa dell'inadeguata tutela del credito, della difficoltà ad investire nel nostro Paese, dell'incertezza dei rapporti tra privati, del protrarsi di conflitti familiari, talvolta drammatici;
a fronte della crescente domanda di giustizia civile la risposta non può essere quella data dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 che ha introdotto un ulteriore rito processuale - quello di cognizione sommaria - in aggiunta ai venti già esistenti e che, in quanto tale, non è stato in grado di incidere significativamente sull'efficacia del sistema. Né può essere una soluzione quella di affidare a una categoria di nuovo conio, i cosiddetti «ausiliari del giudice» (appartenenti a categorie professionali in pensione o onorarie), funzioni sostanzialmente decisorie, così come si è tentato di fare con un emendamento alla manovra finanziaria del luglio scorso, poi ritirato il 9 luglio 2010, solo a seguito delle pesanti critiche delle forze di opposizione e di tutti gli operatori della giustizia. Non risolvono i problemi anche gli interventi normativi improvvisati, privi di un adeguato grado di coordinamento, basati sulla logica dell'emergenza e tesi, in buona sostanza, a scardinare i caratteri costitutivi e sistematici della giurisdizione civile;
è necessario, invece, attraverso il confronto con i gruppi di opposizione, portare avanti un effettivo percorso di razionalizzazione e semplificazione dell'attività processuale civile, capace di far fronte tanto allo smaltimento dell'arretrato quanto ai nuovi flussi di contenzioso, rifuggendo però da logiche emergenziali e di rottamazione e affrontando una riforma di sistema capace di assicurare la ragionevole durata dei processi, con la garanzia però della speditezza, concentrazione e accuratezza nella trattazione di tutte le cause;
il gruppo del Partito Democratico auspica che il Governo, in colpevole ritardo, come emerge anche dallo odierne comunicazioni del ministro, porti presto alla discussione delle Camere i decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nella legge n. 69 del 2009 tenendo conto dei princìpi fondamentali di qualità ed efficienza del processo civile;
d'altro canto, solo un processo forte e funzionante avrebbe potuto valorizzare e garantire risultati all'istituto della mediazione e conciliazione che entrerà a breve in vigore, in attuazione della delega esercitata dal Governo conferita dall'articolo 60 della legge n. 69 del 2009 e che presenta aspetti e contenuti in parte contrastanti con lo scopo steso della delega. Infatti, così come è stato configurato, l'istituto della media conciliazione tende a puntare su figure ed organismi che impongono soluzioni anziché aiutare le parti a pervenire ad una composizione del conflitto che aiuti a ricostituire la qualità del legame sociale;
proprio a causa delle numerose criticità, che il gruppo del Partito Democratico aveva già evidenziato nel parere alternativo allo schema di decreto legislativo di cui sopra e a cui il Governo è rimasto sostanzialmente sordo, la mediazione finalizzata alla conciliazione non avrà quegli effetti deflattivi tanto propagandati dal ministro e creerà, anzi, un'ulteriore allungamento dei tempi o dei costi del contenzioso ordinario per il cittadino che chiede, invece, risposte effettive di giustizia;
sarebbe ragionevole, pertanto, un invio della entrata in vigore del decreto legislativo sulla media conciliazione, richiesto, peraltro, da tutta l'Avvocatura in considerazione del mancato reperimento delle risorse organizzative, delle aule presso i tribunali e dell'esiguo numero dei conciliatori;
b) per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche e informatiche:
lo stato della digitalizzazione della giustizia ad un anno dalle dichiarazioni rese dal ministro al Parlamento è, senza dubbio, negativo. Esattamente un anno fa, infatti, il ministro annunciava l'entrata in vigore del processo telematico, a completamento della digitalizzazione dalla giustizia, con l'applicazione dell'informatica a tutti gli atti del processo, civile e penale. In particolare, annunciava come immediatamente applicabili - e dunque già applicate - le comunicazioni e le notificazioni telematiche tra gli uffici giudiziari e gli avvocati e, salvo che per le notifiche agli imputati, la possibilità di usare la posta elettronica certificata. Ad oggi, invece, la situazione è a dir poco preoccupante: il panorama nazionale è quello della dotazione di strumenti obsoleti, di assenza di programmazione di scelte di spesa oculate e a lungo termine dell'utilizzo di programmi e sistemi che spesso non colloquiano tra di loro, mentre è carente una politica di potenziamento, formazione e valorizzazione della professionalità del personale degli uffici giudiziari. L'anno si è quindi aperto con un'emergenza, proprio in quel settore che doveva essere l'avanguardia tecnologica per un miglioramento dell'efficienza del settore giustizia. In particolare, l'assenza di adeguate risorse finanziarie sull'esercizio 2011, frutto anche della politica del tagli lineari di questo Governo, ha causato il blocco dell'assistenza ai servizi informatici nei primi giorni del 2011. Tale blocco avrebbe potuto causare la paralisi degli uffici giudiziari e del sistema con conseguente chiusura dei tribunali e, dunque, innanzitutto, il blocco dell'attività processuale. Alla sospensione dell'assistenza informatica è stata data solo una soluzione temporanea attraverso una variazione di bilancio che ha spostato risorse per 5,1 milioni di euro da destinare al finanziamento, delle spese di gestione, funzionamento e sviluppo del sistema informativo di assistenza tecnica, stornate in misura pari ad 1.140.620 euro dal capitolo n. 1515, relativo ai consumi intermedi del Ministero della giustizia e i restanti 3.359,380 euro reperiti, invece, dal capitolo di bilancio n. 1451, avente più ampia portata rispetto al precedente capitolo in quanto comprensivo di voci distinte, tra cui i trasferimenti d'ufficio del personale, le spese per la formazione del personale, le spese per l'acquisto di cancelleria, oltre ai rimborsi a pubbliche amministrazioni per il personale comandato. Il Governo ha proceduto con una variazione di bilancio a danno di altri capitoli che avevano già subito dei tagli dalle precedenti manovre, trovando ancora una volta una soluzione provvisoria e improvvisata. È infatti noto che negli uffici giudiziari spesso le più elementari necessità di cancelleria vengono sopperite anche e soprattutto dalla buona volontà degli operatori e del personale giudiziario. Fino ad ora, il ministro della giustizia ha portato avanti solo una politica fatta di annunci e le comunicazioni odierne rivelano l'assenza di informazioni chiare e una scarsa consapevolezza della situazione esistente;
la realtà è che il Governo non ha stanziato e non stanzia risorse sufficienti per portare avanti la digitalizzazione ed il processo civile telematico in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, anzi proprio il processo telematico pare sfumare nei più modesti obiettivi, peraltro ancora ipotetici, della posta certificata e della mera digitalizzazione degli atti;
la scarsità delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale. Compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, il Governo avrebbe dovuto adottare iniziative normative e programmatiche volte a garantire adeguati finanziamenti al Ministero della giustizia nell'informatica giudiziaria, nella formazione e incentivazione economica e professionale del personale dell'amministrazione della giustizia;
c) per quanto riguarda il Fondo unico giustizia:
è da due anni che il Fondo unico giustizia viene continuamente richiamato in tutti gli interventi del ministro della Giustizia e del ministro dell'interno come la fonte e la riserva sostanziosa di impegno per risolvere i problemi delle risorse riguardanti sia le forze di polizia, sia l'organizzazione giudiziaria. Si è parlato, negli annunci stampa, di cifre che vanno da uno a due milioni di euro. In realtà, nella recente risposta data dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sen. Carlo Giovanardi all'interpellanza urgente n. 2-00878 a prima firma dell'onorevole Ferranti, si legge «(...) le risorse del Fondo unico giustizia, provenienti dai sequestri, prese in considerazione per l'utilizzo ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, sono quelle ammontanti, a fine 2009, a 631,4 milioni di euro, così come affermato dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2010 aveva stabilito le percentuali di riparto delle risorse nella misura del 50 per cento al Ministero dell'interno e del 50 per cento al Ministero della giustizia. Il predetto decreto è stato restituito alla Corte dei conti con osservazioni e, in data 28 settembre 2010, il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla Corte dei conti i necessari chiarimenti. Da notizie riferite il 1o dicembre, ieri, dal ministro dell'economia si rileva che è pervenuto al suddetto dicastero il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione a seguito delle osservazioni della Corte dei conti, in cui si stabiliscono le percentuali delle quote delle risorse intestate al Fondo unico giustizia al 31 dicembre 2010. Tali percentuali, rispetto a quelle previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile, sono state modificate nei seguenti termini per accogliere le osservazioni della Corte dei conti del 28 settembre 2010: il 49 per cento al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, il 49 per cento al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari ed altri servizi istituzionali, nonché per assicurare la copertura degli oneri connessi all'applicazione del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 sulla mediazione civile; in particolare l'articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, attuativo della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di risorse, regime tributario e indennità, ha previsto un onere, a valere sulla quota spettante al Ministero della giustizia, del riparto del Fondo unico giustizia di 5,9 milioni di euro per l'anno 2010 e 7,018 milioni di euro per l'anno 2011, conseguenti alle esenzioni dall'imposta di bollo e di registro dei verbali di conciliazione. Per ciò che attiene, invece, alla copertura delle agevolazioni fiscali previste, consistenti nel riconoscimento di un credito di imposta regolato dall'articolo 20 del citato decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è stato misurato un onere massimo di 62,4 milioni di euro. Le somme valutate sono da ritenersi indicative e prudenzialmente stimate in eccesso in quanto, ai sensi del comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, l'ammontare delle risorse del Fondo unico giustizia di spettanza del Ministero della giustizia, da destinare alle agevolazioni fiscali, verrà stabilito a decorrere dall'anno 2011 con decreto del ministro della giustizia da emanarsi entro il 30 aprile di ciascun anno (...)»;
di fatto, ad oggi, non risulta assegnato al Ministero della giustizia alcunché nonostante il ministro Alfano, già nelle Comunicazioni alle Camere del gennaio 2010, sostenesse come fossero confluiti nel FUG oltre 1.59 miliardi di euro, nell'ambito del quale evidenziava come disponibili per la riassegnazione pro quota al Ministero della giustizia 631,4 milioni di euro;
d) per quanto riguarda il sistema carcerario:
l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento del recupero del reo delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esso la politica, la società civile, la magistratura, ma - soprattutto - i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n. 121 della Presidenza del Consiglio). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal ministro lo scorso gennaio 2010 tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella Legge finanziaria 2010 e 100 milioni del bilancio della Giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, introducendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione Giustizia, né il ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, hanno mai fornito risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del Piano di interventi;
dell'assunzione dei 2000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia;
dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della Legge 26 novembre 2010, n. 199 «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
diversi e sicuramente più incisivi sono gli obiettivi programmatici che si pone il gruppo del Partito Democratico. In particolare, occorre: un intervento complessivo sistematico volto ad ampliare la tipologia delle misure alternative alla pena detentiva, specificatamente supportate da progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale, con una particolare attenzione alle sorti delle vittime dei reati;
è necessario: adeguare le piante organiche riferite al personale di polizia penitenziaria e alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano di assunzioni (almeno 1000 unità per queste ultime figure professionali), che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie; ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana. La fruizione di spazi comuni, magari con il supporto di braccialetti elettronici effettivamente funzionanti, l'inserimento in un'organizzazione modulare che preveda interventi mirati, condurrebbero finalmente a superare la dimensione del carcere come luogo insalubre, patogeno, dove l'ozio e la promiscuità prevalgono sui trattamenti di concreto recupero e rieducativi; un intervento complessivo volto a organizzare e prevedere una diversa strategia di ingresso per gli autori di reati di medio-bassa gravità; rivedere le preclusioni imposte dalla Legge cosiddetta «ex Cirielli» e dai recenti «Pacchetti sicurezza»; prevedere l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena per i recidivi reiterati, ripristinando la competenza a valutare la effettiva pericolosità sociale dei condannati in capo alla magistratura di sorveglianza, le cui piante organiche dovranno, ovviamente, essere rafforzate dal punto di vista numerico al fine di consentire, anche attraverso la messa a punto di nuovi strumenti normativi, di svolgere a pieno il proprio ruolo e di gestire attraverso adeguati percorsi di conoscenza il flusso di ingressi in carcere;
e) per quanto riguarda le misure organizzative essenziali:
l'introduzione del giudice unico di primo grado, prevedendo la fusione di tribunali e preture, ha comportato un modesto ma comunque primo recupero di efficienza, giacché i tribunali sotto-dimensionati sono divenuti circa il 72 per cento del totale. Attualmente, le principali funzioni giudiziarie sono svolte da sette tipologie di uffici giudiziari e cioè da 848 uffici del giudice di pace, da 165 tribunali e relative procure, da 220 sezioni distaccate di tribunale, da 29 tribunali per i minorenni, da 29 corti d'appello (di cui 3 sezioni distaccate) e relative procure generali, dalla Corte di Cassazione e relativa Procura Generale e dal Tribunale superiore delle acque pubbliche. Attraverso degli studi si è accertato che quando le dimensioni degli uffici giudiziari divengono troppe elevate (impiegando un numero di magistrati superiore a 80), si riscontra una perdita di efficienza legata al sovradimensionamento. Tale perdita, tuttavia, appare di gran lunga inferiore a quella che si registra nel caso inverso di eccessivo sottodimensionamento (la prima riforma decisiva per recuperare efficienza e razionalità al sistema giustizia è la riorganizzazione della geografia giudiziaria intesa non come occasione di risparmio in termini economici e di un più razionale impiego delle risorse umane, professionali e finanziarie disponibili, ma anche quale occasione per una valorizzazione degli uffici giudiziari di dimensioni ottimali sotto il profilo delle effettive possibilità di scambio e di confronto continuo, abbreviazione dei tempi, maggiore tempestività nella risposte ai cittadini). Attraverso una nuova e più funzionale distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari saranno incisivi anche tutti quegli interventi inerenti l'organizzazione e il supporto all'attività giudiziaria, affinché nelle aule di giustizia i processi si possano svolgere in modo ordinato, con l'assistenza dovuta, in forme dignitose per tutti i protagonisti, con sistemi di documentazione degli atti che non siano ripetutamente messi in forse dai tagli alle risorse economiche. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato nella seduta straordinaria dell'11 gennaio 2010 una risoluzione proposta dalla sesta Commissione concernente la revisione delle circoscrizioni giudiziarie che sottopone al ministro della giustizia le seguenti conclusioni, «il Consiglio Superiore della Magistratura, nell'ottica di una leale collaborazione istituzionale, ritiene doveroso segnalare al ministro della giustizia l'assoluta ed imprescindibile necessità di attivare una proposta legislativa diretta a rivedere le circoscrizioni giudiziarie. La riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie costituisce, infatti, a parare del CSM, lo strumento indefettibile per realizzare un sistema moderno ed efficiente di amministrazione della giurisdizione, che sia in grado di fornire la dovuta risposta di merito alle istanze di giustizia, nel rispetto di tempi ragionevoli di durata del processo, nella consapevolezza che il ritardo nel giungere alla decisione si risolve in un diniego di giustizia»;
è, quindi, assolutamente urgente che il Governo: assuma un'iniziativa normativa volta a prevedere una riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie al fine di predisporre una disciplina che consenta di garantire le esigenze di efficienza, qualità ed eguale trattamento dei diritti dei cittadini nelle diverse aree geografiche del Paese e una redistribuzione razionale del carico del lavoro e delle risorse umane ed economiche; realizzi il conseguente adeguamento della pianta organica del personale giudiziario, prevedendo procedure urgenti di copertura dei posti vacanti, di attuazione al cosiddetto ufficio del processo, condiviso da tutte le categorie di operatori della giustizia (avvocati, magistrati, personale della giustizia), che rappresenta una misura organizzativa essenziale per garantire lo svolgimento efficiente, efficace e qualitativamente adeguato, delle attività correlate e di supporto all'esercizio della giurisdizione; contribuisca all'approvazione della modifica legislativa in corso di discussione in Commissione giustizia, A.C. 2984 «Modifica all'articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di attribuzione delle funzioni ai magistrati ordinari al termine del tirocinio», in quota opposizione, tesa a eliminare il divieto per i magistrati ordinari di prima nomina ad essere destinati alle funzioni di PM e giudice monocratico, e quindi a risolvere il problema della copertura delle sedi disagiate presso gli uffici di procura;
f) per quanto riguarda la magistratura onoraria:
il ministro della giustizia, nelle comunicazioni del gennaio 2010, aveva annunciato un disegno di legge di riforma della magistratura onoraria che, ad oggi, non è mai stato presentato;
si profila, anzi, la ormai consueta prorogatio del mandato dei giudici di pace, la terza succedutasi dall'esordio del magistrato di prossimità e, così come avvenuto in precedenza (decreto-legge n. 115 del 2005), la dilazione dell'incarico sarà operata con decretazione di urgenza;
la situazione appare ancor più paradossale con riferimento alle figure del m.o.t. (g.o.t. e v.p.o.) il cui mandato (solo originariamente triennale) ha «costretto» il legislatore a reiterate proroghe, quasi tutte adottate con decreti di fine d'anno;
la riorganizzazione del sistema della giustizia onoraria deve necessariamente passare attraverso l'attribuzione di compiti e ruoli ben definiti alla magistratura onoraria, anche in considerazione della circostanza che l'incremento della domanda di giustizia si accompagna ad una progressiva differenziazione delle esigenze alle quali deve essere preordinata la risposta giudiziaria. Si tratta, quindi, di identificare compiutamente un numero congruo di controversie che possono essere adeguatamente soddisfatte attraverso procedure semplificate, nelle quali l'apprezzamento delle circostanze di fatto deve essere preminente rispetto ai problemi tecnico-giuridici ed il giudice deve svolgere un ruolo prevalentemente di mediazione e conciliazione. La scelta, sul piano costituzionale, rinviene una solida base nell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, il quale stabilendo che «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli», esprime una chiara e precisa opzione della Costituzione in favore del ricorso alla figura del giudice onorario, che va rettamente intesa ed adeguatamente realizzata. La sua realizzazione determinerebbe inoltre la possibilità di eliminare le figure di giudici onorari presso gli uffici del giudice professionale (diverse, ovviamente, da quelle riconducibili all'articolo 102, secondo comma, della Costituzione), che hanno giustamente sollevato reiterate proteste da parte del ceto forense e non contribuiscono all'immagine dell'imparzialità. La magistratura onoraria non deve essere appiattita su quella professionale; non va considerata un minus rispetto a quest'ultima, occorrendo invece valorizzarne la specificità per modellare una peculiare figura del giudice onorario, delle procedure che egli è chiamato ad applicare, della tipologia delle decisioni che è chiamato a rendere, che occorre siano improntate dal criterio della semplificazione e da una particolare attenzione alle differenti esigenze presenti nelle diverse parti del territorio nazionale;
occorre rimodulare le figure di giudici onorati attuali; ridisegnare la competenza del giudici di pace nella materia civile; modificare i requisiti di nomina del giudice di pace, conformandoli rispetto alle esigenze poste dalla sua definizione quale, essenzialmente, giudice di equità; «staccare» più nettamente la figura dei giudici di pace rispetto alla magistratura professionale, provvedendo alla definizione della sua figura in termini di autonomia e specificità rispetto a quella del giudice professionale che consenta di superare l'attuale precarietà;
f) per quanto riguarda la corruzione e il principio di legalità:
di fronte alla rilevanza e alla diffusione del fenomeno corruttivo, più volte denunciato dal procuratore generale della Corte dei conti come una delle cause del dissesto economico del Paese ed evidenziato, nel rapporto sull'Italia, dal gruppo contro la corruzione del Consiglio d'Europa (Greco) pubblicato nell'ottobre 2009, come «fenomeno corrente e generalizzato che tocca numerosi settori di attività in particolare l'edilizia, l'immobiliare il trattamento dei rifiuti, gli appalti pubblici ed il settore della sanità «, il Governo non ha assunto alcuna iniziativa concreta, a parte quella contenuta nella Legge delega per il Codice antimafia sulla tracciabilità dei finanziamenti pubblici, per la cui approvazione il gruppo PD si è fortemente battuto. Il Parlamento è stato infatti occupato, per gran parte dei primi tre anni di legislatura, ad approvare leggi ad personam: il primo «lodo Alfano», la legge sul legittimo impedimento, il processo breve, le intercettazioni telefoniche, il «lodo Alfano» costituzionale. L'unico provvedimento che è riuscito ad approvare in questa materia è stato la ratifica delle Convenzione civile sulla corruzione fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, mentre ancora sono in corso di esame nelle Commissioni II e III del Senato, le proposte di ratifica della Convenzione penale sulla corruzione;
g) per quanto riguarda le professioni:
occorre valorizzare le nuove professioni e regolare in forma innovativa, adeguata ai sistemi europei, quelle ordinistiche, garantendo una competizione leale tra professionisti ed una tutela a favore dei consumatori e dei cittadini della qualità delle prestazioni professionali;
è necessario garantire ai professionisti sistemi previdenziali ed assistenziali adeguati;
va consentito ai giovani un accesso alla professione basato sul merito e alle donne va garantita la piena parità nell'esercizio dell'attività professionale;
occorre consentire ai professionisti di accedere ai benefici ed alle misure di sostegno previsti per le attività economiche commerciali, industriali e del terziario;
è necessario offrire misure concrete di sostegno all'innovazione, alla ricerca ed alla crescita dell'occupazione anche in questo settore;
bisogna incoraggiare l'approvazione di un moderno assetto della professione forense, basato sull'accesso fondato sul merito, sulla formazione permanente, sulle specializzazioni e su regole deontologiche rigorosamente garantita da un sistema disciplinare imparziale;
sempre a proposito di quella forense occorre favorire l'autodeterminazione della categoria e la sua partecipazione attiva all'amministrazione della giustizia come soggetto di rilevanza costituzionale;
infine è importante sostenere e promuovere la crescita delle associazioni professionali;
non le approva.
(6-00058)
«Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Ferranti, Andrea Orlando, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi».
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Intervento del Ministro della giustizia)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano.
ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per il terzo anno consecutivo sono chiamato a riferire dinanzi ai rappresentanti eletti dal popolo dei risultati conseguiti dal Governo nel delicatissimo tema dell'amministrazione della giustizia e a dare atto cioè a tutti i cittadini della corrispondenza o meno, nell'attività del Governo, del programma politico che, attraverso il voto, la maggioranza degli italiani ha condiviso.
Mi sia consentito, prima di ogni cosa, di rivolgere un deferente ossequio al signor Presidente della Repubblica, garante dell'unità d'Italia voluta dai Padri del Risorgimento e consacrata anche nell'unità del sistema giudiziario del Paese, della quale unità quest'anno ricorre il centocinquantesimo anniversario.
L'anno appena trascorso ha visto il Ministero della giustizia impegnato a fondo nella decisiva battaglia dell'efficienza, volta a contrastare la lentezza del sistema processuale italiano che impedisce al cittadino di fruire della giustizia quale servizio di un moderno Stato democratico.
Nei mesi scorsi, su questo fronte, molti sono stati i risultati conseguiti dal Governo, sui quali a breve mi soffermerò. Ma un dato su tutti è per me motivo di orgoglio e di incoraggiamento nel proseguire la strada già tracciata e per apprezzarlo meglio è utile ricordare che esattamente trent'anni fa, nel 1980, l'arretrato civile, già allora considerato grave, era pari a 1.394.826 procedimenti. Nel 1990 cresceva a 2.414.050, incrementato in media da circa 100.000 fascicoli in più ogni anno. Nel 2000 raggiungeva il traguardo di 4.896.281 procedimenti ed infine, il 31 dicembre 2009, si avvicinava alla soglia dei 6 milioni, segnando il record assoluto di 5.826.440 di arretrato pendente.
Ebbene, dopo lustri di inesorabile aumento della pendenza dell'arretrato, gli uffici della statistica del Ministero hanno registrato quest'anno un risultato clamoroso e straordinario che, negli ultimi trent'anni, si è manifestato una sola volta, in modo analogamente marcato, e cioè il numero dei processi civili pendenti, nel giugno del 2010, è sceso del 4 per cento, arrivando a 5.600.616 rispetto all'anno precedente, con una diminuzione pari a meno 223.824 procedimenti, cosa che finalmente marca una decisa inversione del trend negativo che vi ho appena ricordato.
Il risultato raggiunto è stato più roseo di ogni ottimistica aspettativa, considerato che dopo trent'anni di inarrestabile incremento anche soltanto il blocco della corsa al rialzo poteva considerarsi un buon traguardo. Dunque, l'inversione di tendenza rappresenta la più gradita e piacevole delle novità che - si badi - non è per me una sorpresa, ma una scommessa vinta, che lascia ben sperare per il futuro e conforta sulla bontà delle scelte operate. Infatti, lo studio disaggregato dei dati consente di ritenere non occasionale né fortuito questo evento che, al contrario, trova la sua spiegazione nella convergenza di almeno tre fattori positivi introdotti dal Governo Berlusconi: le riforme in materia di processo civile, la sempre più completa informatizzazione degli uffici giudiziari, le modifiche normative delle spese di giustizia ed in particolar modo della disciplina del contributo unificato che ha abbattuto sensibilmente il numero delle opposizioni a sanzioni amministrative.
A questi virtuosi interventi si è ancora una volta aggiunta positivamente la straordinaria capacità di silente e proficuo lavoro dei magistrati italiani addetti al civile. In questo modo abbiamo dimostrato che il nemico mortale della giustizia italiana, cioè la sua lentezza, sulla quale mi ero soffermato a lungo negli anni precedenti proprio in quest'Aula, può e deve essere sconfitto con un disegno chiaro ed un'adeguata strategia.
Ciò posto, nel settore penale i dati segnalano una stabilità della pendenza, con un modesto decremento, poiché si passa da 3 milioni e 335 mila procedimenti pendenti al 31 dicembre 2009 a 3 milioni e 290 mila al 30 giugno 2010: segno evidente della necessità di una maggiore incisività degli interventi sul processo penale che dovrà essere espressa nella seconda metà della legislatura in corso. Vi è tuttavia un dato in notevole aumento che non mi dispiace affatto, perché fa riferimento alla sopravvenienza dei procedimenti penali iscritti presso le procure della Repubblica contro indagati noti per reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia, un dato che registra un incremento del 10,5 per cento, perché, oltre all'impegno encomiabile dei magistrati e delle forze dell'ordine nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, una parte del merito va attribuito anche agli innovativi ed efficaci strumenti garantiti con i numerosi interventi legislativi e amministrativi in materia di antimafia proprio da parte di questo Governo.
Il complesso di questo impegno della «squadra Stato» e di questi interventi ha consentito infatti di mettere in campo il più robusto sistema di norme di contrasto alla criminalità organizzata, il più alto numero di detenuti sottoposti al regime di cui al 41-bis dalla sua introduzione nel nostro ordinamento giuridico, il più alto numero di provvedimenti ministeriali di riapplicazione del citato regime del 41-bis dopo l'avvenuto annullamento disposto in sede giudiziaria dai tribunali di sorveglianza, il più basso numero di provvedimenti ministeriali di revoca del 41-bis da parte del Ministro della giustizia, la gestione del tragico record di presenza nelle carceri senza che si sia fatto ricorso ad indulti o provvedimenti generalizzati di clemenza, il più alto numero di posti di magistrati messi a concorso in soli due anni (ben 713, cui si aggiungono i 253 magistrati già assunti nel 2010, per complessive 966 unità); il più alto numero di posti di agenti di polizia penitenziaria, ben 1.800, banditi in un solo concorso; il più alto numero di nuovi posti nelle strutture carcerarie, cioè 2.000 in due anni, equivalenti al numero di nuovi posti che erano stati istituiti nei dieci anni precedenti.
L'attività del Ministero ha avuto come primo obiettivo nel 2010 il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e penitenziario del nostro Paese, ed in questo senso, nonostante i tagli determinati a livello globale dalla contingente crisi economica sui bilanci di ciascuna amministrazione pubblica, nei dodici mesi scorsi sono stati raggiunti significativi risultati in materia di organizzazione dei servizi e di potenziamento del sistema carcerario.
Partirò dal primo aspetto. Quanto alla organizzazione, una citazione merita la positiva evoluzione del progetto «Diffusione di best practice presso gli uffici giudiziari italiani» finanziato dal Fondo sociale europeo per 23 milioni di euro stanziati dalle regioni con la programmazione 2007-2013 e riguardante la diffusione delle prassi virtuose che possono garantire un percorso di change management, e che ha già riguardato 96 uffici giudiziari, diversi per tipologia e grandezza, cui il progetto è stato esteso nel 2010 con la specifica formazione impartita a 200 dirigenti degli uffici giudiziari candidati che hanno partecipato ai seminari organizzati dal Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria.
Ciò premesso, passerò a descrivere per singoli punti le attività maggiormente rilevanti. Ma prima desidero fornire un dato che, pur se da tempo noto e già divulgato, non è mai stato considerato a sufficienza ai fini della giusta valutazione e del rilievo dei modelli organizzativi rispetto a quelli meramente finanziari. La regola è ben nota agli economisti ed anche agli analisti di organizzazione: la sola immissione di risorse economiche aggiuntive non risolve alcun profilo di inefficienza di qualsiasi organizzazione complessa. Questa regola è puntualmente confermata anche dai dati relativi al sistema giudiziario. Basti un evidente esempio: dal 1996 al 2007, sono stati spesi complessivamente nel settore dell'informatica più di 2 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo l'arretrato, sia nel settore civile che in quello penale, aumentava inesorabilmente. Nel triennio di questa gestione ministeriale, la voce di spesa è scesa sensibilmente, ma una corretta programmazione ed organizzazione dei servizi ha consentito di ottenere migliori risultati rispetto al passato.
Nel corso del 2010, è proseguita l'attività di informatizzazione e razionalizzazione dell'amministrazione giudiziaria, malgrado - come ho appena detto - la costante contrazione delle risorse finanziarie disponibili. Al riguardo, come è a tutti noto, per ragioni tecniche questa contrazione aveva determinato uno stop provvisorio ai servizi di assistenza informatica, che ha generato, insieme ad una fondata preoccupazione, anche catastrofismi tanto eccessivi quanto fuori luogo ed il consueto rosario di polemiche e strumentalizzazioni.
Ebbene, con urgenza e tempestivamente si sono recuperate le risorse, pari a 5 milioni di euro, per assicurare l'immediata ripresa del servizio per il primo semestre di quest'anno, mentre proprio ieri ho provveduto a stabilizzare la situazione per l'intero 2011, integrando gli stanziamenti con risorse fresche pari a 6 milioni di euro, non sottratti ad altri servizi.
Detto questo, l'impegno del Governo in questo settore è stato davvero imponente ed i risultati positivi sono misurabili oggettivamente con la semplice esposizione di alcuni numeri di rilievo. In particolare, nel settore civile, il processo civile telematico è attivo con valore legale per i decreti ingiuntivi in 25 tribunali, in 12 per le esecuzioni, in otto per il settore fallimentare ed in cinque anche per i pagamenti elettronici.
Questo è un servizio che consente di pagare con moneta elettronica il contributo unificato e tutti i diritti previsti, mentre - ci tengo a sottolinearlo - all'atto del mio insediamento questi numeri, esattamente quelli che ho indicato in riferimento alle circostanze e agli uffici giudiziari che ho citato, erano pari a zero, sostenuti - se così si può dire - da investimenti per soli 600 mila euro, più che decuplicati negli ultimi due anni da questo Esecutivo, con un investimento che, sempre negli ultimi due anni, ammonta ad oltre 15 milioni di euro.
Secondo aspetto: i sistemi web di gestione dei registri informatici per la cognizione ordinaria, vera e propria precondizione per un effettivo processo di informatizzazione efficiente, sono stati attivati in 18 distretti di corte d'appello su 26 ed in 127 tribunali su 165, mentre a metà del 2008, quando ci siamo insediati, si era fermi ad un solo distretto (oggi sono 26) e soltanto dieci tribunali (oggi sono 165).
Inoltre, i sistemi web di gestione dei registri informatici per le esecuzioni sono stati attivati su tutto il territorio nazionale, mentre nel 2008 risultavano attivi soltanto 12 distretti e 58 tribunali. Desidero, inoltre, rivendicare con una punta di orgoglio che, a metà del 2008, il sistema giudiziario poteva ben dirsi all'anno zero nel settore civile per quanto attiene la consultazione via Internet di dati e documenti processuali, con un solo punto di accesso, uno solo, abilitato alla consultazione.
Ebbene, un serrato programma di razionalizzazione dei sistemi e degli investimenti ha consentito di attivare punti di accesso in 157 tribunali su 165, mentre in 151 uffici sono possibili le consultazioni da remoto dei registri della cognizione e in 81 anche quelli delle procedure esecutive.
In numerosi uffici è stato messo inoltre a disposizione un servizio di consultazione evoluta, che consente agli utenti avvocati di consultare, sempre tramite Internet, il fascicolo digitale appositamente creato, che raccoglie gli atti e i documenti del processo. In particolare, il servizio è attivo per il processo di cognizione in 10 corti di appello e in 89 tribunali, nonché, per il processo di esecuzione, in 78 tribunali.
È quasi inutile, al riguardo, ricordare quanta inefficienza e perdita di tempo comporta la consultazione manuale ed in ufficio di questi dati, mentre le innovazioni introdotte consentono un significativo incremento della possibilità per l'utente di conoscere informazioni processuali e si sostanziano in un aumento dell'accessibilità dei servizi, con conseguente riduzione delle code agli sportelli. In particolare, gli utenti esterni registrati presso un punto di accesso autorizzato al processo telematico possono accedere in tempo reale al fascicolo informatico, ossia agli atti in formato elettronico depositati dalle parti o dal giudice, e ai documenti scansionati e fare ricerche giurisprudenziali.
Non meno rilevanti sono i progressi in materia di comunicazioni telematiche, da noi - lo voglio sottolineare - introdotte con il decreto-legge n. 112 del 2008. Le comunicazioni telematiche sono cresciute nel 2010 del 350 per cento e sono passate dalle oltre 100 mila del 2009 - già quello era un risultato più che positivo - a quasi 500 mila comunicazioni inviate nello
scorso anno. Il servizio consiste, come ben sapete, nell'automatica esecuzione delle comunicazioni di cancelleria agli avvocati e prevede, altresì, l'inserimento automatico della ricevuta elettronica nel fascicolo informatico, all'interno del quale è conservata la firma ai fini del valore legale.
Se si considera che oggi gli avvocati telematici sono oltre 23 mila rispetto ai meno 10 mila del 2009, si coglie appieno lo spazio di crescita che è lecito attendersi per il 2011 con riferimento al numero complessivo degli iscritti all'albo, anche solo mantenendo l'attuale trend di crescita. Desidero ricordare che più comunicazioni telematiche significa più risparmio di risorse economiche e umane, più velocità, meno cause di nullità.
Ed in questo quadro vanno richiamati anche gli interventi normativi e regolamentari di sostegno alle scelte di innovazione tecnologica dell'amministrazione: mi riferisco in particolare alle norme relative alla informatizzazione delle procedure esecutive ed alla possibilità di svolgere per via telematica le aste giudiziarie.
Si è poi dato corso a numerosi ed importanti atti dell'amministrazione centrale, tra i quali vanno segnalati l'estensione del protocollo informatico alla Direzione generale dei magistrati e l'avvio delle procedure per l'applicazione di tale protocollo anche alla Direzione del personale con evidenti positive ricadute nella gestione dell'intero sistema giudiziario, nonché la gestione informatizzata di tutto il parco auto del Ministero della giustizia.
Anche la gestione informatizzata del personale amministrativo è stata resa possibile agli uffici periferici che ne hanno fatto richiesta, e sono state informatizzate le nuove piante organiche ed i nuovi profili professionali, individuati dal nuovo contratto collettivo integrativo, sottoscritto il 29 luglio 2010.
Queste innovazioni, grazie anche ad un servizio interno di call center per l'assistenza agli utenti, hanno consentito - giusto per fare qualche esempio concreto - di mettere a regime la compilazione della domanda on line per il concorso in magistratura, la presentazione on line del ricorso in opposizione a sanzioni amministrative e a decreto ingiuntivo presso gli uffici del giudice di pace, la compilazione e l'invio delle domande on line per la progressione economica del personale, che ha riguardato oltre 40.000 dipendenti, la registrazione al portale degli stipendi della pubblica amministrazione per l'accesso al cedolino e al CUD.
In tutti questi sforzi informatici, che non sono ancora conclusi e di cui ancora parlerò, ho trovato un riferimento importante ed operoso, che ringrazio, nella persona del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, che è stato colui il quale ha agevolato questo compito dal versante del Ministero cui è a capo.
Nel 2010 è stato potenziato il servizio di documentazione degli atti processuali penali mediante un apposito portale web che rende possibile scaricare le trascrizioni delle udienze penali. In particolare, si è proceduto ad un ampliamento contrattuale finalizzato a permettere anche alle procure, e non soltanto ai giudici, l'accesso informatico a tali dati. In tal modo, l'accesso diretto al portale del Ministero agevolerà l'attività delle procure, evitando la richiesta del formato cartaceo dei verbali agli uffici giudicanti, con un notevole risparmio delle spese e l'azzeramento dei tempi per il cosiddetto rilascio copie. Analogamente, si è potenziato il servizio di multivideoconferenza, che consente la partecipazione a distanza ai processi penali per i detenuti più pericolosi sottoposti al regime del 41-bis e per i collaboranti e testimoni protetti.
L'intero sistema è stato profondamente innovato, con il progressivo passaggio dal sistema analogico alla tecnologia digitale su rete IP. Nel piano di esecuzione dei lavori è stata inserita anche la realizzazione in via sperimentale di quattro sale con particolare tecnologia evoluta denominata telepresence, che consente la trasmissione di dati audio-video ad alta definizione. Ad oggi, è stata realizzata una delle quattro sale, presso il tribunale di Napoli, e le altre tre saranno realizzate nel corso del 2011 nei siti di Parma, Milano-Opera e Roma - Rebibbia.
Inoltre, la modalità di telepresence in alta definizione è stata estesa al tribunale di sorveglianza di Roma, il quale, a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, è stato investito della competenza in via esclusiva a livello nazionale in materia di reclami avverso i decreti di sottoposizione al regime penitenziario del 41-bis.
Queste innovazioni e questi miglioramenti di sistema già esistenti non sono che una parte dell'impegno governativo e amministrativo per migliorare il servizio giustizia che, sotto il profilo organizzativo e informatico, ha sofferto nel passato di una preoccupante carenza di disegno strategico e di una sorta di anarchia decisionale ed operativa, che ha reso particolarmente impegnativo e severo il compito di razionalizzare i vari sistemi, ridurre sensibilmente i costi di gestione, ricondurre ad unità le varie esperienze maturate nei singoli uffici, vincere le inevitabili resistenze, quando non i sospetti, rispetto alle novità che si sono proposte.
Non meno rilevanti sono le innovazioni nel settore penale, dove il 2010 si è caratterizzato per lo sviluppo e la diffusione di tre importanti strumenti: il «Calendar», cioè il calendario delle procure; il Sidip, ovvero il sistema informativo dibattimentale penale; il package procura, che è finalizzato a garantire un significativo snellimento delle attività istituzionali svolte dalle procure della Repubblica.
Si tratta di un insieme di applicazioni informatiche che gestiscono elettronicamente i flussi informativi in entrata ed in uscita dalle procure, con l'obiettivo finale di creare il fascicolo elettronico. Ciò si realizza attraverso: l'informatizzazione della trasmissione delle notizie di reato dalle forze di polizia alle procure della Repubblica, nonché del flusso inverso di eventuali comunicazione inviate alle procure dalle forze di polizia; il nuovo sistema del registro generale, che tra le altre funzioni, è preposto a garantire l'iscrizione, l'assegnazione dei fascicoli e l'avanzamento di stato del procedimento con produzione automatica del carico pendente; il sistema Aurora, al quale è affidata la gestione del fascicolo penale elettronico in tutto il suo ciclo di vita di indagine fino al rinvio a giudizio; il modulo per le comunicazioni e notificazione telematiche al quale è affidata la delicata fase - una volta emanate le regole tecniche previste dall'articolo 4 del decreto-legge n. 196 del 2009 - della notificazione degli atti tramite la posta elettronica certificata, nonché il sistema documentale di piattaforma tecnologica documentale, quale substrato tecnologico organizzato in servizi e trasversale rispetto ai suddetti applicativi proprio per la gestione di tutti i documenti prodotti e ricevuti durante la vita di un procedimento. Rendo inoltre noto che sono ormai di prossima emanazione le regole tecniche per il processo telematico civile e penale, come previsto dall'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge sopra citato.
In questa autorevole sede desidero rassicurare tutti coloro che hanno avuto modo di esprimere le proprie perplessità in ordine alla sicurezza del sistema, dando garanzia dell'adozione di strumenti che consentiranno il pieno ed esclusivo controllo da parte dell'autorità giudiziaria di tutti i dati relativi ai procedimenti penali, attraverso l'adozione di tutte le cautele tecniche indispensabili per garantire l'osservanza del più rigoroso segreto istruttorio.
Desidero ancora precisare che il regolamento attuativo di prossima emanazione consentirà anche di adottare la posta elettronica certificata standard per tutte le trasmissioni da e per il dominio «Giustizia», così consentendo ai professionisti ed ai cittadini di utilizzare un unico canale di comunicazione elettronica, il cui ricorso è già obbligatorio per i professionisti in virtù del decreto-legge n. 185 del 2008, nell'ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione ed è stato ulteriormente potenziato dal recentissimo decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235.
È stata inoltre prevista la realizzazione da parte del Ministero della giustizia del cosiddetto portale dei servizi telematici, al
fine di fornire documentazioni, informazioni e istruzioni, nonché per consentire l'accesso ai soggetti abilitati esterni non dotati di punto di accesso. Tale strumento servirà, inoltre, a consentire in futuro il libero accesso alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, disponibili in forma anonima, al fine di consentire in particolare una fruizione diretta da parte dei cittadini.
Il complesso di questi sforzi non esaurisce di certo il compito di razionalizzare e ammodernare il servizio giustizia anche sotto il profilo tecnologico e digitale, ma il cambio di passo e di strategia ha già dato frutti concreti, che rappresentano per l'Italia una positiva ed assoluta novità, di cui magari poco si parla, ma che fa già sentire i suoi effetti nel rilevamento statistico nazionale e in modo più marcato nel settore civile, dove più imponenti sono stati gli interventi, e tutto ciò pur nelle difficoltà conseguenti al costante calo delle dotazioni ordinarie di bilancio e malgrado le consuete resistenze a tutti i processi di innovazione e riorganizzazione dei servizi.
Alla data del 21 dicembre 2010 risultano presenti in organico 9.036 magistrati togati, con una scopertura, come già detto, pari a 1.115 posti. Per rimediare a questa situazione, l'impegno del Ministero è stato particolarmente rilevante, tanto che nell'agosto 2010 sono stati nominati 253 magistrati ordinari, vincitori di un concorso che però era a 500 posti, bandito nel 2008; è in corso la correzione delle prove scritte di un ulteriore concorso a 350 posti, bandito nel 2009, che pare terminerà nella prossima primavera; altri 373 posti sono stati banditi nel 2010 - le prove scritte sono previste a partire dal 15 giugno prossimo - e sono già previsti nuovi concorsi in magistratura, da espletare, prevedibilmente, nell'agosto 2012 e nel febbraio 2013. Ho inteso così riprogrammare, dopo una lunga stasi, una serie straordinaria di concorsi, restituendo ai nostri giovani giuristi, interessati all'ingresso nella magistratura ordinaria, una cadenza tendenzialmente annuale di questo importante concorso.
Questo impegno si aggiunge agli interventi in materia di aumenti delle piante organiche di uffici giudiziari di particolare rilievo, da Reggio Calabria a Roma, da Perugia a L'Aquila, da Bari a Santa Maria Capua Vetere, e di proroga di magistrati onorari, in attesa che sia varata la riforma organica del settore.
È poi fin troppo noto l'impegno del Governo in materia di funzionalità del sistema giudiziario, con la previsione di norme straordinarie per la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari meno richiesti dai magistrati, soprattutto al sud, che consentono al CSM, fino al 31 dicembre 2014, di trasferire d'ufficio magistrati dagli altri uffici vicini, norma - ahimé - non ancora adeguatamente utilizzata dal Consiglio superiore della magistratura.
Rivendico infine - con il sostegno del Parlamento - di avere previsto, con la legge n. 24 del 2010, proprio per evitare la minacciata desertificazione delle procure, una deroga al divieto di destinare agli uffici requirenti i magistrati che non abbiano ancora conseguito la prima valutazione di professionalità, essendo questo, peraltro, un divieto - come è noto - introdotto nella precedente legislatura. Nell'anno 2010 ho espresso il concerto in ordine al conferimento di 75 uffici direttivi e ho eseguito 58 ispezioni ordinarie e 16 inchieste. Ho altresì ritenuto di dover esercitare l'azione disciplinare nei confronti di 59 magistrati per violazione dei doveri di diligenza, correttezza e laboriosità relativi a diverse ipotesi, tra le quali spiccano quelle relative a gravi e reiterati ritardi nel deposito delle motivazioni delle sentenze, che talvolta hanno determinato inaccettabili scarcerazioni di pericolosi criminali per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare (ed anche questo nell'ottica di contrastare ogni possibile fonte di lentezza o rallentamento dell'iter processuale).
Il 29 luglio 2010 è stato sottoscritto, dopo quasi dieci anni di attesa, il contratto collettivo nazionale integrativo del Ministero della giustizia, che contempla un nuovo ordinamento professionale del personale non dirigenziale del Ministero della
giustizia in osservanza dei criteri stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro del 14 settembre 2007. Si tratta di un'importante innovazione che, pur nell'attuale situazione di insufficienza degli organici, offre uno strumento più moderno, flessibile ed innovativo per le attività di supporto alla giurisdizione quotidianamente svolta dal nostro personale amministrativo cui, anche in questa sede, va il mio sentito ringraziamento per l'impegno di cui ogni giorno dà prova, talvolta in condizioni operative di considerevole difficoltà. Per questo considero soltanto un primo passo di valorizzazione della loro professionalità le procedure concorsuali che, in applicazione del nuovo contratto, attribuiranno le fasce economiche superiori nell'ambito di procedure che si sono concluse con tempi record grazie, ancora una volta, alla già citata informatizzazione della procedura di presentazione e valutazione delle domande relative a circa 40 mila dipendenti.
Oltre a questo, l'amministrazione è impegnata nella realizzazione di un sistema di valutazione delle performance, coerente con il decreto legislativo n. 150 del 2009, che ha sostituito in tutto il comparto ministeri il servizio di controllo interno con i nuovi organismi indipendenti di valutazione. Da una più precisa e misurabile valutazione ci attendiamo, nel prossimo futuro, ulteriori strumenti di analisi che possano consentire di individuare e superare le criticità della struttura ministeriale.
Con riguardo alla giustizia minorile, nel corso del 2010 si è assistito ad una sempre crescente propensione all'assimilazione, da parte dei minori, di comportamenti devianti diffusi, a volte particolarmente gravi, che suscitano allarme sociale nell'opinione pubblica. La conseguenza è stata che nel settore penale, accanto ai reati contro il patrimonio, si è registrata una significativa percentuale di reati legati all'uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Tale fenomeno ha reso necessaria una gestione trattamentale specifica ed ulteriori garanzie di sicurezza all'interno degli istituti. I centri di prima accoglienza su tutto il territorio nazionale hanno raggiunto i 2.422 ingressi, con un decremento - sottolineo questo concetto - pari al 17 per cento rispetto all'anno precedente.
Tale fenomeno costituisce un ennesimo effetto positivo del controllo delle politiche di immigrazione adottato dal Governo nel corso di questi due ultimi anni. Ed infatti, in relazione alla provenienza dei soggetti, secondo le categorie maggiormente rappresentate nelle statistiche, il decremento si riscontra in particolar modo per quanto riguarda i minori stranieri soprattutto provenienti dal bacino del Mediterraneo. Una specifica va fatta per quanto concerne i minori romeni. Anche per essi si interrompe il trend in costante aumento degli ultimi anni, registrandosi nell'anno appena trascorso una significativa flessione di presenze nei centri di prima accoglienza.
Negli istituti penali si è registrata una sostanziale stabilità degli ingressi, confermandosi così la progressiva diminuzione degli ingressi totali che persiste già da qualche anno, dovuta anche in questo caso al calo del numero di ingressi dei minori stranieri. Per quanto riguarda il rapporto maschi-femmine, calcolato sulla presenza media giornaliera, i dati indicano una netta prevalenza del genere maschile, con circa il 93 per cento sul totale.
Sul fronte dell'edilizia penitenziaria nell'ambito dell'attività di gestione degli immobili destinati ai servizi minorili il Ministero della giustizia ha proseguito gli interventi di revisione e riadattamento dei propri beni immobiliari al fine di razionalizzare gli spazi ed elevare gli standard di igiene e sicurezza, nonché di aumentare la funzionalità dei servizi attraverso la ristrutturazione degli immobili e la riattivazione di locali ed immobili in disuso.
Nel corso del 2010, il Dipartimento per la giustizia minorile ha acquisito una nuova struttura penitenziaria che, da casa circondariale, è divenuto l'istituto penale per i minorenni di Pontremoli. Tale istituto sarà l'unico ad accogliere un'utenza esclusivamente femminile e l'obiettivo sul quale si sta lavorando in progress è quello della definizione di un modello trattamentale imperniato sulla peculiarità dell'utenza, sul riconoscimento e cura della
persona, con un'attenzione specifica alla funzione genitoriale e alla dimensione della legalità. Inoltre, sono proseguiti i lavori per la ristrutturazione del tribunale per i minorenni di Caltanissetta, del centro polifunzionale minorile di Bologna, mentre sono in via di ultimazione i lavori che hanno interessato, nel corso degli anni passati, la scuola di formazione del personale di Messina e gli istituti penali per i minorenni di Lecce, Catanzaro e L'Aquila.
Negli obiettivi per l'anno 2011, assume primaria importanza la prosecuzione delle ristrutturazioni dei complessi minorili «Ferrante Aporti» di Torino, «Cesare Beccaria» di Milano e l'acquisizione della progettazione esecutiva relativa alla ristrutturazione dell'istituto penale «Meucci» e del centro di prima accoglienza di Firenze.
Nel settore internazionale, l'attività di questo anno si è sviluppata sulla scia della politica intrapresa con la Presidenza italiana del G8 giustizia del 2009 nella quale sono state date valide indicazioni e strategie per la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Particolare attenzione è stata attribuita al Programma di Stoccolma, programma ad azione pluriennale dell'Unione europea approvato, come previsto, durante la Presidenza svedese del 2009, anche alla luce dei cambiamenti apportati dal Trattato di Lisbona. In tale ambito, nel contesto europeo, è stato posto l'accento sul problema del sovraffollamento carcerario e sulle sue possibili soluzioni e l'opportunità di affrontare tale tema a livello europeo ha riscosso consensi tra diversi Stati membri dell'Unione europea ed è stato approfondito nel corso di un incontro bilaterale con il Vicepresidente e commissario alla giustizia Viviane Reding, che ha fatto seguito ad una serie di incontri con gli omologhi ministri della giustizia dei Paesi europei, tra i quali il Ministro romeno Preodiu, il Ministro belga De Clerck, il Ministro britannico Clarke e il Ministro ungherese Navracsics, nonché con i rappresentanti delle istituzioni europee e con il presidente della Commissione libertà civili, giustizia e affari interni dell'Unione europea López Aguilar. Non meno importante l'incontro con il neo nominato Segretario generale del Consiglio d'Europa Jagland.
A livello bilaterale, ho inteso dare particolare risalto a Paesi quali gli Stati Uniti d'America, la Federazione russa, la Cina e Israele. L'ottimo rapporto creatosi con l'Attorney general Eric Holder prosegue sulla scia di una stretta cooperazione tra i due Paesi, concretizzatasi anche tramite contatti ed incontri negli Stati Uniti d'America. Intensi anche i rapporti con il Ministro della giustizia russo Konovalov, rappresentante speciale del Presidente russo Medvedev per i rapporti giuridici con l'Unione europea, nella prospettiva di sostenere la transizione della Russia verso una struttura organizzativa e legislativa più vicina al modello di Stato delle migliori democrazie occidentali.
Di rilievo la visita nei territori palestinesi, a Tel Aviv e Gerusalemme, segno della politica di presenza dell'Italia nei due Paesi e dell'intenzione di sostenere le relazioni bilaterali nel settore della giustizia in una fase internazionale particolarmente delicata per il processo di pace in Medio Oriente. In particolare, gli incontri con gli omologhi Neeman e Khashan, organizzati d'intesa con il Ministro Frattini, hanno lanciato le basi per una maggiore intesa nel settore giustizia con la definizione di memorandum di collaborazione con entrambi i Paesi.
Molto importanti i risultati raggiunti con le nuove potenze dei Paesi emergenti, cioè Cina ed India. Con la Cina, in occasione della visita del Premier cinese Jiabao, sono stati sottoscritti a Roma un Trattato di estradizione ed un Trattato di assistenza giudiziaria, ed è stato ottenuto uno straordinario risultato, posto che il Governo cinese ha sottoscritto pochissimi accordi estradizionali. Con l'India, sono in via di finalizzazione analoghi trattati di assistenza ed estradizione con il Ministero della giustizia indiano. Numerosi e proficui anche gli altri incontri bilaterali svolti, tra i quali merita una citazione quello con l'Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay. Particolare importanza hanno assunto anche i rapporti con il Messico, Paese con il quale sono stati sottoscritti negoziati in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria tra il Governo del Messico e il Governo della Repubblica italiana. Di rilievo anche la partecipazione alla sessione plenaria della Conferenza di revisione dello statuto della Corte penale internazionale, che ha avuto luogo a Kampala, in Uganda, alla fine del maggio del 2010.
Ho, infine, considerato un grande onore rappresentare il mio Paese alla sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla lotta al crimine organizzato tenutasi a New York nel giugno di quest'anno, occasione che mi ha consentito di partecipare anche alle celebrazioni del decennale dell'adozione della Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli, un evento di alto livello dedicato alla figura di Giovanni Falcone, alle cui idee ci siamo spesso ispirati per proporre riforme che hanno trovato unanime condivisione in quest'Aula e positivo riscontro nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata posta in essere dalla magistratura e dalle forze dell'ordine.
Della inversione di tendenza che sì è registrata nel 2010 relativamente all'arretrato civile ho già riferito in apertura del mio intervento per assicurare il giusto rilievo ad una notizia così importante e positiva frutto degli interventi già a regime, ma ulteriori miglioramenti mi aspetto in esito all'intensa attività svolta nel corso del 2010 per dare attuazione alle deleghe conferite al Governo per completare il quadro delle riforme della giustizia civile.
Con il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, il Governo ha dato attuazione alla delega relativa all'introduzione in via generalizzata della mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali. Si tratta di un'importante riforma, che ha introdotto per la prima volta nel nostro sistema giuridico un effettivo strumento generale alternativo alla via giudiziale per risolvere le controversie dei cittadini. È un'innovazione che ci ha chiesto l'Europa, e che introduce un diverso approccio culturale per la risoluzione delle liti. Sono convinto di avere creato insieme al Parlamento uno strumento che possa anche ridurre i flussi di entrata delle controversie nel sistema giudiziario.
Sempre nel 2010, si è data attuazione alla delega prevista nella riforma del processo civile approvando il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110, che ha disciplinato l'atto pubblico informatico che consente ai notai di rogare atti mediante l'esclusivo utilizzo delle tecnologie informatiche. Contiamo sulla collaborazione del notariato italiano per realizzare un importante passo in avanti nella modernizzazione del nostro sistema giuridico attraverso la dematerializzazione dei documenti comprovanti i traffici giuridici.
Sono lieto di annunciare infine che è imminente la presentazione al Consiglio dei ministri dello schema di decreto legislativo sulla semplificazione dei riti, che darà compiuta attuazione anche all'ultima delle deleghe conferite dal Parlamento al Governo in materia di riforma del processo civile. Grazie all'esercizio della delega, sarà possibile ricondurre le diverse decine di fattispecie previste dalla legislazione speciale ai tre riti contemplati dalla legge delega e disciplinati dal codice di procedura civile. Lo scopo è ovviamente quello di consentire all'interprete di individuare facilmente le regole applicabili, senza perdersi nei meandri della legislazione speciale e restituendo centralità al codice di procedura civile.
Abbiamo così completato, sostanzialmente nei tempi previsti, l'esercizio delle deleghe che in materia il Parlamento ha conferito al Governo, e con ciò abbiamo smentito tutte le Cassandre che si erano esercitate nell'affermare che, data la vastità del compito delle deleghe, non saremmo riusciti ad adempierlo.
Il Ministero della giustizia ha condiviso fattivamente la proposta contenuta nel disegno di legge sulla cosiddetta insolvenza civile, con la finalità di gestire al meglio le crisi di sovraindebitamento dei debitori civili e degli imprenditori non assoggettabili al fallimento. Si tratta di una platea molto ampia di imprese medio-piccole esposte alle esecuzioni individuali e senza alcuna possibilità di ristrutturazione del debito attraverso accordi assistiti o concordati di cui dispongono le imprese assoggettabili alle procedure fallimentari. La bontà della proposta è testimoniata dall'approvazione all'unanimità, sia del Senato che della Commissione giustizia della Camera, dove attende di essere trattata. L'obiettivo è quello di agevolare il superamento della crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili, deflazionando fortemente le pendenze delle procedure esecutive individuali e creando un circuito virtuoso in grado di recuperare importanti quote di mercato frequentemente gestite, per così dire, dal fenomeno dell'usura.
Nel 2010 è proseguito l'impegno straordinario del Ministero della giustizia, in perfetta sinergia con il Ministero dell'interno guidato dal collega Maroni, sul fronte della legislazione antimafia. Giova ricordare, infatti, che l'anno 2010 si è aperto con la seduta straordinaria del Consiglio dei ministri a Reggio Calabria e ha visto tra i primi provvedimenti un decreto-legge che ha scongiurato la scarcerazione di numerosi boss mafiosi quale conseguenza di un contrasto interpretativo sulla competenza per materia che rischiava di determinare l'annullamento di numerosissimi processi e la conseguente decorrenza dei termini di custodia cautelare per tutti gli imputati.
Il decreto-legge 12 febbraio 2010, n. 10, ha infatti introdotto disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale. La norma ha chiarito che la competenza per la trattazione dei processi relativi ai reati di associazione di tipo mafioso, cioè il 416-bis, comunque aggravati, appartiene al tribunale e non alla corte d'assise, consentendo pertanto la serena trattazione dei processi in questione anche ove già incardinati innanzi alla predetta autorità giudiziaria.
L'aggressione ai patrimoni mafiosi è per il Governo lo strumento più efficace di lotta alle mafie, unitamente all'effettivo e rapido utilizzo dei patrimoni per finalità istituzionali e sociali. In questo quadro si inserisce in primo luogo l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ad opera della legge n. 50 del 2010. L'Agenzia sta già operando per garantire una migliore amministrazione dei sempre più numerosi beni sottoposti a sequestro e consentirà una più rapida ed efficace allocazione e destinazione dei beni confiscati devoluti al patrimonio dello Stato.
Con la legge n. 136 del 2010 è stato varato il Piano straordinario contro le mafie, contenente la delega al Governo per l'adozione del codice delle leggi antimafia, delle misure di prevenzione e delle certificazioni antimafia. La legge contiene altre disposizioni, oltre al compito di razionalizzazione, che inaspriscono la pena per il reato di turbata libertà degli incanti e introducono il nuovo reato di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente ed estendono inoltre e razionalizzano le operazioni sotto copertura.
I decreti legislativi 4 febbraio 2010, n. 14, e 9 settembre 2010, n. 162, attuando le deleghe conferite al Governo nel 2009, hanno istituito rispettivamente l'albo degli amministratori giudiziari e i ruoli tecnici della polizia penitenziaria. In particolare, quest'ultimo provvedimento si segnala perché contempla la disciplina della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale del DNA, consentendo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia di dotarsi delle professionalità necessarie al funzionamento appunto del laboratorio centrale della banca dati nazionale del DNA, istituito presso il medesimo dipartimento. Le attività del laboratorio centrale permetteranno l'identificazione degli autori di delitti attraverso il semplice confronto dei reperti rinvenuti sulla scena del
crimine con il DNA che viene conservato all'interno della banca dati nazionale, nella quale affluiranno i dati relativi ai soggetti detenuti in via cautelare o definitiva per i reati di maggiore gravità.
Sarà così possibile una rapida identificazione del colpevole ed una maggiore speditezza delle attività d'indagine, con l'obiettivo di raggiungere un elevatissimo grado di sicurezza sociale. In Inghilterra, ad esempio, laddove si dispone già di una banca dati del DNA fin dal 1995, proprio per effetto dell'operatività della predetta banca dati, la percentuale di identificazione di autori di reato è salita rapidamente dal 6 al 60 per cento del totale.
Onorevoli colleghi, l'anno appena concluso ha segnato un decisivo avanzamento delle tre linee di intervento su cui si articola l'azione del Governo nella delicata materia della gestione delle carceri: la deflazione dei flussi d'ingresso nel sistema carcerario e le misure alternative alla detenzione, il piano di interventi di edilizia penitenziaria, la rideterminazione della pianta organica della polizia penitenziaria.
Con la pubblicazione dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 marzo 2010 è stato nominato il commissario delegato per l'esecuzione degli interventi di edilizia penitenziaria di cui al cosiddetto Piano carceri. Il 30 giugno 2010 il comitato interministeriale da me presieduto ha approvato il piano degli interventi che prevede la realizzazione di undici nuovi istituti carcerari e di venti nuovi padiglioni in ampliamento delle strutture carcerarie esistenti. Si è dato così avvio ad un intervento infrastrutturale senza precedenti nella storia della Repubblica, sia per l'entità degli investimenti - 675 milioni di euro - sia per la tempistica della loro esecuzione, cioè nell'arco di un triennio, sia per la portata strategica volta a soddisfare un fabbisogno carcerario pari a circa 9.150 posti, in esecuzione della sola prima parte del piano.
Tra il mese di luglio 2010 ed oggi sono state concluse quattro intese istituzionali tra il commissario delegato, le regioni ed i comuni interessati, per un ammontare di intese che coprono circa il 75 per cento del volume complessivo degli investimenti previsti nel Piano carceri, e nei prossimi giorni saranno finalizzate le residue intese con le altre regioni interessate. Tali intese consentono la realizzazione degli interventi carcerari con le deroghe e varianti ai vigenti strumenti urbanistici che si rendono necessari, il tutto secondo tempistiche e procedure di massima celerità e snellezza, sempre nel rispetto del dialogo con le autorità locali ed i soggetti cui è affidata la tutela dei regimi vincolistici del territorio. Senza tale regime derogatorio sarebbe stato impossibile provvedere alla localizzazione dei nuovi interventi ed alle necessarie varianti propedeutiche all'esecuzione degli ampliamenti in tempi così straordinariamente ristretti.
Sempre in attuazione del piano carceri il commissario delegato, esercitando i poteri straordinari conferitigli, ha potuto richiedere ed ottenere la collaborazione di tutte le amministrazioni interessate, e in particolar modo del DAP, ed il Dipartimento provvederà entro la fine di questo mese alla progettazione definitiva di 19 nuovi padiglioni su 20, senza ricorrere a professionalità estranee all'amministrazione e, quindi, con una straordinaria valorizzazione e ottimizzazione delle risorse in house e con un notevolissimo risparmio di spesa.
A partire dal mese prossimo, verranno attivate da parte del DAP le attività per le progettazioni preliminari dei nuovi istituti. Lo stesso ufficio del commissario delegato, articolato sulle figure dei soggetti attuatori e dei loro collaboratori diretti, è una struttura snella che opera secondo criteri di efficienza, economicità e per obiettivi.
Entro il primo semestre di questo anno, verranno stipulati gli affidamenti per la realizzazione dei venti padiglioni previsti dal Piano carceri con relativa consegna dei cantieri ed avvio dei lavori. L'accelerazione delle procedure amministrative ha consentito di raggiungere i primi obiettivi già nel 2010, ed altri verranno raggiunti, come dicevo poc'anzi, proprio quest'anno.
Nel 2010, sono stati portati a completamento i lavori di ristrutturazione e di costruzione dei nuovi padiglioni di Cuneo, La Camera,Velletri ed Avellino. Il 31 gennaio 2011 verrà ufficialmente inaugurato il nuovo carcere di Trento, già dal mese di dicembre in parziale attività, con una capienza di circa 250 posti, e poi verrà posta la prima pietra di un nuovo padiglione a Piacenza; si tratta di un incremento di circa 1.100 posti carcerari.
Un ulteriore incremento di 2.900 posti conseguirà dall'ultimazione dei lavori in corso negli istituti di Carinola, Ariano Irpino, Modena, Cremona, Terni, Frosinone, Pavia, Santa Maria Capua Vetere, Nuoro, Agrigento, Voghera, Biella, Saluzzo e Gela.
Sul piano della riprogettazione della pianta organica della polizia penitenziaria, il DAP ha portato a termine i concorsi pendenti e ha dato corso all'immissione dei vincitori in graduatoria nell'amministrazione penitenziaria.
Con l'articolo 4 della legge n. 199 del 2010 è stata autorizzata l'assunzione di 1.800 unità di polizia penitenziaria a copertura dell'aumentato fabbisogno connesso al fisiologico avvicendamento ed all'apertura delle nuove strutture carcerarie. Per altro verso, la Cassa ammende ha finanziato fondamentali progetti mirati al recupero dei ristretti anche tramite l'attivazione di nuovi posti di lavoro presso le case circondariali, consentendo così l'attuazione della funzione della pena in chiave di rieducazione, risocializzazione e recupero del ristretto. Non va, inoltre, sottaciuto l'impegno nella gestione delle misure di esecuzione penale esterna, che coinvolgono complessivamente 16.084 detenuti, con un incremento del 29,5 per cento rispetto al 2009, destinato ad un'ulteriore crescita per gli effetti della legge n. 199 del 2010.
Di rilievo nel settore anche due interventi legislativi, cioè la legge n. 199 del 2010, nella parte in cui introduce nuove disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno - per i detenuti stranieri, ovviamente, è previsto il beneficio solo quando si sarà in presenza di un domicilio effettivo - e il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che attua una decisione quadro europea in materia di trasferimento delle persone condannate. L'Italia è il primo Stato ad avere dato attuazione a questo importante strumento di cooperazione giudiziaria, che consentirà di trasferire le persone condannate dall'Italia verso lo Stato membro di cittadinanza e viceversa per l'esecuzione delle pene detentive.
Grazie al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie degli Stati dell'Unione europea, per la prima volta il trasferimento potrà avvenire senza un previo accordo con lo Stato estero di cittadinanza del condannato e senza il consenso della persona. Si realizza così un duplice obiettivo: da una parte, si consente al condannato di scontare la pena detentiva in un contesto, e cioè lo Stato di cittadinanza, che ne agevola il reinserimento sociale, familiare e lavorativo; dall'altra, insieme ad altre misure contenute nel Piano carceri, si avvia a soluzione lo storico problema della tensione detentiva, riducendo il numero degli stranieri detenuti in Italia.
Onorevoli colleghi, nell'avviarmi alle conclusioni, sottolineo che le considerazioni che vi ho appena esposto offrono sinteticamente il quadro complessivo dell'azione del Governo riferito sia alle iniziative normative che all'impegno organizzativo ed esecutivo. Il complesso di questi interventi ha già determinato, non senza fatica e difficoltà, positivi risultati, che devono essere ulteriormente rafforzati e consolidati con la prosecuzione delle iniziative finalizzate alla razionalizzazione e all'innovazione, per garantire quel cambio di passo che il Paese, ormai, attende da troppo tempo.
Tanto abbiamo fatto in due anni e mezzo di Governo del Paese, anche in materia di efficienza e miglioramento del servizio giustizia. Non vi è ancora stata, però, quella riforma radicale del sistema
giustizia, che pure in quest'Aula ho più volte annunciato: lo ha impedito, com'è evidente, l'evoluzione del quadro politico nel secondo semestre dell'anno appena trascorso, poiché le tensioni dell'ultima parte del 2010 hanno ritardato la presentazione in Parlamento di una serie di progetti di legge che continuano a perseguire gli obiettivi dell'efficienza del sistema giudiziario, della competitività del Paese e della trasparenza delle dinamiche commerciali.
Non abbiamo rinunciato alle nostre idee. In questa sede propongo oggi un'agenda alternativa che penso possa essere ampiamente condivisa e che vede tra gli obiettivi da raggiungere lo smaltimento dell'arretrato civile, la riforma della magistratura onoraria, il no profit, senza di certo abdicare - ma non mi riferivo a queste quando parlavo di quelle condivise -, alla riforma delle intercettazioni, alla riforma del codice di procedura penale e alle riforme costituzionali.
L'attuale congiuntura economica, che ha già imposto l'adozione di misure finanziarie di particolare rigore, rende ormai indilazionabile un'inversione significativa della tendenza della durata dei procedimenti civili entro tempi ben più ridotti di quelli ottenuti con le iniziative legislative ordinarie, che hanno determinato quella storica inversione di tendenza cui ho fatto riferimento. In questo senso introduco il tema dello smaltimento straordinario dell'arretrato civile.
La programmazione per il 2011, anche in sede parlamentare, dunque, vedrà al centro le grandi riforme e 4-5 temi su cui contiamo di ottenere un ampio consenso in Parlamento. Mi riferisco - lo voglio ripetere - allo smaltimento dell'arretrato civile, alla responsabilità amministrativa degli enti, alla riforma della magistratura onoraria e alla riforma del no profit.
Abbiamo portato avanti tanti progetti e tanti progetti sono spesso stati ostacolati fisiologicamente dall'estrema complessità delle questioni da affrontare, dalle difficoltà economiche e di reperimento delle risorse per i necessari investimenti, da strumenti gestionali e di bilancio vetusti e troppo rigidi, ma sono anche contrastati patologicamente da un clima di eccessiva polemica politica, da sospetti, reticenze e resistenza all'innovazione ed al cambiamento, che promanano anche dall'interno del sistema giudiziario, che in numerose sue componenti è apparso arroccato nella difesa dell'esistente.
Noi oggi di questo siamo ancor più consapevoli, così come sappiamo che le attuali tensioni del quadro politico aggiungeranno ulteriori difficoltà ed altri ostacoli sul cammino già tracciato delle riforme necessarie. Non per questo vi rinunceremo. Siamo anche consapevoli che il processo di revisione del sistema giudiziario deve proseguire nel solco già tracciato, poggiando le sue basi sul senso di responsabilità di tutti i parlamentari, che in più di un'occasione hanno votato con larga maggioranza, e qualche volta all'unanimità, gli interventi proposti in materia di giustizia dal Governo, nella certezza che ridare efficienza al sistema giudiziario è e rimane una priorità costituzionale, sociale ed economica per l'Italia intera (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani).
Interviene Andrea Orlando,PD: Ma secondo me l'apice della sua pur commendevole arrampicata sugli specchi è raggiunto quando parla di carceri. Ci dice quante carceri nuove si realizzeranno, quale capienza nuova verrà realizzata, non dice però che quella capienza nuova sarà bruciata in cinque o sei mesi in un sistema in cui la presenza dei reclusi aumenta di 700 unità al mese. Secondo me, un capolavoro da questo punto di vista è rappresentato soprattutto dalla sua affermazione che riguarda l'ennesimo commissariamento di questo Governo, quello appunto legato al piano straordinario per le carceri. Lei - cito testualmente - ha detto: in attuazione del Piano carceri, il commissario delegato, esercitando i poteri straordinari conferitigli, ha potuto chiedere ed ottenere la collaborazione di tutte le amministrazioni interessate, in particolar modo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP). Peccato che il commissario è già il capo del DAP, cioè abbiamo messo un commissario al Piano carceri in particolar modo per fargli dirigere il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di cui è già il capo. Ci dice per favore quanto ci costa questo giochetto e quanto costa ai contribuenti? Poi nella sua relazione non possono essere taciute, sia pure per titoli, le omissioni. Quando verrà emanato il decreto sulla giustizia civile? Quale risposta darà alla precarietà e alla scarsa trasparenza del funzionamento della magistratura onoraria? Quali sono i problemi, che ha ricordato la collega Capano, sull'attuazione della media conciliazione? Ancora, quali risposte si intendono dare a livello strutturale sul tema della desertificazione delle procure? Perché lei, e non io, si è impegnato all'Assemblea nazionale dei magistrati a provvedere in modo strutturale e a rimuovere quella norma, che noi non abbiamo nessuna intenzione di difendere, che impedisce la prima nomina dei magistrati presso le procure.
Noi in queste settimane e in questi mesi abbiamo fatto un giro degli uffici giudiziari del Paese e abbiamo riscontrato una realtà del tutto diversa da quella che ci ha raccontato, fatta di sprechi nell'edilizia fatiscente, di faldoni abbandonati nei corridoi, di scoperture degli organici che vanno dal 25 al 40 per cento del personale amministrativo, proprio mentre alcuni suoi colleghi parlano di esuberi in altri ambiti della pubblica amministrazione. Sono scoperture che pesano su un tema che voi avete più volte utilizzato strumentalmente, cioè quello dei tempi. Le cito tra tutti un episodio: il tribunale di Roma ha - o almeno aveva qualche settimana fa - 25 mila sentenze già completate che non potevano essere notificate per l'assenza degli ufficiali giudiziari. Voglio darle, però, atto di una cosa nella sua relazione, ossia che, pur facendolo in modo fantasioso, ha parlato di aspetti che costituiscono l'insieme di un servizio giustizia: l'informatica, le risorse umane, le carceri e il civile. Peccato che non è quello di cui hanno parlato il Parlamento e la maggioranza nel corso di questi due anni e mezzo. Noi siamo stati impegnati a discutere di processo breve, di impedimenti più o meno legittimi, di lodi, di intercettazioni. Peccato, signor Ministro, che lei lamenti il venir meno di un quadro politico favorevole. Le devo ricordare che lei un quadro politico favorevole lo ha avuto, non solo per la compattezza della maggioranza, ma anche per una disponibilità di tutta l'opposizione ad affrontare il tema della funzionalità del servizio giustizia, che lei non ha saputo utilizzare, che il Governo non ha saputo utilizzare.
Le dicemmo: occupiamoci di civile, di carceri, di organizzazione, affrontiamo il tema della semplificazione del processo penale e non nascondiamoci dietro a un dito. Affrontiamo anche le disfunzioni che riguardano il mondo della magistratura, sia pure a Costituzione invariata. La risposta, al di là della sua cortesia, è stata un florilegio di lodi, da un lato, e di minacce, dall'altro.
Credo che lei non possa neanche invocare, come alibi, l'arroccamento di settori della magistratura particolarmente corporativi, che pure voi avete alimentato con il tentativo di delegittimazione quotidiano, perché non vi è stato neanche bisogno di arroccarsi.
Non vi è stata un'azione riformatrice e neppure un'azione eversiva rispetto all'assetto attuale del servizio giustizia. La vostra è stata una politica sostanzialmente inconcludente: è il tratto fondamentale delle scelte che avete compiuto.
Però, attenzione: mentre si manifestava l'inerzia sul fronte delle dichiarazioni e degli obiettivi che vi eravate posti, le cose sono andate avanti in peggio. Un servizio giustizia può essere destrutturato con interventi eversivi sul terreno costituzionale, ma può essere anche destrutturato semplicemente facendo venire meno la carta delle fotocopie per gli atti. Questo è ciò che è avvenuto nel nostro Paese, creando un distacco fra il servizio giustizia e i cittadini, che voi avete più volte cavalcato con la vostra propaganda.
In questo, credo si debbano evidenziare anche degli elementi di autocritica rispetto all'opposizione: spesso abbiamo ammassato le truppe nella direzione sbagliata, perché oggi il vero fronte sul quale si sta destrutturando ed aggredendo la giurisdizione è il tema del venire meno di un minimo di riferimento organizzativo. Su questo, ci saremmo aspettati una risposta nella sua relazione.
Lei oggi ci propone un'agenda alternativa: è un'ammissione del fatto che l'agenda che fino ad oggi ci avete proposto non stava assolutamente in piedi. Le faccio, però, una raccomandazione: questa agenda non diventi un'agenda minima, anzi, infima. Benissimo l'arretrato del civile, discutiamone, ma abbiamo un tema enorme che riguarda la mobilità del personale verso il Ministero della giustizia, abbiamo il tema della magistratura onoraria e abbiamo il tema, che non io ho posto, ma i suoi colleghi della maggioranza, della geografia giudiziaria.
La continuità con il 1865, nel nostro Paese, nel servizio giustizia è registrata dal fatto che le circoscrizioni giudiziarie sono le stesse dal 1865, quando per spostarsi da un tribunale all'altro era necessario muoversi con il cavallo. Ci sarebbe piaciuto che questo tema fosse stato affrontato nella sua relazione, ma da due anni e mezzo lei volutamente glissa su questo aspetto per ragioni evidentemente e chiaramente elettoralistiche. Lei ha aperto la sua relazione richiamando i 150 anni dell'unità d'Italia. Vorrei concludere proprio richiamando questo punto.
Dopo 150 anni e dopo decenni dal varo della Carta costituzionale, il principio di uguaglianza nel nostro Paese è messo in discussione per le differenze che caratterizzano i tribunali e i distretti. L'Italia è diventata sempre più lunga. Sarebbe importante che qualcuno si occupasse di questo, anziché continuare con la propaganda che ha caratterizzato questi due anni e mezzo. Insomma, se davvero si volesse invertire la rotta...
sarebbe importante mettere al centro del sistema giustizia il cittadino comune e non chi vi è stato fino ad oggi. Anche questa è una buona ragione per girare pagina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Risoluzioni per far rispettare gli impegni assunti dal ministro Alfano anche sul tema carcerario:adeguamento organici del DAP e rispetto attuazione mozioni su tali impegni(fra le quali le nostre sulla assunzione di tutti gli idonei del cocnorso per educatore penitenziario):
La camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150;
premesso che:
nella seduta del 28 gennaio 2009 la Camera dei deputati, previo parere favorevole del Governo, ha approvato una risoluzione presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito Democratico, nella quale si chiede che si dia finalmente corso ad una riforma organica della giustizia di carattere democratico e liberale, fondata su alcuni capisaldi, tra i quali: l'abolizione della obbligatorietà dell'azione penale, in modo da non assoggettate più la stessa all'arbitrio delle procure della Repubblica; una modifica ordinamentale basata sul princìpio della effettiva separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; la responsabilizzazione del pubblico ministero per l'osservanza delle priorità fissate; la riforma del Consiglio superiore della magistratura che riconduca tale consesso all'originario ruolo attribuitogli dai costituenti, sottraendolo ai giochi di corrente e all'influenza del sindacato della magistratura; la reintroduzione di severi vagli della professionalità dei magistrati nel corso dei 40-45 anni della loro permanenza in carriera; la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere il risarcimento integrale dei danni direttamente dal magistrato, pur con la previsione di meccanismi volti ad eliminare il pericolo di azioni intimidatorie e strumentali; la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati e di attribuzione degli incarichi extragiudiziari, salvaguardando le contrapposte esigenze di non disperdere forza lavoro né, per contro, preziose professionalità; l'incompatibilità tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, in rappresentanza di formazioni politiche; la promozione di una seria modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari; l'adeguamento numerico e la promozione di qualificazioni professionali degli organici del personale anche amministrativo; la notifica della natura dei termini processuali, con la previsione generalizzata di termini perentori e di sanzioni disciplinari per la loro inosservanza da parte dei magistrati; la radicale semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari; la definizione di tempi standard dei procedimenti civili e penali; la modifica delle procedure di nomina dei capi degli uffici e un potenziamento del ruolo gestionale del dirigente amministrativo dell'ufficio; una forte depenalizzazione ed una razionalizzazione delle fattispecie criminose;
nel corso della presente legislatura, i deputati radicali eletti nelle liste del PD hanno elaborato anche diverse proposte volte a tradurre in altrettanti articolati di legge i punti più rilevanti e salienti della predetta risoluzione;
di fronte a tali richieste, la maggioranza parlamentare ed il Governo, tramite esponenti di primo piano, si sono ripetutamente e pubblicamente espressi in favore delle aspettative per una riforma organica e liberale della giustizia, in particolare per quel che si riferisce agli assetti istituzionali della magistratura, sia mediante l'approvazione della risoluzione prima ricordata, sia, successivamente, nel corso di innumerevoli dichiarazioni ufficiali e interventi pubblici;
tuttavia gli impegni assunti dal Governo con il Parlamento, la pubblica opinione ed i cittadini italiani, sono stati mano a mano «differiti nel tempo», più o meno esplicitamente, fino al punto, oggi, da essere apparentemente accantonati nei fatti;
analogo atteggiamento ancorato alla conservazione dell'esistente e privo di stimoli riformatori si rinviene anche negli orientamenti di larghi settori dell'opposizione parlamentare, in parte ancora prigioniera della cultura del «partito dei giudici» ed appiattita sulle posizioni conservatrici dell'Associazione nazionale magistrati;
a catalizzare la politica giudiziaria in questi primi tre anni di legislatura non sono stati gli interventi di riforma organica e strutturale del nostro sistema giudiziario, bensì le ossessioni sulla sicurezza, il che ha portato all'emanazione del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125; del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38; della legge 15 luglio 2009, n. 94, rubricata «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica»; e, infine, del decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, «Misure urgenti in materia di sicurezza», convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2010, m. 217;
le novelle legislative introdotte con i provvedimenti sopra richiamati sono tutte segnate in profondità dalla ideologia dell'efficientismo punitivo perseguito attraverso la riduzione delle garanzie, la compressione degli spazi di difesa; l'indebolimento del controllo giurisdizionale e la mortificazione del contraddittorio. In tale contesto, l'introduzione di nuove aggravanti e di nuove fattispecie di reato; la dilatazione, anche attraverso clausole di obbligatorietà, degli spazi operativi del giudizio direttissimo e del giudizio immediato; il «procedimento speciale» di pace per il reato di «ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato»; l'estensione delle ipotesi di carcerazione preventiva obbligatoria; la costruzione di un vero e proprio diritto penale della prevenzione; la proroga fino al 30 giugno 2013 dell'efficacia dell'istituto della cosiddetta «flagranza differita»; sono tutte misure che dipingono ad avviso dei sottoscrittori della presente risoluzione un quadro a tinte fosche nel quale i canoni essenziali del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, già pesantemente compromessi da un ventennio di erosioni inquisitorie, sembrano ormai divenuti una variabile secondaria mettendo con ciò in pericolo le garanzie individuali di derivazione liberal-democratica;
nella seduta del 12 gennaio 2010 la camera dei deputati, previo parere favorevole espresso dal Governo, ha approvato in parte la mozione n. 1-00288 presentata dai deputati radicali eletti nelle liste del Partito democratico e sottoscritta da quasi cento parlamentari aderenti a pressoché tutti i gruppi politici, con la quale l'attuale esecutivo si è impegnato ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, volte ad attuare, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma davvero radicale in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti, di esecuzione pena e, più in generale, di trattamenti sanzionatori e rieducativi, che preveda la riduzione dei tempi di custodia cautelare, perlomeno per i reati meno gravi, nonché del potere della magistratura nell'applicazione delle misure cautelari personali a casi tassativamente previsti dal legislatore, previa modifica dell'articolo 280 del codice di procedura penale; l'introduzione di meccanismi in grado di garantire una reale ed efficace protezione del principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo, assicurando al detenuto un'adeguata tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei suoi diritti; il rafforzamento sia degli strumenti alternativi al carcere previsti dalla cosiddetta legge «Gozzini», da applicare direttamente anche nella fase di cognizione, sia delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione dell'istituto della messa alla prova, previsto dall'ordinamento minorile, anche nel procedimento penale ordinario; l'applicazione della detenzione domiciliare, quale strumento centrale nell'esecuzione penale relativa a condanne di minore gravità, anche attraverso l'attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei detenuti; l'istituzione di centri di accoglienza per le pene alternative degli extra-comunitari, quale strumento per favorirne l'integrazione ed il reinserimento sociale e quindi ridurre il rischio di recidiva; la creazione di istituti «a custodia attenuata» per tossicodipendenti, realizzabili in tempi relativamente brevi anche ricorrendo a forme di convenzioni e intese con il settore privato e del volontariato che già si occupa dei soggetti in trattamento; la piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, in modo da poter esercitare al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento del detenuto che richiedono relazioni stabili e assidue tra quest'ultimo, i propri familiari e i servizi territoriali della regione di residenza; l'adeguamento degli organici del personale penitenziario ed amministrativo, nonché dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi, non solo per ciò che concerne la loro consistenza numerica, ma anche per ciò che riguarda la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare il reinserimento sociale dei detenuti; il miglioramento del servizio sanitario penitenziario, dando seguito alla riforma della medicina penitenziaria già avviata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, in modo che la stessa possa trovare, finalmente, effettiva e concreta applicazione; l'applicazione concreta della legge 22 giugno 2000 n. 193 (cosiddetta legge «Smuraglia»); l'esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini; una forte spinta all'attività di valutazione e finanziamento dei progetti di reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, nonché di aiuti alle loro famiglie, prevista dalla legge istitutiva della Cassa delle ammende;
sul fronte della politica penitenziaria, nonostante gli impegni assunti, ancora non sono state varate quelle urgenti misure necessarie ad affrontare il protrarsi della grave emergenza dovuta al sovraffollamento degli istituti di pena ed in grado di assicurare il rispetto della Costituzione e dell'ordinamento penitenziario all'interno delle carceri;
il «fantomatico» Piano carceri risalente al maggio 2009 si è trasformato in un «Piano fantasma» che ha prodotto, al momento, qualche padiglione rimesso in sesto all'interno di qualche istituto; si è arrivati così all'assurdità per la quale, mentre si dà il via alla costruzione di nuove carceri - peraltro in deroga alle principali norme edilizie - gli istituti nuovi già ultimati da tempo, non possono essere aperti per la carenza di personale di ogni tipo;
inoltre, la legge 1o dicembre 2010 n. 281, relativa alla esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno, sta dimostrando tutta la sua inutilità rispetto allo scopo per cui era stata pensata: deflazionare in modo significativo la popolazione ristretta in condizioni disumane nelle carceri. La maggioranza di Governo, che pure aveva varato all'unanimità in Consiglio dei ministri un disegno di legge che avrebbe rappresentato una inversione di tendenza rispetto alle politiche repressive adottate in questi anni sul fronte delle modalità di espiazione della pena, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto non ha né saputo né voluto difenderlo in Parlamento, lasciandolo - senza intervenire minimamente - letteralmente «saccheggiare» da una serie di emendamenti che lo hanno privato di ogni efficacia normativa;
secondo i dati ufficiali in Italia, l'arretrato pendente (compreso quello contro «ignoti») sfiora la cifra iperbolica di 5 milioni e mezzo di procedimenti penali (quasi sei milioni quelli civili), che sarebbero molti di più se solo negli ultimi dieci anni non si fossero contate ben 2 milioni di prescrizioni (nel nostro Paese secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia si contano circa 200 mila procedimenti penali prescritti ogni anno), sicché solo con un provvedimento di amnistia capace di eliminare più della metà di questo vero e proprio debito giudiziario che lo Stato ha nei confronti dei cittadini si riuscirebbe a dare finalmente avvio a quelle riforme strutturali e organiche di cui il nostro sistema-giustizia ha un disperato bisogno,
impegna il Governo
a dare concreta ed immediata attuazione alla risoluzione n. 6-00012 approvata dalla Camera dei deputati il 28 gennaio 2009; nonché alla mozione n. 1-00288 nelle parti approvate dalla Camera dei deputati in data 12 gennaio 2010;
a valutare l'opportunità di aprire un dibattito che contempli anche iniziative volte alla concessione di un provvedimento di amnistia in grado di ridurre gran parte dell'arretrato pendente che attualmente soffoca l'amministrazione quotidiana della giustizia e che rischia di vanificare qualsivoglia riforma organica che il Parlamento decida di approvare.
(6-00056)
«Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».
La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150,
premesso che:
le suddette comunicazioni rappresentano un atto importante, un'assunzione di responsabilità in termini di definizione programmatica della futura politica in tema di amministrazione della giustizia, e che vanno esaminate attentamente da parte del Parlamento;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle Forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficace, per la cui realizzazione è necessario stanziare in via prioritaria risorse adeguate e idonee per garantire un concreto miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia e l'effettività dei diritti;
a) per quanto riguarda la giustizia civile:
va affrontata quella vera e propria ipoteca sulla competitività economico-internazionale rappresentata dal cattivo funzionamento della giustizia civile, causa dell'inadeguata tutela del credito, della difficoltà ad investire nel nostro Paese, dell'incertezza dei rapporti tra privati, del protrarsi di conflitti familiari, talvolta drammatici;
a fronte della crescente domanda di giustizia civile la risposta non può essere quella data dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 che ha introdotto un ulteriore rito processuale - quello di cognizione sommaria - in aggiunta ai venti già esistenti e che, in quanto tale, non è stato in grado di incidere significativamente sull'efficacia del sistema. Né può essere una soluzione quella di affidare a una categoria di nuovo conio, i cosiddetti «ausiliari del giudice» (appartenenti a categorie professionali in pensione o onorarie), funzioni sostanzialmente decisorie, così come si è tentato di fare con un emendamento alla manovra finanziaria del luglio scorso, poi ritirato il 9 luglio 2010, solo a seguito delle pesanti critiche delle forze di opposizione e di tutti gli operatori della giustizia. Non risolvono i problemi anche gli interventi normativi improvvisati, privi di un adeguato grado di coordinamento, basati sulla logica dell'emergenza e tesi, in buona sostanza, a scardinare i caratteri costitutivi e sistematici della giurisdizione civile;
è necessario, invece, attraverso il confronto con i gruppi di opposizione, portare avanti un effettivo percorso di razionalizzazione e semplificazione dell'attività processuale civile, capace di far fronte tanto allo smaltimento dell'arretrato quanto ai nuovi flussi di contenzioso, rifuggendo però da logiche emergenziali e di rottamazione e affrontando una riforma di sistema capace di assicurare la ragionevole durata dei processi, con la garanzia però della speditezza, concentrazione e accuratezza nella trattazione di tutte le cause;
il gruppo del Partito Democratico auspica che il Governo, in colpevole ritardo, come emerge anche dallo odierne comunicazioni del ministro, porti presto alla discussione delle Camere i decreti legislativi di attuazione della delega contenuta nella legge n. 69 del 2009 tenendo conto dei princìpi fondamentali di qualità ed efficienza del processo civile;
d'altro canto, solo un processo forte e funzionante avrebbe potuto valorizzare e garantire risultati all'istituto della mediazione e conciliazione che entrerà a breve in vigore, in attuazione della delega esercitata dal Governo conferita dall'articolo 60 della legge n. 69 del 2009 e che presenta aspetti e contenuti in parte contrastanti con lo scopo steso della delega. Infatti, così come è stato configurato, l'istituto della media conciliazione tende a puntare su figure ed organismi che impongono soluzioni anziché aiutare le parti a pervenire ad una composizione del conflitto che aiuti a ricostituire la qualità del legame sociale;
proprio a causa delle numerose criticità, che il gruppo del Partito Democratico aveva già evidenziato nel parere alternativo allo schema di decreto legislativo di cui sopra e a cui il Governo è rimasto sostanzialmente sordo, la mediazione finalizzata alla conciliazione non avrà quegli effetti deflattivi tanto propagandati dal ministro e creerà, anzi, un'ulteriore allungamento dei tempi o dei costi del contenzioso ordinario per il cittadino che chiede, invece, risposte effettive di giustizia;
sarebbe ragionevole, pertanto, un invio della entrata in vigore del decreto legislativo sulla media conciliazione, richiesto, peraltro, da tutta l'Avvocatura in considerazione del mancato reperimento delle risorse organizzative, delle aule presso i tribunali e dell'esiguo numero dei conciliatori;
b) per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche e informatiche:
lo stato della digitalizzazione della giustizia ad un anno dalle dichiarazioni rese dal ministro al Parlamento è, senza dubbio, negativo. Esattamente un anno fa, infatti, il ministro annunciava l'entrata in vigore del processo telematico, a completamento della digitalizzazione dalla giustizia, con l'applicazione dell'informatica a tutti gli atti del processo, civile e penale. In particolare, annunciava come immediatamente applicabili - e dunque già applicate - le comunicazioni e le notificazioni telematiche tra gli uffici giudiziari e gli avvocati e, salvo che per le notifiche agli imputati, la possibilità di usare la posta elettronica certificata. Ad oggi, invece, la situazione è a dir poco preoccupante: il panorama nazionale è quello della dotazione di strumenti obsoleti, di assenza di programmazione di scelte di spesa oculate e a lungo termine dell'utilizzo di programmi e sistemi che spesso non colloquiano tra di loro, mentre è carente una politica di potenziamento, formazione e valorizzazione della professionalità del personale degli uffici giudiziari. L'anno si è quindi aperto con un'emergenza, proprio in quel settore che doveva essere l'avanguardia tecnologica per un miglioramento dell'efficienza del settore giustizia. In particolare, l'assenza di adeguate risorse finanziarie sull'esercizio 2011, frutto anche della politica del tagli lineari di questo Governo, ha causato il blocco dell'assistenza ai servizi informatici nei primi giorni del 2011. Tale blocco avrebbe potuto causare la paralisi degli uffici giudiziari e del sistema con conseguente chiusura dei tribunali e, dunque, innanzitutto, il blocco dell'attività processuale. Alla sospensione dell'assistenza informatica è stata data solo una soluzione temporanea attraverso una variazione di bilancio che ha spostato risorse per 5,1 milioni di euro da destinare al finanziamento, delle spese di gestione, funzionamento e sviluppo del sistema informativo di assistenza tecnica, stornate in misura pari ad 1.140.620 euro dal capitolo n. 1515, relativo ai consumi intermedi del Ministero della giustizia e i restanti 3.359,380 euro reperiti, invece, dal capitolo di bilancio n. 1451, avente più ampia portata rispetto al precedente capitolo in quanto comprensivo di voci distinte, tra cui i trasferimenti d'ufficio del personale, le spese per la formazione del personale, le spese per l'acquisto di cancelleria, oltre ai rimborsi a pubbliche amministrazioni per il personale comandato. Il Governo ha proceduto con una variazione di bilancio a danno di altri capitoli che avevano già subito dei tagli dalle precedenti manovre, trovando ancora una volta una soluzione provvisoria e improvvisata. È infatti noto che negli uffici giudiziari spesso le più elementari necessità di cancelleria vengono sopperite anche e soprattutto dalla buona volontà degli operatori e del personale giudiziario. Fino ad ora, il ministro della giustizia ha portato avanti solo una politica fatta di annunci e le comunicazioni odierne rivelano l'assenza di informazioni chiare e una scarsa consapevolezza della situazione esistente;
la realtà è che il Governo non ha stanziato e non stanzia risorse sufficienti per portare avanti la digitalizzazione ed il processo civile telematico in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, anzi proprio il processo telematico pare sfumare nei più modesti obiettivi, peraltro ancora ipotetici, della posta certificata e della mera digitalizzazione degli atti;
la scarsità delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale. Compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, il Governo avrebbe dovuto adottare iniziative normative e programmatiche volte a garantire adeguati finanziamenti al Ministero della giustizia nell'informatica giudiziaria, nella formazione e incentivazione economica e professionale del personale dell'amministrazione della giustizia;
c) per quanto riguarda il Fondo unico giustizia:
è da due anni che il Fondo unico giustizia viene continuamente richiamato in tutti gli interventi del ministro della Giustizia e del ministro dell'interno come la fonte e la riserva sostanziosa di impegno per risolvere i problemi delle risorse riguardanti sia le forze di polizia, sia l'organizzazione giudiziaria. Si è parlato, negli annunci stampa, di cifre che vanno da uno a due milioni di euro. In realtà, nella recente risposta data dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sen. Carlo Giovanardi all'interpellanza urgente n. 2-00878 a prima firma dell'onorevole Ferranti, si legge «(...) le risorse del Fondo unico giustizia, provenienti dai sequestri, prese in considerazione per l'utilizzo ai sensi del comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, sono quelle ammontanti, a fine 2009, a 631,4 milioni di euro, così come affermato dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2010 aveva stabilito le percentuali di riparto delle risorse nella misura del 50 per cento al Ministero dell'interno e del 50 per cento al Ministero della giustizia. Il predetto decreto è stato restituito alla Corte dei conti con osservazioni e, in data 28 settembre 2010, il Ministero dell'economia e delle finanze ha inviato alla Corte dei conti i necessari chiarimenti. Da notizie riferite il 1o dicembre, ieri, dal ministro dell'economia si rileva che è pervenuto al suddetto dicastero il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in questione a seguito delle osservazioni della Corte dei conti, in cui si stabiliscono le percentuali delle quote delle risorse intestate al Fondo unico giustizia al 31 dicembre 2010. Tali percentuali, rispetto a quelle previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile, sono state modificate nei seguenti termini per accogliere le osservazioni della Corte dei conti del 28 settembre 2010: il 49 per cento al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, il 49 per cento al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari ed altri servizi istituzionali, nonché per assicurare la copertura degli oneri connessi all'applicazione del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 sulla mediazione civile; in particolare l'articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, attuativo della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di risorse, regime tributario e indennità, ha previsto un onere, a valere sulla quota spettante al Ministero della giustizia, del riparto del Fondo unico giustizia di 5,9 milioni di euro per l'anno 2010 e 7,018 milioni di euro per l'anno 2011, conseguenti alle esenzioni dall'imposta di bollo e di registro dei verbali di conciliazione. Per ciò che attiene, invece, alla copertura delle agevolazioni fiscali previste, consistenti nel riconoscimento di un credito di imposta regolato dall'articolo 20 del citato decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è stato misurato un onere massimo di 62,4 milioni di euro. Le somme valutate sono da ritenersi indicative e prudenzialmente stimate in eccesso in quanto, ai sensi del comma 2 dell'articolo 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, l'ammontare delle risorse del Fondo unico giustizia di spettanza del Ministero della giustizia, da destinare alle agevolazioni fiscali, verrà stabilito a decorrere dall'anno 2011 con decreto del ministro della giustizia da emanarsi entro il 30 aprile di ciascun anno (...)»;
di fatto, ad oggi, non risulta assegnato al Ministero della giustizia alcunché nonostante il ministro Alfano, già nelle Comunicazioni alle Camere del gennaio 2010, sostenesse come fossero confluiti nel FUG oltre 1.59 miliardi di euro, nell'ambito del quale evidenziava come disponibili per la riassegnazione pro quota al Ministero della giustizia 631,4 milioni di euro;
d) per quanto riguarda il sistema carcerario:
l'attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l'intento del recupero del reo delineato nella Carta fondamentale. Le condizioni di sovraffollamento sono oramai un dato notorio e con esso la politica, la società civile, la magistratura, ma - soprattutto - i detenuti si trovano a convivere ogni giorno in modo drammatico. Tra i molti sintomi di disagio, non si può non segnalare che il tasso di suicidi riscontrabile in carcere è di gran lunga superiore a quello registrato tra tutta la popolazione residente in Italia;
nelle comunicazioni sull'amministrazione della giustizia del gennaio 2010, il ministro della giustizia aveva affermato di aver chiesto la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza per tutto l'anno 2010, al fine di «provvedere ad interventi strutturali di medio e lungo periodo, che consentano di rispettare il precetto dell'articolo 7 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Tale stato di emergenza è stato ulteriormente prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2011 (comunicato n. 121 della Presidenza del Consiglio). Dal suddetto stato di emergenza derivano, secondo quanto dichiarato dal ministro lo scorso gennaio 2010 tre «pilastri» fondamentali: il primo riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione di 47 nuovi padiglioni e successivamente di otto nuovi istituti, che aumenterebbero di 21.709 unità i posti, arrivando ad un totale di 80 mila, per la cui realizzazione sono stati stanziati 500 milioni di euro nella Legge finanziaria 2010 e 100 milioni del bilancio della Giustizia; il secondo riguarda gli interventi normativi che introdurrebbero misure deflattive, introducendo la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare un anno di pena residua e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni; il terzo, infine, prevede l'assunzione di 2000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria;
per quanto riguarda gli interventi di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, nonostante le ripetute richieste formalizzate in Commissione Giustizia, né il ministro della giustizia, né il Capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, hanno mai fornito risposte specifiche alla richiesta di illustrazione dei dettagli delle linee portanti, programmatiche e di attuazione del Piano di interventi;
dell'assunzione dei 2000 agenti di polizia carceraria non vi è traccia;
dal punto di vista normativo, vi è stata solo l'approvazione della Legge 26 novembre 2010, n. 199 «Disposizioni relative all'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno», che ha potuto concludere il suo iter parlamentare grazie al forte senso di responsabilità e al concreto contributo del gruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia ma che, comunque, si pone come intervento emergenziale, addirittura temporaneo, e sicuramente non risolutore dell'angosciante problema del sovraffollamento carcerario e della certezza della pena;
diversi e sicuramente più incisivi sono gli obiettivi programmatici che si pone il gruppo del Partito Democratico. In particolare, occorre: un intervento complessivo sistematico volto ad ampliare la tipologia delle misure alternative alla pena detentiva, specificatamente supportate da progetti professionalmente strutturati volti al reinserimento sociale, con una particolare attenzione alle sorti delle vittime dei reati;
è necessario: adeguare le piante organiche riferite al personale di polizia penitenziaria e alle figure degli educatori, degli assistenti sociali e degli psicologi, avviando un nuovo piano di assunzioni (almeno 1000 unità per queste ultime figure professionali), che garantisca le risorse umane e professionali necessarie all'attivazione delle nuove strutture penitenziarie; ripensare il modello unico di istituto penitenziario attuale, posto che i detenuti per i quali si esige un elevato regime di sicurezza non raggiungono le 10 mila unità mentre per gli altri detenuti, anche quelli di media sicurezza, la permanenza in cella come situazione normale di vita quotidiana ha come unico risultato l'abbrutimento della persona umana. La fruizione di spazi comuni, magari con il supporto di braccialetti elettronici effettivamente funzionanti, l'inserimento in un'organizzazione modulare che preveda interventi mirati, condurrebbero finalmente a superare la dimensione del carcere come luogo insalubre, patogeno, dove l'ozio e la promiscuità prevalgono sui trattamenti di concreto recupero e rieducativi; un intervento complessivo volto a organizzare e prevedere una diversa strategia di ingresso per gli autori di reati di medio-bassa gravità; rivedere le preclusioni imposte dalla Legge cosiddetta «ex Cirielli» e dai recenti «Pacchetti sicurezza»; prevedere l'accesso alla detenzione domiciliare negli ultimi due anni di pena per i recidivi reiterati, ripristinando la competenza a valutare la effettiva pericolosità sociale dei condannati in capo alla magistratura di sorveglianza, le cui piante organiche dovranno, ovviamente, essere rafforzate dal punto di vista numerico al fine di consentire, anche attraverso la messa a punto di nuovi strumenti normativi, di svolgere a pieno il proprio ruolo e di gestire attraverso adeguati percorsi di conoscenza il flusso di ingressi in carcere;
e) per quanto riguarda le misure organizzative essenziali:
l'introduzione del giudice unico di primo grado, prevedendo la fusione di tribunali e preture, ha comportato un modesto ma comunque primo recupero di efficienza, giacché i tribunali sotto-dimensionati sono divenuti circa il 72 per cento del totale. Attualmente, le principali funzioni giudiziarie sono svolte da sette tipologie di uffici giudiziari e cioè da 848 uffici del giudice di pace, da 165 tribunali e relative procure, da 220 sezioni distaccate di tribunale, da 29 tribunali per i minorenni, da 29 corti d'appello (di cui 3 sezioni distaccate) e relative procure generali, dalla Corte di Cassazione e relativa Procura Generale e dal Tribunale superiore delle acque pubbliche. Attraverso degli studi si è accertato che quando le dimensioni degli uffici giudiziari divengono troppe elevate (impiegando un numero di magistrati superiore a 80), si riscontra una perdita di efficienza legata al sovradimensionamento. Tale perdita, tuttavia, appare di gran lunga inferiore a quella che si registra nel caso inverso di eccessivo sottodimensionamento (la prima riforma decisiva per recuperare efficienza e razionalità al sistema giustizia è la riorganizzazione della geografia giudiziaria intesa non come occasione di risparmio in termini economici e di un più razionale impiego delle risorse umane, professionali e finanziarie disponibili, ma anche quale occasione per una valorizzazione degli uffici giudiziari di dimensioni ottimali sotto il profilo delle effettive possibilità di scambio e di confronto continuo, abbreviazione dei tempi, maggiore tempestività nella risposte ai cittadini). Attraverso una nuova e più funzionale distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari saranno incisivi anche tutti quegli interventi inerenti l'organizzazione e il supporto all'attività giudiziaria, affinché nelle aule di giustizia i processi si possano svolgere in modo ordinato, con l'assistenza dovuta, in forme dignitose per tutti i protagonisti, con sistemi di documentazione degli atti che non siano ripetutamente messi in forse dai tagli alle risorse economiche. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato nella seduta straordinaria dell'11 gennaio 2010 una risoluzione proposta dalla sesta Commissione concernente la revisione delle circoscrizioni giudiziarie che sottopone al ministro della giustizia le seguenti conclusioni, «il Consiglio Superiore della Magistratura, nell'ottica di una leale collaborazione istituzionale, ritiene doveroso segnalare al ministro della giustizia l'assoluta ed imprescindibile necessità di attivare una proposta legislativa diretta a rivedere le circoscrizioni giudiziarie. La riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie costituisce, infatti, a parare del CSM, lo strumento indefettibile per realizzare un sistema moderno ed efficiente di amministrazione della giurisdizione, che sia in grado di fornire la dovuta risposta di merito alle istanze di giustizia, nel rispetto di tempi ragionevoli di durata del processo, nella consapevolezza che il ritardo nel giungere alla decisione si risolve in un diniego di giustizia»;
è, quindi, assolutamente urgente che il Governo: assuma un'iniziativa normativa volta a prevedere una riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie al fine di predisporre una disciplina che consenta di garantire le esigenze di efficienza, qualità ed eguale trattamento dei diritti dei cittadini nelle diverse aree geografiche del Paese e una redistribuzione razionale del carico del lavoro e delle risorse umane ed economiche; realizzi il conseguente adeguamento della pianta organica del personale giudiziario, prevedendo procedure urgenti di copertura dei posti vacanti, di attuazione al cosiddetto ufficio del processo, condiviso da tutte le categorie di operatori della giustizia (avvocati, magistrati, personale della giustizia), che rappresenta una misura organizzativa essenziale per garantire lo svolgimento efficiente, efficace e qualitativamente adeguato, delle attività correlate e di supporto all'esercizio della giurisdizione; contribuisca all'approvazione della modifica legislativa in corso di discussione in Commissione giustizia, A.C. 2984 «Modifica all'articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in materia di attribuzione delle funzioni ai magistrati ordinari al termine del tirocinio», in quota opposizione, tesa a eliminare il divieto per i magistrati ordinari di prima nomina ad essere destinati alle funzioni di PM e giudice monocratico, e quindi a risolvere il problema della copertura delle sedi disagiate presso gli uffici di procura;
f) per quanto riguarda la magistratura onoraria:
il ministro della giustizia, nelle comunicazioni del gennaio 2010, aveva annunciato un disegno di legge di riforma della magistratura onoraria che, ad oggi, non è mai stato presentato;
si profila, anzi, la ormai consueta prorogatio del mandato dei giudici di pace, la terza succedutasi dall'esordio del magistrato di prossimità e, così come avvenuto in precedenza (decreto-legge n. 115 del 2005), la dilazione dell'incarico sarà operata con decretazione di urgenza;
la situazione appare ancor più paradossale con riferimento alle figure del m.o.t. (g.o.t. e v.p.o.) il cui mandato (solo originariamente triennale) ha «costretto» il legislatore a reiterate proroghe, quasi tutte adottate con decreti di fine d'anno;
la riorganizzazione del sistema della giustizia onoraria deve necessariamente passare attraverso l'attribuzione di compiti e ruoli ben definiti alla magistratura onoraria, anche in considerazione della circostanza che l'incremento della domanda di giustizia si accompagna ad una progressiva differenziazione delle esigenze alle quali deve essere preordinata la risposta giudiziaria. Si tratta, quindi, di identificare compiutamente un numero congruo di controversie che possono essere adeguatamente soddisfatte attraverso procedure semplificate, nelle quali l'apprezzamento delle circostanze di fatto deve essere preminente rispetto ai problemi tecnico-giuridici ed il giudice deve svolgere un ruolo prevalentemente di mediazione e conciliazione. La scelta, sul piano costituzionale, rinviene una solida base nell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione, il quale stabilendo che «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli», esprime una chiara e precisa opzione della Costituzione in favore del ricorso alla figura del giudice onorario, che va rettamente intesa ed adeguatamente realizzata. La sua realizzazione determinerebbe inoltre la possibilità di eliminare le figure di giudici onorari presso gli uffici del giudice professionale (diverse, ovviamente, da quelle riconducibili all'articolo 102, secondo comma, della Costituzione), che hanno giustamente sollevato reiterate proteste da parte del ceto forense e non contribuiscono all'immagine dell'imparzialità. La magistratura onoraria non deve essere appiattita su quella professionale; non va considerata un minus rispetto a quest'ultima, occorrendo invece valorizzarne la specificità per modellare una peculiare figura del giudice onorario, delle procedure che egli è chiamato ad applicare, della tipologia delle decisioni che è chiamato a rendere, che occorre siano improntate dal criterio della semplificazione e da una particolare attenzione alle differenti esigenze presenti nelle diverse parti del territorio nazionale;
occorre rimodulare le figure di giudici onorati attuali; ridisegnare la competenza del giudici di pace nella materia civile; modificare i requisiti di nomina del giudice di pace, conformandoli rispetto alle esigenze poste dalla sua definizione quale, essenzialmente, giudice di equità; «staccare» più nettamente la figura dei giudici di pace rispetto alla magistratura professionale, provvedendo alla definizione della sua figura in termini di autonomia e specificità rispetto a quella del giudice professionale che consenta di superare l'attuale precarietà;
f) per quanto riguarda la corruzione e il principio di legalità:
di fronte alla rilevanza e alla diffusione del fenomeno corruttivo, più volte denunciato dal procuratore generale della Corte dei conti come una delle cause del dissesto economico del Paese ed evidenziato, nel rapporto sull'Italia, dal gruppo contro la corruzione del Consiglio d'Europa (Greco) pubblicato nell'ottobre 2009, come «fenomeno corrente e generalizzato che tocca numerosi settori di attività in particolare l'edilizia, l'immobiliare il trattamento dei rifiuti, gli appalti pubblici ed il settore della sanità «, il Governo non ha assunto alcuna iniziativa concreta, a parte quella contenuta nella Legge delega per il Codice antimafia sulla tracciabilità dei finanziamenti pubblici, per la cui approvazione il gruppo PD si è fortemente battuto. Il Parlamento è stato infatti occupato, per gran parte dei primi tre anni di legislatura, ad approvare leggi ad personam: il primo «lodo Alfano», la legge sul legittimo impedimento, il processo breve, le intercettazioni telefoniche, il «lodo Alfano» costituzionale. L'unico provvedimento che è riuscito ad approvare in questa materia è stato la ratifica delle Convenzione civile sulla corruzione fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, mentre ancora sono in corso di esame nelle Commissioni II e III del Senato, le proposte di ratifica della Convenzione penale sulla corruzione;
g) per quanto riguarda le professioni:
occorre valorizzare le nuove professioni e regolare in forma innovativa, adeguata ai sistemi europei, quelle ordinistiche, garantendo una competizione leale tra professionisti ed una tutela a favore dei consumatori e dei cittadini della qualità delle prestazioni professionali;
è necessario garantire ai professionisti sistemi previdenziali ed assistenziali adeguati;
va consentito ai giovani un accesso alla professione basato sul merito e alle donne va garantita la piena parità nell'esercizio dell'attività professionale;
occorre consentire ai professionisti di accedere ai benefici ed alle misure di sostegno previsti per le attività economiche commerciali, industriali e del terziario;
è necessario offrire misure concrete di sostegno all'innovazione, alla ricerca ed alla crescita dell'occupazione anche in questo settore;
bisogna incoraggiare l'approvazione di un moderno assetto della professione forense, basato sull'accesso fondato sul merito, sulla formazione permanente, sulle specializzazioni e su regole deontologiche rigorosamente garantita da un sistema disciplinare imparziale;
sempre a proposito di quella forense occorre favorire l'autodeterminazione della categoria e la sua partecipazione attiva all'amministrazione della giustizia come soggetto di rilevanza costituzionale;
infine è importante sostenere e promuovere la crescita delle associazioni professionali;
non le approva.
(6-00058)
«Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Ferranti, Andrea Orlando, Amici, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi».
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